La guerra dei mondi: recensione del film - Cinematographe.it

La guerra dei mondi: recensione del film di Steven Spielberg

La recensione de La guerra dei mondi, il film per la regia di Steven Spielberg, tratto dal romanzo di H. G. Wells e con protagonista Tom Cruise.

Era il 2005 quando La guerra dei mondi sbarcò nei cinema di tutto il mondo, preceduto da una grande attesa, generata dalla quasi totale mancanza di informazioni sulla trama e su ciò che il pubblico doveva aspettarsi dal nuovo film di Steven Spielberg.
Da sempre grandissimo amante della sci-fi che fu, il regista di E.T. e Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo ha voluto fortemente riportare al cinema il grande classico di H. G. Wells, sicuramente uno dei più importanti del filone, che già nel 1938 aveva fatto sì che, dalla radio, Orson Welles generasse il primo vero e proprio caso di panico globale della storia.
Vi era poi stato il film di 1953 di Byron Haskin e qualche adattamento televisivo, ma ora, con 130 milioni di dollari, tutti erano sicuri che Spielberg, forte di un cast che annoverava un divo del calibro di Tom Cruise, una star emergente come Dakota Fanning e un out-sider di livello come Tim Robbins, avrebbe sfornato un altro “colpaccio” dei suoi…

La guerra dei mondi è un film molto incostante

Invece alla prova dei fatti, La guerra dei mondi di Steven Spielberg si può considerare a tutti gli effetti una grande occasione perduta, un film che poteva veramente dare qualcosa di nuovo al vecchio cliché dell’invasione aliena, ma che purtroppo si perse in troppe idee mal congegnate.
La sceneggiatura di Josh Friedman e David Koepp, infatti, sposò una visione micro, l’epopea di un protagonista che aveva il sorriso truffaldino e marpione di Tom Cruise, papà divorziato e un po’ Peter Pan, alle prese con un rapporto difficile con i figli nel bel mezzo dell’invasione da parte dei terribili tripodi alieni.
Il tutto fu palesemente connesso alla paura dell’11 settembre, all’effetto della distruzione del concetto di quotidianità e del senso della sicurezza che gli aerei sul World Trade Center avevano causato.
Ma La guerra dei mondi, alla fin fine, fu un film che cercando di evitare alcuni cliché (la distruzione di monumenti o simboli dell’America) ne abbracciò altri, quello della famiglia in pericolo, del rapporto padre-figli, dell’uomo comune che salva la situazione, dell’America che risorge. Sposando un tono che da realistico infine diventò action, retorico, e pure abbastanza improbabile.

La guerra dei mondi, Cinematographe.it

Un cast che non convince

Certo, nelle scene di distruzione La guerra dei mondi terrorizza, colpisce con forza l’emotività dello spettatore, Spielberg quasi eguaglia ciò che seppe fare in Salvate il Soldato Ryan, ma poi, guardando alla seconda metà del film, ci si affida troppo ad una mancata chimica tra Cruise e un’insopportabile Fanning.
Justin Chatwin, come primogenito ribelle e intrattabile, è assolutamente fuori parte e Tim Robbins appare uno dei personaggi peggio scritti e concepiti della cinematografia di Spielberg, che commette il grosso difetto di voler essere fedele al romanzo sconvolgendone significati, protagonisti, eventi…creando un mix ben poco strutturato.
Certo, l’attacco alla città e al traghetto sono due tra le migliori sequenze del genere, ma stupisce come lo stesso regista de Lo Squalo sia poi stato capace di creare un film che diventa mano a mano sempre più prevedibile e debole narrativamente.
Perché, ed è questo il punto, l’effetto micro ha un senso solo quando si sposa con un’atmosfera che faccia comprendere la portata macro dell’evento, e parlando di un’invasione aliena, questo è un elemento che non emerge dal film.
Alieni che poi in fin dei conti cominciano a fare molta meno paura di quanto ci si aspettasse, soprattutto quando ce ne viene mostrata la fisicità ben poco ripugnante o minacciosa.

La guerra dei mondi, Cinematographe.it

Un film che cede troppo alla retorica

Ma, fatto ancor più grave, La guerra dei mondi diventa infine un film molto retorico, molto “amerikano” con la solita epica del non arrendersi mai, che banalizza da metà in poi un iter narrativo che invece mostrava inizialmente il panico, l’uomo lupo dell’uomo, l’anarchia, il disfacimento della società.
Sicuramente elementi molto più interessanti della riscossa a stelle e strisce, della religiosità narrante, dell’ottimismo innanzitutto, all’interno di una sceneggiatura che commette delle gaffe imperdonabili, schiava di una determinazione a staccarsi dai topoi del genere che infine rende il film sempre più debole, slegato, come un piatto con troppi ingredienti diversi.
Non serve a molto la colonna sonora di John Williams, o gli effetti speciali davvero curati, che si armonizzano molto bene con una bella fotografia di Janusz Kaminski.
Perché Spielberg, in quel 2005, parve anche lui vittima di una sorta di necessità di ritorno al patriottismo, o se non altro di ri-connessione ad un’epica americana che con il libro di Wells aveva ben poco a che vedere.
Per questo, anche per questo, il film pur incassando molto bene e venendo accolto anche in modo benevolo da gran parte della critica, negli anni è stato molto ridimensionato, perché al di là di molte buone intenzioni, è parso chiaro che l’elemento personale e quello storico, si siano fusi in modo ben poco convincente.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2
Sonoro - 3
Emozione - 3

2.9