Russia 1918, l’epilogo: esilio e uccisione dello Zar - Corriere.it
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Russia 1918, l’epilogo:
esilio e uccisione dello Zar

Era luglio quando i carnefici massacrarono Nicola II e la sua famiglia in una cantina, poi ne bruciarono le salme in un bosco di betulle vicino a Ekaterinenburg: solo tra il 1991 e il ‘98 furono riesumate, ma due corpi attendono ancora sepoltura. Si chiudeva cos� l’anno terribile della rivoluzione iniziata nel febbraio 1917... e il calvario dei Romanov

di Fabrizio Dragosei
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Ekaterinburg si chiama di nuovo come allora, dopo essere stata per decenni la citta di Sverdlov, dal nome del leader bolscevico che nel 1918 ordin� di trucidare la famiglia imperiale e di nascondere i corpi nelle foreste che si estendono fino agli Urali. Era luglio quando i carnefici lasciarono la casa Ipatiev dove lo Zar e i suoi avevano passato gli ultimi mesi e con degli autocarri raggiunsero Porosyonkov Log. Pochi chilometri fuori citt�, in mezzo ad alberi di betulla (nella foto sotto) e acquitrini pieni di zanzare fameliche. Nel luglio del 1918, come in tutte le estati che trasformano queste zone boscose in un inferno per chi � costretto a vagare tra gli alberi. �Nessuno sapr� mai che fine hanno fatto�, si era vantato Yakov Yurovskij, il capo del gruppetto incaricato del massacro, dopo che i corpi erano stati bruciati, in parte sciolti con l’acido prima di essere gettati in alcune fosse. La conclusione di quell’anno terribile che era iniziato nel febbraio del 1917 con la rivoluzione borghese e democratica che avrebbe dovuto avvicinare la Russia all’Europa.

La discesa verso gli inferi della rivoluzione

Naturalmente molti sapevano invece dove erano finiti i corpi dei membri della famiglia imperiale e quando l’Unione Sovietica � stata sciolta, studiosi locali si sono dati da fare per ritrovare i resti. Come vedremo, dopo la riesumazione e il riconoscimento, sono stati trasportati nella ex capitale sul Baltico, dove riposano tutti i predecessori di Nicola II. Quando aveva abdicato nel marzo dell’anno prima, lo Zar si era convinto di aver passato il punto pi� triste della sua esistenza. Il trono era perduto, l’impero consolidato da Ivan il Terribile, reso grande da Pietro e da Caterina non era pi� nelle mani dei Romanov, dopo 300 anni. Per Nicola si apriva la via dell’esilio, forse. Oppure di una vita da �borghese� nella sua Russia che stava passando in altre mani. Invece quell’abdicazione era destinata a essere solo il primo passo di una discesa verso gli inferi della rivoluzione.

Pallottole e baionette contro moglie e figli

La prima tappa di un calvario che attraverso soprusi, angherie, minacce, avrebbe portato Nicola a morire assieme alla moglie e ai figli sotto le pallottole e i colpi di baionetta di un gruppuscolo di rivoltosi. Il 15 marzo (il due, secondo il calendario giuliano in vigore in Russia all’epoca) Nicola II aveva abdicato, rinunciando al trono anche a nome del figlio Aleksej e trasmettendo la corona al fratello, il gran principe Mikhail. Ma le cose oramai erano andate troppo avanti perch� i rivoluzionari potessero accettare che uno qualunque dei Romanov rimanesse sul trono. Mikhail, al quale fu detto che �la vita non poteva essergli garantita�, rifiut� a sua volta. L’ipotesi pi� probabile sembrava essere quella dell’esilio in Gran Bretagna. In fin dei conti il re Giorgio V aveva offerto di accogliere il cugino con tutta la famiglia. Ma i politici a Londra la pensavano diversamente, vista anche la situazione semi-rivoluzionaria in Irlanda. Cos� l’offerta fu ritirata dal re e i Romanov rimasero in Russia.

Dal palazzo imperiale di Tsarskoe Selo alla fossa

Nicola II venne dapprima confinato nello splendido palazzo imperiale di Tsarskoe Selo (villaggio dello Zar), fatto costruire fuori citt� alla fine del Settecento da Caterina la Grande, su disegno dell’architetto Giacomo Quarenghi. Romanov non era pi� lo Zar, dopo l’abdicazione di febbraio, ma un semplice colonnello dell’esercito. Cos� quando giunse nella residenza i soldati non lo salutarono per primi, come da tradizione, ma attesero che fosse il �colonnello� a farlo per poi rispondere. Non era certo una situazione idilliaca, ma Nicola non era scontento: �Ora il pensiero che siamo tutti assieme rallegra e consola�, scrisse nel suo diario. All’inizio della rivoluzione, infatti, il comandante supremo dell’esercito non si trovava assieme alla famiglia, ma a Mogilev, in Bielorussia, dove aveva sede il quartier generale di guerra, non lontano dal fronte.

Kerensky detestava e temeva la zarina

Il capo del governo provvisorio Aleksandr Kerensky non si fidava della zarina che, anzi, detestava: �Persone come Aleksandra Fyodorovna non dimenticano mai nulla e non perdonano mai niente�, diceva. Temeva che l’ex principessa tedesca potesse sobillare il marito e spingerlo a ribellarsi contro il nuovo governo. Cos� all’inizio di aprile impose alla famiglia imperiale di parlare unicamente in russo (la zarina spesso usava l’inglese con i figli) e stabil� che i coniugi si sarebbero potuti incontrare solo a tavola. Niente pi� abboccamenti privati e, soprattutto, camere da letto separate. L’assurdo divieto fu revocato dopo meno di un mese, con sollievo della zarina che annot�: �Un t� nella mia stanza e ora di nuovo dormiamo insieme�.

Scene di vita imperiale, in cattivit�

La dimora era sontuosa, ma i carcerieri facevano di tutto gi� allora per umiliare la famiglia imperiale. I soldati spesso si rivolgevano con gesti osceni alle ragazze mentre queste passeggiavano nel parco. Il riscaldamento del palazzo era stato ridotto. Nicola II spaccava legna (sotto mentre sega un tronco con il figlio Aleksej) per tenersi in forma e faceva esercizi al trapezio, lo stesso trapezio che l’avrebbe seguito nelle successive tappe della prigionia. L’ex Zar dava lezioni di storia e geografia al figlioletto tredicenne, mentre la madre, sempre ossessionata dalla religione, gli leggeva la bibbia. Nel parco la famiglia si divertiva con la bicicletta e il monopattino; c’era pure un lago sul quale erano autorizzati ad andare in barca. A maggio piantarono un orto. Nicola seguiva sui giornali gli eventi politici, nessuno veniva a riferirgli direttamente quello che accadeva. Ma ad agosto le cose iniziarono a farsi pi� complicate e il governo decise di spostare la famiglia.

Il viaggio verso la Siberia

�Andrete a Sud�, venne annunciato. Ma anzich� per la Crimea, come pensavano, partirono per la Siberia. In vagone letto su un treno speciale che portava le insegne della �Missione giapponese della Croce rossa� fino a Tyumen, al di l� degli Urali. Poi su una nave a vapore sui fiumi siberiani fino a Tobolsk. Lungo il percorso, passarono di fronte al villaggio di Pokrovskoe, da dove veniva il monaco-santone Grigory Rasputin che tanta influenza aveva avuto sulla zarina e che era stato assassinato dai nobili di corte. Alix, come veniva chiamata tra gli intimi la moglie di Nicola, lo ricord� alle dame di compagnia: �Qui viveva Grigory Efimovich e in questo fiume aveva preso il pesce che ci port� a Tsarskoe Selo�. A Tobolsk ci fu un momento di panico per i rappresentanti del governo provvisorio perch� all’arrivo delle navi (su altri due battelli erano stati caricati i bagagli e la gente del seguito) tutte le chiese iniziarono a suonare le campane. Ma l’equivoco fu presto chiarito: non si annunciava una sommossa monarchica, ma semplicemente la festa della trasfigurazione di Ges�.

Il sospetto che il capo del governo li volesse fuggitivi

I Romanov vennero alloggiati nella casa del governatore, ribattezzata �Casa della libert� dopo la rivoluzione. Niente a che vedere con il palazzo imperiale, ma comunque ancora una sistemazione relativamente confortevole. Erano stati affidati a guardiani molto compiacenti, tanto che alcuni studiosi ritengono che Kerensky volesse quasi favorire una loro fuga. A Tobolsk si era costituita una piccola corte accanto a uno Zar che non aveva pi� un impero. Aiutanti di campo, dame di compagnia; a tavola il men�, per quanto ormai i pasti fossero assai semplici, veniva scritto su cartoncini che recavano lo stemma imperiale. Da Pietrogrado venne pure spedito il vino dell’imperatore che per� fu poi gettato nel fiume dagli amministratori locali che temevano una sommossa da parte dei soldati che avevano adocchiato le casse giunte al porto. Tutto proseguiva con monotonia, fino a quando all’inizio di novembre (fine ottobre, secondo il calendario giuliano) dalla capitale non arrivarono pi� giornali; nessuno sapeva cosa stesse accadendo.

La �profezia� di Victor Hugo

Lo Zar apprese del colpo di Stato bolscevico (la Rivoluzione d’ottobre del 7 novembre 1917) solamente dieci giorni dopo, mentre stava leggendo �1793�, il romanzo di Victor Hugo sulla rivoluzione francese durante la quale venne giustiziata la coppia reale. �Molto peggio del periodo dei Torbidi�, comment� con il commissario Pankratov, incaricato della sorveglianza della famiglia, riferendosi all’epoca di anarchia assoluta che aveva preceduto alla fine del Cinquecento l’ascesa al trono dei Romanov. Arrivarono le grandi nevicate e la famiglia si prepar� a celebrare quello che sarebbe stato l’ultimo Natale. Un piccolo abete di Capodanno (per i russi non � l’albero di Natale) fu messo su un tavolino e la famiglia si scambi� modesti doni. Ma ben presto la situazione cambi� con il consolidamento del potere bolscevico. Niente pi� corte, via i servi e razioni ridotte all’osso: �Il popolo non ha i mezzi per mantenere la famiglia zarista�, venne proclamato. Oltre alle razioni militari, qualche cosa veniva portato dalla gente di Tobolsk.

Lenin e l’ordine di trasferire lo zar a Mosca

Giunse la notizia dell’intesa firmata da Lenin con gli imperi centrali, un trattato che consegnava al nemico l’Ucraina, la Bielorussia, la Bessarabia, i Paesi baltici. �Una pace umiliante… essere sotto il giogo dei tedeschi � peggio che sotto il giogo tartaro�, scrisse sul suo diario la zarina, ex principessa d’Assia e di Renania, nipote della regina Victoria d’Inghilterra, ma che oramai si sentiva totalmente russa. Il primo febbraio la Russia rivoluzionaria adott� il calendario gregoriano che era gi� in vigore in tutta Europa a partire dal 1582. �Allora oggi � gi� il 14 febbraio. Ai malintesi e alla confusione non si porr� mai fine�, scrisse, scettico, Nicola II sul suo diario. Poi arriv� la guerra civile, con una parte delle armate bianche che puntava alla restaurazione della monarchia. Ben presto in Russia intervennero anche forze straniere, i tedeschi, gli inglesi, l’armata cecoslovacca. Tobolsk non era pi� cos� sicura e Lenin decise di ordinare un nuovo trasferimento per i Romanov, questa volta pi� vicino a Mosca, dove il 12 marzo era stata spostata dopo duecento anni la capitale (era stato Pietro il Grande all’inizio del Settecento a creare San Pietroburgo, poi diventata Pietrogrado durante la Prima guerra mondiale). Anzi, all’inizio si parlava proprio di un trasferimento a Mosca per il processo allo Zar.

Le illusioni dei Romanov e la pace dei Soviet

Nicola II era convinto che i bolscevichi lo volessero per fargli controfirmare la pace raggiunta a Brest-Litovsk. �Piuttosto mi faccio tagliare la mano�, assicurava ai suoi. Ma Lenin non aveva bisogno dell’ex imperatore e il trattato fu presto ratificato dal Congresso dei Soviet. La realt� � che i vari gruppi di potere esistenti all’interno del partito che aveva preso il potere l’anno prima erano pure in lotta fra di loro. Il Comitato centrale panrusso era guidato da Yakov Sverdlov, un bolscevico della prima ora a cui sar� poi dedicata la citt� del massacro, Ekaterinburg, che nel 1991 ha ripreso il vecchio nome. Sverdlov voleva lo Zar a Mosca, poi cambi� idea, forse su suggerimento di Lenin e scelse Ekaterinburg, dove ci sarebbe stato il processo. Nicola II in un primo momento si rifiut� di partire. Ma il commissario Vasilij Yakovlev, incaricato da Sverdlov di trasferire �il bagaglio�, come veniva indicata in codice la famiglia, riusc� alla fine a convincerlo, con minacce e blandizie: �Se non viene con me – disse allo Zar – allora manderanno qualcun altro molto pi� duro�.

Yakovlev e il tentativo di evitare gli uraliani

Il piccolo Aleksej, per�, stava male, si era ferito. Cos� il 13 aprile del 1918 i bolscevichi decisero di iniziare, trasferendo solamente lo Zar, la moglie e una delle figlie, la principessa Maria. Gli altri avrebbero raggiunto i genitori pi� avanti. Alle quattro del mattino �la parte principale del bagaglio� venne imbarcata per raggiungere la stazione ferroviaria. Ma tra i comunisti locali e Yakovlev, l’incaricato di Lenin, non c’era intesa. Lui decise di non andare pi� a Ekaterinburg ma di portare lo Zar in segreto a Omsk, ancora pi� a Est, nella Siberia profonda. Arrivato a Lyubino, nei pressi di Omsk, mand� un telegramma a Ekaterinburg comunicando che il Comitato Esecutivo aveva deciso di portare lo Zar a Mosca. Questo al fine di sottrarre la famiglia agli uraliani che erano sempre pi� decisi a trucidare tutti alla prima occasione: alcune fonti sostengono che la Conferenza regionale uraliana aveva gi� votato una mozione in favore �della esecuzione pi� rapida possibile dei Romanov per prevenire in futuro ogni tentativo di restaurare la monarchia in Russia�. (sotto, Nicola II a Baranavichy prima della rivoluzione)

Una stazione secondaria, per evitare la folla

Il telegramma di Yakovlev aveva reso furiosi i bolscevichi locali nella citt� ai piedi degli Urali. Questi si rivolsero immediatamente a Lenin e a Sverdlov dicendo che le azioni di Yakovlev erano �proditorie� e accusandolo di essere �un controrivoluzionario�. Nicola II era ben consapevole della situazione: �Andrei da qualunque parte pur di non arrivare negli Urali… A giudicare dai giornali, gli Urali sono ferocemente contro di me�, scriveva nel diario. Ma alla fine, il 17 aprile, Yakovlev dovette portare lo Zar a Ekaterinburg, dove una folla ostile aspettava alla stazione. Il commissario fu costretto a schierare le mitragliatrici per tenere a bada gli esagitati e alla fine riusc� a far scendere i Romanov solo in una stazione secondaria. Nicola II raggiunse quella che era stata denominata la �Casa di destinazione speciale�. Si trattava di una villetta appartenuta all’ingegner Ipatiev, requisita per l’occasione. Lo Zar ci sarebbe rimasto per 78 giorni, fino alla fine anche assieme agli altri figli che lo raggiunsero il 23 maggio.

La casa prigione e i vetri oscurati

La casa Ipatiev faceva rimpiangere la villa di Tobolsk, era quasi una prigione. I vetri delle finestre erano stati dipinti di bianco; per �motivi di sicurezza�, era stato detto. E i Romanov erano praticamente dei reclusi, guardati a vista da soldati con armi automatiche. Con loro erano rimasti solamente un cuoco, una cameriera, un valletto e il medico. Tutti i prigionieri ricevevano razioni ridotte che venivano servite per� sulla porcellana finissima con lo stemma imperiale che era stato consentito loro di mantenere, assieme alle lenzuola. Potevano uscire solo per poco tempo in orari prestabiliti e cos� le giornate passavano con giochi infiniti di carte. Il piccolo Aleksej aveva i suoi soldatini di piombo e i cani di famiglia, Ortino, Joy e Jemmy. La sera lo Zar e la zarina scrivevano i loro diari. Fuori Ekaterinburg la guerra civile infuriava e con l’arrivo dell’estate apparve chiaro a Lenin che la citt� presto sarebbe caduta nelle mani dei bianchi che avanzavano. Che fare? Un nuovo trasferimento? Il capo dei bolscevichi decise di risolvere il problema dei Romanov nella maniera pi� brutale: ucciderli tutti e cancellare le tracce.

L’ex orologiaio e i corsetti �anti-proiettile�

L’eccidio venne commissionato a un certo Yakov Yurovsky (nella foto sopra), ex orologiaio di Omsk, che gi� aveva partecipato alla rivoluzione del 1905. Era lui il comandante della �Casa di destinazione speciale�, il nome usato dalla Cheka (la polizia segreta) per indicare la villetta Ipatiev. L’uomo cerc� di organizzare ogni cosa meticolosamente, ma il risultato fu semplicemente patetico, come confess� poi lui stesso in un dettagliato rapporto inviato al comando della Cheka. Una squadra armata di fucili e pistole era stata gi� preparata quando nel cuore della notte tra il 16 e il 17 luglio i Romanov vennero svegliati con l’ordine di prepararsi a partire immediatamente. Fu loro spiegato che si era creata una situazione di pericolo e che quindi bisognava raggiungere un luogo pi� sicuro. La zarina e le figlie indossarono di nascosto le sottovesti nelle quali avevano cucito durante la prigionia chili e chili di pietre preziose che avrebbero dovuto essere utili in caso di fuga ed esilio. Cos�, in realt�, si ritrovarono a indossare delle specie di corsetti antiproiettile che complicarono non poco le cose per gli assassini. (nel disegno la strage nella cantina di Villa Ipatiev, nella notte del 17 luglio 1918)

La strage nella cantina di Villa Ipatiev

La famiglia fu radunata nella cantina che Yurovsky aveva gi� esaminato, ma evidentemente non con cura: aveva solo una piccola finestra e muri di mattoni sui quali sarebbero poi rimbalzati i proiettili. Dopo che lo Zar e la moglie furono fatti sedere su due sedie portate all’ultimo minuto, Yurovsky annunci� con concitazione che �il Soviet dei lavoratori� aveva deciso di giustiziarli. Nicola, preso alla sprovvista, fece appena in tempo a rispondere �Cosa?� quando fu raggiunto da un colpo sparato dallo stesso Yurovsky. I soldati aprirono il fuoco a loro volta, riempiendo la stanza di fumo, di frastuono e ferendosi anche tra di loro. Lo Zar, la zarina e la figlia maggiore Olga morirono all’istante, cos� come il dottor Botkin, il cuoco Kharitonov e il valletto Trupp. Una nuova salva di colpi uccise la principessa Tatiana e fer� gravemente il piccolo Aleksej. Maria e Anastasia erano ferite solo leggermente, grazie alle loro sottovesti. (sotto, lo zar Micola scherza con la figlia Anastasia)

Il trasporto dei corpi, poi sfigurati con l’acido

La cameriera Demidova era stata protetta da un cuscino pieno di gemme che teneva in grembo. Gli esecutori si avvicinarono, sparando nuovamente e usando le baionette. Altrettanto inefficienti gli uomini della Cheka si rivelarono nel trasporto e nell’occultamento dei corpi. Il camion si impantan�; altri mezzi rimasero in panne. Le vittime furono prima gettate nel pozzo di una miniera che si rivel� troppo poco profondo. Tirati fuori, furono alla fine parzialmente bruciati e sfigurati con l’acido per rendere pi� difficile il riconoscimento. Poi vennero messi in una buca scavata lungo una mulattiera nella foresta. Due corpi, quello dello zarevich Aleksej e della sorella Maria, furono invece sepolti poco lontano. La macabra procedura port� via tre giorni e tre notti e, in realt�, a quel punto il febbrile lavoro degli uomini di Yurovsky nella foresta era stato notato da parecchi. Ma il tutto venne coperto dal pi� rigoroso segreto. (nella foto sotto, i resti dei Romanov riesumati nel 1998)

I pellegrinaggi dopo la morte di Stalin

Nessuno si azzard� ad aprire bocca. La casa Ipatiev, dichiarata �monumento storico�, divenne per� meta del pellegrinaggio di molti, dopo la morte di Stalin. Cos� nel 1977, in vista del sessantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, il Politbur� ne ordin� la demolizione. Se ne occup� Boris Eltsin, allora segretario locale del partito. Nel 1979 il luogo della sepoltura venne individuato da alcuni storici locali che per� non poterono fare nulla. Fu solo dopo il 1991 che le salme furono dissotterrate e si pot� avviare la procedura per il loro riconoscimento, grazie anche alla comparazione del Dna con quello fornito da alcuni esponenti di case reali europee (compreso il Principe d’Edimburgo, imparentato direttamente con Nicola II). Nel 1998 i resti furono trasportati a San Pietroburgo e sepolti nella Chiesa dei santi Pietro e Paolo, alla presenza di Eltsin diventato il primo presidente della Russia democratica. Ci fu la benedizione della chiesa, ma non la partecipazione del Patriarca.

Le salme senza pace dei piccoli Aleksej e Maria

Aleksej e Maria furono ritrovati nel 2007 ma, nonostante i test positivi condotti anche a livello internazionale, il Patriarca non ha dato l’autorizzazione alla loro sepoltura assieme al resto della famiglia. Anzi, nel 2015 la chiesa, con l’assenso del presidente Putin, ha disposto la riesumazione degli altri corpi per nuovi esami. Alla fine sono stati riportati nella cripta di famiglia tutti i corpi, tranne quelli di Aleksej e Maria che attendono il loro destino.

Twitter @Drag6

*LE PRECEDENTI PUNTATE

Questa � la quinta puntata dell’inchiesta di Fabrizio Dragosei sulla Rivoluzione russa di cent’anni fa. Le precedenti puntate le trovate cliccando sulle icone blu qui sotto, accanto ai titoli degli altri articoli fin qui pubblicati come �Extra per voi� sulla Digital Edition.

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La tiv� propagandista del Cremlino �Russia Today� resuscita i protagonisti del 1917 creando per ognuno un profilo sul social network e facendoli parlare come fossero vivi. Ne emerge un ritratto inedito dell’anno terribile e dei �dieci giorni che sconvolsero il mondo�

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La terza puntata della serie sulla rivoluzione russa del 1917: il �vagone piombato�, il ruolo della Germania e l’errore di valutazione del regime zarista

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Arrivati a Pietrogrado sul �treno piombato� di Lenin, i creatori dei Soviet speravano di riprendersi un ruolo di primissimo piano. Invece si ritrovarono in minoranza: furono additati come �agenti della Germania� e cacciati. In ottobre la situazione si sarebbe rovesciata.

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2 dicembre 2017