la recensione

La serie de Il Mistero dei Templari fa rimpiangere i film con Nicolas Cage

L'adattamento seriale pecca d'ingenuità ma non riesce a spingere abbastanza l'acceleratore sull'assurdità
Il Mistero dei Templari la serie fa rimpiangere i film con Nicolas Cage

La caratteristica principale dei film de Il mistero dei Templari era in qualche modo la sua assurdità: Nicolas Cage (già di per sé garanzia di WTF totale) trottava da una parte all'altra degli Stati Uniti rubando la Dichiarazione d'indipendenza e rapendo il presidente mosso da quelle che erano teorie della cospirazione ante litteram; ma quella era in qualche modo un'assurdità positiva, pensata nelle sue esagerazioni e nei suoi trucchi eclatanti per intrattenere il grande pubblico famigliare propinando una specie di parodia di Indiana Jones e facendo in qualche modo riscoprire i lati più nascosti della pur breve storia americana. Ora che Il mistero dei Templari torna dal 14 dicembre su Disney+ in versione seriale (ma senza Cage), la speranza era quella di ritrovare quel tesoro meraviglioso di assurdità, ma in questo caso la mappa conduce decisamente nel posto sbagliato.

Nonostante a scrivere siano tornati Cormac e Marianne Wibberley, sceneggiatori delle pellicole originali, c'è qualcosa di decisamente fuori fuoco in questa trasposizione. Eppure le premesse ci sono: una ragazza di nome Jess, figlia di un cacciatore di tesori messicano e di una studiosa di storia dell'America latina, si ritrova implicata nella caccia di un antico tesoro precolombiano, nascosto da una società segreta femminile che voleva metterlo al riparo dai conquistadores. Ad assegnarle la missione è l'ormai anziano agente dell'Fbi Peter Sadusky (Harvey Keitel), uno dei personaggi che ci ricollegano alla saga originale (l'altro, il goffo Riley Poole di Justin Bartha, è diventato nel frattempo un podcaster). La promessa di un'avventura degna dei tempi di Cage c'è tutta, ma la serie non decolla mai.

Nei film i protagonisti erano alle prese con mille ambientazioni, indizi da decifrare, segreti da svelare. Qui Jess si limita ad aprire strane scatole a bordo di un bus, ordinare pizza e perdere gran parte del tempo a capire se i suoi amici ce l'hanno con lei oppure no. È chiaro che la traduzione seriale, per di più su uno streaming molto “largo” come Disney+, necessitava di un trattamento decisamente teen, ma questo sacrifica non solo il coté avventuroso delle origini ma anche qualsiasi tipo di folle ironia. Non aiuta che l'antagonista principale sia la miliardaria Billie Pearce, interpretata da una Catherine Zeta-Jones ingessata tanto quando la sua parrucca bionda (peccato, perché l'attrice di recente ci aveva regalato una splendida e fascinosa Morticia in Mercoledì).

I misteri che Jess risolve non sembrano giustificare mai del tutto l'urgenza di raccontare questa storia. L'unico aspetto che si salva, però, è la protagonista stessa: la giovane Lisette Olivera mostra dalle prime scene un portamento magnetico e promettente, e il fatto che la ragazza che interpreta sia undocumented (cioè viva negli Stati Uniti senza un regolare permesso di soggiorno ma grazie ai cosiddetti Daca, che proteggono gli adolescenti che potrebbero diventare cittadini americani dall'essere deportati) dà uno spaccato interessante e inedito, che non è usuale vedere rappresentato nelle serie americane. Lo stesso purtroppo non si può dire dei suoi amici, la youtuber Tasha (Zuri Reed), l'ossessionato di sneaker Ethan (Antonio Cipriano), il rigidissimo Ethan (Jordan Rodrigues), il cantante country Liam (Jake Austin Walker), tutti macchiette giovanili più che altro.

Possiamo immaginare che, per ragioni contrattuali, il sogno di avere un nuovo film de Il mistero dei Templari fosse di per sé irrealizzabile. Spiace dunque che quell'immaginario si sia tradotto in una serie che, pur godibile nella sua ingenuità, non ricrea sufficientemente quell'atmosfere di avventura ridicola e di sognante imprevedibilità. La speranza che Olivera e la sua Jess abbiano l'opportunità di cimentarsi in altre cacce al tesoro, in nuove stagioni magari più avvincenti e davvero impegnate a far risolvere allo spettatore un mistero di cui valga veramente la pena