La vittoria dell'Ucraina è impossibile. Ma l'Europa gioca a fare la guerra - HuffPost Italia

Scegli di capire.

La vittoria dell'Ucraina è impossibile. Ma l'Europa gioca a fare la guerra

Sento una messe di ritardatari, anche di pregio, oggi votati all’urgente negoziato Kiev-Mosca per porre fine alla guerra. Se deve andare così, perché deve andare così per uscirne, non si percepisce quel battere-levare contro Putin e le elezioni non libere. Macron, Scholz, Meloni, von der Leyen, Metsola con chi pensate di trattare se non con Putin?
 
Capisco l’intralcio del personaggio, comprendo pure che dopo una caterva di previsioni sbagliate riversate sulla durata della guerra, sul destino del leader russo, sulla sua economia destinata a saltare in aria in poco tempo, c’è un leggero rancore che cova, ma la strada, seppure impervia non lascia alternative. È incontrovertibile che la rappresentanza di quella grande nazione, la Russia, è riferita istituzionalmente a Putin che ha consenso della stragrande maggioranza dei russi. Bastava seguire il servizio delle Iene su Italia Uno realizzato in Russia, alcuni giorni prima e il giorno stesso delle elezioni e si capiva che il popolo era, è, con Putin (sicuri che la maggioranza degli ucraini oggi sta con Zelensky?). Poi si può contemplare il resto, che non c’era opposizione tra i candidati, che non è  il format elettorale occidentale a cui siamo abituati e che per questo con Putin non si deve mai parlare, ma sarebbe una ritirata dalla realpolitik. Perseverare nel sostenere analisi, teorie poi divenute dogmi immutabili si entra nel girone infernale ‘armiamoci e partiamo’ riecheggiato in queste ore a Bruxelles. Una sorta di cristallizzazione dei ruoli della classe dirigente che, al contrario, per sua natura è vocata ad analizzare, strologare, decidere strategie, con un realismo politico conduca oltre le secche. Invece se non la pensi come quel format immutabile sei fuori.
 
Orban che si congratula con Putin per la sua rielezione. Prima la reazione alle parole di Salvini, ‘il popolo ha sempre ragione quando vota’, poi corrette, sistemate nel nome dell’unità della coalizione del centrodestra e della strategia pasionaria della premier che sull’Ucraina ha costruito una sorta di check point Charlie, un ufficio patenti delle libertà, viatico della resistenziale partigianeria atlantica. Apriti cielo. Al via la corsa ai distinguo pesanti. Con Putin mai. Con Putin non si discute (ma perché con al-Sisi d’Egitto o Tebboune d’Algeria siamo al top delle democrazie avanzate?). Prima di esprimere un’opinione occorre ripetere i mantra in uso in questi anni di guerra. Che se osservati a occhio nudo non fanno altro che amplificare le contraddizioni, il pressapochismo e il gattopardismo di una armata Brancaleone occidentale, europea soprattutto, che si sente sollevata e risolta nell’inviare, una tantun, armi all’Ucraina, e nell’appassionarsi ai boullion macroneschi alla Charles Michel, presidente del Consiglio d’Europa, “se vogliamo la pace prepariamoci alla guerra”, oppure i nostrani “Kiev deve vincere la guerra prima di fare la pace”. Della serie finché c’è guerra c’è speranza, per stare nel melonismo spinto.
 
Ho sentito molti addetti ai lavori, pro invio armi &C., che la sanno lunga, insomma, balbettare di fronte alla domanda terra terra, fino a quando continuare così? Effettivamente quelle posizioni barricadiere occidentali che ci hanno accompagnato in questi anni di conflitto non hanno fatto altro che alimentare l’escalation (e i morti). Oggi questi profeti del vai avanti tu che a me viene da ridere sono quelli che stanno sbracciandosi alla ricerca del negoziato senza dire come e quando farlo, preferendo stare sospesi su atteggiamenti e scenari senza direzione. Stiamo preparando le pre condizioni per un negoziato, ha detto a grandi linee la premier. In Europa mi pare stiano preparando scenari da terza guerra mondiale.
 
Sul cosiddetto tavolo c’è una sola proposta politica, non religiosa, ma tutta politica, firmata da Papa Francesco (invitato da Putin in Russia), l’Ucraina pensando al popolo che soffre abbia il coraggio della bandiera bianca e di negoziare. Si tratta di leggere la realtà per quello che è senza inneggiare a una presunta quanto impossibile vittoria finale dell’Ucraina. La proposta politica di Bergoglio  non è stata considerata, puntellata dai, consapevoli, peccatori cattolici in Parlamento con il classico distinguo sonnolente e di comodo, sono cristiano ma la politica è un’altra cosa.  
 
Alle prossime elezioni europee la sfida del Papa sarà decisiva. Si tratta di vedere se i partiti politici avranno il coraggio di coglierla. Senza scuse. Lo ricordo al Pd, al centrosinistra, ancora fermo all’astensione sull’invio delle armi. Nella mia posta è arrivata una mail di un lettore che si professa senza partito. È da tempo che non vota ma alle europee si recherà in cabina elettorale e sulla scheda scriverà no war. Un alert che piomba sull’Europa dell’8 e del 9 giugno ipotecando un fallimento senza precedenti per un Vecchio Continente privo di politica e senza leader che stanno giocando a fare la guerra.
I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione
Parla con noi