Canarini, maioliche e lazzaroni: deonimici dal mondo ispanofono - Treccani - Treccani

Come rileva Andrea De Benedetti (2020, p. 13), lo spagnolo è, «dopo l’inglese e il francese, l’idioma straniero che ha fornito il maggior apporto alla nostra lingua in fatto di prestiti», specialmente tra Cinque e Seicento, l’epoca della dominazione spagnola in Italia (cfr. Beccaria 1968), ma anche nell’Otto e Novecento, fino ai giorni nostri. L’apporto spagnolo o, meglio, dell’“ispanità” alla lingua italiana risulta significativo anche nel settore della deonomastica, come mostra peraltro uno dei primissimi articoli di questa rubrica, dedicato al deonimico torquemada. Nella rassegna – puramente rappresentativa – che segue, si terrà conto sia delle voci di origine deonomastica entrate in italiano come prestiti dallo spagnolo, sia di quelle formatesi nella nostra lingua a partire da basi onomastiche presenti nel mondo ispanofono, che, com’è noto, si estende ben oltre i confini della Spagna.

Sebbene la gran parte dei deonimici italiani di origine spagnola (e ispanoamericana) risalga all’età contemporanea, in particolare al Novecento, è possibile rinvenire già nei volgari italiani medievali alcune voci derivate da toponimi iberici, che mostrano un’estensione del puro significato etnico, come ra(g)onese ‘moneta coniata in Sicilia dalla casata d’Aragona’, barcellonese ‘moneta in uso a Barcellona’, valenziano ‘moneta coniata a Valencia’, cordovano ‘tipo di cuoio usato specificamente per fabbricare scarpe (dal nome della città di Cordova)’, solo per citare qualche esempio ricavabile dal TLIO.

Fra i detoponimici di origine iberica che hanno avuto più fortuna in italiano va menzionato senz’altro catalano (come mostra bene la voce Catalógna del DI), che, oltre al valore etnico di ‘abitante della Catalogna’ o ‘proprio della Catalogna’ (vedi la crema catalana), ha assunto numerose accezioni fin dal Medioevo, quando, ad esempio, col sostantivo maschile catelano si indicava un ‘ampio mantello di lana’ e col femminile catelana un ‘tipo di lancia’, entrambi provenienti dalla regione iberica. Molto lunga e articolata è chiaramente anche la lista degli usi e delle formazioni derivati dal toponimo Spagna (che non per caso occupa quasi trenta pagine del DI): dall’uso, soprattutto nei secoli XVI-XVII, dell’aggettivo spagnolo (e di altri derivati quali spagnolata, spagnoleggiare, spagnolesco ecc.) con riferimento agli atteggiamenti sussiegosi, boriosi o eccessivamente cerimoniosi che si attribuivano tradizionalmente agli Spagnoli, a quello sostantivato di spagnola per indicare una grave influenza che flagellò il mondo intero durante e subito dopo la Prima guerra mondiale (la malattia fu chiamata così perché si riteneva che i primi focolai si fossero manifestati in Spagna); ma si consideri anche usi come quello di spagnoletta per chiamare la sigaretta nell’Ottocento, conservatosi a lungo in usi regionali e dialettali, così come quello della medesima parola per indicare l’arachide o nocciolina americana (questi e altri usi consimili dipendono dalla provenienza, reale o supposta, dalla Spagna degli oggetti così denominati).

 

Festosi uccellini gialli

Particolare è invece il caso del detoponimico maiolica, parola adoperata comunemente in Italia dal Quattrocento come denominazione di un prodotto ceramico: tale parola proviene dall’antico toponimo latino Maiorica, l’attuale Mallorca, l’isola più grande (maior) delle Baleari, divenuto Maiolica nell’antico toscano, come mostra anche la Commedia dantesca (Inferno XXVIII, 82). Il processo deonomastico si spiega col fatto che nel Medioevo Mallorca era un centro molto attivo per il commercio d’esportazione di oggetti di ceramica (in francese la maiolica ha invece derivato il suo nome faïence da un toponimo italiano, Faenza, che per secoli ne fu tra i maggiori produttori in Europa).

Dalle Isole Canarie, che costituiscono un arcipelago spagnolo situato al largo della costa nord-occidentale dell’Africa, è derivato, nel Cinquecento, il nome di un uccellino del genere Serino, caratterizzato dal piumaggio giallo e allevato per la bellezza e le doti canore: il canarino (in passato chiamato anche canario, forma che si è conservata nell’uso di qualche dialetto, insieme al femminile canaria).

Proviene invece dallo spagnolo lázaro ‘cencioso’, deonimico da Lazzaro, nome del mendicante coperto di piaghe della parabola evangelica del ricco epulone, l’epiteto ingiurioso di lazzari affibbiato dagli Spagnoli ai popolani napoletani che nel 1647 parteciparono alla rivolta di Masaniello. Dal dialetto napoletano, l’accrescitivo lazzarone è poi passato all’italiano comune, dove, oltre alle accezioni di ‘pezzente’, ‘mascalzone’, ‘scansafatiche’ in genere, conosce anche il valore, connotato in senso etnico e sociale, di ‘persona appartenente al proletariato napoletano’ (spesso considerato rozzo e ingovernabile, ma facile a essere strumentalizzato politicamente).

Con la scoperta del Nuovo Mondo la Spagna allargò i suoi confini oltreoceano e attraverso lo spagnolo cominciarono a entrare in italiano anche i primi deonimici provenienti dall’America, fra i quali cannibale, prestito dallo spagnolo caníbal, che a sua volta «deriva da una voce indigena del tipo Caniba o Canima che designa la regione delle Antille e le popolazioni ivi stanziate (forse da una voce caraibica che significa ‘ardito’)» (DI, s.v. carìbi); col termine cannibali si indicarono quindi le popolazioni indigene dell’America meridionale ritenute antropofaghe nelle relazioni dei viaggiatori europei dal XV secolo in poi.

 

Il contributo latino-americano

A partire dall’Ottocento e soprattutto nel corso del Novecento, il numero dei deonimici italiani provenienti dal mondo ispanofono è cresciuto in modo considerevole in molti settori del lessico, a cominciare da quello politico, dove troviamo diversi sostantivi e aggettivi formati, soprattutto per mezzo dei suffissi -ismo e -ista, da nomi propri di figure della storia politica spagnola, come carlismo e carlista, derivati nell’Ottocento dal nome di Don Carlos di Spagna (i cui sostenitori diedero vita a un movimento di ispirazione legittimista e antiliberale), franchismo e franchista (con riferimento al regime dittatoriale di ispirazione fascista instaurato in Spagna dal generale Francisco Franco dal 1939 al 1975), fino ai più recenti zapaterismo e zapaterista (da José Luis Rodríguez Zapatero, Primo ministro di Spagna dal 2004 al 2011, le cui politiche progressiste sono state, per un certo periodo, oggetto frequente di scontro e di dibattito anche in Italia). Rilevante risulta però soprattutto il contributo del Sudamerica ispanofono, le cui continue turbolenze politiche hanno favorito, nel secolo scorso e in quello presente, l’ingresso nella nostra lingua di termini quali castrismo/-ista (dal nome del leader maximo cubano Fidel Castro), chavismo / -ista (da Hugo Chávez, Presidente del Venezuela dal 1999 al 2103), guevarismo/-ista (da Ernesto Guevara, soprannominato “Che”, protagonista della Rivoluzione cubana), peronismo/-ista (da Juan Domingo Perón, presidente argentino dal 1946 al 1955 e poi nuovamente dal 1973 al 1974), che, come osserva De Benedetti (2020, pp. 25-26), «non si riferisce solo a una figura e a un’epoca concrete, ma individua una categoria politica assai più ampia e senza tempo (Meloni, la peronista dell’altra destra più amata di Salvini, «la Repubblica»)», sandinismo/-ista (con riferimento al movimento politico nicaraguense sorto intorno al 1960 ispirato alla figura di Augusto César Sandino, che guidò la guerriglia rivoluzionaria contro la presenza militare statunitense in Nicaragua tra il 1927 e il 1933), zapatismo /-ista (con riferimento agli ideali di Emiliano Zapata, uno dei comandanti della Rivoluzione messicana nel secondo decennio del Novecento; il deonimico è presente nella denominazione del movimento armato clandestino, attivo in Chiapas, nel Messico meridionale, Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale). Dal nome Túpac Amaru, assunto, in onore dell’ultimo discendente della dinastica inca, dal condottiero indigeno José Gabriel Condorcanqui, che nel 1780 guidò un’insurrezione antispagnola, proviene il termine tupamaro con cui sono stati denominati, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, gli appartenenti al Movimento nazionale di liberazione uruguaiana (e, quindi, ad altre organizzazioni rivoluzionarie armate dell’America latina); l’uso di tupamaro è stato poi esteso a indicare generalmente chi pratica la guerriglia urbana. Va notato qui anche l’uso, connotato politicamente, dell’etnico cileno col valore di ‘dittatoriale’ o anche ‘brutale’, con riferimento al regime militare di Pinochet (si pensi all’espressione macelleria cilena usata per definire le violenze seguite all’irruzione delle forze dell’ordine nella scuola Diaz durante il G8 di Genova).

 

Dal mondo dell’arte

Anche la letteratura e l’arte spagnole e sudamericane hanno contribuito ad arricchire il patrimonio deonomastico italiano, a cominciare dal personaggio cervantino Don Chisciotte, assunto per antonomasia a indicare una persona generosa e facile agli entusiasmi che, con ingenua spavalderia, difende cause assurde e persegue ideali irraggiungibili (dal nome dell’hidalgo della Mancia sono stati derivati, tra Sette e Ottocento, anche l’aggettivo donchisciottesco, con l’avverbio donchisciottescamente, e i sostantivi donchisciottata e donchisciottismo). Perfino il cavallo di Don Chisciotte, Ronzinante, e il suo fido scudiero, Sancio Panza, sono passati a indicare per via di antonomasia rispettivamente un cavallo stanco o vecchio, comunque non di gran pregio (cfr. GDLI, s. v. ronzinante, che documenta quest’uso già nella prima metà del XVIII secolo), e colui che, in nome del buon senso e della tradizione, contrasta ogni entusiasmo innovativo (ivi, s.vv. sancio1 e sanciopancia). Fra i deonimici – non effimeri – ricavati dai nomi di scrittori, artisti, registi di lingua spagnola, possiamo menzionare: borgesiano, usato in riferimento all’argentino Jorge Luis Borges e alle sue opere, ma anche ad altri autori e opere che presentano le atmosfere fantastiche e lo stile erudito dei suoi scritti; picassiano (meno comune picassesco) e picassismo, derivati dal nome del pittore spagnolo Pablo Picasso; almodovariano, dal nome del regista spagnolo Pedro Almodóvar. La lista potrebbe ovviamente allungarsi.

 

Ballando con un bicchiere in mano

Varie bevande alcoliche di origine ispanoamericama devono il loro nome a un luogo, come angostura (dal nome di una città del Venezuela), cubalibre (letteralmente ‘Cuba libera’, cocktail la cui creazione e la cui denominazione si fanno risalire al periodo della guerra d’indipendenza cubana dalla Spagna), daiquiri (dal nome di un piccolo villaggio nei pressi di Santiago di Cuba), tequila (dal nome di un comune del Messico, situtato nello stato di Jalisco). Da Cuba provengono anche gli avana, sigari pregiati che prendono il loro nome dalla capitale dello stato caraibico, attraverso un processo metonimico/ellittico (sigari di Avana > avana) documentato nell’Ottocento; un ulteriore sviluppo semantico è alla base dell’uso di avana come aggettivo per indicare un ‘color nocciola chiaro’ (come quello del sigaro). Dal toponimo Caracas dipende la locuzione italiana crema caracca usata per indicare una crema al cacao impiegata specialmente nei ripieni delle caramelle (il DI, s.v. Caràcas, documenta già nel Settecento in Italia l’uso della polirematica cacao di Caràcca, poi per ellissi anche solo caracca, per denominare una qualità di cacao proveniente dalla capitale del Venezuela).

All’onomastica spagnola e ispanoamericana dobbiamo inoltre una serie di parole derivate e adattate che indicano tipi di danze o balli di gruppo, come avanera (< spagn. habanera) ‘danza di origine cubana’ (da L’Avana/La Habana), malaguena (< spagn. malagueña) ‘danza popolare spagnola’ (da Malaga, toponimo cui si deve anche un tipo di vino, nonché un gusto di gelato: il malaga), sevigliana (< spagn. sevillana) ‘danza andalusa’ (da Siviglia/Sevilla). La parola macarena, nome di un noto tipo di ballo di gruppo caratterizzato dalla ripetizione in sequenza di una serie precisa di movimenti accompagnata da una musica dal ritmo latino-americano, è entrata in italiano negli anni Novanta del secolo scorso attraverso l’omonima canzone del duo musicale spagnolo Los del Río, soggetta in pochi anni a numerosissime cover: in spagnolo Macarena è un nome proprio di persona femminile, derivato a sua volta dal nome di un quartiere di Siviglia dove sorge il santuario della Vírgen de la Macarena.

Concludiamo con qualche spigolatura anche nella lingua settoriale, in particolare in quella della mineralogia, dove troviamo alcuni detoponimici derivati con l’aggiunta del suffisso -ite tipico dei nomi di minerali, come aragonite ‘minerale costituito da carbonato di calcio neutro’ (dal comune spagnolo Molina de Aragón, dai cui giacimenti provenivano i primi esemplari classificati), chilenite ‘mescolanza di argento e cuprite o di argento e bismuto’, mendozite ‘minerale appartenente alla famiglia dei solfati’ (scoperto nei pressi della città di Mendoza, in Argentina).

 

Riferimenti bibliografici

Beccaria, G. L., Spagnolo e spagnoli in Italia. Riflessi ispanici sulla lingua italiana del Cinque e del Seicento, Torino, Giappichelli, 1968.

De Benedetti, A., Spagnolismi, Milano, RCS MediaGroup, 2020.

Carrera Díaz, M., Ispanismi, Enciclopedia dell’Italiano, Treccani.it

DI = Schweickard, W., Deonomasticon Italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona, Tübingen, Niemeyer, poi Boston/Berlin, De Gruyter, 2002-2013.

GDLI = Grande dizionario della lingua italiana, fondato da Salvatore Battaglia, Torino, UTET, 1961-2002.

GRADIT = Grande dizionario italiano dell’uso, ideato e diretto da Tullio De Mauro, Torino, UTET, 2007.

TLIO = Opera del Vocabolario Italiano, Tesoro della lingua italiana delle origini

 

Il ciclo Figli di un nome proprio. Un viaggio tra i deonimici italiani è curato da Alessandro Aresti, Luca Bellone, Francesco Crifò, Debora de Fazio, Antonio Montinaro, Rocco Luigi Nichil, Pierluigi Ortolano, Rosa Piro, Antonio Vinciguerra.

È possibile interagire con i curatori, scrivendo alla pagina Della deonomastica e di altri demoni (Facebook, Instagram) o all’indirizzo mail deonomasticaitaliana@gmail.com.

 

Di seguito, l’elenco degli articoli già pubblicati.

Wolfgang Schweickard, Che cos’è la deonomastica

Antonomasia

1.1. Alessandro Aresti, Torquemada

1.3. Luca Bellone, Perpetua perpetua

1.6. Beatrice Perrone, Le metamorfosi di Circe

Metonimia

2.1. Antonio Montinaro, Deonimici alla moda

2.2. Rocco Luigi Nichil, Da colt a molotov, deonimici di fuoco

2.7. Debora de Fazio, Deonimici di-vini

Derivazione

Dedicazioni

4.1 Armando Bosone e Debora de Fazio, Dedicato a… Uno scavo nella mineralogia

Personificazioni

Eufemismi

6.1. Emiliano Picchiorri, Deonimici e antroponimi: mariagiovanna

Deonimici da altre lingue

7. Debora de Fazio, Deonimici dal mondo

 

Immagine: Daiquiri

 

Crediti immagine: Cocktailmarler, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, da Wikimedia Commons

 

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