Sport e musica nella storia in "Enciclopedia dello Sport" - Treccani - Treccani

Sport e musica nella storia

Enciclopedia dello Sport (2003)

Sport e musica nella storia

Federico Del Sordo

L'incontro di due mondi

L'origine della molteplicità di relazioni fra attività sportive e musica va ricercata in senso generale nel significato che le diverse culture hanno attribuito al rapporto fra 'suono umanamente organizzato' (Blacking 1986, pp. 27-51 passim) e movimento del corpo. Non è soltanto la danza a evidenziare tale legame (Sachs 1933), che riguarda numerosi aspetti della vita collettiva e individuale e rientra, quale oggetto di studio, nell'interesse di una pluralità di discipline.

Vi è, innanzitutto, il nesso tra espressione musicale (nei vari modi in cui essa è intesa) e sfera magico-religiosa: la competizione ritualmente rappresentata è la metafora d'una lotta fra l'uomo e le potenze numinose e, oltre a essere all'origine di alcuni tipi di danza, ha generato forme di comunicazione complessa come la tragedia greca. Non è un caso che il termine mousiké per i greci indicasse una forma d'arte nella quale movimento, suono ed espressione verbale erano considerati inscindibili (Guanti 1999, p. 2). Quale componente dei rituali in cui il movimento diviene gara (anche in senso lato) la musica esercita, infatti, diverse funzioni che sono legate tanto alla cornice quanto alla prassi vera e propria. In alcune feste popolari, ancora oggi, sopravvivono esempi di espressione musicale che si ricollegano chiaramente a queste funzioni e alle radici ataviche della vita collettiva. Per rimanere nell'ambito dell'Italia, basterà ricordare le carresi, canti popolari d'antica tradizione, che a S. Martino in Pensilis, nei pressi di Campobasso, durante i festeggiamenti annuali in onore di san Leo, precedono e accompagnano la corsa dei carri guidati da buoi con cui anziani e giovani si sfidano in un cerimoniale che originariamente doveva fungere da risveglio primaverile delle forze infere soggiogate dall'inverno (Agamennone 1984). Giova altresì menzionare alcune danze rituali in cui l'elemento della sfida stigmatizza il complesso memoriale della lotta fra il bene e il male, come nella danza delle spade, che continua a essere praticata anche in occasione di numerose sagre religiose del Meridione italiano (De Giorgi 1999).

Quando la competizione fra contendenti può dar luogo al dolore fisico o avere un esito cruento, musica e movimento possono essere somministrati quali inibitori e limitatori della sofferenza (Del Sordo 2002, pp. 90-91). In questo caso, la musica accompagna alcuni gesti che, nel loro insieme, costituiscono una prassi amnesica e anestetica; in altre parole, la musica crea e sostiene una forma di movimento del corpo che ha lo scopo di stordire e di condurre l'individuo al suo conflittuale contatto con il reale o il trascendente, immunizzato dagli effetti somatici e psichici che ne derivano (Lapassade 1999). Ciò avviene soprattutto nelle iniziazioni che sfociano nelle sevizie e nelle mutilazioni che, secondo diverse interpretazioni antropologiche, modificano il corpo dell'uomo in modo da "elevarlo ad un archetipo che ne differisce perché lo trascende" (Cazeneuve 1974, p. 328). In alcune parti del mondo, anche la guerra fra tribù ‒ che è una forma di competizione di tipo sociale portata all'estremo ‒ può essere preparata e accompagnata da manifestazioni soniche atte a rafforzare il senso d'appartenenza alla collettività e a incitare al combattimento o a stordire, e così fugare, la paura di una morte imminente. In altre circostanze la musica surroga e risolve piccoli conflitti, come presso gli eschimesi, che nelle liti fra individui e fazioni ricorrono a veri e propri duelli canori pubblici fra parti opposte (Harris 1990, pp. 174-75). La musica, nel passato, era chiamata anche ad assolvere azioni di incitazione e raccolta nell'ambito dell'organizzazione militare delle società complesse, ove segnali strumentali di vario tipo erano utilizzati per lanciare messaggi e direttive strategiche come gli assalti, le ritirate, il riordino delle truppe in battaglia, secondo una prassi documentata già a partire dall'epoca greco-romana (Barclay Squire et al. 1980).

Non va ignorato poi l'aspetto fàtico dello sport, che è anche labor. In tal senso, la considerazione della contiguità tra ritmo musicale e ritmo di lavoro ha costituito un punto d'osservazione diametralmente opposto a quello dell'antropologia della trance, nella quale musica e movimento, insieme, creano uno stato alterato di coscienza, anziché ordine e consapevolezza motoria (Bücher 1896; Giannattasio 1998, pp. 218-19). Ritmo lavorativo e ritmo musicale sono stati però anche considerati fenomeni discontinui e non interdipendenti. Infatti, secondo André Leroi-Gourhan (1977), a differenza del primo, che può essere interpretato come l'umanizzazione di una materia grezza, il secondo "dà origine ad un comportamento che traccia simbolicamente la separazione fra mondo naturale e spazio umanizzato" (ivi, p. 362).

Va anche ricordato che l'azione di contesa (e quindi di 'gara') ha spesso indossato le vesti delle forme musicali in modo esplicito, anche nella tradizione occidentale 'colta'. Uno dei termini musicali che usiamo più correntemente, 'concerto', deriva probabilmente dal latino concertare, che vuol dire "disputare", "contendere". Sebbene possano essere avanzate altre valide interpretazioni etimologiche (Hutchings 1980, pp. 626-7), è innegabile che il genere del concerto si è presentato come competizione fra due masse sonore timbricamente e dinamicamente differenziate, tanto nella forma del concerto grosso (che oppone una compagine composta da pochi elementi, il 'concertino', a una synphonia formata da un maggior numero di strumenti, il 'ripieno' o 'concerto grosso', appunto), quanto in quella del concerto solistico, alla quale hanno dedicato una cospicua parte delle loro energie i compositori high-brow dal 18° secolo in poi.

Diversi altri campi di indagine, quali, per es., la psicologia musicale, la sociologia della musica, la pedagogia musicale, mettono in evidenza come la prassi musicale nel suo insieme (creazione, ascolto ed esecuzione) possa agire sugli stati emotivi e, conseguentemente, costituire un quadro di riferimento per spiegare alcuni comportamenti e meccanismi sociali. A uno di questi, l'acquisizione della leadership, è stata fatta risalire l'attività musicale quando essa diviene vicaria dello scontro fisico fra individui che aspirano ad assumere un ruolo dominante all'interno del gruppo con il fine di essere selezionati, in un secondo momento, quali migliori partner sessuali. Secondo quanto afferma Isabelle Peretz sulla scorta di recenti studi, le abilità musicali d'un individuo ‒ come, del resto, già ipotizzava Charles Darwin ‒ vengono interpretate dalla comunità come segnali di qualità adattive e fungono così da sostegno al primato sociale, sostituendo altri criteri di selezione come, appunto, quelli derivanti dalla competizione fisica fra individui dominanti (Peretz 2001, p. 115). La musica, in questo specifico meccanismo selettivo, diviene arena competitiva nella quale vengono messe in moto relazioni microsociali antagonistiche.

Nel campo della pedagogia, il rapporto fra musica e atti motori è stato posto al centro di numerose e diverse esperienze didattiche con lo scopo, per un verso, di ordinare correttamente i movimenti del bambino oppure, nella direzione opposta, di fornirgli appigli a un percorso di apprendimento musicale propedeutico alla comprensione della simbologia musicale e alla sua traduzione in 'suoni-da-eseguire' (Ferri 1987-88). Entrambi gli aspetti mettono in contatto l'esperienza musicale con l'attività sportiva più nella dimensione ludica e creativa di quest'ultima che non in quella competitiva, sviluppando quelle linee d'apprendimento tracciate da Émile Jaques-Dalcroze (1919) e, più in generale, dalla ginnastica ritmica. In un'analoga direzione va intesa anche la rete di tecniche che hanno focalizzato le facoltà benefiche della musica sugli stati di salute, ivi compresi quelli inerenti le capacità di movimento. Specie su ciò che viene definita patologia somatica è stata accertata un'influenza rilevante degli stimoli sonori, non solo a livello di integrazione cognitiva, ma anche riguardo ai problemi, per es., a carico dell'apparato scheletrico da cui derivano limiti alla deambulazione e alla motricità (Guaraldi et al. 1985). Peraltro le facoltà ordinatrici del ritmo musicale vengono spesso utilizzate in attività motorie dirette alla prevenzione, correzione e riabilitazione da impedimenti di varia natura e, più in generale, quale habitat psico-motorio di varie forme di fitness: dalla ginnastica aerobica al footing autonomo deliziato dall'ascolto individuale, e isolato rispetto all'ambiente circostante, dalle cuffie del walkman (Prato 1999, p. 68).

L'epoca massmediatica ha fatto trovare a musica e sport numerosi e originali 'luoghi' di contatto: la rigenerazione del rito della gara, planetarizzata dalle trasmissioni televisive, con l'identificazione geo-politica dei competitori attraverso l'esecuzione degli inni nazionali, è solamente uno dei tanti aspetti di questo nuovo rapporto. Un articolato scenario cui si aggiungono ulteriori luoghi testuali e iconici. Ai personaggi dello sport e ai temi della vita sociale legati allo sport, infatti, si sono ispirate le liriche di alcune canzoni che hanno segnato ‒ più che in passato ‒ mode e periodi della vita collettiva caratterizzati da alcuni aspetti del consumo di massa (Borgna 1992, passim). Infine, oggi musica e sport si sovrappongono in aree intertestuali come la promozione pubblicitaria e l'organizzazione di eventi dagli intenti solidaristici, che spesso hanno luogo proprio laddove avvengono competizioni sportive, come i grandi stadi di calcio, consentendo in tal modo l'afflusso di un pubblico numeroso (Coriasco 1988, pp. 197-200).

La musica, perciò, esercita tanto funzioni interne alla competizione (quale componente della performance sportiva, sia essa di carattere antagonistico o meno) quanto funzioni esterne (soprattutto nella dimensione di un atto comunicativo). Questi aspetti, nel loro insieme, vanno individuati essenzialmente nelle seguenti facoltà: a) coordinamento gesto-spazio-temporale; b) correzione-prevenzione-terapia; c) sostegno agli atleti e sfida fra i sostenitori; d) cornice rituale; e) comunicazione diretta e (mass)mediatica.

Musica e movimento

La musica è chiamata al compito di ordinare il 'gesto' (inteso come insieme di: movimenti, spazio fisico ove si svolge la performance e tempo che segue una scansione puntuale e generale) in alcune competizioni sportive, che mostrano in tal senso una stretta parentela con l'arte della danza e, in particolare, un'evidente discendenza dalle figure del balletto classico diluite e contaminate, negli anni più recenti, con altri generi come la rock-dance, la jazz-dance, e perfino con le cosiddette danze etniche. A questa funzione va riferita la musica utilizzata quale elemento stesso della competizione (The illustrated encyclopedia of sport 2001) in discipline come il pattinaggio artistico e la danza su ghiaccio e su rotelle, la ginnastica artistica, la ginnastica ritmica, la danza sportiva, il nuoto sincronizzato e alcune prove nel dressage (Kur con musica). Non va trascurato, inoltre, il fatto che la danza (soprattutto quale forma di professione) presuppone un esercizio fisico ‒ attraverso il quale vengono apprese, perfezionate e mantenute in esercizio le capacità coreutiche ‒ che costituisce da sé un'attività sportiva. Nel 19° secolo l'incontro fra danza e sport venne suggellato da Sport (rappresentato alla Scala di Milano, il 10 febbraio 1897), un balletto in cui la musica di Romualdo Marenco servì a Luigi Manzotti per far esibire in "evoluzioni atletiche e ginniche" i protagonisti e tutto il corpo di ballo (Rossi 1972, pp. 78-9). Nulla di più naturale, se si considerano le ore di esercizio fisico a cui si sottoponevano i ballerini già in quell'epoca. Tuttavia un esperimento analogo, all'inizio del 20° secolo, fu salutato da minor successo: le coreografie di Vaslav Nijinskij per Jeux (1912-13) di Claude Debussy, che riprendevano con una gestualità antiaccademica i movimenti del gioco del tennis, suscitarono aspre polemiche da parte del pubblico parigino, lo stesso che, di lì a poco, avrebbe accolto con fischi la prima de Le Sacre du Printemps (1913) di Igor Stravinskij (Pontremoli 2002, p.148).

Diverse tecniche di movimento e figure del pattinaggio artistico ‒ per es. quelle denominate, dal nome del loro 'inventore', Axel, Lutz, Salchow, nonché i vari tipi di piroette (Pizzocari 2001, pp. 66-154) ‒ sono state mutuate dalla danza classica e non è difficile, anche per i non esperti, cogliere analogie e parentele (Galindo 1997, pp. 251-55). Alcune di esse furono introdotte intorno al 1860 negli Stati Uniti (The illustrated encyclopedia of sport 2001, p. 178) dal coreografo Jackson Heines, il quale in seguito contribuì a diffondere i suoi insegnamenti anche in Europa, gettando così le basi del pattinaggio artistico moderno (Pizzocari 2001, p. 6). Nella danza su ghiaccio gli atleti, nella fase delle prove obbligatorie, devono eseguire due balli scelti fra i 18 riconosciuti dall'ISU (International skating union): foxtrot, rocker foxtrot, kilian, yankee polka, quickstep, paso doble, rumba, 14 steps, Harris tango, Argentine tango, tango romantica, blues, European waltz, American waltz, Westminster waltz, Viennese waltz, starlight waltz, Ravensburger waltz (The illustrated encyclopedia of sport 2001, p. 183). La scelta del brano musicale su cui viene costruita la prova di gara non è mai casuale: deve rispondere, innanzitutto, all'indole di chi esegue l'esercizio sportivo, armonizzandosi con le capacità oggettive (Smith 1997, pp. 161-176). Il brano prescelto, quindi, rientra in una sorta di 'strategia' della gara, essendo diretto anche ad architettare la performance in modo che essa risulti gradevole esteticamente (nella stessa direzione in cui si muove, per es., la scelta degli abiti e il trucco), a prescindere dai contenuti tecnici della prestazione offerta. Del resto, le prove di una gara di pattinaggio artistico o di danza su pattini vengono seguite da un vasto pubblico anche per la loro facile fruizione quali forme di spettacolo in sé. Non è un caso che gli allestimenti di danza on-ice, come una versione di The Phantom of the Opera (con musica di Roberto Danova, 1996), sono molto diffusi nell'Europa del Nord e in America. In effetti, il pattinaggio artistico e la danza su pattini sono separati dallo spettacolo coreutico vero e proprio da una linea di demarcazione molto sottile, come accade nel rapporto fra certe forme di danza e di balletto del 19° secolo ‒ quali il musical, la post-modern dance statunitense (Sorell 1994, pp. 453-67), la break dance ‒ e la ginnastica artistica.

Alla base del rapporto fra movimento e musica vi è non solo il processo di ordinamento del gesto, ma anche una costante ricerca sul rendimento fisico degli atleti e sull'avviamento allo sport. In questo senso si sono mossi, per es., gli studi di V.P. Oserov sull'individuazione dei talenti sportivi, principalmente in riferimento agli esercizi che implicano una consapevolezza del ritmo (Oserov 1984, pp. 119-20). La ginnastica aerobica ha pure uno stretto rapporto con la musica. Le tecniche dirette al condizionamento cardiovascolare o muscolare (Boccato-Pistilli 1995, p. 93) ‒ siano esse low impact, high impact, di interval training, di step, di body sculpt di circuit training ‒ si basano su coreografie semplificate tendenti a razionalizzare i movimenti, per ottimizzarne il risultato ai fini preposti dall'istruttore. Secondo il 'metodo base' la coreografia si compone di sei frasi con lo schema A/B/A+B/C/B+C/A+B+C; il 'metodo della variazione' arricchisce di ulteriori movimenti la coreografia elaborata con quest'ultimo schema; attraverso il 'metodo bilaterale' si tende a sviluppare la multilateralità dei gesti impartiti all'allievo (parte sinistra e destra del corpo), al quale si può anche suggerire una coreografia 'interpretativa' del brano musicale proposto in modo da fargli seguire l'avvicendarsi delle componenti formali: per es., introduzione/prima strofa/seconda strofa/ritornello (ivi, pp. 121-23). L'areobica usa un genere musica dal ritmo binario. I passi base per il low impact sono: march, step touch, touch out, knee lift, skipp, kick, lunge, twist; quelli per lo high impact sono: jogging, hopping, knee lift, kick, lunge, skipp, jumping jack. Il low impact tende a distribuire i passi sui due battute di 2/4, ciascuna suddivisa in due movimenti di un quarto; i passi dello high impact, invece, sono più rapidi e le due battute di 2/4 vengono suddivise in quattro tempi ciascuna di un ottavo (ivi, pp. 103-12).

Nata come forma d'esercizio fisico collettivo dall'esperienza dell'istruttore militare Kenneth Cooper, la danza aerobica si è inserita nelle competizioni internazionali verso la fine degli anni Ottanta. Il primo Campionato del Mondo riconosciuto dalla Federazione internazionale di ginnastica si è disputato a Parigi nel 1995, con la partecipazione di 34 paesi. Nell'esercizio di un 1′45″, gli atleti (la disciplina prevede uomini e donne) devono eseguire una coreografia che inizia contemporaneamente con i movimenti, secondo varie categorie, che vanno dal solista, alla coppia, al trio, alla squadra di sei componenti (The illustrated encyclopedia of sport 2001, p. 64).

Il nuoto sincronizzato ‒ che oggi prevede la sola competizione femminile ‒ prese forma nei primi anni del 20° secolo, ma solo nel 1952 la FINA (Fédération internationale de natation amateur) lo incluse fra le sue discipline (ivi, p. 80). È divenuto uno sport conosciuto a livello mondiale a partire dai Giochi Olimpici di Los Angeles (1984), grazie anche alle sofisticate tecniche di ripresa super- e subacquea che mostrarono sia la spettacolarità delle esecuzioni, sia lo sforzo delle nuotatrici e il lavoro nascosto alla superficie. In realtà, la danza acquatica era stata portata sugli schermi cinematografici molti anni prima dal film-musical Bellezze al Bagno di George Sidney (1944), nel quale Esther Williams e un folto corpo di nuotatrici-danzanti si esibivano nelle fastose piscine hollywoodiane sulle musiche di Johnny Green (uno dei più importanti autori di colonne sonore attivo negli anni Quaranta negli Stati Uniti, che curò, fra l'altro, l'orchestrazione nell'edizione cinematografica di West Side Story del 1961).

La sincronizzazione tra musica e movimento riguarda anche la disciplina equestre del dressage. Il regolamento della FISE (Federazione italiana sport equestri) prevede una serie di precise norme da osservare a proposito delle 'Riprese libere con musica' (art. 33), nelle quali si raccomanda di "evitare le musiche composte da un solo ritmo, che appiattiscono e sviliscono la prova". Nelle prove di dressage sincronizzato con brani musicali (Kur), sempre secondo le raccomandazioni del regolamento, devono essere introdotte con molta parsimonia composizioni "[...] con cantato", perché esse potrebbero focalizzare l'attenzione della giuria sulla voce del cantante anziché sull'effettivo valore della prestazione del binomio, prestazione che, invece, deve "[...] cercare di disegnare una trama il cui risultato trasmetta un senso di progressione sia musicale che tecnica". Nel Kur la scelta delle musiche per un esercizio scaturisce da tre direttive: le caratteristiche fisiche e comportamentali del cavallo (analogamente a quanto avviene per gli atleti di ginnastica artistica e di pattinaggio artistico), l'incontro con il gusto del cavaliere, e la possibilità che la compilation musicale trasmetta un messaggio che valorizzi la tradizione equestre e, contemporaneamente, il repertorio musicale del paese di provenienza del cavaliere.

Il soundscape della competizione

Quale sostegno ai competitori ed emblema di sfida fra tifoserie opposte, l''innodia sportiva spontanea' ‒ viva soprattutto nella tradizione degli sport a squadre 'della palla', e in particolare negli sport che gli inglesi denominano large ball sport (per es. football, rugby, basket, volley) ‒ deve essere distinta dalle composizioni musicali destinate a rappresentare ufficialmente le società e i club. I cori dei tifosi raramente vengono intonati su melodie originali e, piuttosto, consistono nelle parodie di motivi musicali già noti, desunti da varie fonti: le canzoni folkloriche, la tradizione lirico-sinfonica, la musica degli spot pubblicitari, la musica leggera, gli inni nazionali. Sovente, lo stesso motivo, può essere utilizzato da diverse tifoserie, che eventualmente ne adattano il testo, esprimendo così il loro consenso o dissenso nei riguardi del rendimento della loro squadra o almanaccando avversari e arbitri. Non è raro che tale forma d'espressione musicale, da semplice sberleffo, si trasformi in pesanti offese che vanno di là dei meriti e demeriti sportivi veri e propri e finisca per risultare lesiva rispetto alle appartenenze geopolitiche o razziali, costituendo così la molla per atti di violenza e vandalismo. Alcuni rituali musicali, eseguiti dagli stessi competitori, possono richiamare tradizioni etniche: è il caso dell'inno dei giocatori della nazionale neozelandese di rugby, che riprende anche nella semplice coreografia posturale gli atteggiamenti minacciosi degli antichi guerrieri delle popolazioni indigene del continente australiano.

La musica di sostegno non va tuttavia limitata alla sola esecuzione vocale. Durante le partite di calcio, il tappeto di percussioni scandisce le azioni che si svolgono sul campo, indipendentemente dall'esito della partita (Donadio-Giannotti 1996, p. 204). Agli strumenti a percussione di varia foggia (compresi quelli ricavati da fantasiosi bricolage) si affiancano anche aerofoni (specialmente trombe e fischietti) che, insieme ai primi, fanno frequentemente da sfondo ai cori con funzioni ritmiche e melodiche, unitamente ad altre fonti di emissione acustica, le quali però più precisamente andrebbero prese in considerazione quale cornice rumoristica (sirene d'emergenza, petardi).

Nelle grandi arene sportive degli Stati Uniti destinate al baseball, al basket, al football e all'hockey su ghiaccio, ha trovato un florido impiego il theatre organ. Questo strumento musicale conobbe un notevole sviluppo verso la fine del 19° secolo, quando cominciò a essere utilizzato prima nei teatri (di qui il nome) e poi nelle sale da cinema (prima dell'avvento del sonoro) e nei luoghi ove venivano rappresentati vari generi di spettacolo (cabaret, music-hall ecc.) quale sostituivo delle orchestre, con evidenti vantaggi economici per i gestori. La fonica e le caratteristiche tecniche del theatre organ dovevano soddisfare, quanto a effetti sonori (compresi quelli percussivi), l'esigente appetito degli spettatori. Fu così che questo strumento musicale si caratterizzò per l'ampia gamma timbrica e, spesso, anche per una certa potenza sonora. Vi furono artigiani che si specializzarono nella costruzione di questi strumenti, raffinandone le proprietà e avviando produzioni anche su scala industriale (come quella nata dal connubio della ditta inglese di Robert Hope Jones con la Rudolph Wurlitzer Company, che avevano insieme messo in vendita il Mighty Wurlitzer, un sofisticato theatre organ dotato di registri di clarinetto, tuba, tromba, tamburo, xilophono e di molti altri effetti). Anche gli impianti sportivi vennero provvisti, a partire dagli anni Venti di simili strumenti, che, come è intuibile, erano dotati di consoles mastodontiche dalle quali potevano essere richiamati su più tastiere (fino a sei, in alcuni casi) e sulla pedaliera un numero vertiginoso di registri. Da qualche anno a questa parte, i commenti musicali che sottolineano alcuni momenti degli incontri sportivi ‒ come avviene nelle plazas de toros, con le fanfare di trombe ‒ sono affidati a dispositivi computerizzati, che irradiano nello stadio appositi motivi (sport organ stuff o sport organ tunes) e che offrono la possibilità di eseguire editing istantanei, come il prolungamento circolare (loop), l'accelerando e il crescendo.

Musica, sport e comunicazione

Il complesso rituale di alcuni avvenimenti sportivi comprende l'esecuzione di brani musicali che hanno una funzione cerimoniale. Nelle competizioni di carattere internazionale gli inni nazionali (national anthems) occupano un posto di rilievo, non solo perché accolgono le compagine atletiche all'inizio della gara o durante la premiazione, ma anche perché danno l'occasione di arricchire la scenografia dell'evento con l'intervento di complessi musicali rappresentativi, quasi sempre bande o fanfare militari. L'esecuzione dell'inno nazionale diviene così un momento di valenza sonico-iconico-testuale che bene asseconda la complessità del rito sportivo.

Un inno per la cerimonia d'apertura delle Olimpiadi fu commissionato per la prima edizione dei Giochi Olimpici ‒ che si tenne ad Atene nel 1896 ‒ a Spyros Samaras, il quale compose la musica su un testo del poeta Kostis Palamas: "Oh, spirito antico immortale/padre di verità, bellezza, bontà/discendi, mostrati e donaci la tua luce/su questo luogo e sotto questo cielo/che per primo ha testimoniato la tua fama eterna [...]". L'inno non venne adottato ufficialmente e nelle successive edizioni dei Giochi ciascun paese ospitante commissionò, a sua volta, un'apposita composizione con testo nella lingua locale. Nel 1957 il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) lo indicò nuovamente come brano musicale ufficiale da inserire nel protocollo di apertura dei Giochi e l'inno di Samaras fu reintrodotto alle Olimpiadi di Roma del 1960. Tuttavia, nelle edizioni successive furono nuovamente utilizzati diversi inni, come quello di Leo Arnaud (Bugler's dream) per i Giochi di Grenoble (1968) o l'Olympic fanfare and theme per i Giochi di Los Angeles (1984), scritto dal noto compositore di colonne sonore John Williams (autore, fra l'altro, delle musiche per i film Star wars, Indiana Jones, Jurassic Park, Schindler's list).

L'innodia da stadio ‒ tanto nella forma ufficiale delle varie associazioni e dei vari club quanto nelle varie forme di espressione musicale spontanea ‒ è divenuta oggetto di commercio, rientrando nel più generale merchandising che orbita intorno alle società sportive. La diffusione di questi prodotti si avvale sempre più dell'e-tailing (distribuzione in rete), grazie a protocolli che ne rendono facile il download, come la compressione mp3 dei file audio (Di Carlo 2000, p. 29), e ad altri sistemi di inserimento, tramite messaggi SMS, di alcune fra le più famose melodie intonate dalle tifoserie nel menu delle suonerie dei telefoni cellulari.

Un interessante incontro fra musica e sport si registra nell'ambito delle avanguardie francesi del secondo decennio del 20° secolo. Ai temi dello sport, quale ritratto della Parigi elegante d'inizio Novecento, è dedicata infatti una raccolta di brevi liriche e pezzi pianistici di Erik Satie intitolata, appunto, Sports et divertissements (1914). Commissionata da Lucien Vögel (fondatore della Gazette de Bon Ton) e ispirata a una serie d'acqueforti di Charles Martin, l'opera servì a Satie per fissare con parole e musica stralci autobiografici fatti di "delusioni e di derisori fallimenti" (Volta 1994, p. 190). Si tratta perciò di un'immagine logo-sonica dello sport visto nella sua valenza di specchio critico dei tempi, nel quale si riflettono ora burlesche considerazioni, ora malinconici soliloqui. Rimanendo nell'ambito della musica pianistica, è necessario citare almeno Béla Bartók con il suo A Budapesti tornaverseny ("Il concorso ginnico di Budapest") del 1890.

Temi di carattere sportivo hanno attraversato pure la storia della canzone melodica e dei generi derivati dal blues e dal rock. In Italia, la febbre del calcio ‒ amplificata dal crescente numero di apparecchi televisivi presente sul territorio e dalle trasmissioni sportive sempre più frequenti ‒ aveva fatto cantare a Rita Pavone La partita di pallone (Vianello-Rossi, ediz. Leonardi/BMG Ariola, 1962), un successo che nel giro di poco tempo vendette 700.000 copie di dischi (Borgna 1992, p. 307). La cosiddetta canzone d'autore italiana ha dedicato numerosi lavori alle competizioni e ai personaggi dello sport. Possiamo innanzitutto ricordare due canzoni di Lucio Dalla tratte dall'albun Automobili (1976), nato dalla collaborazione con il poeta Roberto Roversi: Mille miglia e Nuvolari, un omaggio al pilota automobilistico Tazio Nuvolari, al quale era già stata dedicata nel 1939 Arriva Tazio del Trio Lescano (Jachia 1998, p. 140; Marchesini 2000). Dobbiamo inoltre citare i tributi a vari campioni del ciclismo: Paolo Conte ha cantato Bartali (E. Jannacci/P. Conte 1979), Gino Paoli Coppi (G. Paoli/P. Penzo 1988), Enrico Ruggeri Gimondi e il cannibale (2000, sigla dell'83° Giro d'Italia), Francesco De Gregori Il bandito e il campione (1993 dedicata al famoso ciclista Costante Girardengo), i Queen Bicycle race (1978). I Pink Floyd, nell'album Meddle (1971), inserirono You'll never walk alone, nella quale si sente chiaramente un coro da stadio registrato durante una partita di calcio in Inghilterra. Robert Allen Zimmerman, meglio conosciuto come Bob Dylan, inserì nella raccolta Desire del 1976, il singolo Hurricane, dedicato al pugile Rubin Carter, che era stato condannato forse erroneamente per un omicidio.

Gli impianti sportivi sono stati spesso utilizzati per la musica soprattutto in ragione della loro grande capienza di spettatori e quindi a garanzia di incassi non paragonabili a quelli di altri 'luoghi deputati' alla musica (come i teatri lirici e le sale da concerto). Questo aspetto si è reso evidente, quando, il 13 luglio del 1985, due grandi impianti (lo stadio londinese di Wembley e il JFK di Filadelfia) ospitarono contemporaneamente le 16 ore di Live Aid, un mega-concerto rock che intendeva raccogliere fondi da destinare all'Etiopia e al Sudan (Donadio-Giannotti 1996, pp. 174-75). Per l'evento, trasmesso in mondovisione, si prestarono 52 rockstar (dagli Who ai Led Zeppelin, da David Bowie a Mick Jagger, dagli U2 a Elton John, Phil Collins, Paul McCartney, Bob Dylan, Tina Turner). Erano gremiti gli spalti, ma anche il terreno di gioco, che da quel giorno in poi divenne un luogo per vivere la medesima dimensione d'ascolto che si era instaurata nel 1969 al famoso raduno di Woodstock. Da un lato, il concerto allo stadio (o al palasport) rappresenta la rinascita d'una dimensione musicale collettiva e corporea, aliena dalla partecipazione composta del teatro e della sala da concerto; dall'altro esso è indicativo di un processo che qualcuno definisce di ri-tribalizzazione e che ben si adatta alle condotte giovanili nelle quali l'auctoritas è vicariata anche dai modelli coltivati dai media, fra cui, appunto, le rockstar (Ferrarotti 1997, passim).

La musica viene incontro alle esigenze di comunicazione del mondo sportivo. La mediatizzazione richiede articolazioni complesse degli eventi, che tendono a presentare l'atto sportivo vero e proprio all'interno d'un contenitore sempre più multidimensionale, che comporta tanto il suo inserimento nelle dinamiche della 'notiziabilità' (newsmaking), quanto un confezionamento che risponda ai linguaggi estetici correnti. I grandi appuntamenti sportivi (quali i Giochi Olimpici, i Campionati del Mondo di sport a larga diffusione come, per es., il calcio) hanno arricchito le cerimonie d'apertura con 'oggetti musicali' provenienti da e diretti verso il mondo discografico. La cerimonia di apertura Italia '90 è stata accompagnata da Notti magiche cantata da Gianna Nannini, in uno dei momenti di suo maggior successo a livello discografico. Altri brani sono divenuti famosi grazie al ripetuto abbinamento ‒ più o meno legittimo ‒ con gli eventi sportivi. Va ricordato il "[...] Vincerò, vincerò", tratto da Nessun dorma (Turandot, terzo atto, prima rappresentazione 1926, musica di Giacomo Puccini, libretto di G. Adami e R. Simoni), così come il tema della colonna sonora del film di Hugh Hudson Momenti di gloria (1981), con la quale il musicista Vangelis (compositore delle musiche di Blade runner), peraltro, vinse il premio Oscar. Anche le Olimpiadi hanno assorbito star della musica rock: si può ricordare, per es., la sigla degli incontri di pugilato della 23ª edizione dei Giochi Olimpici (Los Angeles, 28 luglio-11 agosto 1984), che fu composta ed eseguita dai Toto, una delle più note band di Los Angeles.

Il mondo della pubblicità ha segnato ulteriori momenti di contatto fra musica e sport, soprattutto in relazione a ciò che, nel paradigma analitico elaborato da Jean-Remi Julien, viene definita 'funzione demarcativa'; in base a essa, la musica (la cosiddetta 'aria di riconoscimento') eserciterebbe ‒ insieme all'eventuale supporto di immagini ‒ la facoltà di distinguere le varie ditte e marchi che reclamizzano lo stesso prodotto (Julien 1992, p. 277). Secondo David Huron, che ha indicato le 'sei vie basilari'che regolano l'uso della musica negli spot pubblicitari, il motivo abbinato a un prodotto ne individuerebbe anche i destinatari (targeting), secondo la logica della rispondenza fra tipo-sociale e genere musicale consumato (Huron 1989, p. 560). Si comprende, perciò, come la pubblicità dei grandi marchi di abbigliamento sportivo, per es., abbia fatto uso prevalente di musica rock di ultima generazione, essendo quei prodotti diretti prevalentemente ad una fascia d'età giovanile. Le campagne promozionali della Puma hanno adottato come sottofondo musicale brani sia della band californiana Korn (Make me bad, Freak on lash) sia di Josh Wink (Evil acid); la Sector, che spesso presenta i suoi orologi accostandoli agli sport estremi, ha utilizzato le musiche del duo milanese Sigma Tibet (Free). Nell'advertising di articoli sportivi troviamo però anche generi diversi dal rock: in uno spot della Diadora, in cui appaiono i calciatori Baggio, Cassano, Recoba, è stata inserita Ball del compositore inglese Craig Armstrong, mentre la Nike, in un video che precedeva le Olimpiadi di Sydney del 2000, aveva utilizzato lo stile tropicalistico di Moreno Veloso (How beautiful could a being be).

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