Cina flop, altro che super potenza del calcio: i motivi del fallimento - Lettera43

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato

Lorenzo Lamperti
01/04/2024

Xi, grande appassionato, voleva che il Paese diventasse una forza entro il 2050. Ma l'ultima novità è lo scandalo corruzione che ha fatto finire all'ergastolo l'ex presidente della federazione. Prima erano arrivati i fallimenti delle società, la fuga delle star, gli imbarazzanti risultati della nazionale che rischia di non qualificarsi nemmeno al Mondiale 2026. Tutti i motivi del flop.

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato

La Cina ripete spesso il suo storico obiettivo di completare il cosiddetto “ringiovanimento nazionale”, diventando così una società socialista moderna e potente, entro il 2049. Ripete invece più raramente un altro obiettivo: diventare una super potenza del calcio entro il 2050. Il piano, presentato dal Partito comunista nel 2016, era uno dei sogni nel cassetto di Xi Jinping. Il presidente cinese è infatti spesso descritto come un grande appassionato di calcio. Nel 2015, accompagnato dall’allora premier britannico David Cameron, si cimentò persino in qualche affannoso palleggio in compagnia delle stelle del Manchester City. Ma qualcosa è andato storto. Anzi, praticamente tutto. E il pallone cinese si è rapidamente sgonfiato.

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
Xi Jinping con David Cameron in visita al centro di allenamento del Manchester City nel 2015 (Getty).

L’ultimo passo di questo processo di sgonfiamento è arrivato quando l’ex capo dell’associazione calcistica nazionale cinese, Chen Xuyuan, è stato condannato all’ergastolo per aver accettato tangenti. La severa sentenza conclude un’inchiesta sui funzionari di alto livello della federcalcio, che ha di fatto decapitato il settore. Chen è stato condannato per aver approfittato dei suoi vari incarichi dal 2010 al 2023 per aiutare persone a lui vicine in questioni riguardanti l’appalto di progetti, operazioni di investimento e organizzazione di eventi sportivi. In cambio, Chen ha accettato denaro e oggetti di valore per oltre 81 milioni di yuan (11,2 milioni di dollari).

Non un caso di “mela marcia”: la corruzione nel calcio cinese è diffusa

Non si tratta certo della classica “mela marcia”. Condannati per corruzione anche Chen Yongliang, ex vice segretario generale della federcalcio, Yu Hongchen, ex vicepresidente, e Dong Zheng, ex direttore generale della Chinese Super League, il campionato professionistico di massima serie del Paese. I tre hanno incassato pene rispettivamente a 14, 13 e otto anni di carcere. Non è la prima volta che i vertici del calcio cinese cadono in disgrazia. Già nel 2012, poco prima dell’avvento di Xi, l’ex presidente della federcalcio Xie Yalong e il suo successore Nan Yong erano stati condannati a 10 anni e mezzo, sempre per tangenti.

L’obiettivo per il 2050 era far giocare 50 milioni di bambini e adulti…

Con l’ascesa del “nuovo timoniere”, che ha costruito la sua carriera ai vertici del Partito proprio sulla fama di incorruttibilità, si pensava che il pallone potesse iniziare a rotolare nella direzione giusta. Il piano strategico approvato nel 2016 prevedeva diversi step sulla strada del raggiungimento della “super potenza”. Primo: far giocare 50 milioni di bambini e adulti entro il 2050. Per questo si prevedeva la costruzione di almeno 20 mila centri di allenamento per il calcio e 70 mila campi da gioco entro il 2020. Secondo: avere un campo da calcio ogni 10 mila persone entro il 2030. Terzo: sempre entro il 2030, la nazionale maschile avrebbe dovuto diventare una delle migliori in Asia, mentre quella femminile avrebbe dovuto essere una delle migliori al mondo. Quarto: si punta a ospitare per la prima volta il Mondiale entro il 2034. Per poi appunto diventare, entro il 2050, «una super potenza calcistica di prima classe» che «contribuisce al mondo del calcio internazionale».

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
Il piano di Xi per il calcio aveva l’orizzonte del 2050 e doveva partire dai bambini (Getty).

Il colosso immobiliare Evergrande possedeva la squadra più forte

La Cina era convinta di potercela fare, replicando il modello vincente del suo Progetto 119, lanciato diversi anni prima per riuscire a eccellere in diverse discipline sportive in vista dei Giochi Olimpici di Pechino 2008. Obiettivo centrato, visto il record di medaglie in quell’edizione casalinga. Come già fatto su altri settori, dopo l’approvazione del piano strategico è arrivata subito una pioggia di investimenti. Si è puntato sia sull’insegnamento nelle scuole, per allevare giovani talenti, sia sull’arricchimento del campionato nazionale. Dall’estero sono stati dunque ingaggiati sia diversi giocatori celebri, seppure si trattasse molto spesso di nomi avviati verso la fine della carriera, sia allenatori e istruttori per le scuole calcio. Coinvolti anche diversi italiani, da Alino Diamanti a Graziano Pellè, da Fabio Cannavaro a Marcello Lippi. L’ex commissario tecnico degli azzurri, campione del mondo nel 2006, ha vinto la Champions League asiatica con il Guangzhou Evergrande. Sì, quella Evergrande: il colosso immobiliare oggi in liquidazione ma che allora possedeva la squadra più forte della Cina.

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
Marcello Lippi portato in trionfo quando allenava il Guangzhou Evergrande, nel 2014 (Getty).

Gli affari (anche politici) delle famiglie cinesi nel calcio estero

Gli investimenti all’estero sono stati altrettanto imponenti. Tra il 2014 e il 2017 fondi e imprenditori cinesi hanno investito oltre due miliardi e mezzo di euro in squadre di calcio europee. Sono state acquisite quote di minoranza o di maggioranza in club di primo livello come Atletico Madrid, Manchester City, Lione, Espanyol, Southampton, Aston Villa, Slavia Praga. E, per arrivare all’Italia, ovviamente di Milan (con la breve e fallimentare esperienza del fantomatico Li Yonghong) e Inter. Nel caso dei nerazzurri, la famiglia Zhang – ora schiacciata dai debiti – si è innestata in Italia anche a livello “politico”. Il giovane Steven fa parte del gruppo di lavoro che ha favorito la vittoria della candidatura di Milano-Cortina per i Giochi Olimpici invernali del 2026 (quando l’Italia raccoglierà il testimone proprio della Cina e di Pechino 2022).

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
Zhang Jindong, padre del presidente dell’Inter Steven (Getty).

Papà Zhang Jindong, invece, è arrivato in Italia il 23 marzo 2019 insieme a Xi e a un folto gruppo di imprenditori per la firma del memorandum of understanding sulla Via della Seta. A fine 2020 gli investimenti di Suning hanno superato quota 700 milioni di euro, ma è stato soprattutto fino all’inizio del primo anno pandemico che il gruppo di Nanchino ha immesso ancora liquidità, per esempio acquistando Christian Eriksen per circa 25 milioni di euro durante il mercato invernale.

Dal 2020 Pechino ha deciso di tagliare gli investimenti non strategici

Poi qualcosa è cambiato. E non solo per la pandemia di Covid-19. Dal 2020 la Cina ha deciso di ridurre gli investimenti all’estero, soprattutto quelli considerati non strategici. Tra questi, anche il calcio. Le autorità hanno definito «irrazionali» gli investimenti nei club stranieri. Suning non ha mollato l’Inter, al contrario di quanto avvenuto (in vicende parzialmente dimenticate) a Parma e Pavia con altri imprenditori cinesi. Ma le cose sono precipitate anche all’interno. Tra “doppia circolazione”, “prosperità comune” e autosufficienza tecnologica, l’obiettivo di diventare una super potenza calcistica ha perso posizioni sulla scala delle priorità. Diversi club sono stati lasciati fallire, in primis proprio lo Jiangsu Suning che aveva lo stesso proprietario dell’Inter, che ha cessato le attività nell’estate 2020, solo poche settimane dopo aver vinto il campionato. La maggior parte dei calciatori stranieri ha lasciato il Paese.

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
Ragazzi che giocano a calcio per le strade di Pechino (Getty).

Nemmeno la strada della naturalizzazione dei giocatori ha funzionato

Per la nazionale, nemmeno la strada della naturalizzazione di alcuni giocatori stranieri è servita a migliorare il rendimento. Finora, l’unica qualificazione a un Campionato del mondo resta quella del 2002, favorita dal fatto di non doversela vedere con Giappone e Corea del Sud, già qualificate di diritto in quanto Paesi ospitanti. Sui social media cinesi le prestazioni della nazionale sono seguite con costante imbarazzo e rabbia. Agli ultimi mondiali in Qatar del 2022 i tifosi cinesi sono stati costretti ad assistere alle vittorie dei vicini rivali Giappone e Corea del Sud contro Germania e Portogallo, mentre alle qualificazioni per l’edizione del 2026 (che in Asia sono iniziate a novembre 2023) la Cina continua a stentare.

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
Ragazzini che si allenano in Cina (Getty).

Le difficoltà della nazionale contro Singapore e la sfida decisiva con la Thailandia

Il 21 marzo c’è stata una nuova ondata di disappunto (condita da diversi insulti e prese in giro) per il pareggio subito in rimonta contro la non certo irresistibile squadra di Singapore. «Siamo in un miliardo e mezzo ma non riusciamo a battere nemmeno una città con cinque milioni di abitanti», ha scritto un utente su Weibo, attirando migliaia di like e condivisioni. La vittoria del 26 marzo, sempre contro Singapore, non ha allontanato il rischio di una possibile eliminazione già al primo turno di qualificazione. Decisiva la sfida di giugno contro la Thailandia: in caso di mancato successo, la Cina potrebbe qualificarsi solo cogliendo un proibitivo risultato positivo nella successiva trasferta in Corea del Sud.

Altro che super potenza del calcio: perché il piano della Cina sul pallone si è sgonfiato
La nazionale di calcio della Cina (Getty).

A novembre 2023 persino Xi ha preso in giro la nazionale in un dialogo con il premier thailandese Srettha Thavisin a margine del summit della Cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec) di San Francisco. La sera prima la Cina aveva infatti battuto la Thailandia grazie a un macroscopico errore del portiere avversario. E Xi disse a Thavisin che si era trattato di fortuna: «Non sono così fiducioso sulla nostra nazionale», aveva aggiunto. Non si tratta di un passaggio di poco conto. Il Partito comunista e Xi sono abituati a dichiarare raggiunti gli obiettivi prefissati. Sul calcio pare proprio che siano destinati a non fare gol.