giannyetonia
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Locke è sia il fondatore dell'empirismo, sia il fondatore del liberalismo, poichè: nei Due trattati sul governo delinea il suo modello di stato liberale; nell'Epistola sulla tolleranza, invece, tratta il tema della libertà di pensiero e della tolleranza religiosa.

Per Locke, l'uomo è naturalmente socievole ed ha una sua naturale morale, una sorta di 'buon senso' cioè il rispetto reciproco. Quindi, nello stato di natura definito come uno 'stato di convivenza pacifica', l'unica legge che vige è la legge di reciprocità.

Questa legge naturale che s'identifica con la ragione, perchè suggerisce all'uomo di non danneggiare il proprio simile, però non sempre viene rispettata, siccome non ci sono leggi scritte, valide per tutti, che eventualmente puniscano chi le trasgredisce. L'unico modo per garantire i tre diritti naturali già esistenti: diritto alla vita, diritto alla libertà e diritto alla proprietà privata, è stipulare un contratto che segna il passaggio dallo stato di natura allo stato civile, che non è antitetico ma è in continuità. Essendo un contratto bilaterale, tra i cittadini che diventano governati e il sovrano, è revocabile; infatti se il sovrano non si attiene ai suoi doveri nasce il diritto di resistenza del popolo, cioè la possibilità rimuovere quel governo e istituirne un altro. Inoltre c'è la divisione dei poteri: legislativo (fare le leggi) del Parlamento e esecutivo (far eseguire le leggi) del Governo.

Il diritto alla proprietà privata, per Locke, ha un fondamento religioso: nelle Sacre Scritture è scritto che Dio ha dato a tutti gli uomini la terra come risorsa comune che produce spontaneamente i suoi frutti, ma ha bisogno anche di essere lavorata. Però, ci sono dei limiti dati dalla fruibilità dei prodotti: colui che si appropria di una quantità eccessiva di beni non li utilizzerà tutti, perchè soggetti al deterioramento, quindi occorre evitare lo spreco e che ci sia un accumulo limitato al bisogno. Questi limiti valgono solo per la proprietà terriera e non per l'accumulo di denaro, infatti i borghesi, classe capitalista, puntano al profitto. In questo modo il lavoro, e non i privilegi (rendita o diritto di nascita) propri dell'aristocrazia, legittima la proprietà privata cioè, già nello stato di natura, l'uomo è proprietario dei beni che produce lavorando.

L'Epistola sulla tolleranza è un manifesto della libertà religiosa e di pensiero (libertas philosophandi). Locke affronta questo tema perchè, con la Riforma protestante, aumentano le guerre di religione e il fanatismo. Infatti, teorizza la separazione dei poteri tra Stato e Chiesa, tra politica e religione. Lo Stato si occupa della convivenza civile tramite le leggi e anche i mezzi coercitivi: la forza, la costrizione, l'obbligo; la Chiesa si occupa dello spirito ed essendo la fede una libera scelta non può essere imposta. Per Locke quindi deve vigere la tolleranza religiosa: non esiste alcuna religione superiore alle altre. Tutte le fedi devono essere tollerate tranne quella cattolica: i cattolici obbediscono ad un sovrano straniero, il papa; il fanatismo: porta all'intolleranza e alle guerre di religione; l'ateismo: l'ateo, non credendo di essere giudicato nel aldilà, si comporta nel aldiqua senza morale.