Marlon Brando, 100 anni dalla nascita: dal Padrino a Ultimo Tango a Parigi - la Repubblica

Spettacoli

Marlon Brando, 100 anni del mito. La sua filosofia: “Fotti e fuggi, colpiscili, stendili, sorprendili”

Marlon Brando, 100 anni del mito. La sua filosofia: “Fotti e fuggi, colpiscili, stendili, sorprendili”
(ansa)

L’attore era nato il 3 aprile 1924 e, per tutta la vita, con la recitazione aveva cercato di sfuggire dal suo rapporto tormentato col padre: “Se non avessi avuto la fortuna di diventare attore sarei diventato un truffatore”

3 minuti di lettura

“Se non avessi avuto la fortuna di diventare attore sarei diventato un truffatore". Marlon Brando è stato l’attore per eccellenza, una cinquantina di ruoli e due Oscar, ha attraversato la storia del cinema incarnando personaggi emblematici come il marito polacco di Stella, Stanley Kowalski, del Tram chiamato desiderio, lo scaricatore di porto Terry Malloy di Fronte del porto, Don Vito Corleone del Padrino, il colonnello Kurtz di Apocalypse now o il tormentato Paul dell’Ultimo tango di Bernardo Bertolucci. L’interprete per eccellenza che viveva i personaggi più che recitarli, con una vita privata tormentata e grosse crisi di depressione, il cinema l’aveva salvato da un’infanzia triste ma non è riuscito a dargli la pace che voleva, solo l’eternità nell’immaginario popolare.

Nel film di Elia Kazan tratto da Tennesse Williams 'Un tram chiamato desiderio'
Nel film di Elia Kazan tratto da Tennesse Williams 'Un tram chiamato desiderio' (ansa)

Cento anni fa, il 3 aprile 1924 a Omaha, nel Nebraska, nasceva il terzogenito del produttore di pesticidi e materie chimiche Marlon Brando Senior, un rapporto tormentato col padre che lo segnerà per tutta la vita. Figlio di un viaggiatore di commercio, sempre assente, violento e col vizio del bere e di una donna, affettuosa e divertente, Dorothy, per lui una vera e propria musa, schiacciata però dall'alcolismo e dalla depressione. Nei ricordi affidati agli audio contenuti nel documentario Listen to me, Marlon, l’attore fa appena in tempo a raccontare di quella volta che la mamma vestì un'oca con un cappello e una stola da Babbo Natale per farlo ridere che poi il ricordo va a quando la madre finiva in prigione e in lui crescevano vergogna e rabbia. "Quando da bambino non sei desiderato finisci per essere costantemente alla ricerca di un'identità per farti accettare" spiega.

Brando racconta Brando - Marlon, il bugiardo

Alla ricerca del metodo: niente recitazione, solo la verità

E quella ricerca di identità lo porterà alla recitazione. Cresciuto tra la California (dove la madre lo aveva portato dopo il divorzio), l'Illinois e il Minnesota (dove si fece cacciare dall'accademia militare), Brando approdò nel 1943 a New York, si iscrisse ai corsi di recitazione di Stella Adler nella Dramatic Workshop di Erwin Piscator, dove rimase folgorato dal Metodo Stanislavskij, affinato poi all'Actors Studio di Lee Strasberg. La filosofia di interpretazione di Marlon Brando era "fotti e fuggi, colpiscili, stendili, sorprendili". Gli spettatori naturalmente attraverso l'unico mezzo possibile per lui, la verità. Dopo tanto teatro negli anni Quaranta, il cinema. Per il primo film, Uomini (1950) di Fred Zinnerman, in cui interpretava un reduce su sedia a rotelle, trascorse tre settimane in ospedale insieme a paraplegici per entrare nel loro stato mentale (quarant'anni prima di Nato il 4 luglio). Con il secondo film, Un tram chiamato desiderio di Elia Kazan (dallo spettacolo teatrale di Tennesse Williams che aveva già portato a teatro), ottenne la prima nomination all'Oscar (vinto poi da Bogart), per la statuetta dovrà aspettare il '54 sempre grazie ad un film di Kazan (Fronte del porto) che lo consacrerà divo. Il secondo, per Il padrino di Coppola, lo rifiuterà mandando sul palco del Kodak Theater una giovane indiana a spiegare le ragioni di quel gesto. Il cinema ha raccontato sempre la storia dal punto di vista del cowboy, mai del nativo e per questo l'attore non volle accettare la statuetta: "Viviamo tutti su una terra rubata".

Il padrino di Francis Ford Coppola
Il padrino di Francis Ford Coppola 

Tahiti, isola della pace e del dolore

Altri ruoli diventati iconici nella sua carriera da Viva Zapata, in cui è il rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, a Giulio Cesare, in cui giganteggia nella parte di Marc'Antonio, a Il selvaggio (giubbotto di pelle e motocicletta in bella mostra), nel musical Bulli e pupe dove è un giocatore d’azzardo. Nel 1962 arriva Gli ammutinati del Bounty, un altro trionfo al botteghino sebbene lui la ricordi come "la peggiore esperienza cinematografica" della sua vita. Eppure è lì che trova finalmente, almeno per un periodo, un po’ di serenità. "Se mai mi sono avvicinato ad un vero senso di pace è stato lì" raccontava. E lì per Brando era l'isoletta di Tetianoa a Tahiti dove aveva trovato rifugio, Tahiti l'aveva sognata fin da quando da ragazzo passava il tempo nelle biblioteche della scuola militare dove il padre lo aveva mandato. Poi grazie al film il sogno diventa realtà, a Tahiti l’attore incontra Tarita Teriipaia che diventerà la sua terza moglie (tormentata anche la sua vita sentimentale: quattro compagne ufficiali, 11 figli, innumerevoli amanti femminili e maschili).

Da Tarita nascono due figli, Simon e Cheyenne al centro della doppia tragedia che colpì Brando quando il primo figlio Christian (avuto con l’attrice Anna Kashfi) uccise il fidanzato di Cheyenne, il polinesiano Dag, con cui la giovane donna aspettava un bambino. Per il dolore la ragazza cinque anni dopo, complici anche le sue dipendenze e problemi mentali, si suicidò. Christian, che era ubriaco e al processo dichiarò che il colpo era stato accidentale, venne condannato a dieci anni e ne scontò cinque. Il matrimonio con la tahitiana durò dieci anni durante il quale Brando trasformò l'isola in un albergo di lusso ecosostenibile che rimase aperto per 25 anni. Quello che Brando amava di Tahiti era il fatto di "essere uno qualunque, non sanno che sei una star del cinema e comunque non gliene frega niente". Questo per lui era il paradiso e al suo impegno ambientalista ante litteram è dedicato il documentario Il Paradiso di Marlon Brando (che si può trovare su arte.tv).

Brando raccontato da Brando, la figlia Cheyenne

Il padrino da Oscar e quel provino improvvisato

Il Padrino è da molti considerato il canto del cigno dell’attore, un ruolo per il quale aveva dovuto sottostare ad un provino. "Coppola era sicuro, ma i produttori non erano convinti e a dirla tutta neppure io - raccontava - Così durante il provino ebbi l'idea del cotone e cominciai a dire le frasi biascicandole tutte". Con quelle ultime immagini, il padrino che si accascia tra le piante di pomodoro mentre il nipotino ancora crede che il nonno stia giocando e abbia proseguito lo scherzo di poco prima, si chiude in qualche modo la sua storia cinematografica. In realtà a quel film seguirono apparizioni di puro interesse ‘alimentare’ ma anche quella sorta di super cameo che fu il colonnello Kurtz per il Vietnam di Francis Ford Coppola. In un vortice autodistruttivo, Marlon Brando si trascinò fino alla morte per enfisema polmonare il 1° luglio 2004. Le sue ceneri vennero disperse in due luoghi: Tahiti e la Death Valley.

'Apocalypse Now' il capolavoro di Coppola torna in sala - 'The End' dei Doors

I commenti dei lettori