Mauritania: la stabilità nell’instabilità | ISPI
18 Apr 2024

Mauritania: la stabilità nell’instabilità

La Mauritania si presenta come uno dei paesi più stabili dell’area sahelo-sahariana, nonostante il suo passato segnato da numerosi colpi di Stato.

Il 22 giugno 2024 il presidente in carica Mohamed Ould Ghazouani cerca la riconferma. Ad affrontarlo, un’opposizione ancora una volta frammentata che fatica a ritrovarsi compatta a sostegno di Biram Dah Abeid, unico candidato che potrebbe essere in grado di arrivare almeno al secondo turno. Paese che riflette pienamente l’artificiosità della costruzione coloniale, tanto nei confini quanto nella composizione altamente multietnica della sua popolazione[1], la Mauritania si presenta come uno dei paesi più stabili dell’area sahelo-sahariana, nonostante il suo passato segnato da numerosi colpi di Stato (sei quelli portati a termine). I cambiamenti avvenuti manu militari hanno infatti segnato più degli aggiustamenti di rotta che dei veri capovolgimenti di potere, in un sostanziale mantenimento dello status quo politico ed economico.

È in quest’ottica di continuità che va inserito l’indolore passaggio di potere avvenuto nelle elezioni del 2019 da Mohamed Ould Abdel Aziz – giunto alla presidenza nel 2008 a seguito di un golpe – all’ex capo di stato maggiore dell’esercito Mohamed Ould Ghazouani, così come le elezioni del prossimo 22 giugno. Questa analisi si propone di fare il punto sull’andamento di un paese le cui istituzioni democratiche da quasi un cinquantennio subiscono forme di controllo di tipo militare che hanno reso la Mauritania – secondo la definizione di un prestigioso intellettuale mauritano – una “democrazia pretoriana”[2].

Nouakchott nel contesto regionale e internazionale: una rilevanza in crescita

La stabilità del paese è un fattore strategico per i suoi partner stranieri, a partire dagli Stati Uniti e dalle nazioni europee, Francia in primis, che considerano la Mauritania un alleato chiave rispetto al contrasto delle attività jihadiste nel Sahel e alle trasformazioni politiche in una regione che ha visto negli ultimi anni cambi di regime con radicali conseguenze nelle partnership internazionali dei governi golpisti. In quest’ottica, la Mauritania ha acquisito il ruolo di un “baluardo” per la collaborazione tra i partner occidentali e i governi della regione[3]. Negli anni Duemila la Mauritania, pur a fronte dell’attività di gruppi di terrorismo jihadista nell’area, ha messo in campo, con l’aiuto di partner occidentali, un’efficace campagna anti-terrorismo[4] che ha incluso il rafforzamento delle capacità militari, di intelligence e sorveglianza e il contrasto alla radicalizzazione.

La centralità del paese per la sicurezza nella regione saheliana si era manifestata già dieci anni fa con la scelta di Nouakchott quale quartier generale al momento della creazione del G5-Sahel, l’organizzazione internazionale che univa Mauritania, Mali, Niger, Burkina Faso e Ciad, e dell’istituzione di una forza congiunta di azione rapida contro il terrorismo, l’operazione Barkhane. Quando, nel giugno 2021, la Francia ha annunciato il progressivo ritiro da tale iniziativa militare, le voci più critiche sono pervenute proprio da Nouakchott, impegnata in prima fila contro le spinte terroristiche ai propri confini, specie dopo il ritiro del Mali dal G5-Sahel nel maggio 2022. Da quel periodo, sono aumentati episodi violenti ai danni della popolazione mauritana legati all’aumento dell’instabilità nel vicino Mali[5]. Nel 2023 si sono poi verificati diversi incidenti al confine tra i due paesi e la Mauritania si trova attualmente costretta a ospitare più di 180.000 rifugiati maliani in fuga dalle violenze del proprio paese[6].

Ai recenti cambiamenti politici nel Sahel centrale e al conseguente disimpegno francese nel Sahel è corrisposta l’instaurazione di un legame più forte tra le giunte saheliane golpiste e la Russia. Mosca si è mossa per tentare di estendere la propria influenza anche in Mauritania. È con questo spirito che va vista la visita a Nouakchott, nel febbraio 2023, del ministro degli esteri Sergej Lavrov– la prima di un alto esponente russo dopo sessant’anni –per parlare di sicurezza nel Sahel e di collaborazione economica tra i due paesi. E ciò proprio all’indomani della nomina di Ghazouani a capo del G5-Sahel e della recente creazione di un “gruppo d’amicizia” con la Duma – la camera bassa dell’Assemblea federale russa – da parte di alcuni parlamentari mauritani, su iniziativa del segretario federale del partito di maggioranza El Insaf. Ha fatto seguito nello scorso giugno, probabilmente nel tentativo di porre un freno alle mire russe su Nouakchott, la conclusione di un patto rafforzato di collaborazione tra G5-Sahel e NATO.

Sempre in ambito securitario, va osservata la ripresa delle collaborazioni con l’Algeria, in particolare dal 2023 quando è stata creata una commissione mista algerino-mauritana per la sicurezza al fine di rafforzare il controllo delle frontiere tra i due paesi per bloccare i traffici illeciti, anche grazie al supporto algerino nella formazione del personale mauritano destinato a tale funzione[7]. I rapporti erano divenuti difficili prima per il risentimento di Algeri per l’esclusione dal G5-Sahel e dopo per la chiusura unilaterale, da parte mauritana, delle frontiere tra i due paesi nel 2017 (riaperte solo tre anni più tardi), quando l’estremo nord del paese era stato dichiarato “zona militare” per prevenire eventuali attacchi terroristici da nord, vietando anche il transito dei civili[8]. Il miglioramento delle relazioni tra i due paesi è comprovato anche dal forte aumento (82% rispetto al 2022) degli scambi commerciali – saliti nei primi undici mesi del 2023 a 414 milioni di dollari statunitensi[9] – e dalla recente decisione di eliminare i dazi doganali su una serie di prodotti commerciali. Nel 2024 è in fase di conclusione la costruzione di una strada che collegherà la città algerina di Tindouf con la mauritana Zouerate, dove si trovano le più importanti miniere del paese. Il ministro mauritano per il Petrolio, Gas e Miniere il mese scorso ha infine sottolineato la volontà di utilizzare il know-how algerino acquisito nel campo delle esportazioni di gas in vista dello sfruttamento dei giacimenti che la Mauritania possiede assieme al Senegal, lungo il confine marittimo tra i due paesi[10]. L’estrazione di questo gas avverrà all’interno del progetto Greater Tortue Ahmeyim Gas  (Gta), creato in partnership con la compagnia britannica BP e la società americana Kosmos Energy.

Su una traiettoria simile si sono mosse di recente anche le relazioni con il Senegal. Dopo una serie di tensioni e divergenze negli anni passati legate alla presenza di pescatori senegalesi in acque mauritane e di numerosi lavoratori senegalesi in diversi settori produttivi mauritani, i rapporti tra Nouakchott e Dakar hanno visto una distensione a seguito della firma di un primo accordo nel 2018 sullo sfruttamento dei giacimenti comuni di gas offshore al confine marittimo dei due paesi, e di un secondo accordo di compravendita con BP e Kosmos Energy per un totale annuo di 2,5 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto. Gli investimenti di queste due società nel progetto Gta, ormai prossimo al completamento e alla messa in esercizio entro l’autunno, consentiranno a Senegal e Mauritania di rifornire l’Europa e altri mercati globali[11], nonché di entrare ufficialmente nel forum dei paesi produttori di gas. La scoperta dei giacimenti tra queste due nazioni confinanti ha infine dato un’improvvisa accelerazione al progetto del Pont de Rosso sul fiume Senegal, che sta per essere ultimato e che finalmente collegherà stabilmente la Mauritania e il Senegal. I costi sono stati coperti da una donazione dell’Unione europea (UE) (per 20 milioni di euro) e da prestiti della Banca africana per lo sviluppo (41 milioni di euro) e della Banca europea per gli investimenti (22 milioni di euro)[12].

L’importanza di queste risorse pare oggi aver appianato le divergenze prima esistenti, e le felicitazioni all’elezione in Senegal di Bassirou Diomaye Faye sono venute tanto diplomaticamente dal presidente Ghazouani, quanto calorosamente dall’opposizione, soprattutto dai leader nero-mauritani per la vicinanza con l’ideologia panafricanista del neoeletto presidente senegalese[13].  Altre figure politiche prossime al governo hanno invece espresso preoccupazione sulla stabilità del paese in seguito a tale elezione, avvenuta dopo gravi vicissitudini interne[14].

La ricchezza proveniente dalle acque dell’Atlantico non si limita solo al gas ma si estende anche alla pesca, visto che le acque mauritane sono tra le più pescose al mondo. Nel 2014 la Cina aveva già concesso un prestito di 294 milioni di dollari alla Mauritania per ampliare il porto esistente di Nouakchott così da aprirlo ai container[15], mentre nel 2020 l’Assemblea nazionale mauritana ha ratificato un prestito di 87 milioni di dollari concesso al governo dalla Export-Import Bank of China per la costruzione di un nuovo porto peschereccio 25 chilometri a sud della capitale. Il 7 dicembre 2022 Ghazouani si è così spinto a dichiarare che “la Cina era il principale partner commerciale della Mauritania” dopo un incontro privato con il presidente cinese Xi Jinping. In realtà, un rapporto ufficiale del 2023 ha invece rilevato come l’UE resti il primo partner commerciale della Mauritania, con il 35,1% degli scambi sul totale. Molti di essi avvengono però attraverso il porto di Nouadhibou, la capitale industriale del paese, dove da un decennio è stata avviata una zona franca portuale il cui ammodernamento è stato possibile anche grazie a un recente finanziamento di 15 milioni di euro da parte tedesca.

Il quadro interno: il percorso verso le elezioni

La stabilità nella gestione politica ed economica della Mauritania è data dalla presenza di un ampio e forte partito di maggioranza, cambiato sin dall’apertura al multipartitismo nel 1991 solo nel nome[16]. A contendere la riconferma al presidente uscente, sostenuto dal partito di maggioranza, l’Insaf, si trova un’opposizione divisa e caratterizzata talvolta da conflitti interni agli stessi partiti, come accaduto per il Rassemblement des Forces Démocratiques (Rfd) di Ahmed Ould Daddah, anziano fratello minore dello storico primo presidente del paese dopo il raggiungimento dell’indipendenza[17].

La frammentazione è favorita tanto dalla debolezza strutturale dei singoli partiti quanto dal fatto che gli stessi sono spesso caratterizzati da programmi e rivendicazioni riferibili a uno specifico gruppo etnico o sociale (sebbene in maniera velata, poiché questo è un fattore vietato dalla Costituzione): in molti faticano quindi a imporsi come partiti di grande rilevanza nazionale.

Per cercare di superare questa frammentazione per le prossime presidenziali, un tentativo di trovare un candidato d’opposizione unitario è stato lanciato da Tawassoul[18], il partito d’ispirazione islamista che da un decennio risulta maggioritario tra le opposizioni ma che non ha mai riscosso lo stesso successo in occasione delle presidenziali. Nella contesa alla presidenza, infatti, i candidati del Tawassoul sono sempre stati sempre più che doppiati da Dah Abeid, un candidato indipendente e leader di una popolare organizzazione antischiavista[19] che, senza alcun partito alle spalle, ha osato sfidare già nel 2014 e nel 2019 il candidato di maggioranza. Che Dah Abeid – autodefinitosi “unico candidato credibile”[20] – resti il maggiore ostacolo alla riconferma di Ghazouani appare comprovato dalla richiesta, lanciata dal primo ministro in carica Mohamed Ould Bilal al gruppo d’opposizione guidato da Tawassoul di escludere da ogni trattativa elettorale i partiti non riconosciuti e, con essi, i loro leader.

Non hanno aderito all’iniziativa di Tawassoul neanche i numerosi partiti minori d’opposizione che fanno riferimento alle comunità nero-mauritane che, a loro volta, hanno lanciato a fine marzo una iniziativa simile promossa dalla Coalition Vivre Ensemble (Cve), formazione partitica che però appare ancora incapace di ritrovare la forza perduta in seguito al decesso del carismatico leader Kane Hamidou Baba, che era arrivato terzo alle scorse presidenziali[21]. All’incontro promosso dalla Cve hanno partecipato, oltre a vari partiti minoritari, anche alcuni dei candidati già annunciati da altri partiti: El Id Mohameden M’Bareck del Front Républicain pour l’Unité et la Démocratie (Frud), Bâ Mamadou Bocar, presidente dell’Alliance pour la justice et la démocratie/Mouvement pour la rénovation (Ajd/MR), e il già citato Dah Abeid, che si presenterà nuovamente come candidato indipendente in quanto al suo partito Parti radical pour une action globale (Rag) viene negata, da oltre un decennio, l’autorizzazione a competere.

Tuttavia, come conciliare queste richieste unitarie delle opposizioni con le aspirazioni maggioritarie di Tawassoul, dei singoli partiti minori che tentano di acquisire visibilità e con le legittime aspirazioni personalistiche di Dah Abeid, forte di un vasto consenso popolare e trasversale?

Una proposta di riforma e razionalizzazione del sistema dei partiti è stata lanciata, lo scorso 3 aprile, dai deputati della maggioranza attraverso la stesura di un “Patto repubblicano”, che però appare un ennesimo tentativo di limitare la competizione elettorale escludendo movimenti e gruppi sgraditi al partito al potere, l’Insaf[22]. Tra le altre cose, esso prevede l’esclusione dei partiti che farebbero “retorica razzista”[23], aspetto che mira a colpire tanto le formazioni nero-mauritane quanto Dah Abeid, che hanno più volte denunciato le politiche discriminatorie attuate contro neri e haratin, la cui presenza nell’amministrazione pubblica, nel governo e nell’esercito è stata resa marginale. L’adesione al documento da parte delle opposizioni (che non sono state coinvolte nella sua stesura[24]) è finora giunta solo da due forze minori, l’Union des forces de progrès (Ufp) e Rfd, le quali avevano già concordato una “Carta d’intesa nazionale”[25] nel 2023, riguardante i principi di unità nazionale, governance politica ed economica, senza il coinvolgimento delle altre formazioni.

Ad oggi, sono  quasi una decina i candidati che hanno annunciato la propria candidatura alle presidenziali: oltre ai già citati Ghazouani, Dah Abeid, Ould M’Bareck e Bâ Mamadou Bocar, troviamo altri tre candidati indipendenti Mohamed Lemine Ould El-Wafi (che aveva ottenuto appena lo 0,4% alle presidenziali del 2019), Mohamed Cheikh, accademico e analista politico, e Hamidine Moctar Kane, economista e rappresentante della diaspora mauritana; poi Moussa Bocar Mohamed, un attivista che ha recentemente lanciato un proprio movimento, l’Union nationale pour la changement (Unc); e due donne, Khadijetou Mint Sidna e Belinda Fall, quest’ultima influente donna d’affari. Mancano però ancora i candidati – unitari o meno – tanto dell’opposizione nero-mauritana quanto di quella islamista di Tawassoul.

La partecipazione di Dah Abeid, però, è stata messa in bilico da un fatto recente che ne potrebbe compromettere la competizione elettorale. Nel febbraio scorso, in un video diventato presto virale, Dah Abeid aveva accusato il leader dell’Ufp Ould Maouloud di aver ricevuto, nel corso della campagna per le presidenziali del 2019, 500 milioni di ouguiya da Mohamed Ould Bouamatou, ricco uomo d’affari. Ould Maouloud ha denunciato Dah Abeid, che si è visto subito revocata l’immunità parlamentare da parte dell’Assemblea nazionale. L’insuccesso nelle legislative del 2023, con nessun deputato eletto all’Assemblea nazionale, sembra aver inasprito ancora di più gli animi della leadership dell’Ufp, che si è spinta ad accusare Dah Abeid di incitare haratin e nero-mauritani a compiere un genocidio contro la componente araba del paese[26].

La disputa sta polarizzando il dibattito politico: da un lato, il blocco governativo e dell’Ufp critica duramente Dah Abeid, accusato di essere sempre più divisivo; dall’altro, i maggiori partiti d’opposizione – da Tawassoul a Sawab all’Ajd/MR – denunciano invece l’ingerenza dell’esecutivo sul potere legislativo, che ha revocato l’immunità al parlamentare e che sarebbe così “deprivato delle proprie funzioni costituzionali”[27].

Una situazione in evoluzione, dunque, con la prospettiva di una campagna elettorale che non mancherà di colpi di scena, sperando di non dover rivedere scene di ingerenza paragonabili a quelle del 2019, quando, ad urne ancora aperte, mezzi militari circondarono la sede della Ceni (la Commissione nazionale indipendente per le elezioni)[28] e furono interrotte le comunicazioni via internet, come denunciò anche Réporters sans Frontières[29]. Al di là dell’esito delle elezioni presidenziali, il modo in cui la Mauritania gestirà il proprio spazio politico e il rafforzamento dell’indipendenza di istituzioni come la magistratura e la commissione elettorale saranno gli aspetti chiave da monitorare nel 2024.


[1] La popolazione è composta da diverse etnie: arabo-berberi (30% circa), nero-mauritani (wolof, soninké, peul, 25% circa) e haratin, gli ex schiavi della comunità maura d’origine nero-africana e ai loro discendenti (45% circa). Cfr. US Department of State, Mauritania 2018 Human Rights Report, 2018, p. 14. Si tratta di stime perché il governo mauritano non censisce gli haratin come gruppo separato da quello arabo-berbero.

[2] A. Ngaïde, “Violences politiques et derives autoritaires en Mauritanie (1984-2005)”, in G. Klute, B. Embalò (eds.), The Problem of Violence. Local Conflict Settlement in Contemporary Africa, Rüdiger Köppe, Verlag-Köln, 2011, p. 122.

[3] “NATO and Mauritania strengthen cooperation”, NATO, 4 luglio 2023.

[4] A. Boukhars, “Keeping terrorism at Bay in Mauritania”, Africa Center for Strategic Studies, 16 giugno 2020.

[5] H. Mechaï, “Sahel. La tension monte entre le Mali et la Mauritanie après de mystérieuses disparitions”, Courrier international, 9 marzo 1922.

[6] L. Breuil, “Afflux de réfugiés en Mauritanie: Le HCR et l’agence coréenne de coopération signent un accord financier”, RFI, 29 febbraio 2024. Circa 100.000 sono ospiti del campo profughi di Mbera, gli altri sono stanziati in prossimità a esso.

[7] S. Leslous, “La Commission mixte de sécurité Algéro-mauritanienne tient sa première réunion”, l’Algérie aujourd’hui, 28 febbraio 2023.

[8] K. Zeidane, “Pourquoi la Mauritanie a opté pour la fermeture de sa frontière avec l’Algérie”, Chezvlane, 22 luglio 2017.

[9] “Algérie: les échanges commerciaux avec la Mauritanie sont de l’ordre de 414 millions $”, C.R.I.DE.M., 7 marzo 2024.

[10] “Gaz: la Mauritanie intéressée par l’expérience algérienne”, L’Expression, 2 marzo 2024.

[11] “Potentiels et enjeux stratégiques de la production de gaz en Mauritanie”, CR.I.DE.M., 17 marzo 2024. In questa fase, la commercializzazione è prevista per via marittima, attraverso il ricorso a container che trasporteranno il gas liquefatto, ma si confida nella realizzazione del progetto di gasdotto previsto tra Marocco e Nigeria, che ne faciliterebbe l’esportazione.

[12] I.I.Ivly, “Lancement des travaux de construction du pont de Rosso entre le Sénégal et la Mauritanie”, C.R.I.DE.M., 29 novembre 2021.

[13] D.A. Tidiane, “La victoire de Diomaye Faye à la présidentielle au Sénégal, une leçon-modèle pour la classe politique africaine”, C.R.I.DE.M., 29 marzo 2024 diritti umani (CNDH).

[14] A.S. Bouhoubeyni, “Sénégal: le Prémices d’une crise politique?”, C.R.I.DE.M., 29 marzo 2024. Bouhoubeyni è un avvocato mauritano, nominato da Ghazouani nel 2022 presidente della Commissione per i diritti umani (CNDH).

[15] “294 millions de dollars de la Chine pour l’extension du PANPA”, C.R.I.DE.M., 5 agosto 2014.

[16] Il monopartitismo era stato introdotto dal primo presidente Mokhtar Ould Daddah nel 1964, ma nel 1991 l’allora presidente Maaouya Ould Sid Ahmed Taya fu costretto a introdurre alcune misure democratiche, tra cui l’apertura al multipartitismo e una nuova Costituzione, in cambio del supporto economico ricevuto da Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. Cfr. “Des voix dans le désert. Sur les élections de « l’ère pluraliste »”, in Politique africaine, n. 55, ottobre 1994, pp. 31-39.

[17] “Ahmed ould Daddah : « la tenue d’un congrès extraordinaire du parti est une démarche illégitime »”, Sahara Media, 2 aprile 2024.

[18] O. Mint Bamba, “Mauritanie : l’opposition compte investir un candidat unique au cours des présidentielles de juin 2024”, Senalioune, 4 aprile 2024.

[19] Dal Abeid ha creato nel 2008 la Initiative pour la Resurgence du mouvement Abolitioniste (IRA) Mauritanie, l’associazione antischiavista presto divenuta simbolo della lotta contro le sequele della schiavitù che colpiscono ancora oggi gli haratin di Mauritania. IRA Mauritanie ha acquisito enorme popolarità a livello nazionale e globale e ha ricevuto una decina di importanti premi per la propria lotta per i diritti umani.

[20] J. Spiegel, “Biram Dah Abeid: «Je n’ai jamais dit que Ghazouani était mon ami»”, Jeune Afrique, 29 marzo 2024.

[21] D. Lam, “Candidature unique au sein de l’opposition : Mission impossible ?”, Le Calame, 3 aprile 2024.

[22] M. Diop, “Une proposition de réforme des partis politiques divise en Mauritanie”, VOA Afrique, 3 aprile 2024.

[23] O. Mint Bamba, “Journée nationales de concertation: appel à la dissolution des partis de rhétorique raciste”, Senalioune, 16 marzo2024.

[24] D. Lam, “Concernant le Pacte, il est inapproprié d’être partie prenante d’un document préparé en catimini, sans nous”, Le Calame, 3 aprile 2024.

[25] L. Breuil, “Mauritanie: signature d’une charte entre gouvernement, parti majoritaire et deux formations d’opposition”, RFI, 22 settembre 2023.

[26] M.M. Lemine, “Le Vice-président de l’UF indexe implicitement le député Biram de potentiel génocidaire”, Rapide info, 8 aprile 2024.

[27] “Mohamed Ould Maouloud doit «doit laver son honneur»”, RMI info, 24 febbraio 2024.

[28] C. Kane, “Mauritanie: une page sombre de la démocratie”, C.R.I.DE.M., 24 giugno 2020.

[29] “En Mauritanie, l’opposition conteste la victoire du candidat du pouvoir à la présidentielle ”, Le Monde, 25 giugno 2019.

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