Rivolte del pane: il caso bolognese del Trecento - StorieParallele.it

Rivolte del pane: il caso bolognese del Trecento

Il problema dell’aumento del prezzo del pane si è accentuato nei momenti più bui della Storia, dando vita a numerose rivolte, chiamate appunto Rivolte del Pane. Da sempre la questione del prezzo della farina e dei suoi derivati affligge le popolazioni di ogni epoca, ognuna caratterizzata dalle sue criticità.

Un fenomeno diffuso in tutta Europa

Questi episodi rivoltosi erano frequenti nel corso di tutto il Medioevo ed in ogni parte d’Europa, la situazione però si fece più complicata tra il Duecento ed il Trecento. Tutta l’Europa, in questo periodo, fu percorsa da una serie di rivolte popolari che furono spesso represse e molto più frequenti di quanto si pensi ma dato il loro carattere di ripetitività furono anche poco documentate dai coevi.

Per esempio, a Gand, in Olanda a metà del 1300 si dovette aumentare il prezzo di pane e derivati a causa di un aumento dei dazi doganali e gabelle, inoltre il governo della città a causa di uno scarso raccolto promulgò una legge secondo la quale il grano prodotto dovesse essere dirottato sul mercato cittadino. L’aumento dei prezzi e la scarsità del raccolto provocarono il malcontento nella popolazione contadina e si scatenò una sommossa[1]. Come poi ha sottolineato la dottoressa Pucci Donati nel saggio La civiltà del Pane, nell’Europa medievale rivolte e sommosse derivate dal malcontento per il prezzo del pane e la scarsità dei cereali furono problemi molto frequenti.

In Italia le rivolte del pane si sono susseguite insieme a problematiche come la penuria, le carestie e le epidemie che hanno messo a dura prova le masse contadine. La questione del pane è stata molto sentita: molte città prendevano provvigioni di grano da paesi vicini, confinanti e quindi inevitabilmente erano soggetti a guerre, carestie e gabelle. Basti pensare alla Firenze del Trecento che si approvvigionava dai paesi vicini, quali Siena, Colle Val D’elsa, Perugia e Arezzo. Come in generale nell’Italia settentrionale, anche a Bologna e nell’area limitrofa c’erano problemi riguardo la ricezione del grano e derivati che si andavano a sommare ai problemi preesistenti di una gestione comunale praticamente inesistente.

Sicuramente sono stati molti i tumulti e le sommosse legate alle diverse problematiche che nel corso del tempo si sono sommate. Purtroppo non abbiamo molte testimonianze dirette di queste rivolte, probabilmente perché erano abbastanza frequenti e molto spesso venivano represse con la forza e la violenza sfociando in un bagno di sangue. Una delle testimonianze di rivolte del pane di cui possiamo saperne di più è quella di Bologna del 1311 a cui sono legate importanti vicende politiche e organizzative.

La Rivolta del Pane di Bologna

La Bologna medievale era percorsa da una diatriba politica comune a quella di molti comuni dell’Italia centro settentrionale, la lotta tra Guelfi e Ghibellini. Queste lotte si sono protratte per tutto il trecento e hanno portato ad un calo della popolazione ed una serie di problemi aggravati anche da una belligeranza con la vicina Modena.

L’ambiente bolognese non era certo pacifico in quel periodo e in quegli anni del primo trecento queste problematiche portarono allo scoppio di una rivolta, appunto la Rivolta del Pane. Come emerge dall’intervento della professoressa Valeria Braidi nell’ambito di un convegno sul tema [2], le radici della rivolta si possono trovare in una carestia e in un impegno importante nella conquista dei territori circostanti.

Bologna si affaccia al Trecento con alle spalle un decennio di lotta interne ed esterne che si intrecciavano con le sorti e le azioni delle città/signorie circostanti. Come sottolinea la Braidi sappiamo di questa rivolta solo grazie ai documenti redatti nell’ambito di una riunione comunale, in merito ai problemi che affliggevano il territorio: per alcuni motivi legati alle questioni economiche molti cittadini rifiutavano il richiamo alle armi, costringendo quindi l’ingaggio di mercenari. Questa decisione portò all’aumento delle tassazioni e ad uno sconvolgimento sociale derivato dall’inserimento dei suddetti.

I fatti che la professoressa Braidi ci elenca, sono ricostruiti andando a ritroso nelle carte d’archivio ma non abbiamo una testimonianza diretta coeva del periodo. La Braidi, nel suo intervento, sottolinea come la rivolta del 1311 a Bologna sia scaturita da una banale penuria di biade per i cavalli, che andandosi ad accumulare ai precedenti problemi, provocò lo scontento della popolazione, che sfociò in una rivolta. Come più volte sottolinea la professoressa, il problema di molte rivolte è la scarsa documentazione: infatti, anche procedendo a ritroso, una volta datata con certezza la rivolta, è stato difficile ritrovarne traccia.

I problemi da risolvere erano all’ordine del giorno e la maggior parte erano di natura economica, il che rendeva ancora più agitate le masse contadine che dovevano sborsare esose tassazioni a fronte di un poco riscontro. Una volta individuata la data della rivolta, il 29 aprile 1311, la Braidi ha lavorato studiando i documenti a ritroso da quella data trovando una serie di problematiche e lamentele cittadine attestate nei vari resoconti dei consigli comunali. Già nei documenti datati 19 marzo 1311 sono presenti questioni riguardanti una serie di problematiche legate al territorio e al contado bolognese:

Viene riferito al consiglio del popolo che la chiusa del ramo di Reno è distrutta, e che bisogna trovare 1.500 lire per ripararla […] si stabilì di affidare la questione al capitano del popolo e agli anziani e consoli.
(Valeria Braidi – Le rivolte del pane: Bologna 1311)

Proseguendo su questa scia, la professoressa ritrova altri documenti che vanno a testimoniare una grande falla nel sistema di mantenimento dei fondi agricoli e dei contadi:

Lo stesso giorno fu fatto presente che il fiume Ravone, dal ponte di strada S. Felice in giù, era talmente pieno che quando pioveva le acque tracimavano e chi possedeva terreni nei dintorni aveva subito gravi danni. Si rendeva necessario intervenire scavando e ripulendo il letto del fiume, nonché allargando e riattando gli argini.”
(Valeria Braidi – Le rivolte del pane: Bologna 1311)

Il 23 marzo nei vari documenti del consiglio viene sottolineato come altri fiumi avessero esondato e i contadini fossero ancora impossibilitati a coltivare i loro possedimenti:

Si sottolineava nuovamente la gravità dell’inondazione del fiume Savena, che l’anno prima aveva rotto gli argini in più punti e aveva inondato.”
(Valeria Braidi – Le rivolte del pane: Bologna 1311)

Il popolo anche in questa circostanza si mostrava preoccupato poiché la questione era stata rimandata a terzi. Ancora il 15 aprile alcuni componenti del consiglio si lamentavano dello stato di alcune strade che erano praticamente inagibili e quindi impedivano gli approvvigionamenti e anche in questo caso si chiese una soluzione rapida ma anche in questo caso si preferì nominare terze persone affinché se ne occupassero. Alla vigilia della rivolta, il 28 aprile:

“[…] una supplica di tutti gli abitanti del contado bolognese, informò il consiglio del popolo bolognese che il fiume Samoggia aveva nuovamente rotto gli argini in più punti.
(Valeria Braidi – Le rivolte del pane: Bologna 1311)

Sempre il 28 aprile è segnalata una lamentela di alcuni eredi di un mugnaio, tale Giovanni di Salamone, che lamentavano che il mulino era stato distrutto in seguito alla guerra, e quando gli eredi volevano ricostruirlo il rivo lungo il quale sorgeva era ormai esondato impedendo una ricostruzione stabile e veloce. Gli eredi:

“[…] chiedono perciò al comune di Bologna il permesso di provvedere alla sistemazione del rio e alla ricostruzione del mulino, dicendosi poi disposti a pagare le tasse relative alla molitura.”
(Valeria Braidi – Le rivolte del pane: Bologna 1311)

Il permesso, in questo caso, venne concesso all’unanimità.

Le testimonianze di lamentele e problemi da risolvere non finiscono qui: la Braidi ne fa un lungo elenco quasi per ogni categoria di abitanti, dai contadini ai frati. Una serie di problematiche che, inutile dire, venne risoluta solo parzialmente e complicò la questione di ricognizione di grano e delle comunicazioni.

Il problema delle fonti

Con lo studio del caso di Bologna e di altri case studies emerge la necessità e la curiosità degli studiosi nell’approfondimento delle strutture economico-politico e sociali ma si trovano davanti ad una mancanza di fonti. Quello del 29 Aprile 1311, secondo la Braidi, non può essere definita rivolta ma piuttosto rumor, dal momento che mancano dei riferimenti contemporanei che permettono di attestare con certezza il carattere di rivolta alle sommosse. Le uniche fonti che parlavano della rivolta sono pochissime e si limitano solo a citare le sommosse al limite del fastidio che andava ad intralciare la normale funzione e discussione politica. 

Insomma queste piccole rivolte e sommosse sono più che altro dei malumori che il popolo di tanto in tanto aveva per cercare di ristabilire l’ordine economico dei farinacei e derivati che altrettanto spesso erano al centro di trattative e diatribe di stato.  Nonostante la ciclicità di questi eventi rivoltosi e spesso la gravità della situazione in cui versava il popolo, i governi consideravano superfluo il constatare questi eventi se non quando si raggiungevano dei risultati e delle vette molto estreme, come la rivolta del pane in Manzoni nel ‘600 o quella coeva di Gand. 

Questo fondamentale aspetto dello studio di rivolte nel Trecento viene messo in evidenza anche dal professor Patrick Lantschner,  in un resoconto sul convengo già citato, in cui prendendo ad esempio lo studio della Braidi e quindi la scarsità di documentazione coeva, ritorna sul concetto di ciclicità di queste rivolte e di quanto fossero sottovalutate dal governo cittadino, spesso sedate con la violenza dell’esercito o messe a tacere con un piccolo contentino.

Note al testo

[1] Francesca Pucci Donati, “La civiltà del pane” pag. 118 e seguenti
[2] Valeria Braidi, “Le rivolte del pane: Bologna 1311” in “Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento: un confronto” pag. 262 e seguenti

Bibliografia

📄 Francesca Pucci Donati, “La civiltà del pane”
📄 Valeria Braidi, “Le rivolte del pane: Bologna 1311” in “Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento : un confronto”, Firenze 2006
📄 Patrick Lantschner, “Rivolte urbane e rivolte contadine nell’Europa del Trecento: un confronto. Resoonto” in Reti Medievali, 2006
💻 www.treccani.it

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a cura di

Myriam Venezia

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