Le confessioni di Meloni: “Mi sento come al 41 bis” - Il Secolo XIX

Le confessioni di Meloni: “Mi sento come al 41 bis”

La premier ha annullato tre viaggi in una settimana. Ai suoi dice di sentirsi «sotto assedio» e di «non fidarsi di nessuno»

Ilario Lombardo
Aggiornato 2 minuti di lettura

ROMA. Ci ha scherzato sopra tante volte, in pubblico, Giorgia Meloni. Che la vita da presidente del Consiglio ti toglie via tanto, quasi tutto. Ma quelle erano battute appunto. O, almeno, sembravano tali. Invece, molto probabilmente, servivano a smorzare una preoccupazione sempre più strabordante che i collaboratori e chi ha accesso alla stanza della presidente del Consiglio ha percepito chiaramente.

Meloni ha incontrato diverse persone nelle ultime settimane a Palazzo Chigi. Anche amici e confidenti, alcuni piazzati ai vertici della Rai e degli istituti culturali. A due di loro ha confessato di sentirsi «sotto assedio», come «circondata», addirittura «al 41 bis», il carcere di massima sicurezza previsto per i boss mafiosi. Un’immagine metaforica che racconta il senso di oppressione, come se fosse imprigionata in un ruolo che porta con sé scelte quotidiane e infinite responsabilità.

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È un periodo particolare, questo, alla vigilia di una campagna elettorale che si intreccia con le ultime settimane di preparativi del G7 che si terrà in Puglia pochi giorni dopo il voto europeo e che è la grande prova sulla quale Meloni ha investito molta della sua credibilità internazionale. Attorno a lei, la premier vede molte cose che non vanno bene o che non vanno come lei vorrebbe. L’imprevedibilità e le difficoltà di Matteo Salvini e la mancanza di risorse per la legge di bilancio che rendono più incerto il futuro, su tutto. E ancora: gli strafalcioni di ministri e parlamentari di Fratelli d’Italia, alcune inchieste giudiziarie sui fedelissimi al governo, il rapporto complicato con la stampa, la sensazione di essere «perseguitata» dai cronisti, e poi le fughe di notizie e la perenne caccia alle talpe. «Non mi fido di nessuno e forse non dovrei fidarmi neppure di te» ha detto, fissandolo negli occhi, a un amico direttore tv, che poi, a sua volta, colpito dall’atmosfera che si respirava nella stanza di Palazzo Chigi, lo ha riferito ad altri.

La scena, nei racconti, assume toni e colori da corte shakespeariana. E i racconti rimbalzano anche negli altri ministeri. Su come, per esempio, il capo della segreteria particolare Patrizia Scurti provi a imporre un regime di silenzio anche ai diplomatici. Le uniche persone di cui Meloni continui a fidarsi sono lei, da una vita al suo fianco, e il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, che ha assunto il non semplicissimo ruolo di coordinatore della comunicazione politica, tra governo e parlamento, con tutta la conseguente gestione della fisiologica emorragia di indiscrezioni. Il controllo è serrato.

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A parte la linea ufficiale, filtra sempre meno, quasi nulla. Pochissima gente è informata. Il cerimoniale insegue le giornate, la struttura che guida il palazzo spesso resta spiazzata. Anche l’agenda cambia di continuo e viene stravolta all’ultimo. Meloni ha annullato tre viaggi solo nell’ultima settimana. Questa sera era previsto che andasse a Londra, con ritorno fissato domattina. Cancellato. Con il premier Rishi Sunak c’è stata una telefonata ieri nel pomeriggio.

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Domenica è attesa a Pescara, dove chiuderà la convention di FdI annunciando la sua candidatura come capolista alle Europee. Subito dopo sarebbe dovuta decollare in direzione Arabia Saudita.

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Ma anche questa missione è saltata, come raccontato dal sito de La Stampa, con grande stupore di diversi esponenti del suo partito che sono stati a Riad una settimana fa. Avrebbe pesato l’imbarazzo di dover incontrare Mohammad Bin Salman in piena campagna elettorale, dopo anni passati ad accusare la monarchia saudita di essere uno Stato «fondamentalista» «che aiuta i terroristi».

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Lo scorso lunedì, infine, il suo aereo l’ha inutilmente attesa fino all’ultimo sulla pista, pronto a partire per Reggio Calabria, da dove Meloni, accompagnata dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, avrebbe dovuto raggiungere Santo Stefano d’Aspromonte, per l’inaugurazione di una caserma all’interno di un bene confiscato alla ‘ndrangheta. Era stata avvisata anche la Rai, e la produzione della tv pubblica aveva già predisposto tutto per il servizio sul posto. Alla fine, l’aereo è partito con il codice identificativo di volo assegnato al presidente del Consiglio, ma senza lei a bordo.

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