Terèsa di Calcutta, santa nell'Enciclopedia Treccani - Treccani - Treccani

Terèsa di Calcutta, santa

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Antonio Menniti Ippolito

Terèsa di Calcutta, santa. – Al secolo Gonxha Agnes Bojaxhiu (Skopje 1910 - Calcutta 1997), nacque da famiglia benestante d’origine albanese a Skopje, nell’odierna Macedonia, il 26 agosto 1910. Ultima di cinque figli, studiò nella scuola pubblica ed ebbe una infanzia felice fino alla morte del padre Nikola, avvenuta nel 1919. La madre Drana si trovò allora in difficoltà finanziarie che contribuirono a formare la piccola Agnes la cui educazione religiosa si rafforzò nella frequentazione della parrocchia gesuita del Sacro Cuore. Fu all’età di dodici anni che Agnes sentì la prima vocazione religiosa, che la portò poi il 26 settembre 1928 a lasciare la famiglia per entrare in qualità di postulante nell’Ordine della Beata Vergine Maria, meglio noto come le «Suore di Loreto». Si recò così in Irlanda, a Rathfarnham nei pressi di Dublino, ove assunse il nome di Mary Teresa, in onore di santa Teresa di Lisieux. Il 10 dicembre si imbarcò per l’India e il 6 gennaio 1929 era a Calcutta. Il 23 maggio successivo divenne novizia nell’Ordine delle Suore di Loreto a Darjeeling, sulle pendici dell’Himalaya, dove il 25 maggio 1931 fece professione dei voti temporanei. Fu allora rimandata a Calcutta, dove ricevette il compito di insegnare storia, geografia e catechismo nella scuola per ragazze St. Mary tenuta dall’Ordine a Entally, nella zona est della città. Nel 1935 le fu affidato un nuovo insegnamento presso la scuola elementare di Santa Teresa e fu qui, ben più di quanto non le era stato possibile fare nel collegio a pagamento di St. Mary, che entrò in più diretto contatto con la dura realtà sociale di Calcutta. Il 24 maggio 1937 fece professione di voti perpetui e nel 1944 divenne direttrice della scuola di St. Mary. Per Calcutta erano intanto tempi durissimi. La città fu colpita da una terribile carestia nel 1942-43 e la prossimità del fronte bellico, soprattutto dopo l’entrata dei giapponesi in Birmania, ne caratterizzò la vita all’insegna dell’emergenza. Terminata la guerra, l’affermazione definitiva del movimento per l’indipendenza si tradusse anche a Calcutta, nel 1946, in una serie di sanguinosi scontri tra hindu e musulmani. L’anno successivo, la Partition, ovvero la divisione del vecchio dominio britannico nell’India e nella nuova realtà del Pakistan occidentale e orientale, mise a dura prova la città dove confluirono profughi hindu provenienti dalle province ora pakistane e dove transitarono musulmani impegnati nel tragitto opposto. In quesdta situazione, Madre Teresa venne a contatto diretto con la sofferenza umana nelle condizioni più estreme e questo segnò la sua vita rafforzandone la fede e indirizzandola però nel contempo verso l’impegno concreto al servizio dei sofferenti. Il 10 settembre 1946, come ella stessa raccontò, durante un viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling dove andava per il periodo annuale di ritiro, ricevette la «chiamata nella chiamata», la definitiva ispirazione che avrebbe segnato la sua esistenza. Decise pertanto di abbandonare la vita che per venti anni aveva condotto e di fondare una congregazione al servizio dei più poveri. Il 12 aprile 1948, ottenne da Pio XII il decreto di «esclaustrazione» che le avrebbe consentito di lasciare l’Ordine di Loreto per iniziare la sua missione; il 17 agosto successivo, indossando un povero sari bianco bordato di blu, lasciò il convento ove aveva a lungo risieduto per recarsi a Patna, in Bihar, per seguire lezioni di pronto soccorso presso le Suore Mediche Missionarie. Il 9 dicembre era a Calcutta e in quello stesso mese si immerse tra i poveri della città, ove nel disagiato quartiere di Motijhil fondò una scuola. Nel marzo 1949 si unì a lei la prima consorella, Subashini Das, che prese il nome di Sister Agnes. Fu il 7 ottobre 1949 che la Congregazione delle Suore Missionarie della Carità fu formalmente fondata. Il 14 dicembre 1951 Madre Teresa divenne cittadina indiana e il 22 agosto 1952 aprì, nei pressi di Kalighat, il principale tempio hindu della città, la casa per ammalati e moribondi, detta Nirmal Hriday («Cuore puro»).  Tale attività venne ospitata, per illuminata concessione del governo locale, in quello che era stato un ostello per pellegrini diretti al tempio. Nel febbraio 1953 traslocò nella Casa Madre al numero 54 di Lower Circular Road, oggi A.J.C. Bose Road, che non avrebbe più abbandonato. Il 12 aprile successivo fece professione perpetua quale Missionaria della Carità mentre le prime dieci consorelle, sue ex allieve a St. Mary, prendevano i voti temporanei. Nel 1955 aprì a Calcutta lo Shishu Bhavan, l’istituto ove accolse bambini orfani e abbandonati, nel 1959 il centro per lebbrosi di Titagarh e il 29 maggio aprì la sua prima missione al di fuori del Bengala occidentale a Ranchi, nell’odierno stato indiano del Jharkhand. L’anno successivo le missioni in India erano quattro e le suore Missionarie della Carità erano settantanove. È in questo tempo che Pier Paolo Pasolini incontrò Madre Teresa, cui dedicò nel suo L’odore dell’India (1962) un significativo ritratto. La descrive «asciutta, con due mascelle quasi virili, e l’occhio dolce, che, dove guarda, ‘vede’ […] ha nei tratti impressa la bontà vera […], senza aloni sentimentali, senza attese, tranquilla e tranquillizzante, potentemente pratica».  Anche l’India si accorse di lei e il presidente della Confederazione le accordò l’11 agosto 1962 l’importante onorificenza Padma Shri. Il 25 marzo 1963 veniva intanto fondata la Congregazione dei fratelli Missionari della Carità mentre il 10 febbraio 1965 papa Paolo VI volle che la Congregazione, che aveva conosciuto in un suo viaggio in India nel 1964, passasse sotto la diretta autorità del pontefice. Il 26 luglio di quell’anno Madre Teresa fondava la prima missione fuori dall’India, in Venezuela. L’espansione della Congregazione divenne da allora costante e al ramo principale delle Missionarie della Carità si affiancò a partire dal 1976 l’Ordine delle Missionarie della Carità Contemplative e dal 1979 il corrispondente Ordine maschile. In questo stesso anno, il 10 dicembre, Madre Teresa ottenne il premio Nobel per la pace. Fu dal 1983 che le si rivelarono gravi problemi di cuore. Ciò non fermò la sua intensa attività, anche perché nel 1990 le consorelle ne bloccarono le dimissioni da Superiora Generale. Solo il 13 marzo 1997 venne chiamata a succederle la suora nepalese Sister Nirmala. Il 5 settembre di quell’anno, Madre Teresa morì a Calcutta all’età di 87 anni e fu sepolta, dopo un funerale di Stato, nella Casa Madre della congregazione. Il 12 giugno 1999 ebbe inizio la fase diocesana della causa per la beatificazione e canonizzazione, che fu straordinariamente rapida per volontà del pontefice Giovanni Paolo II e il 19 ottobre 2003 lo stesso papa la proclamò beata nella giornata Missionaria Mondiale durante la settimana di celebrazioni per il 25° anniversario del suo pontificato. Alla fine del 2005, le suore Missionarie della Carità erano 4173, operanti in 737 missioni in 133 paesi del mondo povero e di quello sviluppato. Il 4 settembre del 2016 è stata proclamata santa da papa Francesco. Festa, 5 settembre.

Madre Teresa operò inizialmente in un’India squassata e dalle conseguenze del colonialismo britannico e dalla fiera lotta condotta dagli indiani per liberarsi da un giogo sempre più violento e sanguinario. Uno dei momenti decisivi della sua autobiografia furono gli scontri tra hindu e musulmani a Calcutta e in tutta la nuova nazione subito dopo la proclamazione dell’indipendenza. Ebbe allora caro l’esempio di Gandhi che di quella violenza finì con l’essere vittima, ne apprezzò la personalità, gli strumenti di lotta, e ne rievocò l’esempio con continue citazioni: dal nome del movimento di collaboratori delle Missionarie che chiamò «co-workers» con un termine caro al Mahatma, alla titolazione a quest’ultimo del suo grande lebbrosario bengalese. Ma la cultura indiana caratterizzò in modo determinante la sua vocazione, e da essa deriva un detto che Madre Teresa utilizzava e che le viene spesso attribuito: «Se trovi due pezzi di pane, uno dallo ai poveri e vendilo e compra dei giacinti per nutrire la tua anima». Ma l’India ha anche caratterizzato le regole di vita della Congregazione, improntate al rigore, all’essenzialità, al rifiuto si può dire totale di quanto possa agevolare le attività quotidiane ma nel contempo creare forme di bisogno. Madre Teresa esitò prima di dotare la Casa Madre di Calcutta di un telefono. Le Missionarie della carità non hanno un progetto sociale, non si sostituiscono alle autorità pubbliche, ma tentano di svolgere attività che neppure queste riescono a sostenere. Da qui il loro operare in favore di chi si trovi in situazioni estreme: i moribondi, i malati cronici, gli abbandonati senza speranza. Le suore condividono lo stile di vita e la sofferenza di chi si trova nelle loro mani, distribuiscono amore più che cure specifiche, assicurano calore più che interventi mirati. Per questo hanno ricevuto critiche, in parte giustificabili, ma la loro attività di assistenza, in luoghi estremi di ogni continente, resta eccezionale. Di fatto, detta attività è l’espressione più alta della loro vocazione, anzi la finalizzazione di questa stessa. Il duro lavoro che svolgono è parte della loro attività di preghiera. Le suore non convertono, non impongono modelli, non cercano di convincere. Gli assistiti che muoiono nelle loro case vengono destinati alle comunità religiose di appartenenza e in India, quando vi è un dubbio, i cadaveri vengono destinati alla cremazione secondo lo stile hindu. Neppure i bambini ospiti dello Shishu Bhavan di Calcutta, almeno quelli in condizione d’essere dati in adozione, vengono battezzati. Il modello di vita e di impegno offerto da Madre Teresa e dalle sue Missionarie della carità è tanto originale quanto straordinario: un vero modello di fratellanza, non ideologico, che si propone con l’esempio. In un recente autorevole sondaggio svoltosi in India, teso ad individuare l’indiano più illustre del XX secolo, la cattolica albanese Madre Teresa ha prevalso su tutti. Questo in un paese particolare, orgoglioso della propria specificità e pure interessato da un risveglio hindu che sta provocando moti di intolleranza religiosa. Il modello semplice, coerente, sofferto, che Madre Teresa ha offerto al mondo ha un valore universale.

Bibl.: – R. Royle - G. Woods, Mother Teresa. A life in pictures, San Francisco 1992; N. Chawla, Mother Teresa. The authorised biography, Boston 1996; biografia in www.motherteresa.org.

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