PDF - Società Ligure di Storia Patria
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ATTI<br />
DELLA<br />
SOCIETÀ LIGURE<br />
DI<br />
STORIA PATRIA<br />
V O LU M E XXIII<br />
G EN O VA<br />
t i p o g r a f i a d e l r . i s t i t u t o s o r d o - m u t i<br />
MDCCCXC<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
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GIACOMO BRACELLI<br />
L ’ U M A N E S IM O D E I L IG U R I<br />
AL SUO TEMPO<br />
p e l socio CARLO BRA.GGIO<br />
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o no ormai quattro anni, che pubblicando<br />
nel Giornale Ligustico una monografia sur<br />
Antonio Ivani, letterato sarzanese del se<br />
colo xv, io promettevo uno stu<strong>di</strong>o più<br />
ampio sull’ umanesimo dei liguri, <strong>di</strong> cui quella pubbli<br />
cazione voleva essere solo un saggio. Ahimè, io non<br />
dubitavo allora <strong>di</strong> prometter troppo : poi sopravvennero<br />
altre occupazioni che mi impe<strong>di</strong>rono <strong>di</strong> darvi pronto<br />
effetto, e poi anche questa modesta provincia fu invasa<br />
da altri valenti che coi loro lavori mi fecero meno cu<br />
rante e sollecito del mio. La monografia, ch’ora presento<br />
qui, tratterà dunque <strong>di</strong> un solo periodo che dai primi<br />
anni del quattrocento non va oltre il ’6o, tentando <strong>di</strong><br />
raggruppare intorno a Giacomo Bracelli, storico e can<br />
celliere della genovese Repubblica, il movimento eru<strong>di</strong>to<br />
che in lui parve accentrarsi durante quegli anni trava<br />
gliati, dentro dello Stato da tumulti, fuori da guerre,<br />
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col presentimento negli animi <strong>di</strong> un peggio avvenire.<br />
In una parola, ragionando <strong>di</strong> cose e uomini genovesi,<br />
io rimarrò, per quanto mi è possibile, in Genova. Una<br />
eccezione avrò a fare per Bartolomeo Fazio, che ligure,<br />
trascorse tuttavia la maggior parte della sua vita in<br />
Napoli ed in corte dell’ Aragonese. Ma la fama <strong>di</strong> lui,<br />
gli anni della giovinezza passati come cancelliere della<br />
Repubblica, le frequenti sue attinenze con cose e uomini<br />
della sua patria mi giustificano abbastanza. Del resto la<br />
trattazione che lo riguarda, sarà più specialmente oggetto<br />
<strong>di</strong> un’ appen<strong>di</strong>ce. •<br />
Ed ora per finire e per confessarmi intero al lettore,<br />
aggiungerò, che oltre le necessarie ricerche per cui non<br />
ho risparmiato fatica, avrei voluto anche rendere l am<br />
biente da me preso a stu<strong>di</strong>are ed apprezzare al vero<br />
l’ opera degli eru<strong>di</strong>ti genovesi. Probabilmente 1 avrò ten<br />
tato senza riuscirvi. E <strong>di</strong> questo e delle omissioni inevi<br />
tabili sarà giu<strong>di</strong>ce chi mi legge. Il quale se non apparterrà<br />
alla schiera <strong>di</strong> coloro che acquistano facile fama <strong>di</strong> arcana<br />
dottrina con la citazione <strong>di</strong> un fascicolo nato morto, o<br />
messo meritamente insieme colle ben note lucerne e i<br />
chio<strong>di</strong> d’ Ercolano ( i ) , perdonerà, <strong>di</strong>co, le <strong>di</strong>menticanze<br />
non volute e le deduzioni o supposizioni mie che per<br />
altre ricerche potessero essere infirmate. Perché già in<br />
oggi se é vero, come celiando scriveva il G iu sti, che<br />
un chimico rovina un santo, è anche più vero 'che le<br />
migliori teoriche vanno a gambe levate <strong>di</strong>nanzi alla<br />
testimonianza <strong>di</strong> un documento.<br />
(i) B arb tti, La Frusta letteraria, Milano i 8}8 , I, 59.<br />
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— 9 —<br />
CAPITO LO I.<br />
N o t i z i e B i o g r a f i c h e .<br />
Intorno alla vita del Bracelli e alla famiglia <strong>di</strong> lui,<br />
conosciuta, intendo, nell’ intimità delle pareti domestiche<br />
e non solo per le poche notizie biografiche che é facile<br />
racimolare, sappiamo assai poco.<br />
Egli <strong>di</strong>scendeva, <strong>di</strong>cono concordemente i suoi biografi,<br />
da una famiglia dove il notariato era ere<strong>di</strong>tario.<br />
Venuta, verso la metà del sec. x i i i in Genova, da un<br />
picciol luogo nelle parti della Spezia detto appunto<br />
Bracelli, essa ottenne coll’ esercizio <strong>di</strong> una professione<br />
che era lucrosa e rispettata, pubbliche immunità sin<br />
dall’ anno 1312. In appresso il nome dei Bracelli figura<br />
onorevolmente tra gli anziani e maggiorenti del Co<br />
mune (1). Anche per l’ anno della nascita <strong>di</strong> lui non si<br />
può procedere se non per congettura. Ma <strong>di</strong> atti che re<br />
cano la sua firma come cancelliere, se ne rinvengono<br />
nell’Archivio <strong>di</strong> Stato fin dal 14 11 (2), sicché non saremo<br />
(1) « Del 1 3 1 1 Gabriele Bracelli fu anziano della città come nelle conven<br />
zioni della Spezia a c. 16 appare » (Ganducci ; Famiglie nobili <strong>di</strong> Genova, ms.<br />
p. 359); il padre <strong>di</strong> Iacopo, Simone del quondam Bartolomeo, era nel 1424, ai<br />
25 <strong>di</strong> aprile, uno de’ due officiali deputati per dare e ricevere il sale (C i c a l a ;<br />
Memorie della città <strong>di</strong> Genova e <strong>di</strong> tutto il suo dominio, ms. in Arch. Municip.);<br />
e nel 1427 un Nicolò Bracelli era mandato ambasciatore al Re <strong>di</strong> Francia.<br />
(Fe d e r ic i; Scrutinio della nobiltà ligustica, ms. p. 157).<br />
(2) Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova, libri <strong>di</strong>versorum e litterarum. La data del 1419<br />
portata dallo Spotorno (St. lett. della L ig u ria , Genova 18 24 -58 , II, 64) va<br />
quin<strong>di</strong> anticipata ancora <strong>di</strong> qualche anno.<br />
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molto fuori <strong>di</strong>i vero, se tenendo pur conto della sua<br />
morte avvenuta verso il '66, risaliremo per la nascita<br />
all’ ultimo decennio del secolo precedente ( i) .<br />
Nell’ e<strong>di</strong>zione principe della Guerra <strong>di</strong> Spagna fatta da<br />
Masello Venia circa l’ anno 14 7 7 , 1’ e<strong>di</strong>tore dà al Bra<br />
celli titolo <strong>di</strong> iuris utriusque consultum (2). E lo si ri<br />
pete nell’epigramma in fine del libro. Scambio <strong>di</strong> restrin<br />
gersi al notariato, il Nostro avrebbe dunque com piuto<br />
lo stu<strong>di</strong>o delle leggi in una delle Università che gode<br />
vano tama in quel tempo. Ma dove ? Due città si pre<br />
sentavano come famose nel <strong>di</strong>ritto : Pavia che già sotto<br />
i Franchi aveva acquistata molta importanza, e Bologna,<br />
la dotta Bologna, la patria d’ elezione dei gran<strong>di</strong> giure-<br />
consulti. Pare che il Bracelli prescegliesse la prima. In<br />
una lettera a Giovanni Giacomo Riccio, che era stato<br />
colà precettore <strong>di</strong> suo figlio, egli parla <strong>di</strong>fatti dei fratelli<br />
<strong>di</strong> esso Riccio come da lui conosciuti altra volta nella<br />
famigliare consuetu<strong>di</strong>ne della vita comune. — « Subibat<br />
animum meum memoria Zanini ac domini Abbatis fra<br />
trum quondam tuorum, quorum ut eximias virtutes, ita<br />
<strong>di</strong>vina ingenia admirari adeo solebamus , ut quos illis<br />
U) Lo S poto rno, op. cit., il S o prani, Scrittori liguri 12 2, e lo Z e n o , D isserta<br />
Yoss., II, 266, ma tutti <strong>di</strong>etro il Soprani, lo <strong>di</strong>cono nativo <strong>di</strong> Sarzana. H forse<br />
quest’ ultimo si fondava sopra l’ autorità del Fazio che nel De v ir is illu stribu s,<br />
lo chiama conterraneus meus. Ma perchè non Spezia allora, ma Sarzana? Inoltre<br />
jo dubito che il Fazio con quel vocabolo voglia intendere non un b o rg o , ma<br />
l’ intera provincia; se no, mi riuscirebbe un enigma la chiusa del breve elogio:<br />
Moderatione animi civibus meis carus et iucundus. Evidentemente il Fazio , seb<br />
bene nativo della Spezia chiama qui concitta<strong>di</strong>ni suoi i genovesi.<br />
(2) Cfr. A r g e la ti; Bibl. Script. Me<strong>di</strong>ol., T . I , 9 segg. — A d illustrem et<br />
bum. Principem Philippum Mariam Sfortiam . . . Praefatio. — L curioso che nè<br />
lo Zeno, nè lo Spotorno la citino.<br />
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adequari possemus, aut nulli, aut perpauci admodum in<br />
venirentur » (i).<br />
Per contro <strong>di</strong>rei che gli fosse poco noto lo Stu<strong>di</strong>o<br />
bolognese. Anni dopo, volendovi mandare il figlio<br />
Antonio, si rivolgeva per notizie e consiglio all’ amico<br />
Cipriano De Mari. Voleva sapere il nome dei dottori<br />
che vi insegnavano ; egli pendeva incerto tra quella città<br />
e Siena e desiderava stabilire un confronto. Probabilmente<br />
nella vita randagia, che anche i maestri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto face<br />
vano da città a città, Siena aveva accolto nel suo Stu<strong>di</strong>o<br />
alcuno <strong>di</strong> tale celebrità da attirare gli sguar<strong>di</strong> del nostro<br />
cancelliere (2). Né all’ osservazione contrad<strong>di</strong>ce, al mio<br />
(1) Lett. a Giov. Giacomo Riccio, clarissimo legum interpreti, in Ia c. B ra c elli<br />
et ALIOR. CL. viror. Epist. Orat. opusc. ms. del sec. x v, c. 16. Così la scritta im<br />
pressa sulla costa del volume e risponde abbastanza bene a ciò che esso è in<br />
effetto, ossia una copiosa miscellanea. 11 co<strong>di</strong>ce fu già <strong>di</strong> Tommaso Fransone,<br />
come si rileva dalla notizia scritta nel secolo passato sopra una delle carte che<br />
formano la guar<strong>di</strong>a del volume, ed ora trovasi nella Civico Beriana <strong>di</strong> Genova.<br />
Oltre alle lettere e<strong>di</strong>te del Bracelli, ne contiene molte delle ine<strong>di</strong>te, e in proprio<br />
nome e in nome della Repubblica, nonché alcune brevi orazioni. Delle operette<br />
del Nostro v’ ha 1’ opuscolo De Claris genuensibus, la lettera al Merula , De<br />
precipuis urbis genuensis familiis relatio, e la Descriptio orae ligusticae. Si trovano<br />
poi nello stesso ms. lettere d’ altri uomini insigni al Bracelli e <strong>di</strong> principi, ovvero<br />
scritte in loro nome, alla Repubblica genovese ed orazioni <strong>di</strong>verse ed epistole<br />
d’ argomento eru<strong>di</strong>to e letterario, parte delle quali sono a stampa, come<br />
si rileva dalle annotazioni che vi si veggono fatte <strong>di</strong> mano moderna nei mar<br />
gini. Sonvi alcuni versi latini, brani copiati dalle opere <strong>di</strong> Cicerone, <strong>di</strong> Sallustio,<br />
<strong>di</strong> Poggio Fiorentino. Vi è trascritto un frammento dell’ opuscolo del Fazio :<br />
De bello veneto clo<strong>di</strong>ano e il Conto fatto latino dal medesimo, coll’ intitolazione:<br />
Barth. Facii ad quemdam amicum suum, de belli origine inter Gallos et Brittannos<br />
historia incipit feliciter.<br />
Il ms. consta <strong>di</strong> 468 pag. modernamente numerate, ed è scritto da <strong>di</strong>versi<br />
menanti, tutti però dello stesso tempo. È <strong>di</strong> esso ch’ io mi varrò largamente<br />
in questa monografia, giovandomi sempre dell’ in<strong>di</strong>cazione : ms. Br.<br />
(2) Ms. Br. c. 135, senza data, ma se due lettere al Riccio ed a Rolando da<br />
Corte (praecl. ac cclcbrat. iuris ulriusque doctori d. RoL a Curie, patri curn primis<br />
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parere, un suo fuggevole accenno in una lettera a P o ggio<br />
Bracciolini: — « Credo ti ricorderai, gli scrive l’ um a<br />
nista genovese, del tempo che, stando noi in B o lo g n a ,<br />
ed essendo caduto il <strong>di</strong>scorso sulla mia patria, tu <strong>di</strong>cesti<br />
che avevi rinvenuto in un libro <strong>di</strong> scrittore trancese,<br />
compilazione della storia <strong>di</strong> molte genti, questo ricordo,<br />
che Genova fu, sono appena quattrocent anni, saccheg<br />
giata da’ saraceni » (i). Ma il Bracelli alludeva , per<br />
opinione mia, al tempo che era stato inviato com e am <br />
basciatore nel ’ 36 a Papa Eugenio IV ed a fiorentini.<br />
Difatti a Bologna erasi recato a’ 18 aprile <strong>di</strong> quell anno<br />
il Pontefice e con esso, come segretario apostolico, anche<br />
il Poggio (2).<br />
I fi:> danno A n to n io c o m e già<br />
partito da Pavia, avendovi conseguito il dottorato, si dovrà risa lire, per la<br />
lettera al De Mari, a tre o quattr’ anni prima, ossia al 'S2.<br />
(1) Lett. 18 febbraio 1449. « Ext- in co<strong>di</strong>ce ms* EPist0,arum Iacobi Br;u:ellei*<br />
apud Io. Thomam Cavanam ». — Mi venne favorita insieme con altre due, del<br />
Poggio al Bracelli, e <strong>di</strong> questo al Poggio, dall’ egregio e dotto am ico. Prof. Neri.<br />
Ed a lui ed al Comm. Belgrano, m’ è caro attestare l’ animo m io sinceram ente<br />
grato, per i molti aiuti, onde con la liberalità loro solita, mi furono cortesi.<br />
(2) G rego ro vius; <strong>Storia</strong> della città <strong>di</strong> Roma, \ enezia, A ntonclli, 1S 7 5 , V II, 65.<br />
(3) F e d e r ic i; op. cit., 1 5 7 segg.<br />
— 12 —<br />
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— 13 —<br />
— a. 1484. Inviato ambasciatore al duca <strong>di</strong> Milano.<br />
— a. 1489. » » al papa.<br />
— a. 1490. # » al re d Aragona.<br />
Fin dal 1477 era stato creato consigliere del duca,<br />
con titolo <strong>di</strong> magnifico.<br />
Ed ecco quello del fratello Stefano che successe al<br />
padre nell’ ufficio <strong>di</strong> cancelliere :<br />
__ a. 1^2. Podestà <strong>di</strong> Scio, la soccorre con due navi.<br />
— a. 1467. Mandato al re d’ Aragona.<br />
— a. 1477. Ufficiale <strong>di</strong> balìa.<br />
Nello stesso anno ambasciatore al re <strong>di</strong> Napoli.<br />
— a. 1489. Anziano del Comune.<br />
Dei quattro figli che il nostro umanista ebbe dalle sue<br />
nozze con una figliuola <strong>di</strong> Onofrio Pinelli, nobile citta<br />
<strong>di</strong>no genovese, congetturo che Antonio fosse il penul<br />
timo nato.<br />
Difatti il figlio Stefano fin dal '45 si recava a Pavia<br />
ut opera-m darei iure civ ili; la figliuola maggiore era<br />
andata a nozze nel '42 a Francesco Marrufo; Antonio<br />
per contro non conseguì il dottorato a Pavia che nel<br />
'56. Due anni dopo lo troviamo in Francia, dove era<br />
passato in compagnia dell’ amico Gottardo Stella, <strong>di</strong><br />
Battista Goano ed altri due che recavansi a concordare<br />
i capitoli <strong>di</strong> cessione della città <strong>di</strong> Genova al re Carlo VII.<br />
Quando Battista <strong>di</strong> Goano, cui era specialmente racco<br />
mandato, ne fece ritorno, egli si fermò in Avignone per<br />
consiglio o consenso del Goano stesso. E il padre dalla<br />
villa nel territorio <strong>di</strong> Rapallo, dove era andato a passare<br />
quel settembre '58, ne ringraziava affettuosamente l’auto<br />
revole amico e protettore (1). Speravano <strong>di</strong> allogare<br />
(i)'Ms. Br. c. 29 lett. ex Cerasola, villa Rapalli, x il kal. sept.<br />
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Antonio in una carica confacente a lui, per opera e fa<br />
vore <strong>di</strong> re Raniero? Se ciò fu, le speranze ebbero ad<br />
andar fallite, poiché, nel ’6o, Antonio si trovava <strong>di</strong> nuovo<br />
in Genova, donde mandava a donare al Riccio dell’ uva<br />
passa <strong>di</strong> Malaga e un barile d’ olio <strong>di</strong> Ca<strong>di</strong>ce, torse per<br />
consolargli il <strong>di</strong>giuno quaresimale.<br />
Era 1’ ultimo <strong>di</strong> <strong>di</strong> febbraio (i).<br />
Delle figliuole, la maggiore, come sappiamo, era an<br />
data moglie ad un Marrufo: non così l’ altra, l’ ultima<br />
della famiglia, che per la sua sventura avrà certo addo<br />
lorato il cuore affettuoso del babbo. Nel ’ 56 egli scriveva<br />
<strong>di</strong>fatti al genovese Giovanni Marabotto, che esercitava<br />
me<strong>di</strong>cina in Bologna ed era conosciuto dal suo Antonio,<br />
chiedendogli consiglio per questa sua figliuola che aveva<br />
in casa, in età già oltre i vent’ anni e che cosi era debi<br />
litata nel ginocchio e nella gamba sinistra da non poter<br />
muovere passo senza il soccorso <strong>di</strong> una gruccia (2 ).<br />
Tali le poche notizie, scarne in verità, che abbiamo<br />
potuto raccogliere sulla vita domestica <strong>di</strong> questo insigne<br />
citta<strong>di</strong>no. Fu fortunato ne’ figli maschi che risposero alle<br />
speranze paterne, spese l’ operosità sua negli stu<strong>di</strong> in<br />
servizio della Repubblica che, cogli uffici in patria, colle<br />
ambasciate al <strong>di</strong> fuori, mostrò <strong>di</strong> apprezzarne l ' ingegno<br />
e la virtù (3).<br />
(1) Ms. Br. c. 33.<br />
— i4 —<br />
(2) Ms. Br. c. 26, lett. 4 ottobre 1456.<br />
(3) Le legazioni da lui sostenute, salvo le omissioni, sono le seguenti:<br />
Nel 1428 inviato a Milano, nella sua qualità <strong>di</strong> cancelliere, insiem e con sei<br />
ambasciatori, dall’ arcivescovo Bart. Capra governatore <strong>di</strong> Genova per congra<br />
tularsi delle nozze <strong>di</strong> F. M. Visconti con Maria <strong>di</strong> Savoia.<br />
Nel '34 legazione al duca <strong>di</strong> Milano per la possessione <strong>di</strong> T a g lio lo ed altri<br />
luoghi, contrastata dai Del Carretto. — Ricordata dall’ Olivieri.<br />
Nel '35, '36 id. al papa Eugenio IV ed a Firenze, perchè concedessero che<br />
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Dal canto suo, pago della modesta agiatezza che gli<br />
era consentita, non partecipò punto alla vita zingaresca<br />
che tanti, e notai e letterati, si piacevano <strong>di</strong> fare.<br />
Egli visse e mori nella cancelleria genovese, e si che<br />
dalle loro terre si potesse cavar grano e condurlo a Genova. G iu stin ia n i,<br />
Annali, libro V, ad a. 1435.<br />
Nel '45 id. al duca <strong>di</strong> Milano per concludere tra gli Adorno che allora do<br />
minavano in Genova e il duca un trattato d’ amicizia , volto a mettere un<br />
termine alle reciproche <strong>di</strong>ffidenze ed animosità ed assicurare lo Stato contro i<br />
Fieschi e Campofregoso (Cfr. un eru<strong>di</strong>to articolo del Neri in Giorn. Ligust<br />
a. XV, 161 segg.).<br />
— 15 —<br />
Nel ’47 id. al re Alfonso per riparare ai capitoli dannosi allo Stato stipulati<br />
dal nobile Araone Cibo, dandogli commissione, se il re acconsentisse, <strong>di</strong> rego<br />
lare detti capitoli secondo 1 istruzione datagli 5 se no, <strong>di</strong> ritornarsene.<br />
Se cre<strong>di</strong>amo al G i s c a r d i (Origine e fasti delle famiglie genovesi; ms. p. 126) il<br />
re a <strong>di</strong>mostrare il suo gra<strong>di</strong>mento mandò in dono al Bracelli una collana d’ oro<br />
con medaglia. E non ebbe ad essere piccola impresa lasciare sod<strong>di</strong>sfatti ad un<br />
tempo I’ Aragonese ed i suoi Signori, dopo il precedente <strong>di</strong> Araone Cibo. Rade<br />
volte in un documento rilasciato da Signori, si troveranno parole più veementi<br />
contro 1 operato <strong>di</strong> un agente infedele, <strong>di</strong> quelle che si leggono a carico <strong>di</strong><br />
costui nell’ istruzione al Bracelli, 7 <strong>di</strong>cembre 1447. Ne trascrivo un periodo:<br />
« . . . . non admirari non potuimus vehementer videre contra iussa nostra<br />
eum Alaonem, sine ulla honesta cogitatione, ea capitula ac conventiones tran-<br />
sigisse et lta» post admirationem, in in<strong>di</strong>gnationem iramque pervenimus ut nisi<br />
reverentiam regiae illius maiestatis nos movisset, supplicio ultimo illum damnatum<br />
punissemus ». (Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova, Diversorum, f. 1).<br />
Riporterò per intero la lettera con cui il card. Capra accompagnava gli am<br />
basciatori, ed è anche testimonio del conto in cui si teneva fin d’ allora il<br />
N ostro :<br />
Illustrissime princeps ac preclarissime domine noster.<br />
Ad excellcnlte vestre conspectum veniunt generosi et egregii cives nostri <strong>di</strong>lectissimi,<br />
dominus Andreas Bartholomeus Imperialis doctor legum insignis, Isnardus de Goarco,<br />
Bartholomeus lustinianus, Gaspar Marruffus, Dorinus de Grim al<strong>di</strong>s, Petrus Spi<br />
nula quondam egregii Cipnani, sex legati nostri et cum eis <strong>di</strong>lectus cancellarius<br />
noster Jacobus de Bracellis, ut leticiam huius civitatis ex tam allo connubio conce<br />
ptam, adventu suo testentur et in bis felicibus nuptiis celsitu<strong>di</strong>ni vestre congratu-<br />
lentur. Eidem itaque humillime supplicamus ut devotionem lmius civitatis gratam<br />
habeat, in quibus referen<strong>di</strong>s . . . velit eis fidem adhibere indubiam ceu nobis. Data<br />
1428, dìe XXI■ sept. (Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova, Litterar. n. 3, canc. Bracelli).<br />
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il popolo era famoso per mutare dalla state al verno,<br />
emulo ne’ sottili provve<strong>di</strong>menti dei fiorentini <strong>di</strong> Dante.<br />
Offertogli dal pontefice Nicolò V , spontaneamente, il<br />
posto <strong>di</strong> segretario apostolico rifiutò, scrive il Foglietta,<br />
della me<strong>di</strong>ocrità sua contento ( i) . E vivendo nel tumulto<br />
de’ negozi e nell’ abbondanza delle idee , interrompeva<br />
volentieri i sopraccapi urbani per gli ozi lieti — / otium<br />
bonum de’ latini — o nella sua villa <strong>di</strong> Ceresola presso<br />
Rapallo, o più spesso in un poderetto a Bogliasco.<br />
E quivi nel cospetto dell’ immenso mare inspiratore<br />
<strong>di</strong> liberi pensieri, nel declive imbalsamato dall’ acri fra<br />
granze marine, non sdegnava prendersi cura insieme<br />
con quei poveri lavoratori de’ cavoli capucci. A ll’ amico<br />
Ambrogio Vicemala, cancelliere in Savona, scriveva:<br />
m’ hai mandato tanto seme che la metà sarà più che<br />
sufficiente pel mio orto.<br />
Ciò che più lo <strong>di</strong>fferenzia dagli altri umanisti è in<br />
lui la costante <strong>di</strong>gnità dell’ instituto <strong>di</strong> vita. In tutte le<br />
lettere sue che ci rimangono, non una dove si rinven<br />
gano le servili sollecitazioni per favori o donativi per<br />
cui s’ abbiettavano anche i migliori. Frequenti invece i<br />
segni <strong>di</strong> un’ onesta alterezza.<br />
Ad un Filippo Spinola, che <strong>di</strong>morava pe’ suoi traffici<br />
in Milano, commette in una sua lettera l’ acquisto <strong>di</strong><br />
tanto panno verde per il valsente <strong>di</strong> lire settanta genovesi,<br />
e soggiunge: « Al magnifico Vitaliano Borrom eo offrite<br />
, il prezzo <strong>di</strong> un cavallo che sta per inviarm i, ma non<br />
voglio ecceda il valore <strong>di</strong> 24 fiorini d’oro, né sia troppo<br />
(1) Foglietta. Clar. Lig. E lo g ia , 246. - * Bracellius genuensis Senatus<br />
scriba eundem honoris locum a Nicolao Quinto pontifice m axim o ultro de<br />
tum repu<strong>di</strong>avit, me<strong>di</strong>ocritate sua contentus. »<br />
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ello, che non vorrei me lo togliessero per farne un cam<br />
pione <strong>di</strong> razza. E se per avventura il conte Vitaliano vi<br />
rispondesse <strong>di</strong> non voler denaro, <strong>di</strong>tegli che senza prezzo<br />
non lo man<strong>di</strong>, poiché io accetto bensì la benevolenza e<br />
i buoni uffici <strong>di</strong> lui, ma non ne accetto il danaro » (i).<br />
Siamo nel 1445, e questa data ci trasporta nel vivo<br />
degli avvenimenti, ai quali presero tanta parte amici e<br />
protettori del Bracelli, avvenimenti ond’ egli stesso fu<br />
parte, o spettatore assai da vicino.<br />
Due anni ancora e morirà sfasciato del corpo e del-<br />
1’ animo l’ ultimo rappresentante dei Visconti, e la Si<br />
gnoria, quale s'era definitivamente costituita nel sec. xiv,<br />
cederà il luogo al principato dei condottieri. Quattro<br />
anni ancora e il conte Vitaliano, il fondatore della illu<br />
stre stirpe da cui doveva uscire S. Carlo, attraverserà al<br />
galoppo il ponte <strong>di</strong> Porta Vercellina per correre a rin<br />
chiudersi nel suo castello <strong>di</strong> Arona. Audacia del mo<br />
mento, che lo salvava dalla forca sulla quale perirono i<br />
compagni suoi e fautori dello Sforza in Milano. E final<br />
mente, quello stesso Sforza che pareva pazza temerità il<br />
sostenere, mentre le spade infuriavano dappertutto, un<br />
anno dopo entrerà trionfante in Milano, in mezzo alla<br />
mirabile concor<strong>di</strong>a e letizia dei citta<strong>di</strong>ni. Così almeno<br />
<strong>di</strong>cono i cronisti.<br />
- 17 —<br />
L ’ attività del Bracelli abbraccia quasi un mezzo secolo,<br />
longum aevi spatium in verità. Egli potè quin<strong>di</strong> assi<br />
stere alle frequenti rivoluzioni del governo genovese e<br />
all’ altalena incessante delle opposte fazioni: le famiglie<br />
(1) Ms. Br. c. 103, lett. 18 maggio I44S- — « ...............et si forsitan d. Vi-<br />
talianus vobis responderet nolle precium equi, <strong>di</strong>cite quod sine precio ipsum non<br />
mittat : ego enim eius curam et laborem accepto, pecunias non accepto ».<br />
A n : S o c . L io . S t. P at* ia . V o i. X X 11I. 2<br />
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— iS —<br />
popolane guelfe invocanti l’ aiuto della Francia, i nobili<br />
ghibellini che aspiravano al principato, e poiché il doge<br />
non poteva incarnare in sé l’ ideale della Signoria ,<br />
com’ era portato del secolo x v , era giuocotorza cedere<br />
<strong>di</strong> quando in quando ai partiti che sconvolgevano senza<br />
prò’ la Repubblica, o appigliarsi al <strong>di</strong>sperato rime<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
chiamare un signore che inforcasse cotesta cavalla eh era<br />
latta indomita e selvaggia. L ’ altalena durava perpetua<br />
tra i due potenti vicini : i re <strong>di</strong> Francia che rinfocola<br />
vano le speranze guelfe, e i duchi <strong>di</strong> Milano , tautori<br />
de’ nobili ghibellini. Fortuna fu per 1’ Italia che la po<br />
tente signoria de’ Visconti prima, degli Sforza più tar<strong>di</strong><br />
in Lombar<strong>di</strong>a, e le guerre dei re francesi coll’ Inghil<br />
terra, togliessero a que’ monarchi la voglia e il modo<br />
<strong>di</strong> occuparsi dell’ Italia. Se n o , la malinconica profezia<br />
<strong>di</strong> Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci sarebbesi verificata mezzo secolo<br />
innanzi e le convulse scosse dello Stato genovese avreb<br />
bero portato assai prima ad un durevole intervento<br />
francese.<br />
L ’ età, che già volgeva a decadenza, é piena tuttavia<br />
<strong>di</strong> operosità, come il tramonto <strong>di</strong> un bel giorno: estesi<br />
ancora i commerci in tutte le parti del mondo cono<br />
sciuto, gli sconvolgimenti interni non tali che inceppas<br />
sero l’ attività in<strong>di</strong>viduale, notevole anche nei peggioii<br />
perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> soggezione straniera; le guerre contro il co<br />
stante nemico della Repubblica, cioè il re Alfonso <strong>di</strong><br />
Napoli, per un certo tempo fortunate, e, infine, quando<br />
in Oriente tutto precipitava <strong>di</strong>nanzi ai turchi, la <strong>di</strong>fesa<br />
delle lontane colonie affidata al Banco <strong>di</strong> S. G iorgio,<br />
eroica e degna della vecchia prudenza romana.<br />
Ma, già cadente sotto il fascio degli anni e delle<br />
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memorie — il Bracelli era ancor tra’ vivi nel ’66 —<br />
quale colpo avranno fatto sul cuore del vecchio le no<br />
tizie che giungevano confuse e tanto più paurose dei<br />
progressi dei turchi ?<br />
— 19 —<br />
Il gran Comune che aveva piantato vincitore il suo<br />
vessillo a Mamistra, a Laiazzo, in tanti luoghi remoti<br />
dell’ Egeo e del Mar Nero, ora pareva dall’ ira delle<br />
stelle destinato a rovinare, nelle colonie sotto i colpi<br />
dei barbari, nell’ interno sotto quelli de’ suoi figli. E<br />
dov’ erano andati i gloriosi giorni delle flotte rapida<br />
mente allestite, numerose, sicure della vittoria, che mo<br />
vevano alla conquista <strong>di</strong> Antiochia e <strong>di</strong> Cesarea?<br />
Stringeva il cuore vedendoli ridotti nel governo a’ me<br />
schini espe<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> chi vive giorno per giorno, esaurita<br />
ogni risorsa nella <strong>di</strong>uturna guerra, i luoghi <strong>di</strong> S. Giorgio<br />
ridotti al valore <strong>di</strong> ventitré lire e nessuna luce <strong>di</strong> spe<br />
ranza da’ principi italiani che avresti detto attoniti, o<br />
non curanti dell’ ultimo danno minacciato ; e doge <strong>di</strong><br />
Genova un Paolo Fregoso, piuttosto ladrone e mici<strong>di</strong>ale<br />
de’ concitta<strong>di</strong>ni e de’ suoi, che arcivescovo e signore.<br />
Alla vigilia <strong>di</strong> comparire <strong>di</strong>nanzi al Signore <strong>di</strong> tutti,<br />
aveva u<strong>di</strong>to il suo autorevole amico, Battista Goano,<br />
proclamare nel cospetto dello Sforza che — « siccome<br />
in cielo che é patria <strong>di</strong> tutti i buoni, comanda un solo<br />
Dio, al quale ubbi<strong>di</strong>sce tutto il mondo, cosi in la città<br />
che dev’ essere ben governata é necessario che sia un<br />
solo principe, il quale con la ragione e con consiglio<br />
governi e in<strong>di</strong>rizzi ogni cosa » (i). — Ma oramai<br />
non era più questione <strong>di</strong> signoria comune , bensì della<br />
(i) G iustin ian i, op. cit., V, 445.<br />
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— 20 —<br />
comune servitù, che fra tanti sobbalzamene si maturava<br />
per noi, fuori delle corte previsioni umane. 11 Bracelli<br />
potè godere ancora degli ultimi benefizi del nuovo Prin<br />
cipato: <strong>di</strong>fatti me<strong>di</strong>ante lettere ducali del 3 settembre 1465<br />
e del 14 luglio 1466 lo si <strong>di</strong>spensava, con onorevoli<br />
parole, dall’ ufficio a benefìzio del figliuolo Stefano che<br />
gli succedeva (1). Era una parte <strong>di</strong> sé che sottentrava<br />
a continuare quelle buone tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cancelleria, delle<br />
quali il nostro umanista, come i migliori tra’ suoi colle<br />
ghi, avrà sentito un legittimo orgoglio : ormai egli po<br />
teva togliersi in pace il riposo che aveva ben meritato.<br />
Probabilmente neppure il riposo ultimo non ebbe a tar<br />
dare molto, oltre quell’ anno ’66. La generazione che<br />
aveva sentito, patito, operato con lui, l’aveva, presso<br />
ché intera, preceduto nel sepolcro. Gli amici, i fi<strong>di</strong> con<br />
siglieri ed ammiratori suoi, erano passati ad uno ad uno.<br />
Nel ’ 39 il Traversari, nel '44 il Bruni, nel '57 il Fazio,<br />
nel '59 Poggio Bracciolini, Flavio Biondo nel '6 3 e forse<br />
prima del 54 Francesco Barbaro, il patrizio procuratore<br />
<strong>di</strong> S. Marco, che <strong>di</strong>menticava, a quando a quando, il ri<br />
serbo del suo grado per mandare lettere brevi, ma affet<br />
tuose a Gottardo Stella ed al Bracelli.<br />
Rimanevano della vecchia generazione alcuni super<br />
stiti, isolati, solitarii, siccome rovine <strong>di</strong>menticate dal<br />
tempo. Egli poteva andarsene contento. La fortuna ora<br />
sorrideva al Pontano, al Poliziano, al Ficino, a’ giovani<br />
insomma che avevano preso altre vie. Come ebbe ad<br />
essere triste, malgrado 1’ orgoglio in cui s’ irrigi<strong>di</strong>va, la<br />
vecchiezza del Filelfo ! Giacomo Bracelli invece moriva<br />
(1) Cfr. Documento I in fine.<br />
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lieto del civile governo che pareva incominciato per la<br />
sua patria, dopo <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> violenze ed afflizioni con<br />
tinue ( i) , lieto de’ servigi suoi riconosciuti dalla Re<br />
pubblica, de’ figli che venivano sulle orme paterne:<br />
sopratutto egli moriva a tempo, il che, se non è un<br />
merito, é sempre un caso fortunato.<br />
C A PITO LO II.<br />
C o l t u r a ed e r u d iz io n e in G e n o v a n e l s e c o l o x v .<br />
Il Burckhardt, fondandosi sopra un passo <strong>di</strong> Pietro<br />
Valeriano, afferma che Genova, prima dei tempi <strong>di</strong><br />
Andrea D ’ Oria, non ebbe pressoché parte veruna nel<br />
Rinascimento, anzi gli abitanti della riviera passavano<br />
in tutta Italia per nemici <strong>di</strong> qualsiasi coltura (2). Ba<br />
sterebbe quel tanto che ne scrisse il benemerito Spotorno<br />
per provare la severità dell’ affermazione, ma alcune<br />
altre notizie che verrò qui raccogliendo <strong>di</strong>mostreranno,<br />
spero, come il paese, in cui potè fiorire una serie <strong>di</strong><br />
valenti storiografi da lasciar ammirato il buon Muratori,<br />
(1) G iustin ian i, op. cit., V, 439.<br />
(2) B u r c k h a r d t; La civiltà del secolo del Rinascimento, trad. Vaibusa I, 118.<br />
L ’ opera <strong>di</strong> Pietro Valeriano ha per titolo: La infelicità de’ letterati, trad. dal<br />
latino, Milano 1829, p. 173. Per altro nel passo in<strong>di</strong>cato, il Valeriano non<br />
porta se non il racconto pietoso delle sevizie inflitte ai figli da un tal Barto<br />
lomeo Rovere, un conte Cenci del secolo xv. E il Della Rovere era davvero<br />
un efferato nemico d’ ogni coltura ; ma che critica è ella codesta che genera<br />
lizza così stranamente un fatto isolato? Perchè davvero all’ infuori <strong>di</strong> questo<br />
esempio che il Valeriano stesso, per onore della specie umana, considera mo<br />
struoso , nuli’ altro v’ è detto che giustifichi 1’ affrettata conclusione del<br />
Burckhardt.<br />
----- 21 —<br />
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non fosse poi così avverso a quel risorgimento dell an<br />
tichità che correva trionfalmente la penisola.<br />
È certo però che l’ infuriare ad ogni tratto delle fa<br />
zioni doveva rendere talvolta poco grata la <strong>di</strong>mora in<br />
Genova ai dotti, e d’ altra parte la tendenza loro ari<br />
stocratica, congiunta al maggior tornaconto, li spingeva<br />
<strong>di</strong> preferenza alle corti dei principi. Antonio Astigiano<br />
che vi capitò verso il 14 3 1 scrive avervi trovato, come<br />
maestro <strong>di</strong> grammatica Bartolomeo Guasco, da lui cono<br />
sciuto in A s ti, ma ci stava, aggiunge, <strong>di</strong> molta mala<br />
voglia :<br />
Illic grammaticam, licet invitissimus, artem<br />
Jpse docens Guascus Bartbolomeus erat (i).<br />
Per altro il Guasco, uno de’ più curiosi ed irrequieti<br />
maestri vaganti <strong>di</strong> quel secolo, non é testimonio molto<br />
atten<strong>di</strong>bile. Più lacrimevole la fine toccata al povero<br />
Antonio Cassarino e narrata dal Mongitore (2). In un<br />
tumulto scoppiato nella città l’ anno 14 4 4 , alcuni fur<br />
fanti, volendo forzare anche la porta del maestro per<br />
derubarlo, questi, in preda al terrore, pensò salvarsi, sal<br />
tando dalla finestra sul tetto della casa vicina ; ma<br />
cadde invece in istrada e mori (3). Forse era per<br />
sgg-<br />
(1) A n t. A st e sa n i; De varietate fortunae, in Mu r a t. S. R. X IV , col. 1015<br />
(2) M o n g it o r e, Bibi. Sicula, I , 58.<br />
(}) Il C ic a la (ms. citato) e il M ongitore portano concor<strong>di</strong> la data del '4 4 -<br />
Tuttavia come si spiega il fatto che nè il Giustiniani, nè altri storici segnano,<br />
sotto detto anno nessun tumulto? La città era governata dal doge Raffaele<br />
Adorno e vi si viveva con sospetto per cagione del duca Filippo e <strong>di</strong> Alfonso,<br />
e i Fieschi commettevano numerose ruberie nel territorio, ma <strong>di</strong> se<strong>di</strong>zioni in<br />
Genova non è parola. Se badassi ad una lettera del Cissarino a Iacopo Curio,<br />
che trovasi nel ms. Br. colla data: Genue, Iti id. iunii 14 4 6 , <strong>di</strong>rei che nel '4 6<br />
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— 23 —<br />
ciò che taluno de’ maggiorenti preferiva rivolgersi per<br />
l’ educazione de’ figli o de’ nipoti ad alcuna delle città<br />
allora in fama per istu<strong>di</strong>. Ne sia esempio Tommaso<br />
Fregoso che i nipoti, tra cui quel Niccolò, <strong>di</strong> cui ci<br />
avverrà altrove <strong>di</strong> parlare, affidò a Giovanni Toscanella<br />
che insegnava in Firenze (i). Ma il Fregoso, doge della<br />
Repubblica prima del '21, poteva esservi determinato da<br />
altre ragioni, ed inoltre non <strong>di</strong> Genova centro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>,<br />
che tale veramente non era, vogliamo noi trattare, ma<br />
<strong>di</strong> Genova non estranea, come da alcuni fu detto, al<br />
movimento eru<strong>di</strong>to che correva ormai da un capo al-<br />
1’ altro la penisola, e pervadeva anche gii infimi strati<br />
sociali. Le numerose relazioni de’ genovesi con dotti ita<br />
liani, o con altri genovesi che migravano per commerci<br />
in estranee contrade, provano una genialità <strong>di</strong> coltura<br />
che forse riuscirà a molti lettori inaspettata. Pur tra<br />
gli affari, in paesi lontani, alcuni portano l’ amore delle<br />
lettere. Giungono corrieri dalla Gallia Belgica, e 1’ uma<br />
nista chiede all’ amico: che fa vostro nipote? ha messo<br />
da parte i libri? — « Mi fu risposto che tu vi atten<br />
devi con tale misura tuttavia, che nessun danno per ciò<br />
i negozi ne risentivano. Me ne rallegrai sommamente e<br />
stimai dovermi congratular teco che in cose <strong>di</strong> loro na<br />
tura così <strong>di</strong>verse, l’ una non nuoccia all’ altra, ma a<br />
il Cassarino non era anche morto, ma le date del co<strong>di</strong>ce miscellaneo non vanno<br />
prese come articoli <strong>di</strong> vangelo ed inoltre c’ è la testimonianza chiara esplicita<br />
del Filelfo che deve pur contare. — « Antonio Cassarino viro siculo (qui)<br />
proximis annis Genue periit, codex fuisse <strong>di</strong>citur », etc. (lett. al Ceba, i.° gen<br />
naio 1448). Il Bracelli ed il Giustiniani ricordano invece i tumulti sul prin<br />
cipio del '43, allorché fu deposto dal dogato Tommaso Fregoso. Che si debba<br />
riportare a quest’ anno la morte del Cassarino?<br />
(i) S a b ba d in i; Giov. Toscanella, in Giorn. Lig., XVII, 119 sgg.<br />
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tutte e due sia provveduto con lode ». E il nostro<br />
Bracelli coglie la gra<strong>di</strong>ta occasione <strong>di</strong> scagliarsi contro<br />
coloro che attendono solo all’ arricchire. — « Che se<br />
vi sarà alcuno che riprenda questi tuoi stu<strong>di</strong>, e <strong>di</strong>ca non per<br />
ciò aver tu abbandonato patria, genitori, congiunti, cer<br />
cando un remoto angolo della Gallia, perché tu attendessi<br />
alle lettere, ma bensì per ritornartene, con l’ esercizio della<br />
mercatura dovizioso, ricordagli parimenti che non ti sei<br />
deciso a peregrinare neppure per questo, che tu avessi a<br />
<strong>di</strong>sprezzare ciò che é buono ed a preferire ciò che é vile ».<br />
E conclude : « Io conobbi già un re — credo alluda ad<br />
Alfonso d’Aragona — che vecchio, col peso <strong>di</strong> parecchi<br />
regni a governare, dava u<strong>di</strong>enza ai legati, rispondeva,<br />
accu<strong>di</strong>va alle cose guerresche, e <strong>di</strong> mare e <strong>di</strong> terra, né<br />
trascurava gli esercizi della caccia e per quanto <strong>di</strong>cono<br />
anche gli amori ; e ciò non <strong>di</strong> meno era solito assistere<br />
nello stesso giorno a dotte <strong>di</strong>spute e non c’ era caso<br />
che mancasse ad una lezione » ( i) . Era anche un ge<br />
novese quel Giovanni Iacopo Spinola che <strong>di</strong>morando<br />
in Francia verso il '55, tra i sopraccapi della ragion <strong>di</strong><br />
commercio, trovava pur modo <strong>di</strong> occuparsi del libro<br />
De Republica <strong>di</strong> Cicerone. — « Multi autem Italici<br />
fuerunt, qui Ciceronis opera, maxime De Republica<br />
summa <strong>di</strong>ligentia quaesierunt, sed frustra ». — E il<br />
Fazio stupiva che non si rinvenissero libri latini presso 1<br />
(1) Ms. Br. c. 27, lettera $ nov. 1457, egregio adolescenti Q i. Ius- — * ^ c‘<br />
gem ego cognovi et quidem senem, multorum maximorumque regnorum admi-<br />
nistratione gravatum, multas eodem <strong>di</strong>e legationes au<strong>di</strong>entem, iisque responsa<br />
dantem, bella mari terraque gerere nec venationes negligere, nec, ut quidam<br />
loquebantur, amores, et tamen his ipsis <strong>di</strong>ebus <strong>di</strong>sputationes au<strong>di</strong>re solitum, nec<br />
una unquam <strong>di</strong>e a lectione cessasse ».<br />
— 24 —<br />
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francesi, essi che avevano spogliata l’ Italia, non una<br />
volta sola. — « Per me non v’ ha dubbio che, o costi,<br />
o presso i germani, anch’ essi frequenti saccheggiatori<br />
d’ Italia, il libro <strong>di</strong> Cicerone deve pur essere giacente<br />
in qualche luogo » (i).<br />
— 25 —<br />
Ma io debbo vedere in quale comunione <strong>di</strong> spirito vi<br />
vesse Jacopo Bracelli nella sua città, dopo le consuete<br />
e non lievi occupazioni d’ ufficio. Flavio Biondo, in un<br />
noto passo della sua Italia illustrata (2 ), osserva che<br />
pochi valenti letterati contava al suo tempo Genova,<br />
tra i quali quelli a lui più noti erano il nostro umanista,<br />
Niccolò Ceba, illustre viaggiatore, e Gottardo Stella<br />
anch’ esso segretario e cancelliere.<br />
E per rappresentanti <strong>di</strong>retti dell’ umanesimo, il Biondo<br />
poteva aver ragione : ma egli non teneva conto dei<br />
molti, che senz’ essere letterati erano pure partecipi <strong>di</strong><br />
quel moto intellettuale, <strong>di</strong>rò <strong>di</strong> più, erano il prodotto<br />
più genuino <strong>di</strong> quel moto e dell’ epoca, nelle sue molte<br />
plici e contrad<strong>di</strong>torie tendenze. Si veda ad esempio quel<br />
Tommaso Fregoso che per quasi mezzo secolo ha parte<br />
principalissima negli avvenimenti della sua patria, e più<br />
volte doge, tra l’ imperversare degli o<strong>di</strong> <strong>di</strong> parte, sa<br />
conservare animo mite. Egli de<strong>di</strong>ca alla lettura de’ la<br />
tini i brevi ritagli <strong>di</strong> tempo che avanzano alle cure del<br />
governo, prega l’Aurispa, nel '39 a Ferrara, a mandargli<br />
le do<strong>di</strong>ci comme<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Plauto, ritrovate alcuni anni prima,<br />
che le voleva leggere (3 ); si occupa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> eru<strong>di</strong>ti<br />
(1) Mit t a r e l l i, Bibi. ms. S. Micbaelis, Venet. 1779, p. 295 segg.<br />
(2) Blon<strong>di</strong>, Italia III. ; Basileae, 1531, p. 297.<br />
(3) Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova, Litterarum 1437-39-8 1784 — ve<strong>di</strong> Documento II,<br />
in fine. Ne devo notizia alla gentilezza del Comm. Cornelio Desimoni.<br />
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con il Toscanella a proposito dei nipoti che questo<br />
istruiva, si tiene in relazione con i più illustri letterati<br />
del tempo; e si <strong>di</strong>ca lo stesso <strong>di</strong> Giano, <strong>di</strong> Tommaso<br />
iuniore, governatore <strong>di</strong> Savona durante il dogato <strong>di</strong><br />
Pietro e del prode figliuolo <strong>di</strong> Spinetta Fregoso, Nic<br />
colò (i). Uomini colti avevano certamente ad essere<br />
Pileo De Marini, protonotario in curia <strong>di</strong> Roma e, gio<br />
vanissimo, eletto arcivescovo <strong>di</strong> Genova, che era ancor<br />
vivo nel '27 e corrispondeva coi dotti fiorentini; Gaspare<br />
Sauli, che desiderava sapere dal Toscanella più volte ci<br />
tato, quali letture paratamente su Virgilio e Cicerone e<br />
Plauto, questi venisse tacendo con Leonar<strong>di</strong>no suo fra<br />
tello, e Niccolò e Pietro Fregoso (2 ); e il giureconsulto<br />
Battista Goano, uno degli uomini più influenti d’ allora<br />
nella Repubblica, e Giovanni Grillo, Francesco Spinola,<br />
Benedetto Negrone, Paolo Imperiale, che tecero tanta<br />
( 1 ) Cfr. G abo tto ; A proposito d 'una poesia ine<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> G . M. Filelfo, in Atti<br />
delld Soc. L ig . <strong>di</strong> St. P a tr., X IX , 489 sgg. Per i rapporti <strong>di</strong> Giano con uma<br />
nisti, riporterò qui una lettera ancora ine<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> lui a Ilavio Biondo (Arch. <strong>di</strong><br />
Stato in Genova, Litterarum, cancell. Gottardo Stella).<br />
— Domino Biondo Forìiviensi apostolico secretario — Speetabilis amie e noster caris<br />
sime. — Accepimus litteras vestras quas legisse iuvit. Nam semper grata nobis rst<br />
memoria vestri. Sciebamus enim tue animum nec fidem deesse vobis ad ea omnia<br />
agenda, quae grata nobis esse possent, nec ia spe <strong>di</strong>ffisi, vos rogavim us ut cum aliquid<br />
<strong>di</strong>gnum noticia ad vos deferrebatur, id nobis nuntiaretur, cum solerent negotia om<br />
nia praesertim magnifica raro sine participatione romana/ curiae geri. S fd que-<br />
m-idmodum scribitis et tempora et viven<strong>di</strong> apud vos alius modus nunus gnaros so•<br />
licitosque nos efficit. Cetera autem quae memorastis quaeque laudastis intelleximus et<br />
ea ut ab amicissimo prudentiae et amoris plena accepimus. Frequen’er enim scribite<br />
etiam si nibil sit praecipuum. Nam hoc maximum nobis est cum litteras vestras<br />
legimus. Valete et cum tempus est, commendate nos sanctissimo domino nostro•<br />
Data lanuae, <strong>di</strong>e XXII aprilis 1448.<br />
(2) S abba<strong>di</strong>n i, art. cit.<br />
lanus dux etc.<br />
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festa a Ciriaco, quando questi nel ’34 si recò a Genova (1);<br />
senza parlare <strong>di</strong> dotti religiosi, come Raffaele da Por-<br />
nassio e Guglielmo de’ Traversagni, professsor sacrarum<br />
litterarum, lo <strong>di</strong>ce il Bracelli, e scrittore <strong>di</strong> opere ascetiche.<br />
(1) 11 passo <strong>di</strong> Ciriaco, Itinerarium, non è senza importanza per lo stato<br />
della coltura genovese in quell’ anno. Eccolo :<br />
Sed quos (sic) nlios illa de inclyta Genuensium urbe praeclaros aetate nostra viros<br />
praeteream, quos peregregie meam cognovimus exornasse curam, ut ve! in primis<br />
Baptistam Cicadam praestantissimum equitem Senis et ipse in Urbe (Roma) apud<br />
Sigismundum Caesarem, Andream Imperialem Me<strong>di</strong>olani apud Philippum ducem<br />
et exinde dum Genuam ipsam peterem ad Paulum fratrem et lacobum Bracelleum,<br />
egregium P. Rei scribam, elegantissimas epistolas ad me dantem, omittam ue et<br />
%<br />
ipsa in civitate nobiles illos cives Franciscum Spinulam, Ioannem Grillum , Bene-<br />
<strong>di</strong>clumque Nigronem qui, et duce Pb. mei gratia m oniti, postquam humane susce<br />
perant omnia tnihi civitatis insignia ostentantes, nobilem illum preciosissimo de sma<br />
ragdo cratera lubentissime vi<strong>di</strong>mus et praetentavimus manu.<br />
Un altro genovese il Pizzicolli ricorda nel suo Itinerario con affetto, ossia Enrico<br />
Stella, che intorno al '41 scrisse un carme latino in lode dello stesso Ciriaco.<br />
Il Voigt crede che egli appartenga alla famiglia onde uscirono i due cronisti<br />
genovesi, Giorgio e Giovanni Stella (Voigt ; I l risorgimento dell’ antich. classica,<br />
trad. Vaibusa, I, 440). Il Pizzicolli, che alla lode ci teneva, chiama il suo am<br />
miratore iuvenis egregie doctus et indolis bonae praeclarus, e riporta il principio<br />
del carme. I <strong>di</strong>stici non valgono gran che ; neppure costui non era stato tenuto<br />
a balia dalle Muse, ma forse non <strong>di</strong>spiacerà leggerne qui alcuni, come eru<strong>di</strong>ta<br />
curiosità :<br />
— 27 —<br />
— Italiam decorat, quem Dorica protulit Ancon<br />
Kyriacus, curam totius orbis habet.<br />
Ille etenim promptus cunctas Orientis ad oras<br />
Ivit ab humanis nulla pericla timens.<br />
Non pelagus, saevasque ferast non tela, ncque hostes<br />
Extimuit, habilis semper et ille fuit.<br />
Ergo quae antiqui caelarunt mollius aera%<br />
Viva quoque inspexit marmoris ora virum.<br />
Gentibus ignoti vi<strong>di</strong>t animalia N ili,<br />
Et quidquid tanti fluminis unda creat.<br />
Atque ea cuncta quidem fi<strong>di</strong>s partitur amicis<br />
Et manibus largis est benefactor eis.<br />
Humani generis curùmque in pectore gestat.......<br />
11 Prof. Belgrano mi dà cortesemente notizia che nell’ esemplare degli Scrittori<br />
del S oprani, posseduto ora dalla Biblioteca universitaria <strong>di</strong> Genova e già pro<br />
prietà dello Spotorno, <strong>di</strong> mano <strong>di</strong> quest’ ultimo leggesi a p. 55 la seguente<br />
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Ma restiamo agli eru<strong>di</strong>ti. 11 Bracelli se 1’ intendeva<br />
meglio con Gottardo Stella, con Eliano Spinola, con il<br />
Ceba. Questi, che occupa un cospicuo luogo tra i gran<strong>di</strong><br />
viaggiatori <strong>di</strong> quel secolo, aveva tatto nel '46 ritorno<br />
in Genova dall’ Oriente. Lo attesta una lettera del doge<br />
Raffaele Adorno, nel luglio <strong>di</strong> quell’ anno, con cui rin-<br />
• • •<br />
graziava Luca Natara, ammiraglio e primo ministro<br />
dell’ impero bizantino, per la benevolenza da lui <strong>di</strong>mo<br />
strata verso la Repubblica, e i genovesi <strong>di</strong> Pera, secondo<br />
la relazione teste fattane dal nobile e prestante Niccolò<br />
Ceba (1). Ma al Bracelli non era mancata occasione <strong>di</strong><br />
conoscerlo assai prima, negli anni che il Ceba da Co<br />
stantinopoli e da Adrianopoli, dove <strong>di</strong>morava, intratteneva,<br />
oltre che con lui, commercio epistolare col Bruni e col<br />
Filelfo. Egli si offriva ad acquistare ciò che formava la<br />
delizia <strong>di</strong> quei dotti, voglio <strong>di</strong>re, co<strong>di</strong>ci greci e latini.<br />
In questi stessi anni, ossia dal *27 al 31, dovettero aver<br />
luogo le importanti peregrinazioni del viaggiatore ge<br />
novese in Asia, <strong>di</strong> cui tocca lo Scalamonti nella Vita<br />
del Pizzicolli, importanti <strong>di</strong>cevamo, per quanto si voglia<br />
fare la debita parte alle iperboli <strong>di</strong> moda (2). Sul finire<br />
nota: « Trovo Enrico Stella rettore del venerando collegio de' giu<strong>di</strong>ci, ossia<br />
giureconsulti <strong>di</strong> Genova, nel 1455 (Ms- C o//, lu d., c. 36).<br />
E il F ed er ic i, Abecedario delle fam . nob. (Ms. della Bibl. Mi*s. Urb., voi. Ili,<br />
c. 428) ricorda a sua volta, in atti dell’ anno 14 5 }, un Enrico Stella, insieme<br />
con la moglie Maria figlia <strong>di</strong> Battista Calvi. Era, senza dubbio, il nostro caldo<br />
ammiratore del viaggiatore anconitano.<br />
(1) Ve<strong>di</strong> Belgrano, in Caffaro, anno XII, nura. 57, 58 e 6 0 , Genova, 1886.<br />
Cfr. anche Gabotto, art. cit.<br />
— 28 —<br />
(2) C o lu c c i, .Antichità Picene, voi. X V , pag. 82. — Praeterea Kiriacus
del '3 1, battagliando tra loro veneziani e genovesi in<br />
attesa che il Turco castigasse le pazze gelosie fraterne,<br />
il Ceba, che era sempre in Adrianopoli, rendevasi <strong>di</strong> colà<br />
utile a’ compatriotti che erano stati assaliti in Scio da<br />
una forte armata veneta. Già il padre <strong>di</strong> lui, Tommaso,<br />
aveva avuto il comando delle tre navi grosse e delle<br />
due galere che in Genova si erano armate <strong>di</strong> tutta fretta<br />
per correre in soccorso, e il figlio, il nostro Niccolò, do<br />
veva stare alle vedette e tenere <strong>di</strong>ligentemente informato<br />
1’ ufficio <strong>di</strong> Balìa sugli avvenimenti; doveva inoltre stare<br />
in comunicazione co’ genovesi asse<strong>di</strong>ati nell’ isola, col<br />
padre, e con Dorino Gattilusio, signore <strong>di</strong> Mitilene (1).<br />
In Pera lo trovavano ancora due lettere, del Filelfo e<br />
<strong>di</strong> Iacopo Bracelli, la prima del '41 (28 aprile), la se<br />
conda del luglio '43 (2).<br />
11 Filelfo si doleva che le ricchezze acquistate dal-<br />
1’ amico ne’ commerci, avessero nociuto, anziché gio<br />
vato agli stu<strong>di</strong>. « Altre volte persino ne’ viaggi che in<br />
grazia della mercatura intraprendevi nella Me<strong>di</strong>a ed in<br />
Persia, ti veniva dolce compagno un co<strong>di</strong>ce delle Tu<br />
sculane <strong>di</strong> Cicerone ch’ io t’ aveva regalato. E, tra la far<br />
ragine molestissima de’ negozi, non tralasciavi <strong>di</strong> farti<br />
vivo meco con lettere degne <strong>di</strong> te e dell’ amicizia nostra.<br />
Ora dacché ti sei fatto più danaroso, né rispon<strong>di</strong>, seb<br />
bene da me provocato, nè, per quanto odo, ti dai<br />
Ciriaco ritornò in Italia a complimentarvi il nuovo pontefice Eugenio I V , suo<br />
vecchio mecenate, e Niccolò rimase ad Adrianopoli. — Deinde Kiriacus re<br />
lieta Persarum quam cum Nicolao Ziba constituerat exploratione . . . Italiam ad<br />
patriam remeare decrevit. — Debbo il passo dello Scalamonti alla cortesia del-<br />
1’ egregio Belgrano.<br />
(1) Ve<strong>di</strong> Documento I I I , in fine.<br />
— 29 —<br />
(2) F il e l f o , Epist., lib. V , p. 31. — Ms. B r., c. 283, lett, 14 luglio 1445.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 30 —<br />
pensiero <strong>di</strong> libri e <strong>di</strong> letture, tutto ingolfato come sei nel<br />
guadagno ». La lettera del Bracelli ci rivela meglio il<br />
carattere del Ceba. La Repubblica non riusciva a trovare<br />
un tollerabile assetto, né Raffaele Adorno eh’ era salito<br />
al seggio ducale il 28 gennaio del '43, poteva <strong>di</strong>rsi saldo<br />
in sella. Il Ceba impensierito <strong>di</strong> quel pericoloso fluttuare,<br />
aveva rinunciato al progettato ritorno in patria. —<br />
« Troppe cose vi si fanno, egli scriveva all’ amico, che<br />
molto maggior dolore recano a chi vede che non<br />
all’ assente ». — Su <strong>di</strong> ciò si estende il Bracelli e ri<br />
batte l'argomento del Ceba: — « Molte cose vedrai,<br />
ne convengo, che non vorresti vedere, ma cre<strong>di</strong>mi non<br />
più <strong>di</strong> quelle che ti avverrà <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re ». — L ° spirito<br />
fazioso ha il vezzo d’ ingran<strong>di</strong>re e anche d’ interpretare<br />
spesso sinistramente ogni azione, sicché la realtà sotto<br />
gli occhi, cruccia meno, infine, delle cose che si<br />
sanno per sentita <strong>di</strong>re. Non egli apparteneva al novero<br />
<strong>di</strong> coloro che sono atterriti <strong>di</strong> far ritorno in patria per<br />
gli smoderati tributi che vi si esigono. — a E c é il<br />
padre, la madre tua, ci sono i fratelli che si affliggono<br />
<strong>di</strong> non vederti : ne’ tuoi ozi perensi, pensa insonima che<br />
non per te solo sei nato, ma che una gran parte del<br />
viver tuo la riven<strong>di</strong>cano a sé, come piacevasi, <strong>di</strong>cono,<br />
<strong>di</strong> osservare Platone, la patria e i genitori » (i)-<br />
Belle ragioni che non mossero punto il Ceba dal<br />
tranquillo soggiorno <strong>di</strong> Pera: sappiamo <strong>di</strong> già eh egli<br />
non fece ritorno a Genova se non tre anni dopo. L amor<br />
della quiete poteva più su quell’ animo sfiduciato degli<br />
uomini e delle cose, che il tono tra 1’ affettuoso e<br />
(i) Ms. Br., Ictt. cit.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 3i —<br />
l’ acerbo del dotto amico. E per gli anni dal '46 in poi,<br />
l’ epistolario bracelliano tace, com’ é naturale: vivevano<br />
nella quoti<strong>di</strong>ana intimità, non occorrevano lettere. Lo<br />
ve<strong>di</strong>amo bensi in corrispondenza frequente con gli amici<br />
stessi del nostro umanista ( 1) , e i tre nomi del Bra<br />
celli, del Ceba e <strong>di</strong> Gottardo Stella vanno più d’ una<br />
volta compagni. Già m’ avvenne <strong>di</strong> citare un passo <strong>di</strong><br />
Flavio Biondo come testimonianza. Anche il Filelfo non<br />
li sa <strong>di</strong>sgiungere e quando deve sollecitarli in prò’ del<br />
figlio Giovanni Mario, si rivolge a tutti e tre ad un<br />
tempo. Gli è che congiunti vivevano realmente nei con<br />
forti dell’ intelletto, nelle abitu<strong>di</strong>ni letterarie. Accusando<br />
a Gian Mario Filelfo una lettera ed alcuni carmi <strong>di</strong> co<br />
stui, il Bracelli soggiunge: « Ebbi cura che e 1’ una e<br />
gli altri venissero letti dal Ceba per averlo partecipe<br />
meco del piacere » (2). Il padre Filelfo dal canto suo,<br />
faceva parte de’ suoi carmi all’ illustre viaggiatore, e se<br />
non bastasse, glie li de<strong>di</strong>cava.<br />
Ne sia esempio la decima satira della nona deca. È<br />
prova sicura del conto che faceva 1’ umanista tolentinate<br />
del Ceba e poi l’ argomento scottava — quella satira<br />
era un terribile atto d’ accusa contro le donne genovesi<br />
— e, forse per togliere o scemare invi<strong>di</strong>a a sé stesso,<br />
piaceva al Filelfo <strong>di</strong> riferirsene, quanto a veri<strong>di</strong>cità,<br />
al testimonio <strong>di</strong> un citta<strong>di</strong>no autorevole come il Ceba.<br />
Poiché son giunto nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> queste mie notizie ad<br />
un componimento che ebbe a levar certo molto rumore<br />
in quel cerchio <strong>di</strong> umanisti genovesi, mi ci fermo.<br />
(1) B e l g r a n o , art. cit. — G abotto, op. cit.<br />
(2) Ms. B r., c. 29, lett. 25 maggio 1457. — Curavi ut epistolam cum carmi<br />
nibus ipsis Ceba legeret, ut voluptatisque mecum particeps Jieret.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
La satira avrebbe ad essere posteriore <strong>di</strong> poco al '48,<br />
poiché secondo l’ opinione del Rosmini, accettata dal-<br />
l’ egregio Prot. Belgrano, é verso quel tempo che il to-<br />
lentinate <strong>di</strong>ede effetto ad una sua gita a Genova.<br />
Quantunque non sia opera <strong>di</strong> un ligure, la satira<br />
rientra benissimo nell’ argomento nostro, e per rappre<br />
sentazione dell’ ambiente genovese, intorno la metà del<br />
secolo x v , é senza dubbio documento singolare ( 1 ) .<br />
L ’ autore rammenta anzitutto la sua visita a Genova:<br />
In Ligurum primam spectaclum venimus urbem,<br />
Care Ceba;<br />
e descrive <strong>di</strong> essa il superbo aspetto, facendo eco alle<br />
lo<strong>di</strong> un secolo prima datele dal Petrarca, e più recente<br />
mente da Antonio Astigiano (2).<br />
............... Genuam decus aequoris ingens<br />
Ausonii, veterem cupientes ponere flammam,<br />
Vinimus, hanc scopulo postquam speculatus ab alto<br />
Occiduas qui frangit aquas, turrimque superbam<br />
Sustinet obscuris tendentem lumina naulis,<br />
Specto: maius opus, quam mens humana putarit<br />
Sum visus vi<strong>di</strong>sse mihi . . . .<br />
Ed ammira i palazzi non privati, ma regali che tor<br />
reggiano in alto, né laterizie hanno le pareti, bensì mar<br />
moree, ed ampie finestre decorate <strong>di</strong> ricchi intagli e<br />
tughe <strong>di</strong> colonnati e torri che sfidano ogni urto ostile (3).<br />
(1) Fr. P h il e l p h i, Satyrarum etc, ; Me<strong>di</strong>olani 1476, per Cristoforo Valdarpher.<br />
La copia mi fu procurata dall’ inesauribile gentilezza dell’ ottimo Prof. Belgrano.<br />
Ve<strong>di</strong> Documento IV in fine.<br />
(2) P e t r a r c a , lib. X IV ., famil. — A n t o n ii A s t e s a n i, De varietate fortunae,<br />
in Mu r a t , S. R. /., X IV , col. 1015.<br />
(3)<br />
Sulla domus civilis inetl: regalia late<br />
Un<strong>di</strong>que nubiferas tolluntur teda sub auras.<br />
Nec laterem monstrat paries, sed marmora miris<br />
Insignita mo<strong>di</strong>s latis insculpta fenestris:<br />
Mille quibus spatium decorant aequale columnae.<br />
Aedes quaeque suam referunt praegran<strong>di</strong>bus anem<br />
Molibus : hostilis quae nullos horreat ictus.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 33 —<br />
Fin qui dunque tutto bene. Del resto sulla bellezza<br />
della città cadevano tutti d’ accordo: con rozzi esametri<br />
un anonimo sul principiar del secolo, con più eleganza<br />
il Filelfo, con maggior copia <strong>di</strong> particolari ed in prosa,<br />
venticinque anni dopo, l’ Ivani (i). L ’ agitata vita poli<br />
tica non le noceva per questo lato.<br />
Ma le dolenti note incominciano quando si passa allo<br />
Stato ed ai costumi. — « Son queste le due piaghe<br />
per cui mi cruccio, da cui sospetto che tu sia crucciato,<br />
ciò é : le <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>e civili prodotte da ambizione ed avi<br />
<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> ricchezze, i brutti costumi che si depravano ognor<br />
più per la sfrenata libi<strong>di</strong>ne. Eppure gli uomini vincono<br />
e d’ animo e <strong>di</strong> corpo i superbi e<strong>di</strong>fìzi stessi onde Ge<br />
nova ha vanto, e per essi potrebbe rinnovarsi il superbo<br />
monito <strong>di</strong> Virgilio ai Romani :<br />
Tu regere imperio populos, Romane, memento;<br />
le donne sono Veneri se riguar<strong>di</strong> le forme, se il vigore<br />
dell’ animo, sfolgorano anche in cospetto <strong>di</strong> Minerva. In-<br />
somma,<br />
. . . nihil est non magnum nobile pulcrum<br />
Urbe, Ceba <strong>di</strong>lecte, tua .<br />
Ma quale indecente spettacolo scapestrava liberamente<br />
per le vie e i luoghi pubblici urbani ! 11 Filelfo racconta<br />
(i) B elgrano, Contribuzioni alla <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Genova in Atti <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong>, XIX,<br />
657 scgg. — Per l’ Ivani ve<strong>di</strong> Documento V, in fine. Ai cultori amorosi <strong>di</strong> meirorie<br />
genovesi non tornerà forse <strong>di</strong>scara la Descrizione <strong>di</strong> Genova dell’ umanista sar-<br />
zanese, come supplemento alle testimonianze degli altri. La ricavai dalla copia<br />
che il botanico Antonio Bertoloni <strong>di</strong> Sarzana traeva dal co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lettere Iva-<br />
niane, esistente nella privata Bibl. Durazzo in Genova, e rinnovo all’ egregio<br />
Prof. Neri ed al Sindaco <strong>di</strong> Sarzana le mie grazie per la facilità che mi fu<br />
fatta <strong>di</strong> consultarla a mio agio.<br />
Atti S oc. L ig. St . <strong>Patria</strong>. V oi. X X 11I. 5<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 34 —<br />
con un intrepido realismo che colpisce <strong>di</strong> stu pore, ma<br />
vieta <strong>di</strong> citare. E dagli scanni delle taverne, all* oscena<br />
vista, si levava un alto cachinno e le ingenue ragazze<br />
passanti <strong>di</strong> là, sorridevano.<br />
. . . resonatque per ampla cachinnus<br />
Scamna tabernarum : quae praeteriere puellae<br />
Ingenuae risere, Ceba, . . . .<br />
Poi coteste devote <strong>di</strong> Venere impu<strong>di</strong>ca si trafugavano<br />
non curate nelle case, sotto la qualità <strong>di</strong> guattere e<br />
fantesche, e <strong>di</strong>venivano instigatrici <strong>di</strong> corruzione e maestre<br />
<strong>di</strong> più turpe lenocinio.<br />
Questo del Filelfo é un terribile docum ento, tanto<br />
più che della sua veri<strong>di</strong>cità non v ’ ha luogo a dubitare:<br />
egli si rivolgeva a un genovese che non avrebbe certo,<br />
per carità <strong>di</strong> patria, taciuto, se 1’ accusa tosse stata una<br />
menzogna. Ché anzi le cose dette da lui in tono m o<br />
derato, l’ autore esorta 1 amico a ripeterle con voce to<br />
nante, affinché — « que’ corpi can<strong>di</strong><strong>di</strong> come neve, non<br />
si chiazzassero <strong>di</strong> lividori, deformi a vedersi ».<br />
Haec ego sum tecum mo<strong>di</strong>ce, v ir amice, locutus<br />
Quae graviore tuba referens atque ore tonanti<br />
In populum Genuae facito, ne corpora nive<br />
Can<strong>di</strong>da liventes reddant deformia visu.<br />
Per altro, il lettore l’ avrà notato nei passi qui pro<br />
dotti, la satira non tocca che <strong>di</strong> una classe <strong>di</strong> donne e<br />
tanto abietta per giunta da non poter punto essere con<br />
fusa con tutto il mondo muliebre genovese. Di gentil<br />
donne, in sostanza, non si parla, se non per lamentare<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 35 —<br />
il pericolo che dal perverso esempio poteva loro venire,<br />
ed esortare i mariti, i padri a porvi in tempo rime<strong>di</strong>o:<br />
Haec exempla domi servatis ? qualibus uxor<br />
Cara ministrarum manibus, quae mille Priapos<br />
Tractavere <strong>di</strong>e, potuque utatur et esca?<br />
Nonne putas famulas dominae narrare procaces<br />
Quae gessere foras ?<br />
È giusto però anche osservare che una città non tol<br />
lera alla luce del sole le lubriche scene descritte dal-<br />
1’ umanista con tanta crudezza <strong>di</strong> particolari, se la licenza<br />
non é già passata dalla strada in casa. Dovremo credere<br />
ai raccoglitori <strong>di</strong> aneddoti, ai novellieri ? Sono in gene<br />
rale giu<strong>di</strong>ci poco sicuri, poiché proseguono, sebbene<br />
con altri inten<strong>di</strong>menti, la donna <strong>di</strong> quel medesimo <strong>di</strong><br />
sprezzo onde, intollerante ed incivile, 1’ aveva marchiata<br />
il me<strong>di</strong>o evo. E se <strong>di</strong>amo retta a costoro, la corruzione<br />
si era travasata anche in casa. In uno degli aneddoti e<strong>di</strong>ti<br />
dal Romagnoli ( i ) , sono nobili le donne che fanno il<br />
chiasso alle spalle <strong>di</strong> un messer Bongianni Gianfiliazzi <strong>di</strong><br />
Firenze, ma il motteggio é tanto scolacciato, che davvero<br />
sarebbe suonato meglio in bocca alle sconcie eroine vedute<br />
negli angiporti genovesi dal Filelfo. E un altro toscano,<br />
uno scrittore <strong>di</strong> novelle alla boccacciesca, il Sercambi in<br />
fine, sentite come dà principio ad una : « Fu una onestis<br />
sima vedova donna <strong>di</strong> Genova, nomata madonna Lionora<br />
Grimal<strong>di</strong>, la quale sopra tutte l’ altre donne <strong>di</strong> Genova<br />
portava <strong>di</strong> onestà e <strong>di</strong> castità nome. E ben che questo v i<br />
debbia parere meraviglia che in Genova si debbia <strong>di</strong> tal donne<br />
trovare, vi <strong>di</strong>co che Id<strong>di</strong>o può conceder grazia in ogni<br />
(i) Scelta <strong>di</strong> curiosità letterarie, <strong>di</strong>?p. 138, n. 37.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 36 —<br />
luogo et però non é da meravigliarsi se costei in una<br />
sì fatta città si trovasse perfetta » ( i ) . Per un compa-<br />
triotta delle sfacciate donne fiorentine, fustigate da Dante,<br />
non c’ è male non è vero? A me avvenne altra volta,<br />
esaminando le accuse mosse da Antonio A stigiano e dal<br />
Padre Prierio sul costume delle genovesi, <strong>di</strong> stare dubbio<br />
se in quelle accuse non ci fosse molta esagerazione (2).<br />
A quelle testimonianze, ora se n’ aggiungono dell’ altre<br />
e così gravi che non ritenterei la <strong>di</strong>lesa. Però quanto<br />
al Sercambi ed all’ anonimo autore dell’ aneddoto, mi<br />
sia permessa un’ osservazione.<br />
Se si volesse raccogliere dalle stesse fonti tutti i frizzi<br />
e sarcasmi somiglianti lanciati contro città e provincie<br />
d’ Italia, quante crede il lettore che ne andrebbero salve ?<br />
Rispetto poi allo sfacciato meretricio in G en o va, non<br />
cade dubbio; doveva essere cosa grave, se i Padri del<br />
Comune, colla riforma or<strong>di</strong>nata nel 1459, vi portavano<br />
severi provve<strong>di</strong>menti. Ma vedete perpetua altalena dei<br />
vizi e dei rime<strong>di</strong> umani ! Il meretricio fu ridotto, infre<br />
nato e quei legislatori per poco non si saranno rallegrati<br />
che, mercé loro, la santimonia universale fosse felicemente<br />
inse<strong>di</strong>ata nel dominio della Repubblica; m a , ahimè<br />
un’ altra cancrena e ben peggiore entrava a far guasto<br />
nel corrotto corpo sociale e ne avvertiva, mezzo secolo<br />
dopo, i suoi concitta<strong>di</strong>ni il Prierio. Per affermazione sua,<br />
(1) Novelle ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> G iov. S ercam bi , per cura <strong>di</strong> R Renier , Torino,<br />
Loescher 1889, p. 85. De prudentia et castitate.<br />
(2) C . B r a g g io ; La donna genovese del secolo X V , in Giorn. L ig u stico , X II,<br />
ùsc. I, II.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 37 —<br />
nel 1506 accadevano nella città <strong>di</strong>sonestà tali che forse<br />
non ci furono a Sodoma.<br />
Ecco il giu<strong>di</strong>cio uman come spesso erra !<br />
Tale l’ ambiente: che ne pensava il Ceba? Quali sa<br />
ranno stati i ragionamenti del Bracelli, dello Stella e<br />
degli altri dotti uomini che componevano quella pleiade<br />
<strong>di</strong> letterati genovesi? E intendo segnatamente <strong>di</strong> Eliano<br />
Spinola, dotto antiquario, del grammatico Pietro Pierleoni,<br />
a cui s’ aggiunga a quando a quando Prospero da Ca-<br />
mogli, avvolto sempre in corti <strong>di</strong> principi e maneggi<br />
politici, e, se nel '48 era ancor tra vivi, quel Nicolò<br />
da Camogli, <strong>di</strong> cui fa menzione il Pizzicolli nel suo<br />
viaggio a Genova. Certo piacerebbe riprodurli, ma<br />
l’ umanesimo tutti sanno che era aristocratico, nè de<br />
gnava, se non fosse per uno scopo satirico, <strong>di</strong>scendere<br />
a’ minuti particolari della realtà quoti<strong>di</strong>ana.<br />
Il Ceba intrattenne anche negli anni appresso, 1’ ami<br />
cizia col famoso tolentinate, come é noto per le lettere<br />
<strong>di</strong> quest’ ultimo (1).<br />
Nel ’51 attendeva a scrivere un commentario delle<br />
guerre tra bizantini e turchi; e il Filelfo se ne ralle<br />
grava, ringraziandolo anche delle buone parole che nel<br />
lavoro voleva introdurre sul conto suo.<br />
L ’ umanista ci teneva che fossero ricordati i suoi<br />
(1) Aveva ragione il G abotto (op. cit.), <strong>di</strong> dubitare che le lettere del Filelfo<br />
al Ceba, posteriori al 1454, dovettero andare perdute. Perchè l’ amicizia non<br />
cessò tra i due illustri uomini dopo <strong>di</strong> quell’ anno e per conseguenza non ebbe<br />
a mancare <strong>di</strong> quando in quando neppure una corrispondenza epistolare. Ne sia<br />
prova la lettera del Ceba a Prospero da Camogli, secretario ducale in Milano,<br />
(12 febbraio 1462), in cui manda a salutare affettuosamente il Filelfo. — Vale<br />
et meo Phileìpbo multas ex me salutes <strong>di</strong>cito.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
viaggi in que' luoghi su cui ora si volgevano cupi<strong>di</strong><br />
gli occhi dei turchi, il viaggio sopratutto che giovine<br />
<strong>di</strong> venticinque anni, aveva fatto come oratore <strong>di</strong> G io<br />
vanni Paleologo all’ imperatore Sigismondo ( i ) . Ma se<br />
pure lo incominciò, dubito assai che il Ceba abbia con<br />
dotto a termine il suo commentario. Gli sarà probabil<br />
mente avvenuto come per la seconda moglie che voleva<br />
prendere nel *54 (2), e che credo parimenti non pigliasse<br />
mai, se non si vuole supporre che infermo <strong>di</strong> gotta e<br />
in età non più verde, e tra il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nato impero dei<br />
cappellani che agitò la Repubblica nel decennio dal *54<br />
al *64, costringendolo per giunta ad esulare, egli potesse<br />
sentire una voglia, davvero spasimata, <strong>di</strong> andare a nuove<br />
nozze. Il Ceba appartiene a quella generazione d’ uom ini<br />
che si vien facendo più numerosa sul finire del secolo x v<br />
e nel seguente, che altalena tra l’ amor del ben pubblico,<br />
arduo e pericoloso, e il desiderio <strong>di</strong> egoistica pace, <strong>di</strong><br />
chiudersi ciascuno nella breve cerchia del bene partico<br />
lare. Cotesto commentario, <strong>di</strong> cui nelle lettere successive<br />
non si legge più un cenno, m ’ ha tutta l’ aria <strong>di</strong> quelle<br />
fiammate <strong>di</strong> paglia che brillano un istante e si spen<br />
gono. Tanto più eh’ egli era viaggiatore insigne e buon<br />
bibliofilo, ma punto educato nell’ arte dello scrivere.<br />
Nel ’62 aveva lasciato da poco la <strong>di</strong>mora <strong>di</strong> Firenze e<br />
viveva ritirato a Nizza. A Prospero da Cam ogli che<br />
gli moveva rimprovero <strong>di</strong> starsene speculando da ottim o<br />
porto gli sforzi <strong>di</strong> coloro che lottano in alto m are, ri<br />
sponde: — « io vorrei tu potessi a <strong>di</strong>ritto m uoverm i<br />
(1) Lett. a Cicco Simonetta, X III kal. martias 14 7 6 , in R o s m in i, Vita <strong>di</strong><br />
F . Filelfo, Milano, Mussi 1808, t. I.<br />
(2) Lett. del Filelfo al Ceba, 25 gennaio 1454.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 39 —<br />
quest’ accusa, il che sarebbe vero se vivessimo in una<br />
libera Repubblica, ma poiché essa s’ é mutata in acer<br />
bissima tirannide, né posso porgerle aiuto, sto deploran<br />
done da quest’ angolo d’ Italia l’imminente rovina ». Ma<br />
infine ciò che debolmente negava, sentiva pure che era;<br />
e conclude coll’ accento malinconico delle anime deboli<br />
e sfiduciate: « Ahimè, Prospero mio, poiché la nostra<br />
me<strong>di</strong>ocrità non sa trovare un rime<strong>di</strong>o al male, sappia<br />
moci accomodare al tempo del quale molti dotti uomini<br />
affermano che la prudenza è figliuola » (i).<br />
Con l’ amore della sapienza classica non fu rara nel<br />
Rinascimento neppure la sapienza <strong>di</strong> Pomponio Attico.<br />
Morì nel 75, nove anni dopo il Bracelli, ed ebbe<br />
tempo <strong>di</strong> sapere Caffa, e le ultime colonie <strong>di</strong> Crim ea,<br />
della cui floridezza nelle sue peregrinazioni si sarà tante<br />
volte compiaciuto, perdute dalla Repubblica per sempre,<br />
colpa 1’ avarizia e la viltà de’ suoi reggitori indegni della<br />
fiducia che in loro avevano riposta i concitta<strong>di</strong>ni.<br />
•<br />
II.<br />
Il ricordo <strong>di</strong> questo illustre viaggiatore, amoroso,<br />
quantunque non letterato, <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci latini e greci, ed<br />
amico ad insigni umanisti, mi conduce a parlare <strong>di</strong> un<br />
altro genovese, intrinseco del Bracelli e <strong>di</strong> Ciriaco Anco<br />
nitano, in relazione frequente col Traversari e con Poggio<br />
Bracciolini. Voglio <strong>di</strong>re del nobile Andreolo Giustiniani,<br />
de’ Maonesi <strong>di</strong> Scio. Era, scrive il nipote <strong>di</strong> lui, mon-<br />
(1) Ms. Br. c. 298, 99, let. cit. — Cfr. Belgrano, art. cit., per altre notizie<br />
sul Ceba e sua sepoltura nella chiesa <strong>di</strong> S. Francesco d’ Albaro.<br />
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signor Agostino Giustiniani, stu<strong>di</strong>osissimo <strong>di</strong> tutte le<br />
buone arti, e possedeva una biblioteca <strong>di</strong> circa due mila<br />
volumi ( i) .<br />
In que' tempi che i libri, come osserva lo stesso ni<br />
pote, — « non s’ imprimevano già a caratteri <strong>di</strong> stagno,<br />
secondo 1’ uso presente, ma venivano a gran<strong>di</strong>ssima spesa<br />
copiati dagli amanuensi » — era certo una cospicua<br />
raccolta. Difatti parve a’ contemporanei meravigliosa<br />
quella radunata in Roma da Nicolò V, il ligure che fece<br />
salire, <strong>di</strong>ce ottimamente il Belgrano, 1’ archeologia sul<br />
trono dei papi, ed infine non contava che tre mila vo<br />
lumi (2).<br />
Per altro non credo che la cifra recata in mezzo da<br />
monsignor Agostino, s’ abbia a tener proprio come arti<br />
colo <strong>di</strong> fede. Già tutta la lettera al Sauli é in tono <strong>di</strong> pa<br />
negirico per l’ illustre avo, e fin qui le più larghe atte<br />
nuanti, ma vedremo più innanzi che, nello stesso luogo<br />
e sempre allo stesso fine <strong>di</strong> esaltare vie meglio Andreolo,<br />
egli afferma con la maggior sicurezza tal circostanza<br />
che viene gravemente infirmata da tutte le notizie dei<br />
contemporanei.<br />
— 4 o —<br />
Restiamo per ora ad Andreolo. Raffaele Adorno,<br />
salito al trono ducale come sappiamo nel '4 3 , lo<br />
invitava a tornare in patria ( 3 ) ; ma al vedere, nep<br />
pure il Giustiniani si fidava molto del nuovo governo,<br />
(1) Lett. a Filippo Sauli, vescovo <strong>di</strong> Brugnato, Bologna i agosto 151} , in<br />
Aeneae Platonici <strong>di</strong>alogus qui Tbeophastus inscribitur, Venetiis, anno 1513- —<br />
Cfr. B e l g r a n o , art. Caffaro, 29 maggio 1885.<br />
(2) Ve<strong>di</strong> E n e a S il v io ; Hist. de E u ro p a , in Opera O m nia, B asilea, 1571,<br />
p. 459. — Lo S p o t o r n o , op. cit., II, 380, assevera 5 mila co<strong>di</strong>ci, ma io mi<br />
attengo più volentieri all’ autorità del Piccolomini che poteva e doveva saperlo.<br />
(3) V. lett. del doge a lui in Enea Platonico, e<strong>di</strong>z. <strong>di</strong> Genova, 1645.<br />
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e le notizie che riceveva da Genova non erano latte in<br />
verità per ispronarvelo. Tra esse, merita ricordo, come<br />
curioso documento dei tempi, la lettera <strong>di</strong> un Guglielmo,<br />
nipote <strong>di</strong> Andreolo, che attendeva alla mercatura (i).<br />
« Non saprei da che parte farmi, incomincia egli, per<br />
scriverti cose che convengano ad un uomo libero, in<br />
tal modo la Repubblica é debilitata e sconvolta. Stando<br />
in Siviglia ebbi desiderio <strong>di</strong> rivedere la patria, poiché<br />
dubitava che le relazioni de’ concitta<strong>di</strong>ni nostri non<br />
fossero più gravi del vero ; ma, a mio parere, ci trovai<br />
anche peggio che non m’ era stato riferito ». E delinea<br />
un quadro a tinte fosche, <strong>di</strong> cui i cenni abbiamo già<br />
sentiti nelle lettere del Bracelli al Ceba. « Tutto é pieno<br />
<strong>di</strong> fazioni scellerate, i tributi incomportabili, la città op<br />
pressa. I nobili <strong>di</strong> fuori pronti a <strong>di</strong>sertare al duca <strong>di</strong><br />
Milano, o a rubare nel dominio, e perchè più facilmente<br />
lo possan fare, la Repubblica li stipen<strong>di</strong>a; i popolani<br />
poi in tal modo riven<strong>di</strong>cano tutta a sé la libertà <strong>di</strong><br />
tutti, che si <strong>di</strong>rebbe sia stata loro trasmessa in <strong>di</strong>ritto<br />
(i) Ms. Br. c. 261 — Ex Genua, 144$ (manca il giorno ed il mese). La lettera<br />
è scorretta assai e pare <strong>di</strong> un giovine:<br />
Undc enini inicium scriben<strong>di</strong> sumerem, quo tenderem, quo me verterem {nescio),<br />
tam enim debilitata, ita quassata sunt omnia, ut quae komini libero conveniant non<br />
solum quod (sic) dare possim habeo, sed ne quid pollicear quidem. Cum Hispali re<br />
siderem magna mihi fuit voluntas revisen<strong>di</strong> patriam: putabam enim, ut saepe fit,<br />
graviora omnia quam essent ab his qui veniebant traderentur (sic); mea quidem<br />
sententia multo deteriora quam au<strong>di</strong>eram repperi . . . . Omnes enim, ut Seneca (ait),<br />
illa agnoscunt, et nento succurrit; quaenam erit unquam nostrorum tributorum finis,<br />
aut quando civitas tantis oneribus oppressa sublevabitur? Vel quis est qui proprium<br />
commodum non anteponat publico? Nemo, crede mihi. Nobiles oppidorum vexant<br />
urbem et quotiens eis libet ad ducem Me<strong>di</strong>olanensium deficiunt ; aliqui oppida loca-<br />
que nostra preoccupant et, ut id facilius <strong>di</strong>utiusque facere possint, singulis mensibus<br />
conducuntur : alii vero populares libertatem nostram sibi vin<strong>di</strong>cant, quasi eam sibi<br />
ex here<strong>di</strong>tario legatam a patribus.<br />
— 4i —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 42 —<br />
ere<strong>di</strong>tario dagli avi ». Pare a prima giunta un nemico<br />
acerrimo dell’Adorno, e non è : non vi si risparmiano<br />
per contro le più ampie lo<strong>di</strong> — « Cre<strong>di</strong>m i, inabisse<br />
rebbe ogni cosa nostra, se non avessimo nell’ Adorno<br />
un ottimo rettore e duce, che colla sua ineffabile carità,<br />
clemenza e virtù ed amore verso i citta<strong>di</strong>ni, siccome<br />
figli, ci sostiene » (i) . — Per la coltura genovese, nel<br />
periodo <strong>di</strong> tempo che trattiamo, valga il seguente passo,<br />
in verità singolare: « Il pubblico denaro si <strong>di</strong>lapida e<br />
ciò solo é controverso in qual modo s’ abbia a spartire.<br />
Su tale argomento si fanno le gravi orazioni e gli uni<br />
Cicerone, gli altri Catone o Lelio o Demostene addu<br />
cono come autorità, né temono <strong>di</strong> menzionare coloro,<br />
da cui, se in vita, sarebbero aspramente rampognati » (2 ).<br />
Andreolo nel *45 aveva ad essere già innanzi negli<br />
anni, se, come attestano i suoi biografi, egli m oriva in<br />
età non giovine, appena <strong>di</strong>eci anni dopo (3 ). Fece come<br />
il Ceba e non si mosse da Scio.<br />
L ’ amicizia con il nostro cancelliere era <strong>di</strong> più vecchia<br />
data. Doveva essere cominciata non molto dopo il 32,<br />
poiché <strong>di</strong> poco posteriore é da credersi il capitolo in<br />
terza rima che il Giustiniani de<strong>di</strong>cava all’ am ico, ed in<br />
(1) Crede mihi nisi ducem rectonmqiu optimum haberemus Raff. A du rn u s pcssum-<br />
du/ttur res nostra, qui nos sua ineffabili caritate, suaque dem entia ei usque tn tives<br />
Unquam in Jilios amore, sua quoque virtute sustentat.<br />
(2) S i Je paecuniis repetun<strong>di</strong>s agitu r, quis est qui audeat pecunias non esse d i<br />
lapidandas in concionem <strong>di</strong>cere? Nemo, cride : non reprobatur pecuniae solucio, quin<br />
imo quo nam modo <strong>di</strong>vi<strong>di</strong> debeat id in controversia positum est. E t in hoc genere<br />
graves orationes aucloritatesque m aiorum , aliqui Ciceronem, a lii C atonem , alii<br />
Lelium, multi Demosthenem suis orationibus anteponunt, nec verentur eos nominare<br />
a quibus quam turpissime obiurgarentur, si viverent.<br />
(3) Cfr. S p o to r n o, op. cit. III, 3 9 : , che c iu M ic h e l e G i u s t i n i a n i , Scrittori<br />
Liguri. Questi <strong>di</strong>scendeva da Andreolo per linea femminile.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 43 —<br />
cui si narra in una specie <strong>di</strong> prosa rimata, l’ impresa<br />
de’ Veneziani contro Scio, cominciata per questi con<br />
lieti auspici e finita con grave loro scorno.<br />
Direi dall’ intonazione del capitolo che della strenua<br />
<strong>di</strong>fesa degli Scioti fosse spettatore e parte anche An<br />
dreolo , sebbene negli storici genovesi <strong>di</strong> lui non trovi<br />
fatto cenno.<br />
Altri in<strong>di</strong>zi, come vedremo più oltre, ci avvertono della<br />
sua <strong>di</strong>mora colà, assai prima. Restando per ora a’ suoi<br />
versi in volgare, per verità essi non valgono gran cosa.<br />
Eccone la chiusa per saggio :<br />
A li <strong>di</strong>xsepte giorni de Genaro<br />
Nel mille quattrocento trenta e doi<br />
Fu quando for del porto si tiraro,<br />
Cum <strong>di</strong>eci galeazze e legni soi<br />
Cum tre subtil galee e galeote,<br />
E cum le nave ior iestante poi,<br />
Col numero de barche, de barbote<br />
Ch' en somma furo vele trentasei<br />
Quando partiron <strong>di</strong>vise in due frote.<br />
Ahimè, povero Andreolo ! E terra terra procede anche il<br />
sonetto de<strong>di</strong>catorio al Bracelli, caudato per soprappiù,<br />
e con un apparato mitologico così pesante nella non<br />
voluta imperfezione delle rime, che forse farà sorridere<br />
il lettore. È prova per altro del conto che il nobile si<br />
gnore faceva dell’ amico ed accettiamolo quin<strong>di</strong> come<br />
tale, sebbene il pre<strong>di</strong>carlo sposo delle muse ad<strong>di</strong>rittura<br />
dovesse sembrare molto forte, credo, anche al nostro<br />
storico. Ecco il sonetto:<br />
Poiché tua fama cotanto preconia<br />
In ogni parte trascorrendo vola,<br />
E tra moderni resta unica e sola<br />
Quanti ne calca el bel terren de Ausonia,<br />
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— 44 —<br />
Degnati dunque, o figlio <strong>di</strong> Tritonia,<br />
Alta Pallade, o rcttor <strong>di</strong> sua scola,<br />
Porgermi un motto, un metro, una parola<br />
Di tua lingua bagnata in Eliconia.<br />
Non imputare torse ad arrogantia<br />
Questo mio <strong>di</strong>mandar presuntuoso<br />
Piuttosto a grande amor eh’ ad ignorantia.<br />
Se io sono <strong>di</strong> imparar desideroso<br />
Dal tuo bel fonte <strong>di</strong> tanta abundantia<br />
Non mel negare, delle muse o sposo.<br />
Io mando a te queste mie rude rime<br />
Sotto ’l correger de tue docte lime (i).<br />
Il Bracelli probabilmente non corresse né questi versi,<br />
né gli altri che paiono per 1’ inspirazione sfiatata e bolsa<br />
ripetere il giuoco dell’ anitra: un saltarello e uno stra<br />
mazzone; ma non mancò in ogni occasione <strong>di</strong> attestargli<br />
stima molta ed amicizia. Era un buon amico, non pro<br />
priamente un letterato, ma colto, nobile <strong>di</strong> nascita e<br />
d’ animo, possessore <strong>di</strong> preziosi co<strong>di</strong>ci e cimelii. Ciò<br />
spiega i rapporti tra lui e il nostro cancelliere, cosi come<br />
con altri illustri umanisti. E il Bracelli lo teneva infor<br />
mato degli avvenimenti del giorno ed era desideroso del<br />
giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> lui sulle sue operette (2). Con Andreolo<br />
faceva scambio <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci e attendeva a farli copiare,<br />
tra cui un Tolomeo, <strong>di</strong> cui egli possedeva una tradu<br />
zione latina, come ci avverte, assai scorretta, tuttavia<br />
richiestagli dal Giustiniani forse per collazionarla sopra<br />
uno de’ co<strong>di</strong>ci greci rinvenuto in qualche convento<br />
(1) Miscellanea <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> Italiana, V I : Relazioni dtIV attacco e <strong>di</strong>fesa d i Scio<br />
nel i4jt <strong>di</strong> A ndreolo G iu s t in ia n i, e<strong>di</strong>ta da Giulio Porro Lam bertenghi.<br />
(2) Magna in expectatione positus sum, ut ex te cognoscam quodnam de L iguriae<br />
nostrae descriptione iu<strong>di</strong>cium feras; nam si te vel <strong>di</strong>ligentiam in opusculo illo lau<br />
dasse compertum habeam, non pigebit me lucubrationum m earum, nec videbor li<br />
bellum hunc temere hominum notitiae commisisse. — Ms. Br. c. 184 , Genova ,<br />
10 aprile 1442.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 45 —<br />
dell’ Oriente (i). Ciriaco fin dal ’26 aveva acquistato in<br />
Adrianopoli con altri libri, anche un bel co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> T o<br />
lomeo. Dal canto suo il Giustiniani gli faceva parte delle<br />
preziose antichità radunate in sua casa e ne era liberale<br />
anche ad altri che senza dubbio Io sollecitavano. Nel ’40,<br />
siccome pare da una lettera in<strong>di</strong>rizzatagli dal Braccio<br />
lini, aveva fatto omaggio <strong>di</strong> parecchie antichissime me<br />
daglie d’ oro e statue al papa Eugenio IV. E il Bra<br />
celli gli scriveva : « Mi rincresce l’ averti chiesto d’ un<br />
saggio de’ simulacri marmorei, delizia tua, ignorando<br />
che la tua liberalità verso altri già te n’aveva spogliato.<br />
Tralascia dunque <strong>di</strong> mandarmi la statua che m’ hai de<br />
stinata. Che se si darà il caso che tu abbia ricchezza<br />
<strong>di</strong> siffatte sculture, allora consentirò che la mia casa, la<br />
quale é pur tua, sia da te adornata <strong>di</strong> alcuna eletta<br />
opera <strong>di</strong> Fi<strong>di</strong>a, o <strong>di</strong> Policleto » (2). Bene osserva qui<br />
il Prof. Belgrano: « l ’entusiastica ammirazione del bello<br />
antico rendeva corrivi nell’ attribuire alle opere che i<br />
viaggi o gli scavi rimettevano in aperto, una pater<br />
nità rispettata, acciò valesse ancora ad aumentarne il<br />
culto » (3).<br />
(1) Ptoìomeus tuus absolutus est, verum nec emendatus, nec tempore hoc emenda<br />
bilis : nam exemplar aliud, praeter id quod me penes est, nolim putes hoc in urbe<br />
posse inveniri: liber enim recens traductus est in linguam nostram, nondum <strong>di</strong>sse<br />
minatus est. Tu illo qualiscumqiie est utere. — Ms. Br. c. 123, lett. 2 luglio 1440.<br />
(2) Ms. Br. c. 123, Genova, 2 luglio 1440. — Piget quod delitias tuas<br />
marmorea signa petierim, inopem enim te, quod ignorabam, earum rerum liberalitas<br />
fecit. Itaque oro te desinas statuam ad me mittere : si quis vero casus effecerit, ut<br />
eiusmo<strong>di</strong> statuarum copia tibi sit, tunc patiar ut electo aliquo Phi<strong>di</strong>aco vel Poly-<br />
cletico opere meas aedes, quae tuae sunt, exornes. — Questa con altre due lettere<br />
ad Andreolo, trovasi anche come appen<strong>di</strong>ce in A eneae P l a t ., op. cit., Ge<br />
nova 1645.<br />
(3) Cfr. Belg ran o, art. cit.<br />
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L ’ amore per le preziose reliquie dell’ antichità mi<br />
porta a toccare brevemente dei rapporti <strong>di</strong> Andreolo con<br />
Ciriaco, il Bracciolini ed il Traversari. Andreolo conobbe<br />
il famoso viaggiatore archeologo fin dal 1425 e '2 6, ossia<br />
nel secondo viaggio del Pizzicolli, in cui questi esplo<br />
rava Scio, Cipro, Ro<strong>di</strong>, Sam o ed altre isole dell’ Egeo.<br />
Andreolo è l’ amico al quale Ciriaco de<strong>di</strong>cava nel suo<br />
ritorno a Cipro la traduzione <strong>di</strong> una breve vita <strong>di</strong> Euri<br />
pide, come saggio de’ progressi nel greco imparato da<br />
lui, senza soccorso <strong>di</strong> maestri. Il Giustiniani <strong>di</strong>morava<br />
dunque in Scio fin da questo tempo, ed oltre la liberale<br />
accoglienza in sua casa, dovette certo essere al Pizzicolli<br />
<strong>di</strong> grande aiuto nell’ acquisto <strong>di</strong> antiche monete, bronzi,<br />
gemme ed altri preziosi oggetti d’ arte (1). E che questa<br />
non sia congettura campata in aria, ce n’ avverte la cor<br />
rispondenza del Traversari e del Poggio al fiorentino<br />
Niccolò Niccoli ed allo stesso Giustiniani.<br />
Nell’ animo <strong>di</strong> questi dotti uomini aveva sollevato<br />
molta speranza un frate Francesco da Pistoia, che il<br />
papa Eugenio IV, ciò é dunque dopo il '3 4 , aveva man<br />
dato in Grecia.<br />
— 4 6 —<br />
Costui da Scio, ov’ erasi fermato, aveva annunciato<br />
scoperte mirabolane agli amici fiorentini, che l’ effetto<br />
smentì ben tosto; ma trasmetteva ad un tempo notizie<br />
intorno ad Andreolo, che per noi sono preziose. E ne<br />
rendeva conto il Traversari all’ amico: Andreolo era<br />
possessore <strong>di</strong> antichissime medaglie, e <strong>di</strong> altri siffatti<br />
preziosi oggetti che si riservava <strong>di</strong> mandare in dono<br />
ad esso Niccoli, quando frate Francesco ritornasse in<br />
(1) V o i g t , op. c it., p. 2 7 2 segg.<br />
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— 47 —<br />
Italia (i). Il cuore del Poggio poi era stato per un<br />
momento giubilante. Il greco Kalogeros, quello stesso,<br />
credo , che anni prima aveva <strong>di</strong>sseppellito in Ro<strong>di</strong> una<br />
statua <strong>di</strong> Venere e una figura plastica <strong>di</strong> Bacco, venduti<br />
poi al Pizzicolli che li spedì ad Ancona (2), ora si an<br />
nunciava che in un certo antro aveva rinvenuto integre<br />
quasi cento statue marmoree, opera <strong>di</strong> mirabile perfe<br />
zione. Il frate aveva fatto acquisto <strong>di</strong> tre busti per conto<br />
del Poggio, una Giunone, una Minerva ed un Bacco,<br />
prodotti dello scalpello <strong>di</strong> Policleto e <strong>di</strong> Prassitele, e<br />
prometteva portarli seco sino a Gaeta. Per altro, da<br />
acuto toscano, il Bracciolini soggiungeva : de nominibus<br />
sculptorum nescio quid <strong>di</strong>cam ; graeculi, ut nosti, sunt,<br />
verbosiores et forsan ad vendendum carius haec finxerunt<br />
nomina. Non aveva sbagliato, e le speranze <strong>di</strong> accrescere<br />
decoro alla magnifica sua villa valdarnina, mercé alcuno<br />
degli antichi capolavori dell’ arte greca, andarono molto<br />
deluse. Invano ne scrisse al dotto uomo Andreolo Giu<br />
stiniani , c o lti’ egli lo chiama, e ad un Suffreto <strong>di</strong> Ro<strong>di</strong>,<br />
celebre raccoglitore <strong>di</strong> marmi, pregando, sollecitando :<br />
soltanto un artista supremamente innamorato dell’ arte<br />
sua, potrebbe comprendere il fervore d’ entusiasmo <strong>di</strong><br />
quegli uomini, cui per la prima volta, usciti dal car<br />
cere me<strong>di</strong>oevale, si svelava nello splendore del marmo,<br />
la serena bellezza idoleggiata da’ greci : « Quando veggo<br />
(1) Marten e et D u r a n d ; Vita, Scrip. amp. coll, III, X V, ep. 14: CeUrum ex<br />
alio theologo Jacobo, illius socio, sum factus certior, quod cum frater e:us ex Intuisce<br />
locis re<strong>di</strong>isset <strong>di</strong>xerit, se vi<strong>di</strong>sse penes Andrtam ipsum nummos aureos vetustissimos<br />
et quaedam id genus, quae mittere ille instituisset dono, etc.<br />
(2) V o ig t ; op. cit., loc cit. Rispetto al Kalogeros, il Bracciolini scrive <strong>di</strong>fatti<br />
nella sua lettera: qui noviter in quodam antro reperit etc. Non era dunque la<br />
prima sua scoperta.<br />
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nel marmo imitata cosi bene la natura, son compreso<br />
<strong>di</strong> riverenza per il genio dell’ artista. O gnuno ha la sua<br />
debolezza. Io ho quella <strong>di</strong> am m irare, forse con troppo<br />
entusiasmo, l’ opera degli eccellenti scultori, ma non<br />
posso non rimanere colpito d’ ammirazione per 1’ ingegno<br />
<strong>di</strong> chi seppe dare ad una sostanza inanimata 1’ espressione<br />
della vita ».<br />
Cosi scriveva il Poggio allo stesso Francesco da Pistoia.<br />
Ma costui lo frodò delle statue, come un vero furfante, e<br />
riuscì a fargliela anche una seconda volta, ché avendogli<br />
Andreolo consegnato più tar<strong>di</strong> alcuni antichi busti per<br />
il Poggio, egli li vendè invece a Cosim o de’ Me<strong>di</strong>ci ( i ) .<br />
Ed ora fermiamoci un istante sul preteso viaggio <strong>di</strong><br />
Ambrogio Traversari in Grecia e sulla visita da lui fatta<br />
in Scio ad Andreolo. Il nipote <strong>di</strong> questo, m onsignor<br />
Agostino Giustiniani, nella lettera già citata al Sau li,<br />
10 afferma senza ombra <strong>di</strong> dubbio, prendendone occa<br />
sione per lodare la liberalità dell’ avo. « Di ritorno da<br />
un viaggio fatto a Costantinopoli insieme col G uarino<br />
ed il Filelfo, approdò all’ isola <strong>di</strong> Scio , dove on orevol<br />
mente accolto dal Giustiniani, non prima si parti che<br />
gli avesse offerto tradotto dal greco in latino il bellis<br />
simo libercolo sull’ immortalità dell’ anima <strong>di</strong> Enea Pla<br />
tonico ». Dietro <strong>di</strong> lui lo ripeterono lo Spotorno ed<br />
altri. E del resto par cosi naturale che m onsignor A g o <br />
stino dovesse esserne informato, e lo scrive con tanta<br />
asseveranza, che a prima giunta pare scortesia perfino<br />
11 dubitarne. Ma riflettiamoci sopra un tratto, e ne<br />
(i; P oggii, Opera, p. 329, lett. del Poggio al Giustiniani. C fr. S c h e p h e rd ,<br />
Vita <strong>di</strong> Poggio Bracciolini, I. 259 segg.<br />
- 48 -<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
~ 49 —<br />
porteremo, credo, la convinzione esser questa una tarda<br />
favoletta del signor nipote.<br />
Prima <strong>di</strong> tutto nella lettera con cui il Traversari de<strong>di</strong>ca<br />
il <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> Enea Platonico ad Andreolo non ve n’ é<br />
una sola parola; eppure qual occasione migliore <strong>di</strong> lodare<br />
la liberale ospitalità del patrizio genovese e le statue che<br />
accrescevano ornamento e pregio alla sua casa? Si legga<br />
l’epistolario del Traversari: egli non fa passo che non visiti<br />
la biblioteca <strong>di</strong> un convento o <strong>di</strong> un amico e non ne<br />
descriva al Niccoli le rarità vedute. Qui per contro nulla.<br />
Due parole sulla sottile <strong>di</strong>sputa <strong>di</strong> Enea, che si fa in senso<br />
molto ortodosso, a <strong>di</strong>mostrare la vanità delle opinioni<br />
filosofiche, quando traviino dalla fede cristiana, un raf<br />
fronto tra questo Enea e 1’ antico, tirato molto coi denti,<br />
e non si va più in là. Ma inoltre come si può combi<br />
nare questo viaggio che non riscontra con nessuna delle<br />
date note per gli altri due umanisti a lui compagni?<br />
Verifichiamo. Il Guarino dà effetto al suo viaggio a<br />
Costantinopoli nel 1395, venticinquesimo <strong>di</strong> sua età (1).<br />
Nel 1408 ne era già ritornato ed insegnava in Firenze,<br />
dove rimase fino al 1414. Il Guarino non fece altri<br />
viaggi in Grecia. Francesco Filelfo approdava a Venezia,<br />
dopo alcuni anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>mora a Costantinopoli, il 10 ot<br />
tobre del 1427. Diciannove anni più tar<strong>di</strong> adunque del<br />
Guarino. Soltanto nell' aprile del '29 passava a Firenze.<br />
Ve<strong>di</strong>amo il Traversari. Quattor<strong>di</strong>cenne entra nel con<br />
vento <strong>di</strong> S. Maria degli Angioli, e volge tutto il fer<br />
vore giovanile agli stu<strong>di</strong> ecclesiastici. Ma I’ Atene italiana<br />
col suo classico splendore l’ attira. Nel 1396 vi giunge<br />
(1) Per questa ed altre date cfr. R. Sabba<strong>di</strong>ni; Guarino veronese e il suo<br />
epistolario e<strong>di</strong>to e ine<strong>di</strong>to, Salerno, i88^.<br />
A t t i S o c. L io . S t. P a tria . Voi. XXIII. 4<br />
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Emanuele Crisolora e tra gli scolari che si stringono<br />
intorno al famoso maestro per imparare il g re c o , c’ é<br />
anche il Traversali. Lo <strong>di</strong>ce chiaro ed esplicito Vespa<br />
siano fiorentino. Il Crisolora lascia Firenze nei primi<br />
mesi del 1400, ma il Traversari ormai non bisognava<br />
più <strong>di</strong> maestro, e tanto meno d’ un viaggio in Oriente.<br />
Francesco <strong>di</strong> Castiglione, un ammiratore, si stupiva<br />
anzi, che egli per fatica ed industria sua, con nessuno<br />
o assai scarso aiuto <strong>di</strong> precettore, avesse imparata quella<br />
lingua. Infine, in nessun luogo, tranne nella lettera de<br />
<strong>di</strong>catoria <strong>di</strong> monsignor A gostino, si trova notizia <strong>di</strong><br />
questo viaggio del dotto generale de Camaldolesi. E<br />
figuratevi se alcuno degli amici suoi, il Niccoli e il<br />
Poggio, per esempio, o egli stesso nelle sue epistole, non<br />
ne avrebbero parlato. Difatti de’ viaggi che fece in Italia<br />
dal 1431 al 34 per visitare i monasteri del suo or<strong>di</strong>ne,<br />
e delle biblioteche da lui esplorate in quell’ occasione<br />
egli lasciò precisa memoria nell Hodocpovicon. Perche non<br />
altrettanto del viaggio in Grecia, che avrebbe oltrem odo<br />
sod<strong>di</strong>sfatta la sua vanità letteraria? Invece tranne la<br />
lettera già citata al Niccoli, che e poi del 3 nuli altro<br />
cenno intorno al Giustiniani, si rinviene nella corrispon<br />
denza del Camaldolese (1). E quanto al valore <strong>di</strong> questa,<br />
come favorevole argomento, se ne sara persuaso abba<br />
stanza il lettore leggendo la citazione da noi riportata.'<br />
le monete d’ oro antiche non Ambrogio avevaie vedute<br />
cogli occhi propri in Scio presso il nobile genovese,<br />
(1) Martene et D u r an d; op. cit., lett. cit., Vi si parla del co<strong>di</strong>ce Plautino<br />
posseduto dal card. Orsino e richiesto dal Traversari. Il Sabba<strong>di</strong>ni ne fissa la<br />
data al 18 novembre 1430. Cfr. Guarino Veronese e g li archetipi d i Celso e<br />
Plauto, Livorno 1886.<br />
1<br />
— 50 —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— S i <br />
ma ne aveva dato notizia un compagno <strong>di</strong> frate Fran<br />
cesco da Pistoia. Il Mehus, che citò il passo istesso, ebbe<br />
il torto <strong>di</strong> trascriverlo monco e <strong>di</strong> indurre quin<strong>di</strong> chi<br />
legge facilmente in errore (i). Per concludere, anche<br />
senza molto acume, si può indovinare forse donde il<br />
signor nipote si trasse la novellina. Egli aveva letfò nel<br />
Giovio, nel Platina e in altri forse, se inesattamente<br />
non occorre il <strong>di</strong>re, che il Guarino, il Filelfo e Ambrogio<br />
monaco erano tutti usciti dalla scuola <strong>di</strong> Emanuele<br />
Crisolora (2). Questi aveva insegnato a Costantinopoli,<br />
ed in quella città sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> lui aveva stu<strong>di</strong>ato<br />
il Guarino; il Traversari, pur esso <strong>di</strong>scepolo del Crisolora,<br />
aveva de<strong>di</strong>cata una versione dal greco ad Andreolo;<br />
qual ragione ed occasione migliore per far andare il<br />
frate camaldolese dal convento <strong>di</strong> S. Maria degli Angioli<br />
a Costantinopoli, e da Costantinopoli a Scio?<br />
III.<br />
Di una lettera del Bracelli allo stesso Andreolo in<br />
cui gli dà conto d’ una <strong>di</strong> quelle curiose <strong>di</strong>scussioni,<br />
che ottennero egual favore si nel me<strong>di</strong>o evo che nel<br />
Rinascimento, sebbene con in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong>verso, toccheremo<br />
altrove. Questi cenni sulla cultura genovese mi conducono<br />
ora ad un patrizio antiquario, Eliano Spinola, e ad un vir<br />
tuoso nel senso che dava il Rinascimento alla parola, ad un<br />
uomo singolare con cui il Bracelli tenne un’ amicizia <strong>di</strong><br />
molti anni. È questi il famoso Biagio Assereto. Comin-<br />
(1) Mehus ( Vita Ambr. Traversari, p. 53.<br />
(2) Lo ripete il Q u ir in o , Epistolae, 1 7 , citando i passi del G io v io , Elogi,<br />
e del P latina nella Vita <strong>di</strong> Bonifaiio IX.<br />
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damo da lui, poiché bene si colloca per la parte che<br />
rappresentò nell’ umanesimo del suo tempo accanto al<br />
Giustiniani. Uomo d’ arm i, dalle quali riconobbe tutta<br />
la sua gloria, non la pretese certo a letterato, ma indo<br />
vinò il nuovo moto del si\o secolo, ed am ò <strong>di</strong> sincero<br />
amore il classicismo. Ecco il suo merito come privato, ed<br />
• •<br />
é <strong>di</strong> esso che noi ci occuperemo specialmente qui, ossia<br />
del signore che per genialità <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> mantiene com <br />
mercio d’ amicizia con alcuno de’ dotti più in fama.<br />
Dell’ uomo pubblico e politico toccheremo solo quel<br />
tanto che sia necessario a delineare il suo carattere m o<br />
rale. Costui che dal tabellionato giunge ad essere con<br />
sigliere ducale, padrone del feudo <strong>di</strong> Serravalle, podestà<br />
<strong>di</strong> Milano nella repubblica ambrosiana, costui incarna<br />
quel tipo e quelle tendenze peculiari del Rinascim ento<br />
su cui avremo a ritornare. Non é un m odello <strong>di</strong><br />
citta<strong>di</strong>no, anzi la sua condotta verso G enova può <strong>di</strong>rsi<br />
sleale prima, oltraggiosa dopo la battaglia <strong>di</strong> Ponza.<br />
Ma egli è un uomo del Machiavelli, egli sa essere in<br />
un’ occasione onorevolmente tristo ( i ) , e ciò ben lungi<br />
dal procurargli infamia, gli è attribuito a lode. Perchè<br />
egli é all’ unisono nel pensiero con i dotti e i politici<br />
del suo tempo che fanno la pubblica opinione, egli in<br />
<strong>di</strong>vidualità intera che con vivezza <strong>di</strong> colorito poetico<br />
descrive a’ suoi Signori, il giorno dopo <strong>di</strong> P o n z a , la<br />
memorabile vittoria, è il compagno naturale <strong>di</strong> coloro<br />
che lottavano con pari energia a <strong>di</strong>largare la religione,<br />
l’ arte, la scienza, tre raggi della mente <strong>di</strong>vina, e tutto<br />
ciò ponevano come decoro <strong>di</strong> quel principato che essi<br />
(i) Discorsi, lib. I, 27.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 53 —<br />
favorivano, che in ogni provincia d’ Italia cercava <strong>di</strong><br />
prendere stabile assetto. Ciriaco Anconitano nella sua<br />
Naumachia lo esalta, Enea Silvio Piccolomini, già oltre<br />
in quella fortunata via che doveva condurlo alla tiara,<br />
gli de<strong>di</strong>ca un carme latino ; il Filelfo, il Bracelli intrat<br />
tengono affettuosa corrispondenza con lui. Figlio <strong>di</strong> un<br />
banchiere, scrive Flavio Biondo, <strong>di</strong> un fabbro, <strong>di</strong>ce il<br />
Federici e mi pare più cre<strong>di</strong>bile ( i ) , comincia ad<br />
essere notaio e cancelliere della repubblica, poi can<br />
celliere e padrone ad un tempo <strong>di</strong> una galera nel 2 3 ,<br />
nell’ occasione che allestivasi una flotta contro Alfonso<br />
<strong>di</strong> Napoli, poi già in fama <strong>di</strong> ar<strong>di</strong>to capitano per il<br />
fatto contro il fiorentino Pietruccio Verri (2), e final<br />
mente capo <strong>di</strong> tutta 1’ armata alla battaglia <strong>di</strong> Ponza.<br />
Ecco dunque un altro cancelliere, collega nell’ ufficio<br />
al Bracelli, ma la cui attività ha modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrarsi<br />
altrove e in modo inaspettato; così ricca e <strong>di</strong>versa era<br />
la natura <strong>di</strong> quegli uomini. Usato in tutte le faccende<br />
marinaresche, per cui si richiedesse un esecutore fidato,<br />
nel 1432 egli riceve già dalla repubblica titolo <strong>di</strong> pre<br />
stante uomo e dottissimo (3), quasi prelu<strong>di</strong>o a quel coro<br />
<strong>di</strong> lo<strong>di</strong> e <strong>di</strong> vituperii, che doveva solo tre anni dopo,<br />
levarsi intorno al suo nome. Il Fazio non gli procede<br />
così parziale, come il Bracelli, nel giu<strong>di</strong>zio che pro<br />
nuncia <strong>di</strong> lui, e da parte dello storiografo <strong>di</strong> re Alfonso<br />
(1) B l. F la v ii; Opera omnia, Basileae 1531, p. 302 segg. Federici, ms. cit.,<br />
p. 130. Anche il Fazio lo <strong>di</strong>ce humili genere natus. Cfr. B a r t h . F a c ii; De reb.<br />
gest. al> Alphonso primo C o m m e n tlib. X, Neapoli, 1769, pag. 84.<br />
(2) Iacobi B r a c e lle i; De bello hispaniensi, lib. III.<br />
(3) Lettera del Bracelli in<strong>di</strong>rizzata d’or<strong>di</strong>ne pubblico a Biagio (17 ottobre 1432).<br />
Cfr. art, B elgran o in Caffaro a. XII, n. 79, della cui eru<strong>di</strong>zione mi sono<br />
valso qui. Tra le lettere del Bracelli trovo due anni prima, anche la seguente,<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
questo si capisce; ma anche il Biondo rincara sulle ac<br />
cuse ; e l’ in<strong>di</strong>gnazione dei concitta<strong>di</strong>ni, che del resto<br />
sarebbe facile indovinare per la condotta da lui tenuta<br />
dopo la prigionia <strong>di</strong> Alfonso, traspare dagli atti pub<br />
blici e dall’ epistolario del Bracelli. « Era uom o attivo,<br />
loquace, astuto, scrive il Fazio, <strong>di</strong> animo più alto che<br />
non comportasse il suo grado, ed oltre misura avido<br />
<strong>di</strong> pubblici onori » ( i) ; avversato dai nobili aveva otte<br />
nuto il comando della flotta contro il re <strong>di</strong> Napoli a furia<br />
d’ intrighi in corte <strong>di</strong> Filippo. Senza dubbio il Fazio al<br />
ludeva a ciò che é narrato chiaramente dal Biondo. Era<br />
egli prigione in Venezia insieme con Francesco Spinola,<br />
dopo la rotta che questi ricevette nel 1435. da Pietro<br />
Loredano. Lo Spinola si lasciò allora sfuggir <strong>di</strong> bocca<br />
che tosto il potesse saprebbe bene liberar Genova<br />
dalla servitù del Visconti. Riseppero quelle parole i Si<br />
gnori veneziani, ed avendolo tentato intorno a’ mezzi<br />
da adoperarsi per ciò, fu deciso che Biagio Assereto<br />
fosse rilasciato, sotto colore <strong>di</strong> andare a trattare del ri<br />
scatto de’ prigionieri, ma in effetto per pigliare gli ac<br />
cor<strong>di</strong> opportuni con Tommaso Fregoso. Se non che il<br />
scritta per or<strong>di</strong>ne del governatore, arcivescovo Bartolomeo C a p ra , ed è prova<br />
della molta fiducia riposta nell’ Assereto.<br />
Barthol. Archiepiscopus etc. et Consilium, circumspectis v iris Nicolao de Camulio<br />
tt Matbeo de Auria, patronis duarum navium, <strong>di</strong>lectissimis nostris.<br />
Dilietissimi nostri, mittimus ad vos egregium cancellarium nostrum BIasium<br />
<strong>di</strong> Assereto, cui iniunximus quedam nostri parti vobis referenda : mandamus itaque<br />
vobis ut et relatui eius credatis et mandatis facien<strong>di</strong>s ab eo sim con<strong>di</strong>ctioni pareatis.<br />
Data Clavaris 14 iulii 14)0.<br />
(Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova. Litterar. } lac. de Br.)<br />
(1) F azio ; op. cit., loc. cit. Erat is quidem burniti genere ortus, coeierum vigi<br />
lans, callidus, lingua celeri et expe<strong>di</strong>ta, animoque supra <strong>di</strong>gnitatem ac praeter<br />
quam par erat, honores publicos affedante.<br />
— 54 ~<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 55 —<br />
Fregoso non avendo voluto dar credenza alle proposte<br />
dell’ Assereto, questi si recò dal duca e gli svelò tutta<br />
la pratica. Ecco l’ origine prima della <strong>di</strong>sgrazia <strong>di</strong> Fran<br />
cesco Spinola presso il duca, e del favore che vi godè<br />
per contro 1’ Assereto. Era storia cotesta, o una malva<br />
gia invenzione <strong>di</strong> costui ? Pare che nel secondo modo<br />
la pensasse appunto il Biondo, per le parole almeno<br />
che fa <strong>di</strong>re a Francesco Spinola in un <strong>di</strong>scorso eh’ egli<br />
tiene agli aderenti suoi e nemici della signoria ducale.<br />
Si cospirava dopo Ponza per davvero contro Filippo,<br />
e parlando dell’ o<strong>di</strong>o che il tiranno gli portava, mal<br />
grado le benemerenze da lui acquistate nell’ asse<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> Gaeta, aggiunge : « Ma né i meriti miei, né<br />
gli infiniti della mia famiglia, se pure voleva i miei<br />
<strong>di</strong>sprezzare, poterono mai persuadere la perfi<strong>di</strong>a ed ingra<br />
titu<strong>di</strong>ne solita del duca ad alcuna significazione <strong>di</strong> animo<br />
grato verso <strong>di</strong> me. Anzi 1’ hanno concitata ora ed ar<br />
mata contro la mia persona le calunnie <strong>di</strong> quel perduto<br />
uomo <strong>di</strong> Biagio Assereto » (i).<br />
Di tal maniera si giu<strong>di</strong>cava colui che dopo la glo<br />
riosa giornata, esule volontario dalla patria, ora a Mi<br />
lano , ora nel suo feudo <strong>di</strong> Serravalle-Scrivia, attirava<br />
sopra <strong>di</strong> sé gli sguar<strong>di</strong> ammirati <strong>di</strong> alcuno tra i più<br />
famosi umanisti. Fu certo in corte del Visconti che egli<br />
acquistò lo spolvero, quella vernice <strong>di</strong> signore colto,<br />
passionato dell’ arte antica, dei buoni stu<strong>di</strong>, che gli<br />
procacciò le lo<strong>di</strong> de’ dotti frequentatori dell’aule viscontee.<br />
(i) Ipsius (ducis Me<strong>di</strong>olani) vero perfi<strong>di</strong>a, ipsius solita erga omnes ingratitu<strong>di</strong>ne<br />
summa est factum, cives, ut quem (quae?) infinita nostrae fam iliae, si mea con<br />
tempsisset erga se m erita, ad grati erga me animi significationem aliquam addu<br />
cere nunquam potuerunt, concitaverint nunc (eum?) et armaverint in caput nostrum<br />
per<strong>di</strong>tissimi hominis B h s ii Agereli calumniae. Blondus, op. cit., p. 502 segg.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 56 -<br />
Prima d’ allora l’ ingegno vivo e potente del popolano<br />
genovese ebbe, se giu<strong>di</strong>co bene, ad essere <strong>di</strong>rozzato<br />
appena da una certa pratica curialesca. E i panegirici <strong>di</strong><br />
Ciriaco, del Vegio, del Piccolomini, le cortesi lettere<br />
del Filelfo, del Bracelli 1’ avranno consolato della fred<br />
dezza e noncuranza che i suoi concitta<strong>di</strong>ni affettavano<br />
per lui. Nell’ informazione che il Consiglio degli Anziani<br />
e 1’ ufficio <strong>di</strong> Balìa in<strong>di</strong>rizzò ad Arrigo V I d’ Inghilterra:<br />
« si copre con uno stu<strong>di</strong>ato silenzio la m em oria dello<br />
strenuissimo capitano, e si chiama, è v e ro , la vittoria <strong>di</strong><br />
Ponza meravigliosa e al secolo presente inau<strong>di</strong>ta, ma non<br />
voluta da umano proposito, non conseguita dalle forze<br />
genovesi, bensì donata non da altri che dal Cielo » ( i) .<br />
Di Enea Silvio resta il carme pubblicato, tra gli scritti<br />
ine<strong>di</strong>ti del celebre pontefice, dal prof. Cugnoni (2). E po<br />
steriore <strong>di</strong> parecchi anni al ’3 5, ma si riferisce a questo<br />
tempo, quando il Piccolomini faceva <strong>di</strong>mora nella capitale<br />
lombarda, maturando nella modesta fortuna d’ allora le<br />
speranze ed ambizioni future (3). « Tu solo, o Assereto,<br />
<strong>di</strong>ce il carme, tra le perigliose pugne su d’ un mare infesto<br />
e i gloriati trionfi sul nemico, ti fai venire compagna la<br />
Musa. Assai <strong>di</strong>verso da certi magnanimi capitani che son<br />
(1) Belg r a x o , art. cit.<br />
(2) A tti d. R . Accademia dei L in cei, serie terza, voi. V ili.<br />
(3) Forse anche prima che in Milano, Enea Silvio ebbe opportunità <strong>di</strong> cono<br />
scere in Genova 1’ Assereto, nell’ occasione <strong>di</strong> una visita che egli vi fece tra<br />
il '32 e il '35. Di essa porge infatti sicura notizia una lettera dello stesso Piccolo-<br />
mini, che per alcuni riguar<strong>di</strong> mi sembra importante e il cui testo rimando quin<strong>di</strong><br />
al Documento V I in fine. Parlandovisi delle festose accoglienze, che vennero<br />
fatte agli illustri ospiti da Oldrado <strong>di</strong> Lanipugnano e da Opizzino <strong>di</strong> Alzate in<br />
nome del duca <strong>di</strong> Milano, era assai facile stabilire la data approssim ativa. Debbo<br />
comunicazione del documento all’ usata squisita gentilezza del comm. Belgrano,<br />
che ne chiese per me copia al cav. Lisini, <strong>di</strong>rett. dell’ A rch. <strong>di</strong> Stato in Siena.<br />
Ai due egregi uomini rendo qui pubbliche grazie.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 57 —<br />
sempre in bocca al volgo e cui la fama leva alle stelle,<br />
i quali scacciano i poeti ed esclamano : chi ormai scri<br />
verà versi? chi, se non l’ ebbro <strong>di</strong> vino »?<br />
Ed il poeta esclama con risentimento quasi personale:<br />
H aui ignota cano, nostraque etate probatum est,<br />
Ingenium armato <strong>di</strong>splicuisse duci.<br />
Non così 1’ Assereto, e nel carme s’ introduce 1’ amico<br />
Maffeo Vegio a tesserne un amplissimo elogio.<br />
— « Perchè 1’ Assereto pur in mezzo alle armi ama<br />
<strong>di</strong> tanto amore le Aonie »?<br />
Così interroga il Piccolomini: ed il Vegio a rispon<br />
dere : « Biagio vuol correre ambo le vie dell’ antico va<br />
lore ; or piacesi <strong>di</strong> Virgilio, or prende <strong>di</strong>letto d’ Omero,<br />
e non manco legge <strong>di</strong> poesia che <strong>di</strong> storia. Né paia<br />
strano 1’ amor suo verso i poeti, se è vero che ogni<br />
uomo brama la società de’ suoi pari : già da gran pezza<br />
Minerva non si era mostrata fra lo strepito dell’ armi ;<br />
ma il tempo nostro non può trovare alcuno che somigli<br />
all’ Assereto. Per ciò appunto gli consacro 1’ elogio :<br />
raros vult mea Musa viros » (i).<br />
Lettere private del Bracelli al grande capitano trovo<br />
due, dello stesso anno 1445, ma l’ intonazione del<br />
linguaggio attesta che la loro amicizia durava da lungo<br />
tempo, costante e cor<strong>di</strong>ale (2).<br />
(1) Riporto l’ ottimo sunto che fa <strong>di</strong> questo passo il Belgrano, art. cit,<br />
(2) Quod me immo<strong>di</strong>ce laudas, quod mea tantopere laudas, eo certe errore fit<br />
quo fa cile falluntur amantes: inde quoque est quod absentia tristis es, quod litteris<br />
recrearis. E g o , mi Blasi, praeter eam humanitatem qua caeleris praeis, facile per<br />
suadeo mihi, dum te ad illorum temporum memoriam revocas quibus ut adolescentes<br />
vixim us, dum postea ad sequentium annorum recordationem transis qui tios eodem<br />
munere fungentes in curia devinxerunt, tibi videri me et reliquos illorum temporum,<br />
si qui medo sunt reliqui, recte ac proprie tuos esse, quos si laudas, non aliena, sed<br />
tua laudas. Ms. Br., c. ioo, lett. 5 giugno 1445.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 58<br />
-<br />
Il Bracelli era andato nell’ aprile <strong>di</strong> quell’ anno amba<br />
sciatore al duca, e nella corte milanese aveva riveduto<br />
il suo illustre amico memore ancora de’ piaceri dell’ ado<br />
lescenza , ahimè tramontata da un pezzo , e della cor<br />
<strong>di</strong>ale intimità che li aveva avvinti durante il tempo pas<br />
sato insieme nella cancelleria genovese. E quei ricor<strong>di</strong><br />
rifiorivano cari alla mente dell’ Assereto , perché li re<br />
vocava volontieri coll’ am ico, e questi sod<strong>di</strong>sfatto della<br />
degnazione <strong>di</strong> lui, a rispondere, com’ era naturale: bontà<br />
tua. Nel ritorno da Milano, il segretario erasi fermato<br />
a Serravalle-Scrivia, amorevolmente accoltovi da Fran<br />
cesco, figlio <strong>di</strong> Biagio, e descriveva poi a quest’ ultimo<br />
le cortesi accoglienze quivi ricevute e la cena interpunta<br />
da un certo vino rubinato servito liberalmente , senza<br />
però far torto al moscato che si alternava sulla tavola.<br />
Tiriamo via: il Bracelli fa altrettanto, sebbene ci av<br />
verta che que’ vecchi erano esperti ne’ punti della gola<br />
quasi tanto che nel latino. — « Non mancarono a quella<br />
cena neppure i funghi » esclama l’ um anista, ed era<br />
vamo <strong>di</strong> maggio. Questo sia detto a solo uso de’ buon<br />
gustai, che radunino documenti per una storia della cu<br />
cina. Come caratteristica dei tempi abbia invece qui suo<br />
luogo il ricordo dei versi in onore della Vergine che in<br />
un altro convito, pur esso in casa dell’ Assereto, sentì<br />
recitare da’ graziosi figliuoletti <strong>di</strong> un Antonio da Pe<br />
saro. Era costui pochi giorni prima passato da Genova<br />
<strong>di</strong>retto alla volta <strong>di</strong> Napoli, come ambasciatore del duca<br />
<strong>di</strong> Milano, e il doge Raffaele Adorno e i principali cit<br />
ta<strong>di</strong>ni 1’ avevano ricolmo <strong>di</strong> onori. Forse il sospetto fa<br />
ceva esagerare i riguar<strong>di</strong> verso <strong>di</strong> lui. Difatti con lettera<br />
del 5 giugno, ossia del dì medesimo eh’ egli partiva, si<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 59 —<br />
raccomandava agli ambasciatori genovesi in Napoli :<br />
cc quid tractet, quid impetret, quid demum perfecerit,<br />
curate ut ex vobis cognoscamus » (i).<br />
I ragazzi, com’ è probabile, non seguirono nel suo<br />
viaggio il padre, e la casa <strong>di</strong> Biagio Assereto, visconte<br />
<strong>di</strong> Serravalle e consigliere ducale, è ben naturale che ve<br />
nisse prescelta per una breve fermata. È in tale occa<br />
sione che uno dei convitati, il Bracelli, si era sentito<br />
commuovere alle poesie religiose <strong>di</strong> Simone sanese,<br />
dette con tanto garbo da que’ ragazzi. Ed ecco come<br />
invece del baldanzoso scolio greco o della canzone con<br />
vivale — altri tempi ed altri paesi — che bagnasse il<br />
sommolo dell’ ala in quelle tazze ricolme, si faceva in<br />
nanzi in pieno quattrocento il componimento del me<strong>di</strong>o<br />
evo ascetico, la lauda, e questa neppure in voce <strong>di</strong> canto.<br />
E vero che al <strong>di</strong>fetto supplivano le vocine infantili dei<br />
figliuoli <strong>di</strong> Antonio. Dell’ autore non si trova nulla più<br />
dell' in<strong>di</strong>cazione già riportata, ossia quel tanto solo che<br />
ci avverte essere egli uno de’ laudesi toscani, gli ere<strong>di</strong><br />
ed emuli de’ rozzi e forti poeti dell’ Umbria.<br />
Stefanino, un altro figliuolo <strong>di</strong> Biagio, fu incaricato <strong>di</strong><br />
prenderne copia; e dalla seconda lettera <strong>di</strong> Giacomo al padre,<br />
sappiamo che questo suo desiderio fu accontentato. Ma che<br />
(i) Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova. Litterarum 2 , Iac. de Bracellis ; lett. 5<br />
giugno 1445 a Niccolò Di Negro ed ai colleghi ambasciatori in Napoli. Di<br />
tutt’ altro tenore era un’ altra del 4 giugno al duca <strong>di</strong> Milano. Il doge ed il<br />
Consiglio erano felici <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la loro venerazione al duca e la stima che<br />
facevano delle esimie virtù <strong>di</strong> Antonio, solo dolenti <strong>di</strong> non poter fare <strong>di</strong> più<br />
per la brevità del tempo. Tuttavia mettevano a sua <strong>di</strong>sposizione una galea.<br />
Tra<strong>di</strong><strong>di</strong>mus illi biremem unam recte paratam atque instructam, nutu et imperio<br />
suo regendam, ductoriqtie mandata de<strong>di</strong>mus ut non modo cum Neapolim devehat,<br />
sed insuper, si ille confidat posse intra <strong>di</strong>es sex expe<strong>di</strong>ri ac reverti, sex illum <strong>di</strong>es<br />
prestoletur et revehat.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 6o —<br />
ne avvenisse non so: il zibaldone m anoscritto, <strong>di</strong> cui<br />
mi valgo per queste notizie sul Bracelli, contiene bensi<br />
de’ brutti versi latini e perfino una barbara e assai li<br />
bera eroide in prosa volgare, con un grosso cuore tra<br />
fitto da una treccia, — opera certo o <strong>di</strong> ragazzaccio in<br />
traprendente, o <strong>di</strong> vecchio anche peggio, <strong>di</strong>mentico del-<br />
1 ovi<strong>di</strong>ano : turpis senilis amor — , ma de’ versi <strong>di</strong> Simone<br />
come <strong>di</strong> altri rimatori italiani, niente. Sul qual propo<br />
sito penso che il quattrocento genovese poco o nulla<br />
abbia tatto nel campo della poesia, e assai scarso inte<br />
resse abbia <strong>di</strong>mostrato per 1’ opera fruttuosa degli altri.<br />
Non mi si citi qui il Fallamonica. Quegli mostrerebbe<br />
<strong>di</strong> non capire il moto caratteristico che urge e sospinge<br />
gli intelletti <strong>di</strong> quel secolo, e <strong>di</strong> cui va tenuto conto<br />
specialmente. Bartolomeo Gentile-Fallamonica c h e , sul<br />
finire del quattrocento, scrive un poema <strong>di</strong> quarantadue<br />
canti, allegorico filosofico teologico, quando la luce<br />
dell allegoria era finita da un pezzo, é un anacronismo<br />
nel suo tempo, é uno strascico del passato.<br />
Frattanto il Bracelli, sicuro <strong>di</strong> far cosa grata al suo<br />
potente amico, c’ incastrava abilmente nella lettera il se<br />
guente periodo: « <strong>di</strong> ritorno da Serravalle in patria<br />
molte cose <strong>di</strong>ssi con lode <strong>di</strong> te al doge ed ai magi<br />
strati , e mi pare <strong>di</strong> aver facilmente ottenuto che mu<br />
tassero <strong>di</strong> parere, se la pensavano falsamente sul conto<br />
tuo ». Era cortigianeria da parte del Bracelli? Già non<br />
era solo, l’ abbiam veduto, e alcuno dei citati sarebbe<br />
leggerezza imbrancarlo nel gregge degli adulatori volgari.<br />
Si <strong>di</strong>ca piuttosto che quando un male é il prodotto<br />
spontaneo <strong>di</strong> quell’ ambiente sociale, trova facilmente<br />
non che escusatori, ma anche seguaci. L 'A ssereto non<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
aveva tenuto fede ai compagni <strong>di</strong> carcere, era stato in<br />
grato col suo primo benefattore, lo Spinola, sleale coi<br />
concitta<strong>di</strong>ni. E che perciò? Non facevano tutti così co<br />
loro che calpestavano da padroni questa misera aiuola<br />
terrena, se pur non facevano peggio? Ed egli plebeo,<br />
figlio <strong>di</strong> un povero fabbro, era riuscito, senza le san<br />
guinose perfi<strong>di</strong>e <strong>di</strong> tanti altri, e possedeva la genialità<br />
artistica che a tanti altri mancava.<br />
Inoltre, già fu detto, l’ umanesimo o<strong>di</strong>ava suprema<br />
mente l’ improntitu<strong>di</strong>ne ciompa, nè poteva far colpa al-<br />
1’ Assereto se erasi affaticato in prò suo e <strong>di</strong> un prin<br />
cipe. Alcuni anni più tar<strong>di</strong> a Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci cosi<br />
consigliava il Platina: « Di grazia, allontana questi pae<br />
sani che trasformerebbero le nostre sale in campi da la<br />
voro ; sono genti <strong>di</strong>sadatte, pieni <strong>di</strong> volontà ed incapaci<br />
<strong>di</strong> moderare le loro azioni coll’ uso del mondo e colla<br />
grandezza » (i).<br />
In verità, que’ braccianti, que’ macellai, che come an<br />
ziani del Comune o capitani del popolo s’ impancavano<br />
a legislatori, dovevano urtare parecchio i nervi all’ uma<br />
nista e al consigliere ducale (2). Qualcuno potrebbe<br />
piuttosto chiedere come il nostro Bracelli riuscisse a<br />
conciliare la grazia de’ suoi Signori con l’ amicizia cor<br />
<strong>di</strong>ale verso 1’ antico notaio, che infine, malgrado i for<br />
zati riguar<strong>di</strong>, non era ben veduto. Ma si tenga conto<br />
perciò della speciale con<strong>di</strong>zione fatta nel secolo X V al<br />
cancelliere <strong>di</strong> un principe 0 <strong>di</strong> una repubblica. Que<br />
st’ uomo eh’ era destinato fra tante politiche mutazioni,<br />
(1) P l a t in a; De optimo cive, de<strong>di</strong>cato a Lorenzo de’ Me<strong>di</strong>ci. Cito dal F er r a r i;<br />
Scrittori politici.<br />
— 6 i —<br />
(2) Nel 144.2 tra gli otto capitani del popolo si contava appunto un macellaio.<br />
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— 62 —<br />
ad incarnare in sé la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> governo, aveva l’ ob<br />
bligo <strong>di</strong> assistere all* avvicendarsi perenne <strong>di</strong> vinti e <strong>di</strong><br />
vincitori, senza recarvi alcuna passione personale, con<br />
1’ occhio stesso freddo e scrutatore con cui lo scienziato<br />
osserva le patologiche perturbazioni degli organismi. Ne<br />
aveva 1’ obbligo, se non voleva correre la sorte stessa<br />
dei vinti; ma questo non impe<strong>di</strong>va ch’ egli potesse ser<br />
vire con fedeltà ed amore fino alla vigilia gli sconfitti<br />
del giorno dopo ed intrattenere con essi, anche <strong>di</strong> poi,<br />
amichevoli relazioni. Cosi originava quell’ in<strong>di</strong>fferenza<br />
politica, che doveva essere cagione <strong>di</strong> bene per i nostri<br />
stu<strong>di</strong> storici e <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo male per la nostra libertà.<br />
Nel caso speciale poi le cose correvano, per fortuna<br />
dell’ Assereto, alquanto <strong>di</strong>versamente. Non c erano qui<br />
né vincitori, né vinti. Il duca era pur sempre lo spa<br />
ventacelo vicino che gli Adorno accarezzavano per paura,<br />
i Fregoso attizzavano per vendetta c cupi<strong>di</strong>gia <strong>di</strong> do<br />
minio; che cacciato ieri poteva domani essere <strong>di</strong> nuovo<br />
il riverito padrone. L ’ amicizia del Bracelli e dell' Asse<br />
reto bene rappresentava, panni, l’ identificarsi nel can<br />
celliere della persona pubblica cogli interessi dello Stato,<br />
facendo tacere afflitto gli interessi privati.<br />
Un onorevole officio che la coltura umanistica, chia<br />
mata alla partecipazione degli affari, assunse e sod<strong>di</strong>sfece<br />
mirabilmente dal Salutati in poi.<br />
Di un altro ammiratore dell’ Assereto ho atteso a far<br />
cenno finora, perché ci conduce agli ultimi anni del prode<br />
capitano. Amico <strong>di</strong> mezzo mondo, come dell’ altra metà era<br />
acerbo e maligno riprensore, in corrispondenza epistolare<br />
col Ceba, col Bracelli, con Gottardo, con quanti uomini<br />
insigni vivevano in Genova, sarebbe più che strano<br />
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che gli stessi vincoli d’amicizia non avesse avuto con<br />
1 Assereto. Intendo parlare <strong>di</strong> Francesco Filelfo. Si erano<br />
conosciuti dopo il '35 nella corte ducale, nè l’ umanista<br />
gli era stato avaro <strong>di</strong> proteste d’ affetto. « Detesto, gli<br />
<strong>di</strong>ce, gli uomini i quali nello eleggersi e nel coltivare<br />
gli amici si conformano alle norme del proprio inte<br />
resse ». Ed al Filelfo si doveva crederlo! « É in me<br />
vivissimo il desiderio <strong>di</strong> te, cui giorno e notte ripenso.<br />
Lontano dalla persona, mi sei presente allo spirito, e <strong>di</strong><br />
frequente io richiamo alla memoria i dolci e giocon<strong>di</strong><br />
nostri ragionari. Esulterà l’ animo mio, se avvenga ch’ io<br />
riceva tue lettere » (1). Si ritrovarono poi sette anni<br />
dopo, nei giorni che finita coll’ ultimo Visconti la fit<br />
tizia tranquillità da lui procacciata a xMilano, tutto nella<br />
città era tumultuario, <strong>di</strong> apparecchiato, secondo che<br />
scrive esso Hlelfo, nulla, e d’ ogni parte sorgevano po<br />
tentissimi nemici (2).<br />
Ci fu una sosta in cui il Filelfo, che, malgrado le<br />
proteste, al tornaconto ci badava, si sarà stretto anche<br />
più all’ Assereto nel frattempo <strong>di</strong>venuto podestà <strong>di</strong> Mi<br />
lano. Ma era breve quiete, foriera <strong>di</strong> tempesta. Bacchatur<br />
in omnia mucro, scriveva all’ Aurispa, ed a Biagio :<br />
« Verrei a vederti ogni giorno, se non me lo vietasse<br />
il timore delle spade che corruscano da per tutto nella<br />
città, e tu sai che tra il fragore delle armi, la parola<br />
della legge non si suol più ascoltare: sicché consenti<br />
eh’ io abbia un po’ <strong>di</strong> riguardo alla mia salvezza, fino a<br />
che risplenda un giorno più lieto » (3). Un mese dopo<br />
(1) Lett. is ottobre 1440. Cfr. B e l g r a n o ; art. cit.<br />
(2) Lett. a Giov. Ferufino giureconsulto, Milano, 15 agosto 1447.<br />
(3) Lett. i.° gennaio 1450.<br />
— 63 —<br />
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il superbo gla<strong>di</strong>atore della penna stava per anco tappato<br />
in casa e pregava il potente amico a mandargli notizie.<br />
Ma quella era la volta dei gla<strong>di</strong>atori della spada che si<br />
agitavano sulla piazza, invece. Finalmente la notte del<br />
25 febbraio Francesco Sforza entrava in Milano ( 1 ) , e<br />
per il dì 11 marzo, l’Assereto sottoscriveva un bando<br />
convocante 1’ assemblea generale, onde uscì proclamato<br />
duca il fortunato condottiere. E il Filelfo avrà ricoperto<br />
<strong>di</strong> sue rettoriche lo<strong>di</strong> il nuovo come già il vecchio pa<br />
drone : gli costavano così poco ! Quanto all’ Assereto,<br />
si ritirava, dopo quell’ ultimo atto, nel suo castello <strong>di</strong><br />
Serravalle. Raro è che la dominazione recente si valga<br />
degli strumenti stessi della dominazione passata, ed inoltre<br />
egli doveva essere stanco <strong>di</strong> tante agitazioni. In villa at<br />
tendeva al largo godere ond’ erano capaci quegli uomini<br />
e <strong>di</strong> rado scriveva lettere, tanto che la lingua affilata<br />
del Filelfo gliene moveva rimprovero, tra il burbero e<br />
l’ amichevole, ed ai comuni amici dava già per si<br />
curo eh’ egli fosse irretito in non so quale rustico<br />
amore (2). A cinquant’anni suonati, e con madonna<br />
Pometta sua moglie, che non aveva ad esser cieca, sa<br />
rebbe stata forte. Ma una lettera del Filelfo stesso, <strong>di</strong><br />
poco posteriore (27 maggio 1455), produce ragione<br />
assai più plausibile <strong>di</strong> quel silenzio: una cupa malin<br />
conia opprimeva lo spirito dell’ Assereto ; egli forse pre<br />
sentiva il fine. E il Filelfo, in ciò ammirabile, egli che<br />
<strong>di</strong> parecchi anni lo precedeva nella vita (3 ) , lo esortava<br />
(1) Lett. del Filelfo a Niccolò Ceba, da Milano, 26 febbraio 1450.<br />
(2) Lettere all’ Assereto, 12 ottobre 1450 e i.° gennaio 1455.<br />
(3) Difatti ecco le date: per Biagio, 1405 (?) - 1456; per il Filelfo, 1398-<br />
1481.<br />
— 64 —<br />
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— 6 5 —<br />
a scuotere da sé quella perniciosa infermità dell’ animo,<br />
a raccogliersi e provvedere alla gloria. « Stimerò che<br />
tu 1’ abbia fatto, se mi manderai, ciò che spesso ti chiesi,<br />
una relazione della battaglia da te vinta presso Casal<br />
maggiore, contro la flotta veneta. » Accennava al vit<br />
torioso combattimento sul Po, del 15 settembre 1448.<br />
Ma Biagio non ne fece nulla, pare: forse l’ illustre<br />
capitano pensava che anche la gloria, la dea cui tutti si<br />
prosternavano nel Rinascimento a prezzo <strong>di</strong> tante bas<br />
sezze e <strong>di</strong> tante colpe, era anch’ essa una grande vanità.<br />
Morì il 25 aprile del 1456 (1).<br />
IV.<br />
Ed ora brevemente <strong>di</strong> un dotto conoscitore <strong>di</strong> antichità<br />
che ho già presentato al lettore, Eliano Spinola. Non solo<br />
egli si conosce perfettamente d’ oggetti d’ arte, ma può<br />
<strong>di</strong>rsi principe degli antiquari genovesi: egli che si mantiene<br />
in corrispondenza con tutti i paesi del mondo e lui stesso,<br />
o me<strong>di</strong>ante suoi incaricati, acquista gemme, medaglie,<br />
monete antiche per rivenderle nello stesso modo a’ più<br />
ricchi e famosi signori del suo tempo. Ecco il <strong>di</strong>vario<br />
tra lui e Andreolo: quello nobile, e per genialità <strong>di</strong><br />
sentimento, artista; questo patrizio come il primo, ma<br />
patrizio mercante, che aveva capito il gusto del suo se<br />
colo in quanto esso offriva <strong>di</strong> più raffinato, e si vol<br />
geva con proprio profitto a sod<strong>di</strong>sfarlo. L amore del<br />
raro, del costoso, del superfluo, purché squisito come<br />
(1) La data è del Prof. Belgrano; art. cit.<br />
A t t i S oc. L io. St . <strong>Patria</strong>. Voi. XX11I. 5<br />
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gingillo, che in <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> tempi costituisce il<br />
capriccio e la voluttà <strong>di</strong> una classe speciale <strong>di</strong> u o m in i,<br />
letterati e cultori dell’ arte, allora forma la compiacenza<br />
universale de’ dotti e de’ ricchi, fossero poi questi eccle<br />
siastici, o cavalieri, o capitani. Ciriaco offre a Sigis<br />
mondo, come già il Petrarca aveva fatto con Carlo IV ,<br />
una moneta d’ oro <strong>di</strong> Traiano, e nel suo pensiero do<br />
veva forse essere immagine <strong>di</strong> quella maestà imperiale<br />
che dai Cesari romani pretendevasi passata nei Cesali<br />
germanici. Borso d’ Este, il primo duca <strong>di</strong> Ferrara,<br />
dona a Ludovico Vallèe, luogotenente del re francese<br />
Carlo VII, e governatore <strong>di</strong> Genova, alcuni orcioletti <strong>di</strong><br />
cristallo, volendo forse che fossero, al ritorno <strong>di</strong> quello<br />
straniero nella sua patria, una pallida imagine della bel<br />
lezza d’ arte raggiunta dal rinascimento italiano. Si eia<br />
nel 1460 e la risposta, con tutta probabilità del Bracelli,<br />
suona ammirazione pel dono — certo lavoro <strong>di</strong> un arte-<br />
fìce antico, chè non saprei altrimenti comprendere tanto<br />
lusso <strong>di</strong> iperboli per alcuni fiaschetti <strong>di</strong> vetro comune<br />
— ed ammirazione per la splen<strong>di</strong>dezza del duca ( 1 ) .<br />
(1) Ms. Br. c. 34; v. pure e<strong>di</strong>z. <strong>di</strong> Parigi, 1520 , fol. 61 r. Questa e<strong>di</strong>zione<br />
contiene le opere principali del Bracelli colla intitolazione :<br />
Jacobi Bracellei Genuensis Lucubrationes / De bello H ispaniensi lib r i quinq. /<br />
D e Claris Genuensibus libellus unus. / Descriptio Lyguriae libro uno. j E pistola) utn<br />
lib. unus / Adclitumquc <strong>di</strong>ploma mirae antiquitatis / Tabellae in a g ro G en uen si<br />
reperì ae.<br />
— 66 —<br />
Segue la lettera de<strong>di</strong>catoria <strong>di</strong> Agostino Giustiniani vescovo <strong>di</strong> Nebbio a<br />
Renato <strong>di</strong> Savoia, colla data: Parisiis I<strong>di</strong>bus A p rilis , M D X X . La numerazione<br />
incomincia dalla terza carta con numeri romani, in questo m odo: fb. IH e<br />
seguita fino a fo. LX X I. Al fo. LII si legge :<br />
Epistolas quasda prestantissimi D om ini Jacobi Bracellei G enuensis / quas <strong>di</strong>spersas<br />
invenimus, hic or<strong>di</strong>natim scripsimus. Ed al fo. LIV :<br />
Epistolae sequentes quib. nomen Jacobi Bracellei non prae / p o n it u r , non sunt<br />
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Questa, come sappiamo dal Filelfo e dal Castiglione, formò<br />
per molti anni ancora il rimpianto <strong>di</strong> tutti coloro che<br />
andavano alla ricerca <strong>di</strong> un Mecenate, sicché ne nacque<br />
il proverbio: Non sono più i tempi del duca Borso (i).<br />
Così fatti quegli uomini e quegli entusiasmi.<br />
« Più la guardo quest’ opera, gli scrive il La Vallèe,<br />
e maggior meraviglia me ne prende, però che sebbene<br />
la materia <strong>di</strong> per se stessa ne sia preziosa, tuttavia<br />
l’ ingegno e l’abilità dell’artefice pare che superi <strong>di</strong> gran<br />
lunga ogni specie <strong>di</strong> ammirazione e <strong>di</strong> lode. » E da<br />
buon cavaliere avvisa che lo ricambierà col dono <strong>di</strong> alcuni<br />
corsieri, non appena ne abbia degni <strong>di</strong> esser regalati al<br />
duca Borso (2). Il lettore comprenderà da ciò, se pur<br />
eius nomine datae, sed quia ab eo <strong>di</strong>ctatae / et scriptae creduntur, Bracelleanis in<br />
terserentur.<br />
Finiscono al fo. LXX colla in<strong>di</strong>cazione: In ae<strong>di</strong>bus Ascensianis, anno M D X X<br />
ad Nonas Augusti.<br />
Il Panzer, il Mazzucchelli, il Niceron, il Vossio ed Apostolo Zeno citano<br />
altre e<strong>di</strong>zioni delle opere del Bracelli. Delle parecchie ricorderemo qui solo<br />
quella fatta dagli ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Antonio Bla<strong>di</strong>o, Roma 1 573 in 4.0, colla de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong><br />
Bartolomeo Gorla a Gio. Battista Bracelli vescovo <strong>di</strong> Sarzana. Da essa si rileva<br />
che Gian Battista, uomo colto e de<strong>di</strong>to agli stu<strong>di</strong>, vedendo come fosse <strong>di</strong>venuto<br />
raro il libro dell’ avo suo Jacopo, avutone consiglio con dotti letterati, si<br />
decise a darne nuova e<strong>di</strong>zione sull’ antica stampa, ragguagliata sopra i mano<br />
scritti ; librisque iampridem impressis cum aliquibus manuscriptis colìatis.<br />
[1 Mabillon trasse poi dal Cod. Vaticano 1979, già della Regina <strong>di</strong> Svezia,<br />
un’ altra operetta del Bracelli che inserì nel t. I, p. 227 del suo: Musaeum<br />
Italicum, col titolo seguente : De precipuis genuensis urbis fam iliis relatio ad<br />
Henricum M erla, <strong>di</strong> cui si conserva nella stessa vaticana altro co<strong>di</strong>ce, n. 1379,<br />
già appartenuto ad Alessandro Petavio. Devo queste in<strong>di</strong>cazioni bibliografiche<br />
alla gentilezza dell’ egregio Prof. Neri.<br />
(1) Filelfo, lettera a Leonardo Grifo in Rosm ini, Vita del Filelfo, II, 181 —<br />
C a s t ig lio n e , Cortigiano, II.<br />
(2) Ve<strong>di</strong> Documento V II in fine. — La lettera mi pare anche esempio notevole<br />
dello stile epistolare del Bracelli. Non è ine<strong>di</strong>ta , ma leggendosi solo nell’ e<strong>di</strong><br />
zione rara <strong>di</strong> Parigi 1520 non potrebbe essere a mano <strong>di</strong> tutti i lettori: mi par<br />
quin<strong>di</strong> non inutile riportarla.<br />
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ce n’ era bisogno, l’ importanza dello Spinola che sapeva<br />
riunire il culto della scienza antiquaria con la cura de<br />
proprii affari. Egli ha libero accesso nell’ aula dei Ponte<br />
fici e del Re d' Aragona: con lui intrattiene affettuosa<br />
corrispondenza il car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Pavia, Iacopo A m m annati;<br />
Pio II, infervorato nel 14 6 1 della sua guerra contro il<br />
# • •<br />
Turco, si rivolge a lui, affinché persuada 1 reggitori<br />
della Repubblica a por termine alle guerre fraterne, a<br />
prendere parte efficacemente , come potevano, nella co<br />
mune impresa contro il nemico del nome cristiano. Non<br />
era piccolo onore per un antiquario, e ciò sentiva anche<br />
lo Spinola che ne ringraziava il Pontefice con parole in<br />
un tempo modeste e riconoscenti ( 1) . E con amabilità<br />
<strong>di</strong>gnitosa <strong>di</strong> gentildonna, Teodora Vival<strong>di</strong> Spinola, due<br />
anni prima, ringraziava la principessa Ippolita Maria <strong>di</strong><br />
Napoli che le aveva inviato un ricco dono, unicamente<br />
perché figlia <strong>di</strong> Eliano (2). Nè la Repubblica, com era<br />
naturale, lasciò in <strong>di</strong>menticanza questo benemerito citta<br />
<strong>di</strong>no. Anziano del Comune nel ’3 8, ambasciatore al Re<br />
d’Aragona nel *51, nel ’6o con altri sette citta<strong>di</strong>ni uffi<br />
ciale della moneta, nel ’6i , insieme con Antonio Bra<br />
celli e quattro altri, eletto a trattare col legato fioren<br />
tino (3).<br />
Ma per esser più esatti, il suo nome comparisce fin<br />
dal '33 in un atto.<strong>di</strong> nobile previdenza, in prò de’ suoi<br />
concitta<strong>di</strong>ni. Difatti il Federici nello Scrutinio della uo-<br />
(1) J. B racelleu s; De getiuensibus claris etc., Ms. membranaceo sec. X V ,<br />
della Bibl. Univ. in Genova (B , i , 32). Ve<strong>di</strong> Documento V i l i , in fine.<br />
(2) E<strong>di</strong>z. <strong>di</strong> Parigi cit., fol.• 61 r. e 62 v.<br />
(3) Mi valgo per questa data del C ic a l a ; Ms. cit., ampio zibaldone com pi<br />
lato coll’ aiuto <strong>di</strong> documenti d’Archivio.<br />
— 68 —<br />
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iltà ligustica, ricorda con onorevoli parole il Signore<br />
<strong>di</strong> Ronco, Eliano Spinola, che in quell’ anno institui un<br />
multiplo nel banco <strong>di</strong> S. Giorgio, con notevole bene<br />
ficio della Repubblica e dei suoi <strong>di</strong>scendenti (i). Dubito<br />
che la lacuna che trovasi nelle memorie <strong>di</strong> lui, dal 1438<br />
al *51, <strong>di</strong>penda da’ viaggi intrapresi intorno a questo<br />
tempo da Eliano. La sua fama <strong>di</strong> amatore ed intendente<br />
<strong>di</strong> preziose antichità probabilmente non venne che in<br />
seguito alle sue escursioni in Oriente. Anche il Pizzicolli<br />
avea fatta così la sua educazione. E se non bastassero<br />
le congetture, ecco qualche in<strong>di</strong>zio. Antonio Astigiano,<br />
che ci avvenne già <strong>di</strong> nominare, tra gli anni 1446 e<br />
14 4 7 , desiderando <strong>di</strong> ritornare in Genova come profes<br />
sore <strong>di</strong> rettorica ed eloquenza, scrisse una serie <strong>di</strong> epi<br />
stole in versi de<strong>di</strong>cate ai più ragguardevoli personaggi<br />
genovesi, collo scopo <strong>di</strong> propiziarsene il favore. C ’ è<br />
un po’ <strong>di</strong> tutto, omni genere musicorum, giureconsulti,<br />
me<strong>di</strong>ci, cavalieri, giovani baliosi e gravi uomini<br />
<strong>di</strong> Stato e per finirla, due Spinola, Battista e Caccia-<br />
nimico, ma punto punto il nostro Eliano. Possibile<br />
che la musa parolaia del buon grammatico astigiano<br />
ne avrebbe taciuto, se l’ antiquario fosse stato in<br />
Genova? Non credo, e me ne persuade anche meglio<br />
(1) Ecco alcune altre notizie che desumo dal B u o n a r r o t i, Alberi Genealogici,<br />
Ms. della Bibl. Berio in Genova:<br />
Eliano Spinola quond. Carosii; madre <strong>di</strong> lui Teodorina Spinola <strong>di</strong> Giacomo<br />
— moglie, Argentina Lomellina <strong>di</strong> Oberti. Testamento <strong>di</strong> Eliano rogato da<br />
Lorenzo Villa fin dal 1439.<br />
Era certo parente del nostro quella madonna Eliana Spinola, signora <strong>di</strong> Ronco,<br />
ardente fautrice del duca <strong>di</strong> Milano, che nel 1429, come scrive Giov. Simo<br />
netta , aiutò Francesco Sforza a sottrarsi dalle mani de’ Genovesi, quando il<br />
conte salito l’Apennino e credendosi essere tra amici del duca, s’ avvide in<br />
vece essere capitato tra nemici.<br />
— 69 —<br />
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il fatto ch’ egli non tacque le lo<strong>di</strong> del cor<strong>di</strong>ale amico<br />
<strong>di</strong> Eliano, del Bracelli insomma. Quanto siano sciatti<br />
cotesti <strong>di</strong>stici de<strong>di</strong>cati all’ umanista g en o vese, osserve<br />
remo altrove: teniamo ora conto del fatto per giungere<br />
ad una conclusione (i). L ’ in<strong>di</strong>zio è n egativo; più at<br />
ten<strong>di</strong>bile quello che ci è fornito da Papa Paolo II, una<br />
specie <strong>di</strong> orco per gli umanisti romani, im prigionati,<br />
torturati da lui, ma non insensibile pare a ’ cimelii ra<br />
dunati con <strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o dal nobile genovese, h ben vero<br />
che il Papa parla <strong>di</strong> cose preziose trasportate in Italia<br />
dalla Grecia, dall’ Asia e da altre regioni, senza far chia<br />
ramente parola <strong>di</strong> viaggi, ma coni’ é supponibile che<br />
Eliano si valesse in affari <strong>di</strong> tanta importanza unica<br />
mente <strong>di</strong> agenti? Ciò poteva fare soltanto un principe<br />
banchiere, come Cosimo de’ Me<strong>di</strong>ci, che intratteneva<br />
corrispondenza con tutti i paesi del mondo e poteva va<br />
lersi per le sue ricerche degli uomini più insigni allora<br />
viventi.<br />
- 70 -<br />
La scena con Paolo II è narrata all’ am ico e princi<br />
pale interessato dal Car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Pavia c merita <strong>di</strong> es<br />
sere riferita. Il povero Eliano aveva d’ uopo dell’ inter<br />
posizione del papa per ridurre al dovere un figlio,<br />
incaponito <strong>di</strong> rendersi nell’ or<strong>di</strong>ne dei domenicani. II<br />
padre stesso ne aveva scritto all’ Ammarinati, dolendosi<br />
con onesta libertà del fatto e lasciando intendere che lo<br />
attribuiva ad un raggiro <strong>di</strong> quei frati. Si ricorreva ora<br />
al Pontefice perchè con l’ autorità infallibile che scioglie<br />
e lega persuadesse quel buon figliuolo a dare alla Chiesa<br />
(T) Epist. <strong>di</strong> Antonio Astiano ed. da P. Vayra , in G iorn. Ligustico anno<br />
XVII, p. 220 segg. c 386 scgg.<br />
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— 7 i —<br />
un frate <strong>di</strong> meno, ed alla famiglia un marito <strong>di</strong> più.<br />
Intercessore era l’ Ammannati. — « Eliano? — fece<br />
Paolo II, quando il car<strong>di</strong>nale entrò a parlargliene , io<br />
lo conosco. Egli ha radunato dalla Grecia, dall’ Asia e<br />
da altri paesi molti preziosi oggetti antichi : egli solo<br />
potrebbe, senza danno suo, sod<strong>di</strong>sfare al nostro desiderio<br />
e farci cosa gratissima. » — S’ intende che il papa vo<br />
leva comprare, non ricevere in dono, e senza determi<br />
nare nulla, in<strong>di</strong>cava alcuni degli oggetti desiderati : sacre<br />
icone, arazzi, pitture e scolture antiche, ovvero vasi <strong>di</strong><br />
qualsivoglia forma purché <strong>di</strong> materia preziosa, monete,<br />
medaglie d’ oro e d’ argento.<br />
Ma il car<strong>di</strong>nale Piccolomini doveva conoscere, tanto<br />
bene come Eliano, il vezzo della Corte pontifìcia :<br />
Curia romana non quaerit ovem sine lana.<br />
Si era ricorso alla graziosa intercessione del papa,<br />
questi aveva accolto con bontà la preghiera <strong>di</strong> Eliano,<br />
non si poteva andarci colle mani vuote, ed ecco il suo<br />
consiglio: « Scegli tra le cose possedute alcun che <strong>di</strong><br />
elegante da donargli. Né potresti esimertene senza taccia<br />
<strong>di</strong> zotica taccagneria. Il restante invia qui, pei tuoi fi<br />
dati agenti e quello che abbia incarico <strong>di</strong> presentare gli<br />
oggetti al papa, <strong>di</strong>ca : cotesto Eliano Spinola ti manda<br />
in dono; dell’ altre cose stabilisci quel prezzo che vuoi. »<br />
Per altra lettera dell’ Ammannati sappiamo poi che il<br />
figliuolo se ne tornò ravveduto a casa, coniugium repe<br />
tens quod tam dure ante <strong>di</strong>miserat (i).<br />
(i) Epistolae et Commentarii Jacobi Piccolomini Card. Papiensis; Milano, 1506.<br />
Cfr. lett. <strong>di</strong> Eliano, 26 novembre 1464 e segg.<br />
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- 7 2 —<br />
Tanto nella miscellanea citata, come nell’ e<strong>di</strong>zione pa<br />
rigina delle opere del Bracelli si leggono q u attro lettere<br />
scritte da lui in nome dello Spinola al re Alfonso<br />
d’Aragona. Probabilmente il mercante genovese ricorreva<br />
al dotto cancelliere perché desse elegante forma latina<br />
all’ umile volgare che gli suonava in bocca. E 1’ argo<br />
mento <strong>di</strong> esse già s’ indovina : lo Spinola procacciava <strong>di</strong><br />
compiacere al gusto del monarca aragonese per le pietre<br />
preziose ( i ) . Ora era un <strong>di</strong>amante eh’ era piaciuto ad<br />
Alfonso per la grossezza e lo splendore, ora un sardonico<br />
<strong>di</strong> cui lo Spinola sapeva mettere abilmente in mostra i<br />
pregi. — a Color enim ex rupe, ut aiunt veteri, iocun-<br />
dum quendam fulgorem ita emittit, ut sine incre<strong>di</strong>bili<br />
quadam voluptate oculus eum contemplari non possit.<br />
Forma ea est in qua longitu<strong>di</strong>ni adeo latitudo respondet,<br />
ut si quis eum ex cera velit effingere, nihil vel addendo<br />
vel minuendo possit in melius mutare. Q u o fit ut cre<br />
dendum sit ingentem eam gemmam fuisse, ex qua tantae<br />
perfectionis lapis excisus est. Intueatur eum quivis oculus<br />
peritissimi artificis. Nullum ibi inveniet vel ex foratione,<br />
vel ex glacie, vel ex perfrictione vitium » (2 ).<br />
Bensi non tutte le ciambelle riuscivano col buco nep<br />
pure a lui, e qualche volta gli toccava veder alcun altro<br />
averci la mano assai più fortunata della sua, sebbene<br />
forse meno consumato conoscitore. Cosi in una lettera<br />
del 14 maggio 1457, si scusa col Re <strong>di</strong> questo che il<br />
rubino, su cui avea da tempo messo gli occhi, gli era<br />
( ! ) 11 F a z io , op. cit., lib. IX <strong>di</strong>ce Alfonso ricco <strong>di</strong> gemme che molte e <strong>di</strong><br />
varie specie ed a gran<strong>di</strong>ssimo prezzo aveva radunate nel suo tesoro, il quale<br />
per magnificenza vinceva quello <strong>di</strong> tutti i re al tempo suo.<br />
(2) Ms. Br. c. 22.<br />
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— 73 —<br />
sfuggito sotto mano per l’ abile giuoco <strong>di</strong> un mercante<br />
più astuto. Ma neppure in tali casi si smarriva ; se non<br />
aveva potuto colla gemma desiderata, egli sapeva solle<br />
ticare la curiosità del principe artista con alcun altra ra<br />
rità e per quella volta erano i braccialetti d’ una regina<br />
<strong>di</strong> Granata, a Io li giu<strong>di</strong>co anche <strong>di</strong> maggior pregio, e<br />
perché sono rara opera <strong>di</strong> arabo artefice, e perchè essi<br />
furono già <strong>di</strong> una regina. » Anche le due perle inca<br />
stonate avevano il loro valore, per quanto si sarebbe<br />
potuto sostituirne due migliori, ma le lasciava, affinché<br />
il Re avesse l’ ornamento muliebre quale veramente,<br />
nella sua origine, era (i). Curioso particolare é il se<br />
guente che ci é dato da una <strong>di</strong> queste lettere. Il signore<br />
<strong>di</strong> Ronco, che doveva possedere non solo rare antichità<br />
nel suo palazzo, ma campi molti al sole, aveva provve<br />
duto del frumento necessario all’ esercito il famoso Ia<br />
copo Piccinino, che nel '56 militava al servizio <strong>di</strong> Al<br />
fonso. Ora il nobile antiquario proponeva al R e , che<br />
invece delle paghe dovute al condottiero, si saldasse a<br />
lui il conto del frumento; se no, gli tornava impossibile<br />
fare acquisto del <strong>di</strong>amante desiderato (2). Il magnifico<br />
Piccinino, dal canto suo, se ne sarà compensato taglieg<br />
giando allegramente i fedelissimi soggetti del Re. Ecco<br />
dei <strong>di</strong>amanti che costavano cari al popolo napoletano.<br />
(1) Ms. Br. a. c. 24. L’ O l i v i e r i; Catalogo ms. della bibl. Univ. in Genova,<br />
in<strong>di</strong>ca un co<strong>di</strong>ce membranaceo romano del sec. X V contenente la lettera del<br />
Bracelli e la data: 14 maggio 1456.<br />
(2) E<strong>di</strong>z. <strong>di</strong> Parigi cit., lett. Genova, 28 luglio 1456.<br />
Ve rum cum precium eius ingens sit, opus est ut in hoc saltem opem mihi conferat<br />
benignitas tua, ut pecuniae quae magnifico Jacobo Piccinino debentur ad me perve<br />
niant in solutionem tritici mei quo se suosque sustentavit ; namque alioquin precium<br />
eius gemmae contrahere ac solvere nullo pacto possem.<br />
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L ’ ultima lettera che abbiamo dello Spinola é quella<br />
che ci avvenne più sopra <strong>di</strong> citare del '6 i, nell occasione<br />
che Pio li, smentendo tutte le speranze latte concepire<br />
da Enea Silvio <strong>di</strong> una specie <strong>di</strong> età augustea, si -gettava<br />
invece con entusiasmo giovanile all’ impresa contro i<br />
turchi. La lettera <strong>di</strong> risposta al pontefice veramente<br />
manca della firma <strong>di</strong> Eliano, ma nella miscellanea da<br />
cui la tolgo fa parte <strong>di</strong> un piccolo gruppo <strong>di</strong> lettere<br />
sue e della famiglia al re <strong>di</strong> Napoli (i). Q uin<strong>di</strong> e per<br />
il posto che tiene nel manoscritto e per l’ intonazione<br />
del linguaggio, si può affermare con sicurezza essere<br />
<strong>di</strong> Eliano. E la data, come s’ é veduto, riscontra ap<br />
punto con la notizia portata sotto lo stesso anno dal<br />
Cicala. Dovette morire poco dopo, perchè manca in ap<br />
presso, e nella miscellanea e altrove, ogni altra memoria<br />
<strong>di</strong> lui.<br />
Questi in somma sono gli uomini rappresentanti della<br />
coltura genovese nel periodo <strong>di</strong> tempo che abbiam o preso<br />
a stu<strong>di</strong>are; ritornare sopra le epistole dell’ astigiano e<strong>di</strong>te<br />
dal Vayra ci sembra inutile, per questo rispetto almeno.<br />
Parecchi <strong>di</strong> quei nomi già li conosciamo, <strong>di</strong> altri pro<br />
babilmente egli stemperava la supposta celebrità e il<br />
supposto mecenatismo ne’ suoi versi brutti, ma brutti<br />
davvero. E il pover’ uomo per giunta dava a cono<br />
scere mille miglia lontano il secreto movente <strong>di</strong> quei<br />
panegirici.<br />
(i) Miscellanea cit., B, i, }2. Erano raccomandati ad Alfonso cd a Fer<strong>di</strong>nando<br />
i figli <strong>di</strong> Lucchesio Spinola, che aveva aiutato con notevoli som m e <strong>di</strong> denaro il<br />
re durante la sua impresa nel Regno. 11 co<strong>di</strong>ce è esemplato <strong>di</strong> m ano <strong>di</strong> G e<br />
rardo Spinola, uno dei figli <strong>di</strong> Lucchesio, che nel 1468 era capitano <strong>di</strong> Lanzano<br />
per Fer<strong>di</strong>nando.<br />
— 74 —<br />
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Al Bracelli scriveva:<br />
S i faveas nostris, praeclare Bracelle, camenis<br />
non potero officii non memor esse tui,<br />
Sed tua perpetuo cantabo nomina versu,<br />
si tantum faveat pulcher Apollo mihi.<br />
Praeterea quantum tribuent mihi numina vires<br />
conabor natos ipse docere tuos.<br />
Tu modo, quaeso, tuam <strong>di</strong>gnare imponere dextram<br />
ut vestra auxilio ponar in urbe tuo.<br />
E ingenuità anche maggiore, sto per <strong>di</strong>re incre<strong>di</strong>bile,<br />
la <strong>di</strong>chiarazione che ricorre cinque <strong>di</strong>stici più avanti,<br />
ossia che per virtù de’ suoi versicciuoli 1’ umanista ge<br />
novese potrebbe conseguire la tanto agognata eterna<br />
fama, purché, ci s’ intende, lo aiutasse a ritornare pro<br />
fessore in Genova.<br />
— 75 —<br />
Tu quoque si nobis faveas, ut spero, perenne<br />
versiculis poteris nomen habere meis.<br />
Sancta simplicitas! Dei nomi noti ci avvenimmo spe<br />
cialmente in quelli della famiglia Fregoso, mescolati alla<br />
rinfusa con gli altri degli Adorno. Farisei e samaritani !<br />
Due volte il nome <strong>di</strong> Niccolò. E veramente egli era tal<br />
uomo su cui dovevano appuntarsi gli sguar<strong>di</strong> si dei let<br />
terati che smaniavano alla ricerca <strong>di</strong> favori, come dei<br />
citta<strong>di</strong>ni che ambivano un buono e pacifico governo.<br />
Degno nipote <strong>di</strong> Tommaso, questi, ne’ maggiori ne<br />
gozi della sua patria, raduna, da quel magnifico signore<br />
che era, un bel numero <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci preziosi; quegli eroe<br />
nella presa del Castelnuovo per Renato d’Angiò, accorto<br />
capitano nella guerra <strong>di</strong> Finale, letteratissimo, siccome <strong>di</strong>-<br />
cevalo il Filelfo, e per genio <strong>di</strong> famiglia e qualità del<br />
l’ ingegno protettore <strong>di</strong> letterati. E della sua gentilezza<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 7 6 —<br />
e coltura abbiamo testimonio più autorevole che non<br />
sia il tolentinate, voglio <strong>di</strong>re Enea Silvio che nella sua<br />
<strong>Storia</strong> d 'Europa ne scriveva onorevoli parole, compianto<br />
insieme per la violenta e prematura sua fine.<br />
Parlando del doge Pietro, assai <strong>di</strong>ssimile dal cugino,<br />
soggiunge: « Egli, mosso dal sospetto che aspirasse al<br />
dominio, fece chiamare Nicolò Fregoso, chiaro per onesti<br />
costumi e per filosofici stu<strong>di</strong> e lo fece uccidere da appo<br />
stati sicari » (i). Anche le donne <strong>di</strong> questa famiglia<br />
erano colte. Nell’ inventario <strong>di</strong> Spinetta Fregoso, morto<br />
nel 1425, tra le ricche vesti e suppellettili preziose si<br />
noverano pure tre libri, un Dante, un Salterio, le tra<br />
ge<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Seneca, e dei due primi é detto espressamente<br />
che appartenevano a madonna Ginevra, vedova del de<br />
funto (2).<br />
Insomma nella repubblica anarchica <strong>di</strong> Genova, come<br />
ebbe a chiamarla il Gebhart (3), e tra le tre o quattro<br />
famiglie ducali che si palleggiavano la signoria, un<br />
(1) A n e a e S ilv ii, Hist. de Europa, in Opera omnia, Basilea, i S71 > P- 445-<br />
Qui et gentilem et patruelem suum, Nicolaum Fregosium honestis moribus prae<br />
<strong>di</strong>tum et philosophiae stu<strong>di</strong>is insignem, ob suspitionem affectari dom inii, vocatum a<br />
se in palatium paratis percussoribus interemit. Non so se nelle memorie sincrone<br />
se ne potrà trovare menzione. Io ho consultato inutilmente il G is c a r d i, Origine<br />
delle nobili famiglie in Genova, Ms. Bibl. Berio, il D e lla C e l l a id. U niv., il<br />
G iu s tin ia n i, il L it t a . Eppure il car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Siena alla vigilia <strong>di</strong> essere eletto<br />
pontefice, non è supponibile che ci andasse alla leggiera nell’ accogliere la no<br />
tizia, e dal linguaggio si capisce che per lui non aveva ombra <strong>di</strong> dubbio. Era<br />
anche benissimo informato dei maneggi <strong>di</strong> Pietro Fregoso : Nunc ambae partes<br />
(Genovesi ed Aragonesi) quasi ex integro ad bellum se parant, quamvis fam a est<br />
Petrum animo fractum, Gallorum implorare auxilia, eorum regi patriae suae p rin <br />
cipatum, quem retinere non potest, pecunia ven<strong>di</strong>turum. Ossia quel mercato che fu<br />
concluso finalmente nel 1458.<br />
(2) Giorn. Ligustico, anno XI, p. 350 segg.<br />
(3) G e b h a r t ; Les orig. de la Renaissance, p. 109.<br />
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- 77 —<br />
importante luogo tiene quella dei Fregoso e si spie<br />
gano facilmente le ampie lo<strong>di</strong> che l’ umanesimo le<br />
tributò allora e poi. E non ne fu avaro neppure verso<br />
i soggetti meno degni. Difatti sullo scorcio del secolo,<br />
con andante più sostenuto che non fosse quello del buon<br />
grammatico astigiano, incomodava le sante Muse il car<br />
melitano Battista Mantovano e per chi ! per tessere il<br />
panegirico <strong>di</strong> Fregosino e Paolo Campofregoso (i). Un<br />
bel paio ! Al primo fuggito col padre a Mantova dopo<br />
il ’64, ossia dopo quell’ anno <strong>di</strong> sfrenato governo <strong>di</strong><br />
cui serbarono lungamente memoria le storie del tempo,<br />
il coraggioso frate de<strong>di</strong>ca una saffica <strong>di</strong> trentuna strofe,<br />
— le più belle d’ Orazio ne hanno meno — <strong>di</strong> cui ecco<br />
le tre prime:<br />
Dulce Musarum, decus et voluptas,<br />
<strong>Patria</strong>e splendor, ligurumque princeps,<br />
Quem fovet dulci gremio receptum<br />
Hospite Manto ;<br />
Impio postquam Genuae tumulta<br />
Missus ex alto Phlegetontis amne<br />
lura subvertit, placidamque pacem<br />
Nuncitts Orci,<br />
Te decet magnos animi dolores<br />
Atque Neptuni salientis aestum<br />
Ferre, et accenso Iove fulgurantem<br />
Fortiter iram.<br />
Per il lettore che desiderasse qualche notizia sulle<br />
gesta <strong>di</strong> cotesto grazioso <strong>di</strong>scepolo dell alma poesia,<br />
decoro e voluttà delle Muse, ecco <strong>di</strong> che accontentailo,<br />
<strong>di</strong>etro la scorta del Giscar<strong>di</strong>. Questi veramente non parla<br />
( i ) B ap t. M a n tu a n i; Opera omnia, Bononiae, 1502.<br />
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— 7 8 —<br />
<strong>di</strong> carmi, ma in compenso ci informa che nel 1487 Fre-<br />
gosino « fece ferire Angelo Ceba perchè parlò per il<br />
ben pubblico » ( 1) — proprio lo stesso anno che spo<br />
sava Clara, figliuola naturale del duca Francesco Sforza;<br />
litigò con Battista Fregoso per Novi, l’ anno 15 0 0 , e<br />
in detto anno tentò che si facesse doge un Fregoso; nel<br />
' 12 uccise il conte Geromino Fiesco, tagliandolo a pezzi<br />
con un’ alabarda, e ferì nel viso Am brogio Fiesco che<br />
era con lui. E mi pare che basti.<br />
Di Paolo Fregoso arcivescovo <strong>di</strong> Genova, car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong><br />
S. Sisto e tutto quel che si voglia, tranne buon eccle<br />
siastico e uomo dabbene, non franca il pregio <strong>di</strong> parlare:<br />
le sue gesta sono note. Sarà forse perchè le in<strong>di</strong>vidualità<br />
s’ imponevano all* ammirazione del Rinascimento e Paolo<br />
ne era una, che Battista Spagnuoli assume per magnifi<br />
carlo la tromba epica.<br />
I versi non son brutti e ricordano inoltre il tratto più<br />
bello nella vita dell’ avventurerò car<strong>di</strong>nale, ossia quando<br />
Sisto IV nel 1481 gli conferì il comando della flotta<br />
contro il turco, ed egli ebbe fama <strong>di</strong> valoroso ed Otranto<br />
venne ricuperata ai cristiani.<br />
Paolo Fregoso parla in persona propria al Cesare<br />
Massimiliano e lo esorta all’ impresa contro g l’ infedeli,<br />
ma prima si <strong>di</strong>a fine in Italia al lungo o<strong>di</strong>o civile :<br />
SeJ quo coepta magis tibi sint secura memento<br />
Pacare Italiam , bellis ut tota se pultis<br />
Tuta sit et concors ad rem conspiret agendam.<br />
La bottata ultima a Cesare è riservata prò fulgosa<br />
propago.<br />
( 1) Cfr. anche G iu stin ia n i; op. c it<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
Et quia post commune, bonum curare salutem<br />
Fas est cuique suam, Pauli precor atque parentum<br />
Sis, Auguste, memor ; laetos habitare sub umbra<br />
Caesaris et nobis liceat, fulgosa propago<br />
Nos quoque pars rerum non aspernanda tuarum.<br />
Il frate carmelitano, da quel dotto uomo che era, sa<br />
peva il fatto suo; uno scambietto rettorico a Cesare ed<br />
al Fregoso, la riverenza era fatta e contenti tutti.<br />
Chiedo scusa per la lunga <strong>di</strong>gressione, ma essa mostra<br />
bene, parmi, l’ atteggiamento dell’ umanesimo <strong>di</strong> fronte<br />
a questa potente famiglia, anche ne’ casi che meno op<br />
portuna era l’ ammirazione. Ai Fregoso mancò non la<br />
splen<strong>di</strong>dezza della vita, o la coltura o 1’ umanità, latina<br />
mente intesa, in parecchi <strong>di</strong> loro, ma il possesso dure<br />
vole del principato.<br />
— 79 —<br />
Se il presupposto fosse avvenuto, s’ avrebbe senza<br />
dubbio avuto un coro <strong>di</strong> lo<strong>di</strong> più largo e più pieno.<br />
Ciò malgrado le simpatie non furono da parecchi punto<br />
<strong>di</strong>ssimulate : ma bisognava misura, specie in chi, come<br />
il cancelliere, doveva rappresentare non la politica <strong>di</strong> una<br />
famiglia, ma la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un governo. Chi non l’ ebbe,<br />
o patì molestie, come Gottardo Stella, od esulò cercando<br />
più spirabil aere, come il Fazio, il Curio e l’ Ivani.<br />
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— 8o —<br />
C A P IT O L O III.<br />
C a n c e l lie r i e G r a m m a t ic i.<br />
11 Prof. Belgrano ha già osservato che della fioritura<br />
letteraria eru<strong>di</strong>ta in Genova va dato m erito principal<br />
mente ai segretari cancellieri. Ed il Belgrano ha ragione :<br />
« •<br />
volendo estenderci anche un po’ più, la sua osservazione<br />
potrebbe farsi per non piccola parte della coltura uma<br />
nistica in Italia.<br />
Difatti il Panormita ed il Pontano furono segretari dei<br />
re Aragonesi in Napoli, il Salutati, Leonardo Aretino,<br />
Poggio Bracciolini cancellieri della repubblica fiorentina,<br />
taccio i molti celebri segretari dei pontefici. Anche Ge<br />
nova per questo lato può vantare <strong>di</strong> bei nom i. Oltre<br />
Iacopo Bracelli, vanno ricordati Niccolò Stella e Pro<br />
spero da Camogli occupati nella cancelleria della repub<br />
blica, l’ omonimo <strong>di</strong> quest’ ultimo consigliere ducale in<br />
Milano e poi vescovo, il Curio, il Fazio, 1’ Ivani, G ot<br />
tardo Stella, Bartolomeo Senarega. Del Fazio sarà <strong>di</strong><br />
scorso altrove, degli altri toccherò solo d’ alcuni, restrin<br />
gendomi al periodo <strong>di</strong> tempo che mi sono prestabilito.<br />
Di Niccolò e Prospero può <strong>di</strong>rsi ciò che il V oigt <strong>di</strong>ce<br />
per il primo, cioè eh’essi sono annoverati fra gli stu<strong>di</strong>osi<br />
<strong>di</strong> cose antiche, ma non figurano come scrittori, nel<br />
senso più elevato della parola (i). Ed in verità, a solo<br />
titolo <strong>di</strong> dotto antiquario e gentile compagno é ricordato<br />
( i ) V g i g t ; op. cit., I, 4 } i .<br />
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Prospero dal Biondo nella visita che fecero insieme al<br />
tempio d’Apollo ed all’ antro della Sibilla presso Cuma:<br />
— .............arces, quibus aJtus Apollo<br />
praesidet, horrendaeque procul secreta Sibyllae<br />
antrum immane, (En. V I, 9 segg.).<br />
E della grande poesia virgiliana erano compresi 1’ uno<br />
e 1’ altro nel metter piede in quelle sacre rovine, come<br />
si pare dalle parole del Biondo ; ma il merito d’ avere<br />
riconosciuto nella grotta il famoso recesso della Sibilla<br />
cumana, lo storico lo attribuisce tutto al genovese. Ecco<br />
il passo del Biondo:<br />
Est vero celsus in urbe Cumana collis in cuius cacu<br />
mine fuit templum Apollinis, de quo Virgilius: Arces etc.<br />
Et quidem nunc ea in urbe quam vi<strong>di</strong>mus omni destitutam<br />
habitatore praeter rupes saxo stupendas vivo pinnae cernun<br />
tur murorum excelsae, et ubi Apollinis arx fu it, sacellum<br />
est christianum et ipsum vetustate consumptum, nihilque<br />
extat integrum nisi caverna frontespitio decorata manufacto,<br />
quam Sibyllae antrum fuisse socius itineris nostri Prosper<br />
Camulius vir doctus eam ingressus quibusdam coniecturis<br />
affirmavit (i).<br />
- 8i —<br />
Cosi <strong>di</strong> due civiltà la pagana e la cristiana, l’ una so<br />
vrapposta all’ altra, i due amici potevano d’ uno sguardo<br />
solo contemplare le vestigia, non rispettate dal tempo:<br />
immutata rimaneva solo l’ opera della natura, la caverna,<br />
donde la tra<strong>di</strong>zione faceva uscito l’ inspirato linguaggio<br />
della Sibilla, nunzio del rinnovamento del mondo.<br />
Per altro il passo del Biondo lascia pur sempre a<strong>di</strong>to<br />
(i) F l. B i o n d u s ; Ital. ili., Basilea 1 531, p. 4 *3*<br />
A tti S oc. L io . St . P athia. Voi. XXIII.<br />
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6
al dubbio se sia qui fatta menzione del notaio cancel<br />
liere, ovvero <strong>di</strong> quel Prospero Schiaffino da C a m o g li che<br />
già <strong>di</strong>cemmo secretario in corte del Visconti. 11 com m .<br />
C. Desimoni, fondandosi sul passo citato, dà com e cosa<br />
certa che sia il nostro archeologo ; io preferisco lasciare<br />
sub in<strong>di</strong>ce lis (i). Ciò che mi pare si possa legittim a-<br />
mente supporre, anche senza giu<strong>di</strong>ce, é eh’ egli nel '49<br />
tosse già morto. Ditatti il noto passo del B ion d o da<br />
noi riportato, e secondo il quale i più noti letterati ge<br />
novesi erano non più <strong>di</strong> tre: il Ceba, il Bracelli e G o t<br />
tardo Stella, è <strong>di</strong> quell’ anno (2). Dopo l’ onorevole<br />
menzione già veduta e nella stessa opera, <strong>di</strong> Prospero,<br />
il tacerne in quella enumerazione, quando non si dubi<br />
tava <strong>di</strong> mettere innanzi il nome del Ceba, illustre viag<br />
giatore, d’ accordo, ma non veramente letterato, sarebbe<br />
stata grande scortesia. Ma basti <strong>di</strong> coteste prove negative.<br />
Suo padre Niccolò é detto dallo S ca la m o n ti insieme<br />
col Bracelli, egregius pubblicete rei secretarius ( 3 ) , che sa<br />
rebbe quin<strong>di</strong> nel tempo in cui Ciriaco visitò G e n o v a ,<br />
ossia sul principio del 1434. Ma se ne può trovar me<br />
moria prima. Pare che anch’ egli fosse un ardente fautore,<br />
del duca Filippo Maria, e nel 1 4 2 1 , volendo questi im <br />
padronirsi <strong>di</strong> Genova, fu Niccolò da Cam ogli il cancel<br />
liere mandato dai nobili genovesi fuorusciti e dal duca<br />
(1) Giorn. L ig ., anno III, p. 87 segg.<br />
(2) B iondus, op. cit., p. 297. Ecco come si prova : Nello stesso lu ogo è detto<br />
che era allora doge Ludovico Fregoso e che il fratello G iano era m orto da<br />
poco. La morte <strong>di</strong> Giano cade appunto nel <strong>di</strong>cembre 1448, nel '4 9 il dogato <strong>di</strong><br />
Ludovico.<br />
— 82 —<br />
(3) Non è dunque esatto <strong>di</strong>rlo, come fa il V o ig t, predecessore del Bracelli<br />
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al re d’Aragona, per ottenere il soccorso <strong>di</strong> otto galere<br />
della sua armata.<br />
— 8j —<br />
Piccolo soccorso veramente, che tuttavia costò a Bat<br />
tista Fregoso una sconfìtta nelle acque <strong>di</strong> Porto Pisano,<br />
e al fratello Tommaso la per<strong>di</strong>ta del ducato (i). Niccolò<br />
era dunque anch’ esso sban<strong>di</strong>to da Genova ? Ma la Si<br />
gnoria viscontea lo restituì, se così è, in patria quello<br />
stesso anno e ad un tempo nel suo ufficio <strong>di</strong> notaio can<br />
celliere. Nel 1440 Bartolomeo Capra, arcivescovo <strong>di</strong> Mi<br />
lano e governatore pel duca Filippo in Genova, fidato<br />
giustamente nella prudenza e virtù <strong>di</strong> lui, lo costituiva<br />
procuratore e sindaco del comune, presso il ducale com<br />
missario Nicolò Piccinino, al fine <strong>di</strong> risolvere le liti<br />
e controversie pendenti tra il comune <strong>di</strong> Genova e quello<br />
<strong>di</strong> Savona.<br />
L ’ atto <strong>di</strong> procura era rogato dai notai cancellieri<br />
Tommaso <strong>di</strong> Credenza e Biagio Assereto.<br />
Maggior fama levò intorno a questo tempo, per in<br />
gegno e ar<strong>di</strong>tezza <strong>di</strong> indole, quel Prospero Schiaffino che<br />
già <strong>di</strong> sopra abbiamo ricordato. Della patria <strong>di</strong> lui e del<br />
cognome siamo informati con sicurezza per un documento<br />
notarile (2). Il Giustiniani ce lo presenta come uomo<br />
universale e tanto innanzi nell’ astrologia che « molti<br />
credevano, come si <strong>di</strong>ce, che avesse costretto uno spi<br />
rito famigliare » ; della sua natura bizzarra, risentita ed<br />
inquieta, ci fa testimonianza una lettera dell’ Ivani a Fi-<br />
(1) C i c a l a ; Ms. citato, ad ann. 14 2 1. h dello stesso tempo un docum ento<br />
d ell’ O sio colla data del 19 novembre 1421, in cui è designato quale notarius<br />
et communis lamie cancellarius. Cfr. V o ig t , op. c it., I, 4 4 1.<br />
(2) T ro v a to dal Desim oni. C fr. art. Prospero da Canwgli, in Giorn. Lig. I li,<br />
87 segg * * • •<br />
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lippo Gheri (i). « Non mi maraviglio, scrive l ' Ivani,<br />
eh’ egli ora macchini non so che presso gli Elvezi. É<br />
uomo avvezzo al peregrinare, <strong>di</strong> acuto ingegno, intolle<br />
rante dell’ ozio. Un giorno in Liguria gli chiesi perché<br />
si servisse <strong>di</strong> una veste tanto umile e <strong>di</strong>messa. Sappiate,<br />
mi rispose, che una veste magnifica comanda a me, un<br />
abito abietto invece mi obbe<strong>di</strong>sce ». Q uesti lettera del-<br />
P umanista sarzanese ci fornisce pur anche sulla vita dello<br />
Schiaffino, specie nei primi anni della sua carriera, certe<br />
notizie che altrimenti ci resterebbero ignote. Peccato<br />
che i cenni che lo riguardano siano al desiderio troppo<br />
brevi. Per essa sappiamo che Prospero segui in Genova<br />
la fazione degli Adorno, ponendosi sotto la protezione<br />
degli Spinola, fino a che vedendo dai moti tumultuari<br />
dei Genovesi uscirne per sé poco profitto, passò al ser<br />
vizio del conte Francesco Sforza. E il conte, <strong>di</strong>venuto<br />
in seguito duca <strong>di</strong> Milano, lo scelse come abile agente<br />
a trattare parecchi negozi presso il delfino <strong>di</strong> Francia,<br />
in appresso Luigi XI, e lo condusse seco, in qualità <strong>di</strong><br />
segretario nel 1459, nelFoccasione <strong>di</strong> quel congresso <strong>di</strong><br />
Mantova che ebbe per unico risultato dei bellissimi <strong>di</strong><br />
scorsi da parte degli intervenuti; un bel seguito <strong>di</strong> va<br />
riazioni sopra un motivo obbligato, la guerra contro il<br />
Turco. Ci si trovava come oratore del duca anche il<br />
famoso Francesco Filelfo, e questi vi pronunciò un elo<br />
quente <strong>di</strong>scorso, per cui ebbe da Pio II il titolo <strong>di</strong><br />
ottava musa.<br />
- 84 -<br />
(1) G iustiniani, op. c i t , ad ann. 15 19 . — L eiltrt h a it ia n e , m s. c i t ., P isto rio<br />
II, kal. ian. i j j S .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 85 -<br />
Che il dotto pontefice applicasse fin d’ allora al Filelfo<br />
la massima sua favorita, formulata <strong>di</strong> poi nel verso:<br />
Discile pro numeris, numeros sperare, Poetae — ?<br />
Da una relazione che Prospero scrisse alcuni giorni<br />
dopo agli Otto per le compere del Banco <strong>di</strong> S. Giorgio,<br />
piace meglio invece saper più precisamente che cosa<br />
abbia detto lo Sforza, colui che Pio II lodava per mi<br />
litare eloquenza e patriottiche parole (i). Difatti fra tanta<br />
rettorica il suo era, come si <strong>di</strong>rebbe oggidì, un <strong>di</strong>scorso<br />
alla bersagliera. — « Padre Santo, <strong>di</strong>sse mezzo tra il<br />
faceto ed il serio il condottiero duca, troppe cagioni io<br />
ci vedo perchè non s’ abbia tutti a venerare il tuo san<br />
tissimo voto. Primieramente se abbiamo riguardo a Dio<br />
ottimo massimo e alla salvezza eterna, è obbligo nostro<br />
obbe<strong>di</strong>re all’ invito del suo vicario; se poi ci volgiamo<br />
alle ragioni umane, che avvi <strong>di</strong> più onorevole? Perché<br />
in verità se il nemico ci viene adosso, e termina ciò<br />
che ha bene cominciato, l’ età nostra avrà da pentirsene<br />
e noi da vergognarcene. » Si <strong>di</strong>rebbe che delle sorti del-<br />
l’ Italia egli avesse chiara percezione, dell’ Italia che non<br />
sfuggì <strong>di</strong> cadere in balìa dei turchi e <strong>di</strong> rinnovare il de<br />
stino della Grecia, se non perchè si ridusse, neppure un<br />
secolo dopo, alla mercede della Spagna e <strong>di</strong> Carlo V.<br />
Ma chi poteva prevedere nel 1459 tante vicende?<br />
Per allora sembrava fatale che dall’ alto <strong>di</strong> una chiesa<br />
cristiana, scambio dello squillo delle campane, la voce<br />
dell’ imano invocasse anche su terra italiana il soccorso<br />
<strong>di</strong> Allah. Eppure non si trova che Francesco Sforza mo-<br />
(1) Pii l i , Commcnt., op. cit., p. 83.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 86 —<br />
vcss^, in seguito, un solo <strong>di</strong>to per dare effetto alle pro<br />
messe cosi solennemente giurate in quel congresso.<br />
La relazione del Camogli ( i ) é anche documento<br />
dell’ amore che egli sentiva sempre vivo per la patria,<br />
sebbene astretto dalla violenza delle fazioni ad abbando<br />
narla. Egli si doleva che la repubblica genovese non si<br />
tosse fetta rappresentare al congresso, gli <strong>di</strong>spiaceva che •<br />
altri avesse notata l’ assenza, imputandola a negligenza<br />
del comune, mentre fra tutti gli italiani, i genovesi<br />
erano quelli la cui testimonianza avrebbe avuta più fede.<br />
L Ivani lascia intendere che lu la gelosia per l’ auto<br />
rità sempre crescente <strong>di</strong> Cicco Simonetta, quella che lo<br />
indusse alla sua partita dal duca ; essa ad ogni modo<br />
non potè essere prima del 1462. In data del ’6 1 é <strong>di</strong><br />
futi una affettuosa lettera dal car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Pavia <strong>di</strong>retta a<br />
lui che risiedeva sempre a Milano. In essa lo spronava a<br />
giovarsi de’ suoi buoni uffici e passare tosto in corte <strong>di</strong><br />
Roma (2). Ma Prospero, sebbene già avanti negli anni,<br />
nicchiava, sicché era ancora a Milano il 12 febbraio 1462,<br />
come parimente sappiamo da altra lettera già citata <strong>di</strong><br />
Niccolò Ceba. Né le amorevoli parole dell’ Ammannati<br />
ebbero forza <strong>di</strong> deciderlo per allora: forse alla sua indole<br />
subitanea ed ar<strong>di</strong>ta ripugnavano le vie coperte e i rag-<br />
fi) Ms. in Miscellanea Bibi. R. Università <strong>di</strong> Genova, E, III 28, riportata dal<br />
Nigna, Atti della <strong>Società</strong> Lig. <strong>di</strong> Stor. <strong>Patria</strong>, VI, 951.<br />
(2) I a c P ic c o l. , op. cit. — Non ha data, ma allude a lla d ig n iti della por<br />
pora che I’Ammannati ottenne da Pio II , in detto anno. — Ego quod me<br />
oportebam feci, Juissem reprehendendus si secus fecissem. Quando in nostra castra<br />
Ictus migraveris, maiorem adhuc animum senties. Pontifex libi afficitur, fgo afficior,<br />
eadem erit omnium mens cum cognosci incipies. Incipiendum est autem non sero;<br />
ad multam aetatem iam pervenisti et quan<strong>di</strong>u nos qui te amamus simus victuri, »<br />
certum non habes.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 87 —<br />
giri della curia, forse la morte del Piccolomini avvenuta<br />
due anni dopo e l’ elezione <strong>di</strong> Paolo II, papa vano, vio<br />
lento, e in mala voce presso i letterati, lo sconfortò anche<br />
più. La protezione del car<strong>di</strong>nale <strong>di</strong> Pavia non poteva<br />
essergli <strong>di</strong> alcun vantaggio per allora; egli si mise al<br />
servizio <strong>di</strong> Federico III. E consigliere imperiale lo tro<br />
viamo nel *69, al seguito del Cesare tedesco che si tra<br />
vagliava contro i turchi. Il papa, occupato in altre fac<br />
cende, l’ aveva lasciato solo nelle peste sebbene sollecitata<br />
<strong>di</strong> soccorso. — « Fra questo me<strong>di</strong>o, scriveva Prospero<br />
a Sagramoro Menclozzo, messer lo papa ne saluta, et<br />
bene<strong>di</strong>ce de su lo uscio » ( 1) , ossia ne bene<strong>di</strong>ce con<br />
l’ aspersorio dalla parte del manico. Parole singolari per<br />
lo meno in bocca ad un prete. Difatti egli aveva fin da<br />
quel tempo ricevuto gli or<strong>di</strong>ni sacri (2). L ’ Ivani, nove<br />
anni dopo, pareva dubitarne ancora ; ma l’ Ivani procede<br />
avverso anziché no al Camogli (3)» L amico era nel<br />
novembre del '69 oratore del duca in Firenze, e scrivendo<br />
a lui degli avvenimenti <strong>di</strong> là dalle Alpi si accontentava<br />
anche il magnifico Piero de’ Me<strong>di</strong>ci che ne era curioso.<br />
Sgraziatamente il linguaggio <strong>di</strong> Prospero si ravvolge<br />
spesso in ambagi come quello <strong>di</strong> una sfinge, ed ancora<br />
(1) Le due lettere a Sagramoro Menclozzo da Rimini, oratore ducale a Fi<br />
renze, trovansi nell'Arch. <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Milano, Carteggio <strong>di</strong>plomatico, cartella no<br />
vembre 1469, e mi furono cortesemente comunicate dal Prof. Neri. Il march.<br />
d’Adda, tra i mss. della Libreria Viscontea-Sforzesca fa cenno <strong>di</strong> parecchie let<br />
tere <strong>di</strong>rette a Prospero Camulo da Sagramoro, governatore <strong>di</strong> Genova pel duca<br />
<strong>di</strong> Milano nel 1468. Bene congetturava il Desimoni (art. cit.) che quella corri<br />
spondenza dovesse trattare della politica <strong>di</strong> quei tempi. Ne sono conferma<br />
queste due <strong>di</strong> Prospero al Sagramoro piene <strong>di</strong> allusioni politiche.<br />
(2) Jo v i accerto per li sacri or<strong>di</strong>ni in li quali io sutn. Lett. prima.<br />
(3) Haud longe post a Federico Romam venit ac inde, ut accepi, sacerdotium in<br />
gressus aut sacerdotis imaginem gerens, ecclesiastico negocio in Britanniam conten<strong>di</strong>t.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
dubita non essere cauto abbastanza, desidera corrispon<br />
dere in citra. « Aspecto risposta de v o y , quale vorria<br />
tussi in zitra et me mandassi il cifrario per altra via, et<br />
così tenirò la magnificentia <strong>di</strong> Piero advisata et voi del<br />
tutto de qua quanto patirà la honestà m ia et fìdes in<br />
Caesarem ».<br />
Tocca brevemente della con<strong>di</strong>zione sua in quel m o<br />
mento e delle cose occorsegli, ma con la concitazione<br />
<strong>di</strong> linguaggio <strong>di</strong> un uomo nervoso, affrettato, in cui l’ idea<br />
corre più veloce della parola : — « A D io, a la natura<br />
mia de che più volte m’ ha viti admonito per vostre dulce<br />
lettere et ala protession mia, io ho satisfacto per m odo<br />
che me si debe refare. Solum resta in me che io va<strong>di</strong><br />
dal re <strong>di</strong> Ungaria : io ve adviso che ne sum stato pre-<br />
gatissimo da Groffuecher (?) et lo mastro suo de casa,<br />
in mille ardori de preghiere; fin a qui non l’ ho facto<br />
donec intelligam quo animo inter Cesarem et ipsam<br />
maiestatem. Et ultra questo non ho potuto farlo per<br />
detecto de denari: io me ho perduto et argenti et velluti<br />
et libri et vestiti de chamelotto per ducati 2 2 4 in Trieste,<br />
al sacco de la cità, nec potui reparare. E t ho perduto<br />
multe mie scritture che sum mezo desperato ». D e’ be<br />
nefizi ecclesiastici voleva servirsi per acquisto vagheggiato<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza, ed a quelli ricevuti dall’ imperatore unirne<br />
qualcun altro in Lombar<strong>di</strong>a od in Toscana: — « et a<br />
questo modo io porria andar e venir a le spese de la<br />
beneficentia loro, et servire eis quando usus esset et<br />
ha\er uno retracto quando li cani abaino de qua ». La<br />
sollecitu<strong>di</strong>ne in servir Piero de’ Me<strong>di</strong>ci non era senza il<br />
suo perchè. Bensì nell atto che chiede, fa Io svogliato<br />
e il grande. « Questo non vi ricordo per necessità<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 89 -<br />
alcuna mia, iurandovi per Dio che in Ungaria io haria<br />
<strong>di</strong> quelle cose grande che sapiti sono <strong>di</strong> là, quando io<br />
volessi, sed vellem et mihi et meis notum esse ».<br />
Ma lasciamo queste miserie e ve<strong>di</strong>amo il nostro Prospero<br />
sotto un altro aspetto e migliore. Come tutti i dotti<br />
del suo secolo, non sapeva <strong>di</strong>menticare, tra il volteggiarsi<br />
nei negozi politici del tempo, l’ amore pei libri antichi.<br />
— « Ricordai a la magnificentia de Piero uno libro de<br />
la Cosmographia de Ptolomeo che l’ avesse presentato<br />
a la maiestà Cesarea per parte sua, nam so chel seria<br />
stato utile et honorevole ; Dio sa eh’ io <strong>di</strong>co bene. A la<br />
maestà del rey io ho scritto et mandato dei mei proprii<br />
alle spese mie, sicché ho pagato al debito promesso ».<br />
Tutti gli storici dell’ umanesimo rammentano il co<strong>di</strong>ce<br />
<strong>di</strong> Livio regalato da Cosimo al magnanimo Alfonso.<br />
Forse per giu<strong>di</strong>care la <strong>di</strong>versa natura del moto intellet<br />
tuale incominciato <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là dalle Alpi, non è<br />
inutile comparare al Tito Livio aspettato con ansietà da<br />
un re, ormai fatto per abitu<strong>di</strong>ni italiano, quel co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
Tolomeo desiderato da un Cesare germanico e in <strong>di</strong>fetto<br />
del magnifico Piero, offerto da un povero prete <strong>di</strong> na<br />
zione latina e cultore <strong>di</strong> quegli stu<strong>di</strong> latini che si guar<br />
davano con sospetto ancora ed impazienza dal popolo<br />
tedesco. Quanto a Prospero, in mezzo a’ boemi solle<br />
vati, <strong>di</strong> fronte ai turchi minacciosi, pregava Piero gli<br />
facesse trascrivere un’ Eneide e similmente Giovenale e<br />
Marziale — « tutti tre in uno volume oblongo alla<br />
marqua et de littera corsiva dunque bella, minuta perchel<br />
libro sia portatile, solacium itineris, iocondwnquc ochiculum<br />
(sic). Et per la spesa datemene adviso, perchè in Ve<br />
netia ve gli provvedere) . . . ».<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 9 0 —<br />
Gli italiani erano maestri nel commercio librario d al<br />
lora e bastava per tutti Vespasiano fiorentino. « In lo<br />
far arivar de li libri el mio padre Vespasiano, rei de li<br />
librari del m ondo, credo vi troverà lo m o d o bono e<br />
presto. Fra tre dì vado a Neustadt; udsit D eu s ». Ma<br />
il fatalismo italiano non nascondeva all’ acu to in gegn o<br />
il pericolo presentissimo, gli argomenti sc a rsi, m e<strong>di</strong>cine<br />
fredde, come chiamavaie Prospero. « Li turchi ne stren-<br />
gono mirum in modum, et non dubito in lo anno pro<br />
ximo aut haran questa (Praga) presa, aut seran a le<br />
marine de la signoria (veneta) in quello de H ystria ».<br />
Non era <strong>di</strong>fficile essere profeta.<br />
La morte <strong>di</strong> Paolo II probabilmente lo decise ad en<br />
trare nella curia romana. Anche a lui, come al Piccolo-<br />
mini, doveva tornare molesta la zotichezza <strong>di</strong> quei co<br />
stumi oltremontani; e poi l'aveva detto con una delle<br />
sue trasi bizzarre: « vorrei essere noto a me ed ai m iei ».<br />
La benevolenza <strong>di</strong> Federico III tuttavia non gli venne<br />
meno. Di- vero nel ’y8 Sisto IV gli com m etteva tale<br />
incarico in cui la fiducia goduta dall’ eletto è con<strong>di</strong><br />
zione primissima per la buona riuscita. E gli era m an<br />
dato oratore a Federico III per mettere term ine alla<br />
lite che durava da un pezzo tra’ due vescovi <strong>di</strong> C ostan za,<br />
ciascun de’ quali ritenendosi legittimo, scaraventava pel<br />
capo all’ altro titolo <strong>di</strong> intruso, eretico e siffatte dolcezze.<br />
La lettera dell’ Ivani si riferisce appunto a questo negozio.<br />
Desiderava il papa che coll’ autorità <strong>di</strong> Cesare si facesse<br />
un concordato, <strong>di</strong> maniera che l’ eletto <strong>di</strong> R om a restasse<br />
senza contrasto vescovo della chiesa <strong>di</strong> C ostanza ed<br />
all’ altro si desse un’ onesta pensione, o una parte dei<br />
benefizi pertinenti al vescovado per toglier via ogni ca-<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 9I —<br />
gione <strong>di</strong> litigio. E Sisto IV nelle faccende italiane non<br />
andava davvero colla moderazione della quale dà saggio<br />
in queste istruzioni impartite a Prospero. Le censure et<br />
reliqua opportuna reme<strong>di</strong>a si dovevano minacciare soltanto,<br />
ed in caso <strong>di</strong> pervicacia incorreggibile ; nel fatto atte<br />
nersi a quanto proponeva l’ imperatore e se dopo ogni<br />
<strong>di</strong>ligenza ed istanza la concor<strong>di</strong>a riuscisse impossibile,<br />
procurasse che almeno all’ eletto <strong>di</strong> Roma, escluso dal-<br />
1’ ufficio, si concedessero la pensione ed i benefizi che<br />
nel primo caso si consentivano al pretendente. Ciò per<br />
togliere via ogni scandalo, res licet non sit in honore se<strong>di</strong>s<br />
apostolicae etc. (i). Ma forse la Chiesa <strong>di</strong> Costanza non<br />
era se non piccola parte, o un pretesto della missione<br />
<strong>di</strong> Prospero? Porterebbe a sospettarlo un passo della<br />
lettera dell’ Ivani. Prosper Camuleius genuensis, Ador-<br />
nianae factionis vir Spinularum familiae affectus, quem<br />
scribis iussu pontificis Helvetios ad bellum irritasse, mihi<br />
quidem notissimus est (2). Teniamo conto della data:<br />
si era nel '78, dopo la congiura Pazziana or<strong>di</strong>ta per<br />
istigazione del pontefice: fallito il colpo, Sisto IV e<br />
Ferrante avevano gettata la maschera e fatto invadere<br />
da un esercito la Toscana. Invano Luigi XI <strong>di</strong> Francia<br />
minacciava <strong>di</strong> appellarsene ad un concilio, invano l’ im<br />
peratore e 1’ ungherese Mattia ne ammonivano il papa.<br />
Questi furioso voleva farla finita con Lorenzo de’ Me<br />
<strong>di</strong>ci e contro i collegati suoi, tra cui Milano, e maturava<br />
sinistri <strong>di</strong>segni. Per tutta risposta a quei richiami, eccitò<br />
(1) Monumenti storici <strong>di</strong> Sisto IV , Ms. Bibl. Università in Genova, C. IV, io.<br />
(2) Lett. cit. a Filippo Gheri,<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
Genova a ribellarsi contro Milano e indusse g li svizzeri<br />
a invaderne le frontiere ( i ) .<br />
Si servì Sisto IV per la iniqua opera del C a m o g li?<br />
Il Gheri lo scrisse, l’ Ivani lo credeva; m a g lie l’ avrebbe<br />
perdonata Federico 111, risapendolo, com e d o v ev a pur<br />
accadere? Eppure l’ imperatore nell’ anno su ccessivo lo<br />
faceva eleggere a console in Genova per la nazione te<br />
desca (2). Bisognerebbe, se fosse vero, com p ian gere il<br />
Camogli che spendeva un bell’ ingegno al se rv iz io della<br />
peggiore delle cause. Ma 1’ umanista sarzanese in questa<br />
lettera, oltre che prevenuto, non si <strong>di</strong>mostra gran fatto<br />
informato. Già vedemmo eh’ egli stava incerto se Prospero<br />
avesse ricevuto gli or<strong>di</strong>ni sacri, quando invece le istru<br />
zioni <strong>di</strong> Sisto, nello stesso anno, lo in<strong>di</strong>cano col titolo<br />
<strong>di</strong> vescovo catanense. Il Desimoni osserva giu stam en te<br />
che se s’ intende <strong>di</strong> Catania, forse non sedette m ai com e<br />
tale, nè l’ Ughelli, né il Gams portano in alcun lu o g o<br />
il suo nome. Probabilmente, affaccendato in n egozi poli<br />
tici, non gli avanzò tempo <strong>di</strong> risiedere nella sua <strong>di</strong>ocesi<br />
e <strong>di</strong> attendere al bene spirituale del gregge affidatogli.<br />
Egli appartiene alla schiera <strong>di</strong> coloro che recitavano da<br />
attori sulla scena del bene e del male. L ’ eco degli ap<br />
plausi é cessato da lunga mano ed é m olto se della<br />
lode resta una languida memoria. Nella nosrra rapida<br />
rivista dobbiamo ora <strong>di</strong>scorrere <strong>di</strong> taluno cui é debito<br />
con più ragione il titolo <strong>di</strong> letterato.<br />
Già m’ accadde più volte <strong>di</strong> far parola <strong>di</strong> G ottardo<br />
Stella. Della sua attività come cancelliere della Repub-<br />
(1) G regorovius, op. cit., VII, 2 9 1.<br />
(2) Desim o n i, art. cit.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 93 “<br />
blica sono testimonianza le numerose lettere da lui<br />
scritte per or<strong>di</strong>ne pubblico, della dottrina umanistica<br />
l’ onorevole menzione del Biondo nell’ Italia illustrala.<br />
Era nato a Sarzana ed il suo vero nome era Gottardo<br />
de’ Donati; ma accolto nella famiglia Stella 1’ anno 1454,<br />
assunse in appresso questo cognome (1). Il Cerini pone<br />
la sua venuta a Genova nel 1435 ; e la data si rende cre<br />
<strong>di</strong>bile, perché lo Scalamonti, nel citare i <strong>di</strong>stinti letterati<br />
che Ciriaco conobbe nella sua visita in questa città, ri<br />
corda il Bracelli e Niccolò da Camogli, ma tace <strong>di</strong> Got<br />
tardo (2). Il viaggiatore anconitano in fatto <strong>di</strong> lo<strong>di</strong> se<br />
guiva l’ oraziano : haec damusque petimusque vicissim , e<br />
c è da scommettere uno contro cento che non sarebbe<br />
passato in silenzio il nome del vivace sarzanese, se si<br />
fosse in quell’ anno trovato a conversare con lui. La<br />
repubblica, per succedersi <strong>di</strong> signorie e specialmente la<br />
famiglia Fregoso, non mancò <strong>di</strong> valersi dell’ opera sua<br />
in pubbliche ambascerie ed in gelosi negozi. Sarebbe<br />
cosa lunga fare un elenco delle prime e si starebbe pur<br />
sempre a rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticarne (3). Piuttosto mi piace<br />
toccare dei secon<strong>di</strong> e <strong>di</strong> un curioso documento del '48<br />
(1) Cfr. un eru<strong>di</strong>to articolo dell’egregio N e r i, Giorn. Ligustico, III, 125, segg.<br />
(2) C e r i n i; Memorie stor. <strong>di</strong> Luttigiana, I , 55. — S c a la m o n t i; Vita <strong>di</strong> Ci<br />
riaco, cit.<br />
(j) Ve<strong>di</strong>ne il ricordo passim in G iu st in ia n i, op. cit. e nna ragionata serie in<br />
N e r i; art. cit. Cui sarebbe da aggiungere una missione del '37 nella Luni-<br />
giana per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Tommaso Campofregoso. Doveva radunarvi 500 armigeri<br />
da consegnare a Giorgio Grillo per tentare <strong>di</strong> ricuperare le terre occupate da<br />
Niccolò Piccinino (C ic a l a , Ms. cit., a. 1437. — Cfr. N e r i ; Giorn. L ig., a. X V ,<br />
p. 173). N e l'40 è ambasciatore a Firenze, per informare il sùo governo sulle<br />
cose <strong>di</strong> Toscana e <strong>di</strong> Forlì segnatamente. Nel '58, con Battista Goano e tre<br />
altri citta<strong>di</strong>ni genovesi è mandato al re <strong>di</strong> Francia, cui si era data la città e do<br />
minio <strong>di</strong> Genova.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
che non trovo citato in alcuno <strong>di</strong> coloro che <strong>di</strong>scorsero<br />
<strong>di</strong> Gottardo. È questo un’ assai misteriosa lettera <strong>di</strong> Giano<br />
Fregoso in data del 6 settembre allo Stella allora in<br />
Milano. Per altro la notizia del tempo lascia intrav-<br />
vedere ed indovinare il secreto lavorio. Pare che il doge<br />
avesse intercettato un documento che com provava il tra<br />
<strong>di</strong>mento del conte Francesco Storza verso la repubblica<br />
ambrosiana.<br />
- 94 —<br />
Il doge chiedeva ai magnifici capitani un uom o fidato<br />
cui rivelare i particolari del fatto, ma nello stesso tempo<br />
dava a Gottardo incarico <strong>di</strong> far doppio giuoco col conte,<br />
mettendolo cautamente sull’ avviso. A m bagi <strong>di</strong> quella<br />
sciagurata politica e della politica d’ ogni tem po. Gottardo<br />
si fece esecutore <strong>di</strong> quelle manovre ambidestri ? Non<br />
rinvenni altro documento oltre il presente, e del resto<br />
la battaglia <strong>di</strong> Caravaggio avvenuta il 15 settem bre rom<br />
peva gli indugi. Lo Sforza agiva ormai svelatam ente ;<br />
la repubblica ambrosiana, irrisione della sorte, era per<br />
duta per le vittorie, anziché per le sconfìtte del suo ge<br />
nerale (1).<br />
Un altro particolare parimente taciuto é la prigionia<br />
sopportata da Gottardo, che nel 1442 fu coinvolto nella<br />
caduta <strong>di</strong> Tommaso Campofregoso e de’ suoi aderenti.<br />
Se il manoscritto onde tolgo la notizia non com m ette<br />
errore, ed ho ragione <strong>di</strong> non crederlo, la sua cattura sa<br />
rebbe durata due anni circa, avendo egli seguito, per T o m <br />
maso solo fu fatta eccezione, la sorte degli altri Frego so ,<br />
che soltanto nell’ aprile del '44 furono liberati con ri<br />
sarcimento dei danni patiti. Nello stesso luogo si <strong>di</strong>ce<br />
(i) Ms. Br. c. 94, Veci. Documento IX , in fine.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 95 -<br />
pure che a Gottardo in virtù <strong>di</strong> detta pace fu restituita<br />
per due anni la scrivania <strong>di</strong> Scio. Il che concorderebbe<br />
in parte con la notizia portata dal Serra, ossia che<br />
egli fu cancelliere dell’ uffizio <strong>di</strong> Gazaria e <strong>di</strong> Cipro (i).<br />
Come avviene <strong>di</strong> tutti coloro che ebbero molta parte<br />
nelle faccende del loro tempo e si urtarono con molti<br />
uomini, egli fu segno senza dubbio <strong>di</strong> o<strong>di</strong> ed amori,<br />
<strong>di</strong> ammirazione e <strong>di</strong> biasimo. Il Panormila in una fiera<br />
lettera, per non <strong>di</strong>rla arrogante, che per or<strong>di</strong>ne d’Alfonso<br />
scrisse nel 1456 al doge e all’ officio <strong>di</strong> Balia, ce lo<br />
presenta in atto <strong>di</strong> basso cortigiano. — Aderat quidem<br />
Gotardus ipse tunc legatus vester, cum episcopus Atreba-<br />
tensis communi omnium legatorum nomine <strong>di</strong>serta quidem<br />
oratione me oraret, ut genuenses quoque in universalem<br />
pacem susciperem, cumque ego responderem genuenses pro<br />
sua perfi<strong>di</strong>a paena potius quam pace <strong>di</strong>gnos videri, excla<br />
masse Gotardum (quis non viderit genibus provolutum?)<br />
tua nos saltem clementia, rex humanissime, hac pace <strong>di</strong>gnos<br />
efficiat. — II Panormita allude alle pratiche tentate<br />
già più volte, per venire ad una pace generale degli<br />
Stati italiani e apj arecchiare la guerra contro il Turco.<br />
E come ambasciatore al papa ed al re, la repubblica<br />
aveva inviato il cancelliere Gottardo ; ma tanto era<br />
F o<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Alfonso contro i genovesi e si vivo ancora il<br />
ricordo della vergogna patita a Ponza, che dall’ accordo<br />
generale essi vennero nominatamente esclusi, mentre il<br />
re si travagliava per balzare dal seggio ducale Pietro<br />
Campofregoso e ricondurvi gli Adorno. L ’ ambasciata<br />
che qui si ricorda dello Stella e Fatto suo veramente<br />
(1) C ic a la , M s. cit., ad. a. 1444. — S e r r a ; <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Genova, <strong>di</strong>sc. IV, § 18 .<br />
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non <strong>di</strong>gnitoso per l’ oratore <strong>di</strong> una repu bblica, d o vreb <br />
bero riferirsi all’ anno 1455. Ma l’ aneddoto sarà poi v ero ?<br />
Il Fazio passa sulle lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gottardo con un m e<strong>di</strong>tato<br />
e significante silenzio, egli che non la g u a rd a v a tanto<br />
pel sottile a proposito <strong>di</strong> molti altri : tranne il solito<br />
facundum viru m , non una parola <strong>di</strong> più nel libro X<br />
della sua <strong>Storia</strong>, dove ricorda l’ ambasciata del cancelliere<br />
genovese al re, e nel libro D e v iris illu strib u s 1’ elo gio<br />
<strong>di</strong> Gottardo é saltato a pie’ pari. In com penso egli godè<br />
la stima de’ reggitori della repubblica , <strong>di</strong> principi illu<br />
stri, <strong>di</strong> letterati e statisti autorevoli come Francesco Bar<br />
baro. Questo all’ amico Bertuccio N eg ro , che nel *51<br />
veniva ambasciatore della serenissima veneta a G en o va<br />
scriveva: « Mi fu riferito che e del Bracelli e <strong>di</strong> G o t<br />
tardo si possono trovare costi molte orazioni e lettere<br />
<strong>di</strong> grave dettato ed elegante. Mi farai cosa grata, se al<br />
tuo ritorno procaccerai che a me pure sia fatta parte<br />
delle loro scritture. Quanto e 1’ uno e 1’ altro valgan o<br />
per consiglio, quanto sia il loro valore e nel <strong>di</strong>re e nello<br />
scrivere, è noto » (1). Il nobile senatore e procuratore<br />
<strong>di</strong> S. Marco intratteneva volentieri corrispondenza <strong>di</strong> cose<br />
genovesi con uomini genovesi. Delle sue lettere più an<br />
tiche sono quelle del '36, tra cui una a .T o m m a s o F re<br />
goso che dalla rivolta delia patria contro il Visconti<br />
usciva doge. Il Barbaro sperava che mercé la virtù <strong>di</strong><br />
lui, la città sarebbe liberata da ogni timore <strong>di</strong> servitù (2 ).<br />
(1) C/terum quia relatum est mihi complures orationes et epistolas utriusque<br />
non minus graviter quam eleganter scriptas istic in v en iri, m ihi g ra ta m rem fa c ie s<br />
si dederis operam ut in tuo re<strong>di</strong>tu nos quoque particeps fa c ia s reru m su a ru m .<br />
Quantum uterque consilio valeat, quantum etiam possit <strong>di</strong>cendo et scribendo satis<br />
constat. Lett. al Negro, 12 <strong>di</strong>c. 1451.<br />
(2) Venezia, 13 aprile 1436.<br />
— 96 —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 97 —<br />
E le stesse speranze esprimeva dopo 1’ elezione al geno<br />
vese Bartolomeo Guasco, il maestro <strong>di</strong> grammatica che<br />
altrove ci avvenne <strong>di</strong> ricordare, istitutore forse dei nipoti<br />
<strong>di</strong> Tommaso e custode della biblioteca privata da<br />
questo radunata, come <strong>di</strong>remo più oltre. Figuratevi se<br />
il buon grammatico non avrà fatto la ruota per tanta<br />
degnazione del patrizio veneto. « Mi rallegro teco clic<br />
ad illustre capo dei genovesi sia stato designato Tom <br />
maso Fregoso, il quale eccelle sovra tutti per consiglio,<br />
virtù e grandezza d’ animo » (i). Tra i due letterati<br />
genovesi ed il Barbaro c’ era scambio <strong>di</strong> cortesi uffici e<br />
profferte d’ amicizia cor<strong>di</strong>ali, sebbene alquanto in gota<br />
contegna da parte del senatore — l’ uomo era fatto<br />
così — con molta deferenza da parte del Bracelli e dello<br />
Stella. Si cerchi da chi n’ è curioso quella corrispondenza<br />
nell’ epistolario raccolto dal Quirini (2). Io riferirò qui<br />
una breve lettera del Bracelli a lui, che credo ine<strong>di</strong>ta, e<br />
delle e<strong>di</strong>te ricorderò solo quella che il Barbaro in<strong>di</strong>riz<br />
zava a Gottardo, pregandolo scherzosamente a riman<br />
dargli un Cornelio Tacito che avevagli imprestato. La<br />
lettera ine<strong>di</strong>ta accenna, se non erro, a’ rapporti del Bar<br />
baro colla repubblica genovese ed in essi il Bracelli,<br />
come cancelliere, doveva tornargli certamente utile (3),<br />
(1) Tecum igilur laetor Thomam Fregosium qui consilio virtute ac magnitu<strong>di</strong>ne<br />
animi excellit, illustrem ducem genuensium designatum esse.<br />
(2) F r . B a r b a r i et aliorum ad ipsum Epist., Brixiae, 1843. Cfr. a n c h e : S a b b a<br />
d i n i; Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Fr. Barbaro.<br />
(3) Ms. Pallavicino, in Arch. municip. <strong>di</strong> Genova.<br />
Cl. militi patri lion. Fr. Barbaro ili. dominii Venetiorum legato apud Me<strong>di</strong>o<br />
lanum :<br />
Est milii inter summas precipuasque voluptates, magnifice et cl. miles, te non opi <br />
nari modo, sed verius experiri quanti tc faciam quum soleam virtutes tuas et mt-<br />
Atti S oc. L io. St . <strong>Patria</strong>. Voi. XXlll.<br />
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l’ altra allo Stella, dopo gli affari pubblici de’ quali amava<br />
intrattenersi con lui, parla <strong>di</strong> cose letterarie e più pre<br />
cisamente dello storico latino. « T e ne prego, gli scrive<br />
celiando, tratta in tal modo Cornelio che costi sia ospite,<br />
non concitta<strong>di</strong>no ; né averlo tanto caro che scor<strong>di</strong>, come<br />
si narra dei Lotofagi, l’ antico domicilio » ( i ) . Era una<br />
copia <strong>di</strong> quel prezioso co<strong>di</strong>ce che il Niccoli aveva ge<br />
losamente custo<strong>di</strong>to, non consentendone la trascrizione<br />
se non a pochissimi amici, tra cui Francesco Barbaro.<br />
La data della lettera ci chiarisce che do<strong>di</strong>ci anni prima<br />
che al card. Bessarione , lo storico latino era noto nel<br />
circolo dei letterati genovesi. Difatti solo nel '53 questi<br />
riusciva a trarne per suo uso una copia.<br />
Gottardo ebbe verde vecchiaia e vide gran parte degli<br />
avvenimenti del suo secolo: era ancor vivo nel ’88, poi<br />
ché 1 ultimo atto che ci occorre <strong>di</strong> lui é appunto <strong>di</strong> quel-<br />
1 anno. IZ prima <strong>di</strong> morire ebbe il conforto <strong>di</strong> sentir le<br />
lo<strong>di</strong> del figlio Giuliano encomiato per il suo anim o vi<br />
rile nell impresa <strong>di</strong> Otranto e da Sisto IV creato cava<br />
liere dello spron d’ oro (2). Giuliano era uno dei patroni<br />
rari et pre<strong>di</strong>care- unde cultus ille tui et observatio nata est. Letus accepi litteras<br />
tuas’ ^ tus ^eS l> de<strong>di</strong>que operam ut rnox illustrissimo domino du ci rescriberetur : lit-<br />
t/ras magnificentie tue mitto et preter eas breve quoddam cu i inscriptio tua inest.<br />
Si quid a me ahud curari iubes, in<strong>di</strong>ca et vale. Ex Genua, idus fe b r . 14 44-<br />
(1) Lettera da Venezia a. 1440. Cfr. S a b b a d in i, op. cit.<br />
T. de. B r . tuus.<br />
(2) Elco il breve che Leonardo Grifo, per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sisto IV , m andava a<br />
Gottardo (Ms. Bibl. Università in Genova, copia tratta dal Co<strong>di</strong>ce M agliab. 116 ).<br />
Gotardo Stelle cancellario nostro<br />
— 98 —<br />
Dilecte fili salutem eie. Redeuntibus Januam patronis trirerniiurn classis nostre<br />
visum est nobis specialiter de Iuliano filio tuo, uno ex ipsis patronis, a liq u id ad le<br />
, ita enim virtus eius et laudabiliter impensa opera req u irit, quippe, qui iti<br />
cristiane religionis negocio viriliter se gessit, nostreque de eo optimae opinioni<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 99 —<br />
delle ventun galere, che la repubblica nel 1481 aveva<br />
armato per cooperare alla ricuperazione dell’ infelice città<br />
presa e menata a strazio dal Turco. Nel 1483 egli é<br />
noverato tra i padri del comune.<br />
Che cos’ é rimasto <strong>di</strong> Gottardo come letterato? In<br />
sostanza poco più che il nome, poiché non bastano ad<br />
una durevole fama letteraria, le lettere scritte per ragion<br />
d’ ufficio, e queste copiose, in parecchi volumi d’Archivio<br />
contrad<strong>di</strong>stinti dal suo nome, e l’ orazione da lui pro<br />
nunziata <strong>di</strong>nanzi a Pio II nel congresso <strong>di</strong> Mantova. La<br />
repubblica, per timore <strong>di</strong> re Carlo VII che avversava la<br />
crociata voluta dal papa, non aveva inviato oratori in<br />
quell’ occasione. Pio II se ne dolse, instette e finalmente<br />
addì 25 ottobre 1459 il re accon<strong>di</strong>scese che Meliaduce<br />
Saivago e Gottardo Stella, da Venezia dov’ erano, si<br />
unissero agli inviati regi e si recassero a Mantova (1).<br />
Fu allora che il cancelliere genovese fece il suo <strong>di</strong><br />
scorso, povero fiore perduto tia’ fioretti e fioracci retto<br />
ria che spampanarono allegramente all’ aure propizie <strong>di</strong><br />
quel congresso. Ed il Serra, ed il Neri più recentemente,<br />
lodano coteste scritture, per chiarezza e sapore <strong>di</strong> lingua<br />
classica, malgrado le in<strong>di</strong>spensabili voci moderne, per le<br />
appropriate sentenze in cui alcuna volta il lettore s’ av<br />
viene <strong>di</strong> Cicerone e <strong>di</strong> Seneca, non che dei classici greci<br />
o de’ Padri della Chiesa. Il marchese Girolamo Serra<br />
plene correspoii<strong>di</strong>t. Nos autem in signum nostri erga eum amoris et propter eius<br />
merita ac etiam quia te paterne complectimus creavimus ipsum equitem auratum<br />
eumque, sicut ei <strong>di</strong>ximus, in <strong>di</strong>es commendatum habebimus ; quod pro consolatione tua<br />
volumus bis nostris litteris significare. Datum Corneti etc., <strong>di</strong>e IV oclobris 14 ÌSI,<br />
anno xi.° Pont. nost.<br />
(i) C fr. N e r i, art. cit<br />
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possedeva poi, come nella sua storia attesta, un co<strong>di</strong>ce,<br />
torse autografo ed unico, contenente <strong>di</strong> G ottardo un'altra<br />
orazione a Galeazzo duca <strong>di</strong> M ilano, una lettera conso<br />
latoria ad Ambrogio Senarega in morte <strong>di</strong> su o figlio,<br />
un elogio storico a Gaspare Vimercate govern atore du<br />
cale ed un’ esortazione agli anziani <strong>di</strong> G enova dell’ anno<br />
1466. Ed ancor esso, come tanti altri, andò sm arrito.<br />
Però molto probabilmente, se anche conservato, non avrebbe<br />
aggiunto gran cosa al suo nome. La cancelleria, vanto e<br />
tormento dell’ umanesimo, assorbiva la parte m igliore <strong>di</strong><br />
quegli uomini. Forse egli non ebbe, come l’ am ico suo<br />
Bracelli, il culto <strong>di</strong>sinteressato e modesto delle lettere;<br />
ma è pur vero che né il Bracelli nè alcun altro dei dotti<br />
notai cancellieri produsse quanto avrebbe p o tu to , colpa<br />
la penuria <strong>di</strong> tempo, e gli affari molti che preoccupavano<br />
e <strong>di</strong>straevano la mente.<br />
La stancavano anche: e il Bracelli, scrivendo all’A sse<br />
reto, si rallegrava che fosse capitato a G enova Antonio<br />
da Pesaro, poiché la sua venuta gli procurava una va<br />
canza più lunga delle pur sospirate ferie pasquali ( 1 ) . Se<br />
pensiamo che l’ ambito segretariato avrebbe, quasi certa<br />
mente, tolto modo al Machiavelli <strong>di</strong> scrivere la M an<br />
dragola e le sue gran<strong>di</strong> opere storiche, vien voglia <strong>di</strong><br />
bene<strong>di</strong>re anche la relegazione a San Casciano e la tor<br />
tura onde lo regalarono i Me<strong>di</strong>ci.<br />
Del Curio, per andare in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo, avrei do<br />
vuto <strong>di</strong>r prima; ma le poche notizie biografiche, che in<br />
questo luogo riassumo, si collegano in qualche parte con<br />
il Cassarino, e mi conducono senza salti a parlare <strong>di</strong> questo<br />
fi) Lettera cit. 5 giugno 1445.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— IOI —<br />
grammatico e degli altri. Mi sia dunque permesso, una<br />
volta tanto, <strong>di</strong> scusarmi anch’ io col verso :<br />
D irvelo prim a o poi tant' è lo stesso —<br />
e cominciamo. Egli era stato <strong>di</strong>scepolo del grammatico<br />
siciliano, col quale mantenne in seguito calda amicizia,<br />
sebbene non pare che persistesse molto negli stu<strong>di</strong>. Tra<br />
le lettere d ’ ufficio del Bracelli ve n’ ha una, in nome<br />
dell’ arcivescovo Bartolomeo Capra, con cui si raccomanda<br />
caldamente il giovine Giacomo Curio al re <strong>di</strong> Cipro.<br />
Da essa rileviamo che il Curio si recava colà coll’ in<br />
tenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>morarvi, e <strong>di</strong> attendere forse alla merca<br />
tura che attirava anche i figli <strong>di</strong> nobili famiglie in pro-<br />
vincie lontane dalla patria. La giovine età <strong>di</strong> lui non<br />
potrebbe giustificare altra congettura (i). Quanta <strong>di</strong><br />
mora vi facesse e che cosa positivamente, ignoro. Nella<br />
vita del Curio rimane una lacuna da quest’ anno fino<br />
al 1441, che non mi é riuscito <strong>di</strong> colmare. Certo in<br />
quest’ anno trovavasi già da qualche tempo nella cancel<br />
leria genovese, o meglio forse al servizio de1 Fregoso,<br />
poiché a’ 2 gennaio era mandato dal doge Tommaso<br />
ambasciatore alla regina <strong>di</strong> Gerusalemme e <strong>di</strong> Sicilia. E<br />
da questo tempo, fino alla sua partita definitiva da Ge<br />
nova, gli incarichi pubblici si seguono: nel 1446 amba<br />
sciatore a Firenze, nel '48 al conte Francesco Sforza,<br />
(i) A rch . <strong>di</strong> Stato in G enova, Litterarum 3, Ja c o b i de B r a c ., 26 agosto 14 2 8 .<br />
Acce<strong>di</strong>! ad maiestatis vestre conspectum <strong>di</strong>scretus adolescens Iacobus Curius, civis<br />
noster <strong>di</strong>lectus, eo proposito ut scilicet sub umbra serenitatis vestre eiusque obsequiis<br />
intentus vitam agat. Sperat enim ut maiestas vestra in omne humanitatis et tnu-<br />
nificentie genus sponte sua proclivis devotissimum affectum eius gratum habitura<br />
s it . . . .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
torse per il doppio giuoco voluto ed or<strong>di</strong>nato da G ian o<br />
con il conte e la lepubblica ambrosiana ( i ) > n e^ 5 °<br />
(8 novembre) per rallegrarsi con esso S fo rz a in quel<br />
mezzo <strong>di</strong>venuto duca <strong>di</strong> Milano. Ma aneli’ egli forse <strong>di</strong><br />
sperando per sé, in mezzo ai frequenti tum ulti g en o vesi,<br />
forse scontento <strong>di</strong> Pietro Fregoso, assai d iverso dal vec<br />
chio doge Tommaso, abbandonava dopo q u e ll’ anno la<br />
patria e riparava a Napoli sotto la protezione <strong>di</strong> A lfo n so .<br />
Certo l’ esempio e la fortuna dell’ amico suo B a rto lo m e o<br />
Fazio dovettero entrarci per molto nella decisione presa.<br />
D’ altra parte un eru<strong>di</strong>to amanuense e m iniatore elegante,<br />
com’ era il Curio, doveva tornare assai utile al letterato<br />
ligure allora già salito al grado <strong>di</strong> storiografo del re<br />
Aragonese. Poiché Giacomo Curio non toccò pu n to le<br />
vette dell’ umanesimo, sebbene fosse m olto stim ato in<br />
corte, e l’ opera sua <strong>di</strong> supplemento alla traduzion e <strong>di</strong><br />
Arriano, che il Facio lasciava interrotta per m o r t e , ne<br />
<strong>di</strong>mostri la dottrina (2). Duole che sia per anco ine<br />
<strong>di</strong>to e smarrito tra i manoscritti <strong>di</strong> casa G alliera il<br />
poemetto latino, che il Curio scriveva a com m em orare<br />
la splen<strong>di</strong>da vittoria conseguita da Paolo F re g o so nel<br />
1461 sopra i francesi, presso il colle <strong>di</strong> P ro m o n to rio .<br />
Di poesia latina il quattrocento genovese produsse cosi<br />
poco che, sto per <strong>di</strong>re, anche ogni piccolo pruno farebbe<br />
(1) C icala, Ms. cit., ad ann. 1448. — a II doge e il consiglio degli A n zian i<br />
gli <strong>di</strong>edero istruzione, nella quale si <strong>di</strong>ce essersi inteso che (il C on te) h a m utato<br />
con<strong>di</strong>zione e che ha fatto amicizia con Veneziani, e che lo <strong>di</strong>ca, acciocch é se<br />
ne possa havere cousolatione e che si escusi da prestare li danari dom and ati per<br />
le spese della guerra con Finaro ».<br />
(2) Amicissimi!j fu il Curulus Barlh. F a cii et a<strong>di</strong>utor in supplen<strong>di</strong>i ip siu s operibus.<br />
Mittarelli, op. cit.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 103 —<br />
siepe ; ed inoltre sarebbe questa l’ unica opera veramente<br />
letteraria <strong>di</strong> Iacopo, su cui fondare il valore <strong>di</strong> lui come<br />
scrittore (i). Allo stato attuale, il suo ufficio in corte<br />
dell’Aragonese segnatamente, è anzi tutto quello <strong>di</strong> un<br />
bibliofilo ed amanuense, <strong>di</strong> un degno compagno insomma<br />
del Niccoli, <strong>di</strong> Vespasiano fiorentino, che intorno allo<br />
stesso tempo levavano <strong>di</strong> sé tanto nome, pur in que<br />
sta parte materiale della produzione eru<strong>di</strong>ta. Camillo<br />
Minieri Riccio ci fa sapere che il nostro Iacopo era uno<br />
degli otto amanuensi stipen<strong>di</strong>ati dai re Alfonso e Fer<br />
rante, e che percepiva dal regio tesoro la somma <strong>di</strong><br />
trecento ducati (2). Di alcuno de co<strong>di</strong>ci trascritti da lui<br />
ci danno poi notizie il Delisle ed il Prof. Mazzatinti.<br />
si trovano qua e là sparpagliati, uno nella Biblioteca<br />
Nazionale <strong>di</strong> Parigi, che raccolse in parte le spoglie della<br />
ricca biblioteca aragonese <strong>di</strong> Napoli, ed é una copia della<br />
storia <strong>di</strong> Giustino rilegata colle armi del re Alfonso in<br />
fine, scritta in rosso ed in maiuscole, portando questa<br />
sottoscrizione : Listini Epithome historiar. Trogi Pompei<br />
liber X L1II explicit <strong>di</strong>vo Alphonso regi, Iacobus Curlus<br />
ut potuit excnpsit; altri due sono nella biblioteca del se<br />
minario <strong>di</strong> Siracusa ed in quella del principe Torella <strong>di</strong><br />
Napoli; il primo copia <strong>di</strong> cinque libri delle istituzioni<br />
del Trapezunzio de<strong>di</strong>cati ad inclitum regem Alphonsum,<br />
il secondo, il libro d’ ore dello stesso principe, adorno <strong>di</strong><br />
(1) Anni passati, mi scrive il comm. Belgrano, il canonico Grassi ne dava<br />
ragguaglio alla <strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> patria, come <strong>di</strong> lavoro che egli ebbe<br />
la fortuna <strong>di</strong> poter leggere a suo agio. Peccato che l’ egregio canonico non ne<br />
abbia tratta una copia.<br />
(2) M in ie r i R ic c io ; Cenno storico dell'Accademia Alfonsina, p. io, nota 8.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 104 —<br />
miniature e con lo stemma aragonese ( i ) . C o d ici e mi-<br />
niaturature che, siccome bene osserva il P ro f. M azza<br />
tinti, « illustrano la storia ancora in gran parte ignota<br />
della biblioteca dei re d’ Aragona ed offrono preziosi<br />
materiali per la storia della coltura nel seco lo X V ».<br />
Un altro lavoro del Curio si restringe ad essere in fine<br />
una compilazione: tuttavia é mirabile come in quel fer<br />
vore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> quattrocentisti tutte le forze d ell’ in gegn o ,<br />
dalle più alte alle più umili, avessero un utile im piego.<br />
Il Curio stesso, nella lettera de<strong>di</strong>catoria a Fer<strong>di</strong>nan do, ri<br />
corda il motivo occasionale del libro. Alcuni m esi prim a<br />
della morte del magnanimo Alfonso, finito il desinare,<br />
questi si era ritirato nella ricca biblioteca della sua re<br />
sidenza <strong>di</strong> Castelnuovo per ascoltarvi la so lita lezione<br />
quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> Antonio Panormita. Assistevano il figlio<br />
Fer<strong>di</strong>nando, il Curio ed alcuni altri famigliari, ed essendo<br />
stata fatta menzione del commentario <strong>di</strong> E lio D on ato<br />
sopra Terenzio, il re commetteva incarico al C u rio <strong>di</strong><br />
ridurlo, per maggior como<strong>di</strong>tà, in forma <strong>di</strong> vocabolario.<br />
Di tali sussi<strong>di</strong> nel commentare i classici sentivasi allora<br />
(i) 11 primo co<strong>di</strong>ce trovasi sotto l'in<strong>di</strong>cazione: fondo latino, n u m e ro 49 56. Il<br />
Trapezunzio fu regalato alla biblioteca del seminario <strong>di</strong> Siracusa dal conte C e <br />
sare Gnetani ; è membranaceo con iniziali miniate e consta <strong>di</strong> ff. 3 1 4 . In fine,<br />
in caratteri maiuscoli, leggesi: G e o r g ii T r a p e z u n t i i qnintus et u ltim u s rethoricum<br />
hber explicit: D ivi regis Alfonsi iussu Iacobus Curlus excripsit. Il libro p orta lo<br />
stemma nel recto del fol. 7, con questa nota in carattere m aiuscolo nel penul<br />
timo foglio : Iacobus Antonius Curlus d iv i Alphonsi regis iussu e x scrip sit<br />
feliciter. Cfr. L éo po ld D e l i s l e ; Le Cabinet des Mss. de la Bibl. N a tio n a le , P aris,<br />
1868. G. M a z z a t in t i , La Bibl. Aragonese d i N a p o li, relazione a l M in istro<br />
delta Pubb. Istruzione, in Bollet. uffic. anno 18 8 7 , n. 1064. D e’ co<strong>di</strong>ci trascritti<br />
e miniati da un Ippolito Lunense al tempo <strong>di</strong> Fer<strong>di</strong>nando I dà pure im portanti<br />
notizie il benemerito Prof. M a z z a t in t i, R e l a cit. Nella de<strong>di</strong>ca d’ un trattato sulle<br />
pietre preziose da esso Ippolito volgarizzato, egli si denomina re g iu s lib r a r iu s .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 105 —<br />
forte il bisogno e lo nota anche il compilatore: Caeteri,<br />
ut Papias, Ugutio, Catholicon et si qui alii huiusmo<strong>di</strong><br />
vocahularia, ut aiunt, e<strong>di</strong>derunt, non multi apud literatos<br />
habentur, quos ego tamen non <strong>di</strong>co negligendos (i). Cosi<br />
nacque il lavoro; enei modo identico mi figuro, ossia<br />
per un autorevole desiderio dell’ illustre suo mecenate,<br />
avrà avuto origine il commento alle opere <strong>di</strong> Strabone<br />
<strong>di</strong> cui fa menzione lo stesso Minieri Riccio (i). Questi<br />
cita l’ opera del Curio insieme con altre del Bessarione,<br />
del Bruni, del Bracciolini, come un nobile contributo<br />
all’ accademia napoletana della quale gli scrittori ci<br />
tati furono decoro, e sarà anche vero se si faccia del<br />
l’ accademia in appresso Pontaniana e del dotto circolo<br />
<strong>di</strong> umanisti in corte <strong>di</strong> Alfonso una cosa sola. La let<br />
tera del Curio si <strong>di</strong>lunga con compiacenza sulle parole<br />
<strong>di</strong> consolazione, che gli rivolgeva il re sulla via Capuana<br />
in vederlo vestito a bruno per la morte del padre. L ’ im<br />
maginate voi l’ augusto principe seguito da uno splen<br />
<strong>di</strong>do corteggio <strong>di</strong> cavalieri, <strong>di</strong> prelati, <strong>di</strong> dotti e da un<br />
lungo codazzo <strong>di</strong> popolino vivace e loquace, in ammi<br />
razione della severa eleganza del re sempre vestito <strong>di</strong><br />
nero alla spagnuola, sostare, <strong>di</strong>co, <strong>di</strong>nanzi all’ umile gram<br />
matico e consolarlo del recente lutto con la famigliarità<br />
<strong>di</strong> un eguale?<br />
Penso <strong>di</strong>fatti che tra i maggiori luminari della corte,<br />
cioè il Panormita, il Fazio, il Manetti, ed il Curio ci<br />
corresse per importanza un bel tratto, sebbene il Tallarigo,<br />
fondato sopra non so quali documenti, accozzi il geno<br />
(1) M i t t a r e l l i; op. cit.<br />
(2) M in ie r i R ic c io ; Breve cenno storico intorno all’ accademia Pontaniana,<br />
N apoli, 1865.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— io6 —<br />
vese con i primi due nell’ opera ingrata <strong>di</strong> raddrizzare<br />
le gambe al co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Tito Livio regalato da C o sim o ,<br />
assai malconcio e scorretto. « Mano mano che progre<br />
<strong>di</strong>vano nella correzione, tenevano conferenze con Alfonso<br />
leggendo e chiosando il loro testo ». Fu allora che saltò<br />
in mezzo, armato della sua terribile clava gram m aticale,<br />
Lorenzo Valla, e alla presenza stessa del re , menando<br />
colpi da orbo a <strong>di</strong>ritta ed a mancina, fece sentire acerbo<br />
il dolore delle percosse al Fazio ed al Beccadelli ( i ) .<br />
Ma il Curio penso io che mettesse in servizio de due<br />
illustri interpreti ed amici non più che la sua grande<br />
perizia nel decifrare la scrittura antica; le chiose illustra<br />
tive saranno state degli altri due e me ne conferma<br />
1 osservazione che il Valla nelle Invettive, dove giostra<br />
più terribilmente, si scaraventa bensi contro il Fazio ed<br />
il Beccadelli, ma tace sempre <strong>di</strong> Giacomo Curio.<br />
Del quale, non che della sua vita a Napoli, poco più altro<br />
potrei <strong>di</strong>re. Aveva però famiglia, e <strong>di</strong> essa non era fortu<br />
nato. In una lettera ad un tale Battista Burgaro, scritta da<br />
Napoli il 15 novembre 1456, narra che il figlio prim oge<br />
nito era fuggiasco da casa e vagabondo prima a Palerm o,<br />
poi a Venezia, sicché la povera madre accorata della<br />
morte <strong>di</strong> un altro figliuolino e <strong>di</strong> quella fuga giaceva gra<br />
vemente inferma. Al leggere quel linguaggio addolorato<br />
nessuno dubita del suo amore paterno ; eppure troviam o<br />
in quella lettera alcuni particolari circa il c o n teg n o del<br />
Curio verso il figlio, che paiono ripiombarci nell’ in<br />
civiltà del me<strong>di</strong>o evo. — « Usando, scrive egli, <strong>di</strong> ogni<br />
arte per ritrarlo dalla mala consuetu<strong>di</strong>ne, da ultim o presi<br />
(1) T a l ia r ig o , op. cit., I, p. 118.<br />
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a batterlo inumanamente, poiché lo volevo piuttosto<br />
morto che cattivo. Ma egli <strong>di</strong> giorno in giorno fattosi<br />
peggiore e temendo la severità mia, che avevo deciso<br />
per nessuna ragione <strong>di</strong> non risparmiarlo, se ne andò<br />
prima in Sicilia, quin<strong>di</strong> a Venezia » (i).<br />
Non parrebbe davvero un contemporaneo <strong>di</strong> Vittorino<br />
da Feltre; ma il secolo era pieno <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>zioni, o,<br />
per <strong>di</strong>r meglio, l’ età che tramontava sbatteva ancora la<br />
sua ombra fosca ed antipatica sulla luce del tempo nuovo.<br />
Vedete il Boccaccio ; così voleva il geniale certaldese<br />
che si trattasse la donna, egli che pure aveva creato<br />
l’ immortale figura <strong>di</strong> Griselda ; così trattava il Petrarca,<br />
il gentile il soave Petrarca, il suo <strong>di</strong>sgraziato figliuolo.<br />
Il fuggitivo da casa del Curio era con tutta probabilità<br />
il trascrittore delle Filippiche che il Fazio aspettava im<br />
paziente da Genova, prima che l’ amico mutasse co-<br />
testo soggiorno per quello <strong>di</strong> Napoli. N’ é fatto cenno<br />
in una lettera che il Mittarelli riporta senza data, ma<br />
che dovrebbe cadere verso il ’48, quando il Fazio o<br />
aveva già posto mano, o si apparecchiava a scrivere<br />
la storia <strong>di</strong> Alfonso (2). Per altro il triste incidente<br />
del figliuolo era occorso come s’ è veduto nel ’5 6, ossia<br />
nella prima <strong>di</strong>mora del Curio presso la corte napole<br />
tana.<br />
Più tar<strong>di</strong> il re lo aiutò a maritare una figliuola, gli<br />
accrebbe lo stipen<strong>di</strong>o, lo lusingò nella vanità o nell’amor<br />
(1) Ms. B r., c. 137.<br />
— [07 —<br />
(2) Con lettera da Napoli, 26 sett. 1451, il Fazio ringraziava il Barbaro d ella<br />
cortese am icizia offertagli, ed avvertiva aver egli già pubblicati sette libri della<br />
sua storia; ora attendeva a vii altri. Cfr. S abba d in i, Lettere ine<strong>di</strong>te <strong>di</strong> F. Barbaro.<br />
Bisognerà quin<strong>di</strong> per la prima redazione, risalire almeno a tre anni innanzi.<br />
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proprio che é a un <strong>di</strong>presso la stessa cosa, con lo<strong>di</strong> e<br />
cortesi profferte.<br />
Il vocabolario terenziano compilato sopra il com m ento<br />
<strong>di</strong> Elio Donato Io scriveva in villa, lungi dal frastuono<br />
della popolosa città; ed in sostanza, se forse non potè<br />
colle liberali largizioni del monarca aragonese mantenere<br />
carrozza e cavalli come il coetaneo Giannozzo Manetti,<br />
per lo meno non credo ebbe a dolersi del tram utam ento<br />
dalla patria a Napoli. Nella lettera de<strong>di</strong>catoria a Fer<strong>di</strong><br />
nando commemora i dotti uomini che il defunto re ono<br />
rava nella sua corte, e duolsi non avesse potuto inter<br />
venirvi per l’ immatura fine anche Antonio C assarino,<br />
già professore <strong>di</strong> grammatica a Palermo, precettore <strong>di</strong><br />
esso Curio anni prima, e traduttore della P olitela <strong>di</strong><br />
Platone de<strong>di</strong>cata ad Alfonso.<br />
— i o 8 —<br />
II.<br />
Il nome del Cassarino mi conduce naturalmente a ragio<br />
nare degli eru<strong>di</strong>ti chiamati come lettori pubblici e maestri<br />
<strong>di</strong> grammatica ad insegnare in Genova, o nelle città<br />
del dominio. Ma prima occorre premettere poche n o tiz ie<br />
sulle scuole ecclesiastiche e laiche, rifacendoci alquanto<br />
da più alto, ossia a’ secoli me<strong>di</strong>evali. Fu 1’ umanesimo<br />
che propriamente fece sentire il bisogno <strong>di</strong> un in segna<br />
mento laico. Certe testimonianze della vitalità e perennità<br />
<strong>di</strong> esso anche ne’ secoli anteriori non mancano, e furono<br />
raccolte dal Carducci con quella competenza che a tutti<br />
è nota. Ma, per ripetere le sue stesse parole : — « non<br />
ostante le testimonianze che finora stu<strong>di</strong>osamente racco<br />
gliemmo . . . intorno alla persistenza del sentimento clas-<br />
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— 109 —<br />
sico, pagano nelle lettere e ne’ maestri <strong>di</strong> lettere in<br />
opposizione al genio e allo spirito ecclesiastico e anche<br />
cristiano, non si può <strong>di</strong>sconoscere la prevalenza dell’ ele<br />
mento ecclesiastico in tutta la coltura italiana dei se<br />
coli IX e X » (r). Le scuole instituite ne’ principali<br />
centri d’Italia erano dunque ecclesiastiche, in ispecie epi<br />
scopali. S’ intende che la Chiesa occupandosi del progresso<br />
in<strong>di</strong>viduale del chiericato, non de’ laici, anche lo spirito<br />
<strong>di</strong> quelle scuole aveva ad essere essenzialmente religioso,<br />
come nel sec. VIII era stato inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Garlomagno<br />
che fosse. In quel tempo, ecco che cosa dovevano im<br />
parare i ragazzi, secondo i moniti del Capitolare <strong>di</strong>retto<br />
da Aquisgrana il 23 marzo 789: psalmos, notas, can<br />
tus, grammaticam per singula monasteria et episcopia <strong>di</strong><br />
scant et libros catholicos bene emendatos habeant, et pueros<br />
vestros non sinite eos vel legendo, vel scribendo corrumperc.<br />
Et si opus erit evangelium, psalterium et missale scribere,<br />
perfectae aetatis homines scribant, cum omni <strong>di</strong>ligentia.<br />
Tali le prime scuole episcopali che meglio rispondevano<br />
all’ ufficio loro. Ma in Genova e nella Liguria general<br />
mente esse attraversano, durante i tre secoli dal IX al<br />
XI, tristi giorni <strong>di</strong> languore, e se pur c’ erano scuole <strong>di</strong><br />
grammatica, dovevano far <strong>di</strong>fetto gli insegnamenti più<br />
elevati del trivio, la <strong>di</strong>alettica e la rettorica. Risulterebbe<br />
ciò da un Capitolare <strong>di</strong> Lotario imperatore, che assegnava<br />
a’ genovesi lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pavia, essendovi maestro quel<br />
Dungalo scozzese che mandato colà da Ludovico il Pio<br />
a professare lettere, ebbe parte nella grande polemica<br />
sul culto delle immagini provocata dal vescovo <strong>di</strong> To-<br />
(1) C a r d u c c i; La tra<strong>di</strong>tone romana nelle barbarie, V II.<br />
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ino (i). Ma già nel secolo X II anche le scuole <strong>di</strong> ret-<br />
torica o episcopali o claustrali, che non era la stessa<br />
cosa, si erano probabilmente rilevate e d iffu se , se nel<br />
duecento il genovese Giovanni Balbi, dell’ or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> San<br />
Domenico, compilava il Catholicon, opera che se incontrò<br />
<strong>di</strong> poi le censure severe del Valla e <strong>di</strong> altri um anisti,<br />
era importante allora e non cessò <strong>di</strong> essere adoperata<br />
neppure durante il fiorire dell’ eru<strong>di</strong>zione. Q u an d o più<br />
tar<strong>di</strong> sorse l’ insegnamento laico, questo si collocò accanto<br />
all ecclesiastico, che continuò a sussistere. Senza dubbio,<br />
per citare tra i tanti un esempio, insegnavano in una<br />
scuola claustrale que’ frati Antonio da B a rg a e Matteo<br />
da Viterbo <strong>di</strong> cui parla il Traversari in una sua lettera<br />
al Niccoli, e che da Firenze si erano trasferiti in G e<br />
nova (2). Si era nel 1433.<br />
Sebbene Genova, non ultima tra le città italiane, pos<br />
sedesse fin dal secolo X III scuole tenute e <strong>di</strong>rette da laici.<br />
Laico pare veramente che fosse quel P a g a n o , che nel<br />
1248 prometteva a Corrado Calvo banchiere <strong>di</strong> am <br />
maestrare Guglielmo ed Emanuele figli <strong>di</strong> lui nel Salterio<br />
e nel Donato, così che sapessero bene e com petentem ente<br />
leggere a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> un buon maestro, e ciò me<strong>di</strong>ante<br />
il prezzo <strong>di</strong> lire do<strong>di</strong>ci (3).<br />
(1) C a r d u c c i; art. cit.<br />
(2) M a r t é n e e t D u r a n d ; op. cit., I li, lib. X V , ep. i. F r a t e r A n to n iu s de<br />
Barga perpetuus ac praeceps lector , antequam istinc p ro fisceretu r, tua om nia quae<br />
erant apud te, in<strong>di</strong>cesque librorum mihi <strong>di</strong>ligenter restituit, o ra v itq u e u l tib i suo<br />
nomine per litteras gratias agerem. Ipse, ut au<strong>di</strong>o, Genuam p ro fe c tu s est, neque ipse<br />
tantum, verum et frater Matthaeus Viterbiensis eo transm issus est. M an ca al so<br />
lito la data, ma dalla lettera risulta che Cosimo viveva a llo ra a V e n e z ia : dun<br />
que nell’ anno 1433.<br />
— no — .<br />
(3) Is n a r d i; <strong>Storia</strong> della Università <strong>di</strong> Genova, Genova, 1 8 6 1 , I, 243 segg.<br />
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Nel trecento, se non prima, é certo che si aprirono<br />
scuole <strong>di</strong> grammatica per opera <strong>di</strong> maestri non più<br />
claustrali, o sacerdoti addetti alle case vescovili, ma <strong>di</strong><br />
laici od anche ecclesiastici in<strong>di</strong>pendenti, che riscuotevano<br />
una tassa dai <strong>di</strong>scepoli, ovvero ricevevano uno stipen<strong>di</strong>o<br />
dal comune. E maestri concorrevano da <strong>di</strong>verse parti<br />
d’ Italia, fino a che il comune, nell’ anno secolare 1400,<br />
non ebbe preso il severo provve<strong>di</strong>mento, citato anche<br />
dall’ Isnar<strong>di</strong>, <strong>di</strong> escludere i precettori provenienti dalle<br />
Marche, Ducati, Toscana, Napoli, Romagna e Patrimonio<br />
della Chiesa. Si vietava a tutti costoro <strong>di</strong> insegnare in<br />
Genova ai fanciulli, pena ai trasgressori una multa <strong>di</strong><br />
mille fiorini d’ oro, e se non potessero pagarla la fusti<br />
gazione e il bando perpetuo dal territorio genovese.<br />
Cagione n’ era quella turpe ricordata dall’Ariosto nella<br />
nota satira contro gli umanisti ; e poiché siamo soltanto<br />
all’ anno 1400, convien <strong>di</strong>re che la cancrena fosse vecchia<br />
assai più dello stesso umanesimo. Fu soltanto sullo<br />
scorcio del secolo XIV che la Repubblica si risolvette ad<br />
aprire scuole al tutto <strong>di</strong>pendenti da essa, dove i profes<br />
sori <strong>di</strong> grammatica, stipen<strong>di</strong>ati con annua provvisione,<br />
insegnassero questa <strong>di</strong>sciplina insieme con le due altre<br />
che componevano il trivio.<br />
— Ili —<br />
E già sul finire del secolo XIII erasi costituito in Ge<br />
nova un collegio <strong>di</strong> dottori <strong>di</strong> grammatica, forse per quella<br />
tendenza che fu peculiare al me<strong>di</strong>o evo <strong>di</strong> far sparire<br />
l’ azione in<strong>di</strong>viduale a benefizio della corporazione vigile<br />
sugli interessi comuni e rivolta a formare un ente nel-<br />
l’ ente ; fors’ anche per desiderio e volere de’ governanti,<br />
che credevano tutelare con ciò la moralità della scuola.<br />
L ’ atto notarile, che ne fa testimonianza, produce pure il<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 112 —<br />
nome <strong>di</strong> parecchi tra cotesti dottori, e in tanta scarsità<br />
<strong>di</strong> notizie sicure può essere curiosità non <strong>di</strong>sutile il sa<br />
perli, e comprovano, parm i, indubbiamente il fiorire<br />
verso quel tempo <strong>di</strong> un insegnamento laico ( i) * Uno<br />
statuto genovese dello stesso anno 14 0 0 fa, del resto,<br />
comprendere meglio che non molte p a ro le , la ragion<br />
d’ essere del collegio e le sue incombenze. C h i voleva<br />
venire ascritto al m edesim o, con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile<br />
per aspirare all’ insegnamento, doveva farne dom anda re<br />
golare <strong>di</strong>nanzi all* ufficio dei sindaci. E questi eleggevano<br />
a loro volta una specie <strong>di</strong> commissione esam inati ice, che<br />
doveva inquisire sulla vita e i costum i del m aestro e<br />
sulla sua dottrina (2). In tal modo forse si evitavano<br />
i guai lamentati dall’A riosto per il suo seco lo , ma ne^<br />
tempo stesso il sapere si riduceva ad un m onopolio ^ 1<br />
pochi. S ’ intende che a siffatta regola, se pure il collegio<br />
dei dottori continuò a funzionare nel secolo X V , noi<br />
erano punto soggetti quei professori che per la ce e^<br />
acquistata, la repubblica chiamava in G en o va ad inS^<br />
gnarvi greco e latino, però che la loro elezio n e, o<br />
- a - r n r r a d o d i S t e f a n o<br />
(1) Un atto del 27 maggio 1298, registr. nel notulario <strong>di</strong> ^ ^ R ufinus de<br />
da Lavagna (Archiv. dei Notari), p. 59, com incia cosi : N o s w aS ister g in u s ,<br />
Dertona, magister Thomas de F irm o consules , magister B erthonus , ^us cano-<br />
mag. Salvus de Pontremulo, mag. R ollan<strong>di</strong>nus de R a p a llo , tnag- L e o n j ^ nne$<br />
nicus ecclesiae S. A m brosii, mag. Iacobus de Portu V e n e ris, niag-<br />
. j M onte lu c o , tnus"<br />
S. Ambrosio, mag. Gregorius de S e n is , m ag. B ellen g a riu s eie ilcae<br />
Franciscus de Camulio et mag. Pellegrinus de S e r v o , m a g is tri G r a m i q t a mrri(i'<br />
nomine nostro et . . . universitatis et co lleg ii universorum m a g istro ru m<br />
nn G u glie*010 u ‘<br />
ticae de civitate et suburbiis Ian u ae, — tutti costoro deputano u<br />
in • O r ig ìne e P<br />
Albara come loro procuratore generale alle liti. — D a P a s s a 'n • ^ Jt a l.,<br />
gresso dell’ istruì, popolare in Genova, G enova, 1867. Cfr. anch e A r c h .<br />
terza serie, V I, parte 2.% p. 167.<br />
(2) Cfr. D a P a s s a n o , op. cit.<br />
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— i i 3 —<br />
riconferma nell’ uffizio e nello stipen<strong>di</strong>o, si trova essere<br />
sempre devoluta al doge o governatore ed al consiglio<br />
degli anziani. "Non mi è riuscito, e si comprende come<br />
non fosse facile, <strong>di</strong> dare la serie continuata e sicura<br />
<strong>di</strong> cotesti pubblici professori durante il quattrocento,<br />
e la <strong>di</strong>fficoltà era accresciuta anche più dagli intervalli<br />
lunghi e non infrequenti frapposti tra l’ una e l’ altra<br />
elezione.<br />
Le raccomandazioni da parte dei citta<strong>di</strong>ni su questo<br />
sconcio non mancano e risultano dai fogliazzi d’ Ar<br />
chivio; per altro neppur esse sempre ascoltate ( i) . Ad<br />
ogni modo la nota è abbastanza copiosa per i maestri<br />
<strong>di</strong> retorica nella seconda metà del secolo ed il lettore<br />
la troverà tra i documenti messi in fine, come appen<br />
<strong>di</strong>ce ; per la prima metà citeremo i nomi dei più chiari.<br />
Bartolomeo Guasco andrebbe ricordato ancor qui tra i<br />
primi, ma io mi scrivo all’ opinione del Prof. Belgrano,<br />
eli’ egli cioè non fosse pubblico lettore in G enova, ma<br />
semplicemente il precettore de’ nipoti <strong>di</strong> Tommaso Fre<br />
goso , prima che se n’ assumesse l’ incarico Giovanni<br />
Toscanella. E me ne persuade l’ osservare che a lui, come<br />
a persona fidata e famigliare della casa, venne da Tom <br />
maso commessa la custo<strong>di</strong>a de’ suoi libri; preziosi libri<br />
(i) Il decreto del 1474 per cui venne chiamato Giorgio Valla era promosso<br />
dalle seguenti considerazioni:<br />
— Au<strong>di</strong>tis nonnullis civibus commemorantibus in<strong>di</strong>gnum et inutile fore non<br />
esse in hac civitate hominem doctum ac probum et bonis moribus prae<strong>di</strong>tum, qui p u <br />
blico praemio legat adolescentibus illosque bonis moribus imbuat et eru<strong>di</strong>at litteris,<br />
quod optimum esse solet in omni statu et republica — stabilivano che si trovasse<br />
un soggetto idoneo a quest’ ufficio e se gli pagassero duecento lire genovesi. Ad<br />
ogni modo il Valla fu chiamato non prima del 15 luglio 1476, due anni dopo<br />
(Arch. <strong>di</strong> Stato in Genova, Diversorum, filza 39).<br />
Atti Sor.. Lio. St. <strong>Patria</strong>. Voi. XX111.<br />
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il cui inventario presenterò più avanti com e quello che<br />
nella storia della coltura genovese, panni abbia m olta<br />
importanza. Del resto ogni altra notizia sul G uasco ci<br />
è maggior riprova della costante devozione <strong>di</strong> lui alla<br />
casa Fregoso. Allorquando nel 1449 il doge Lod ovico<br />
Fregoso mandò il cugino Gian Galeazzo a governare la<br />
Corsica, tra coloro che accompagnarono il gio vin e nella<br />
barbara isola troviamo il nostro Bartolom eo. Il Braccio-<br />
lini che gli scriveva m eravigliandosi seco lui per quella<br />
<strong>di</strong>mora, lascia intendere che ci fosse con ufficio <strong>di</strong> po- * 1<br />
desta (in ea quae tibi dem andata est p r a e t u r a ) ; rna 1<br />
pubblico uffizio non esclude che il G uasco rendesse par<br />
ticolarmente apprezzata Y opera s u a , com e confidente e<br />
consigliere <strong>di</strong> colui che , insieme cogli altri nipoti del<br />
vecchio Tommaso, egli aveva avuto tem po prim a come<br />
alunno ( 1) .<br />
— ii4 —<br />
(1) Gian Galeazzo stette nell’ isola dal 14 19 al '5 3 ; nel qual anno ' ^<br />
vennero ceduti dalla Repubblica <strong>di</strong> G enova al Banco <strong>di</strong> S . G io rg io<br />
lippini, <strong>Storia</strong> <strong>di</strong> Corsica, lib. III). L a lettera del B racciolini cade a ^ ,^ ^ esu_<br />
questo spazio <strong>di</strong> tempo Eccola quale la riporta nel suo S p ic ile g i11111 ^ y ^ tjcana<br />
mendola, come egli avverte nella prefazione, da un C o d ic e della<br />
(.Spicilegium Rom anum , Hornae, 18 4 4 , tom. X , pag. 366, sotto il nunl<br />
« Bartholomaeo Guasco ianuensi.<br />
Cum quaererem de te saepius pro mea in te benivolentia ab iis qu ibu s<br />
calar te noturn et rarum esse, intellexi te iam dudum et m ulto lo n g iu s , q<br />
Mirabar cu n<br />
fuerat humanitas, esse apud Corsos gentem fe ra m atque inhum an am ■ ^ ^<br />
sis homo nostris stu<strong>di</strong>is, hoc est hum anitatis, ab ineunte aetate de<strong>di</strong>tissim ’<br />
sibi vellet tam <strong>di</strong>utina mora in tanta barbarie hom inum , q u ib u s im p e ra i ,<br />
•77 f ' n r ì Q S V C T S CIT i'<br />
praeesse, miserrimam servitutem putarem . Sed existimo te in ter iU ° s . ^ jQC<br />
tamquam apes inter dumeta, ex quibus mei colligunt ut com plean t a lv e a ^ua)H.<br />
si es animo in ea quae tibi demandata est p ra e tu ra , propositu m tuum ^ ^ ^<br />
quam non censeo aliquid pecuniae solius g r a t ii esse agendum (abiech sstm i<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- iis —<br />
Nell’ identica con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita si trovò, per confes<br />
sione sua, Antonio Astigiano nel 14 3 1, durante la breve<br />
fermata eh’ egli fece in Genova, se non che scambio<br />
<strong>di</strong> essere il precettore <strong>di</strong> una sola, lo fu <strong>di</strong> parecchie<br />
ricche famiglie e le sue lezioni sui classici alternava coi<br />
passatempi delle magnifiche ville, o borghesi o patrizie.<br />
Civibus a multis pretio conductus honesto,<br />
lncoepi natos instituisse suos,<br />
In quadam ex villis quas illi tempore semper<br />
Aestior cives incoluisse solent (i).<br />
Nella borghesia fastosa avida <strong>di</strong> go<strong>di</strong>menti e <strong>di</strong> potere<br />
onde fa pittura, se non in bei <strong>di</strong>stici, almeno con ani<br />
mazione <strong>di</strong> linguaggio l’ Astigiano, è degno <strong>di</strong> nota<br />
cotesto favore che incontrava l’ insegnamento laico, ac<br />
canto alla <strong>di</strong>ffusione e preponderanza <strong>di</strong> cui godeva<br />
pur sempre quello impartito dai conventi e monasteri.<br />
L ’ uno rispondente alla religiosità non mentita per<br />
anche, non ridotta ad una accorta ipocrisia; l’ altro allo<br />
spirito, alla moda de’ tempi nuovi. Ma quando tra il<br />
\ 6 e il ’47 egli procacciò <strong>di</strong> ritornarvi come lettore<br />
pubblico, malgrado i molti blan<strong>di</strong>menti e la cautela<br />
cc <strong>di</strong> non lasciarsi sfuggire qualunque accenno, per quanto<br />
piccolo, alle qualità ed alle inclinazioni particolari a<br />
et hominis et consilii nummis et quaestui de<strong>di</strong>tum esse) sed hoc <strong>di</strong>co, leviorem effici<br />
provinciae molestiam lucro quod proponitur laboribus nostris, praesertim si tale est<br />
quod possit loci incommodum reddere lenius. Id esse solet optimum levamentum<br />
aegritu<strong>di</strong>nis anim i. Attamen quaecumque causa te detineat, honestam illam ac ne<br />
cessariam puto, neque aliquid a te Jieri iu<strong>di</strong>co, nisi optima ratione et consilio sin<br />
gulari . Scripsi haec ad te non ut reprehenderem quod rebus tuis conducere arbitraris,<br />
sed ut elicerem causam loquen<strong>di</strong> teettm . Ego tuus sum . Vah . Florentiae , XV k a l.<br />
aprilis.<br />
(1) M u r a t o r i; Rer. Ital. Scrip., t. XIV.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
• •<br />
ciascuno de’ personaggi » ( i) desiderati, o sperati suoi<br />
patrocinatori, malgrado tutto ciò, <strong>di</strong>co, non vi riuscì.<br />
Prima del '43 eravi invece, ed in tale qualità, il Cas<br />
sarino col nome del quale ho dato principio a queste<br />
brevi notizie sui professori pubblici. Sappiamo anche<br />
che stipen<strong>di</strong>o egli vi percepiva, ossia lire genovesi 275<br />
coll’ obbligo <strong>di</strong> leggere gratis agli adolescenti tutto<br />
1’ anno, <strong>di</strong> scrivere la storia delle cose genovesi ed ogni<br />
inverno leggere al popolo (2). Non c era in verità da<br />
scialarla, e lo stipen<strong>di</strong>o del povero Cassarino ci fa ca<br />
pire perchè una vera e larga fioritura umanistica rappre<br />
sentata da pubblici maestri in Genova non ci fu : la<br />
repubblica non largheggiava nel loro trattamento e quel<br />
ch’è peggio si pagava talvolta stentatamente anche il poco,<br />
colpa i torbi<strong>di</strong> continui dello Stato. È vero che i pro<br />
fessori contavano anche sugli introiti dell'insegnamento<br />
privato, e i governanti lo sapevano e ne toglievano pre<br />
testo per lesinare sull’ emolumento del pubblico. Nel<br />
1450 a Giovanni Andrea Vigevio si assegnavano per<br />
la durata <strong>di</strong> un quinquennio lire 125 annue, praeter<br />
emolumenta quae a privatis percipit. Così sbarcavano<br />
essi il lunario nel secolo X V , come su per giù i loro<br />
tar<strong>di</strong> colleghi del secolo X IX , ed è certo prova dell’ in<br />
gegnosità <strong>di</strong> chi piglia e <strong>di</strong> chi dà tanto scarsamente,<br />
dei tormentati e dei tormentatori ; ma ve la figurate voi<br />
la giornata del povero umanista obbligato a fare gram-<br />
matichetta da mattina a’ ragazzi, un po’ più tar<strong>di</strong> spie-<br />
(1) V a y r a , art. cit.<br />
— 1 1 6 —<br />
(2) Pro annuo salario Antonii Cassarmi siculi, qui obligatus est gratis legere<br />
adolescentibus toto anno, item historiam rerum janucnsiuw scribere et singula hieme<br />
populo legere, librae 275. — Regulae, anni 14 4 ).<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— i r 7 —<br />
gare Virgilio e Cicerone a’ più gran<strong>di</strong>, legere adolescen<br />
tibus,, salir poi le scale <strong>di</strong> una casa patrizia per le lezioni<br />
da impartirsi a qualche nobile rampollo, leggere final<br />
mente al popolo la sera, colla giunta <strong>di</strong> farsi storio<br />
grafo in un caso ? Per fortuna che l’ ultima clausola<br />
soleva restare lettera morta, né alcuno de’ professori<br />
in questi anni, che si sappia, scrisse <strong>di</strong> storia genovese.<br />
Anche il Cassarino era precettore del giovine Prospero<br />
Adorno, come abbiamo da una lettera in cui esorta il<br />
nobile alunno a stu<strong>di</strong>are e farsi onore.<br />
Ci si sente, almeno per me, il vecchio maestro ca<br />
scante <strong>di</strong> vezzi rettorici e infatuato della sua classica eru<br />
<strong>di</strong>zione che ostenta a proposito ed anche a sproposito:<br />
lo stile è ancor quello de’ contemporanei del Salutati (i).<br />
Più importante a noi la lettera eh’ egli scriveva al Curio,<br />
(i) Arch. Municip. Cod. Pallavicino, c. 61. Eccone qualche passo: Antonius<br />
Cassarinus fiorenti et aureo adolescenti Prospero Adurno. Lex apud maiores fuit,<br />
Prosper luce mihi ac vita iocun<strong>di</strong>or, ut si quis agrum haberet quem in<strong>di</strong>ligentia<br />
sineret silvescere et incullu infructuosum atque inutilem fieri censeret, huic multam<br />
irrogarent. . . Sed illis equius fortasse conce<strong>di</strong> potest ut agrum magis colant quam<br />
inoenium quibus aut natura vires ad hoc agendum denegavit, aut fortuna necessi<br />
tatem quandam in<strong>di</strong>xit ut aliter facere non possint. Tibi vero, Prosper suavissime,<br />
ignosci nullo modo poterit nec facile conce<strong>di</strong> ut quicquid apud te sit cuius tu curam<br />
priore loco ducas quam ingenii, immo animi, immo tui. Nam cura rei compa<br />
rande que alios solicitat vel occupatos nimium detinet, ea tibi nulla est, nec esse<br />
item debet: adest enim tibi parens optimus ac preclarissima domus vestre orna<br />
mentum precipuum , qui cum tanta et indulgentia prosequatur et cum in urbe hac<br />
facile omnium sit princeps rebus et animi magnitu<strong>di</strong>ne, nihil maiore stu<strong>di</strong>o compescit<br />
quam ut quemadmodum reliquis rebus facile alios superas, ita doctrina superes et<br />
ad eam gloriam, quam a maioribus acceperis, ingenii etiam laudem a<strong>di</strong>icias. Adest<br />
item tibi, ul plane perspicio, ingenium aptum velox acre et magnarum rerum capax,<br />
ul nullum sit doctrine genus quod facile consequi non possit, adest etas bonis artibus<br />
co n ven ien tissim a, ut si paululum eniti volueris eo te venturum sperem ut nullus<br />
in patria tua sit quoi (sic) tu merito anteponi 11011 deleas. . .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 1 18 —<br />
ancora nella cancelleria genovese, ma assente allora da<br />
Genova, forse per incarico della repubblica ( i ) .<br />
Lettera importante, <strong>di</strong>cevo, perché attraverso il latino<br />
impacciato del grammatico, ci fa intravvedere per un<br />
istante la vita letteraria genovese e 1* ambiente, curioso<br />
bensì <strong>di</strong> novità, ma involto ancora in molta ignoranza,<br />
facile a lodare piuttosto i ciarlatani e i prestigiatori che<br />
i veri dotti. Si parla, ben inteso, del vulgo. Una com <br />
pressa amarezza trapela dalle parole del Cassarino, come<br />
<strong>di</strong> uomo desideroso <strong>di</strong> lode che non s a , o non vuole<br />
acquistarla co’ mo<strong>di</strong> tenuti da tanti altri. Certo alle opi<br />
nioni del maestro partecipava anche il Curio, quantunque<br />
più tenero senza dubbio della fama de’ suoi genovesi.<br />
Il Cassarino lo loda della sua carità <strong>di</strong> patria, però che<br />
nato in parte dove si ammiravano sconsideratamente ,<br />
per non <strong>di</strong>re con intenzione perversa e m aligna, le no<br />
vità forestiere, e gli ingegni paesani si trascuravano, egli<br />
avesse sostenuto il domestico decoro, contro tanti che<br />
T obliavano, e potendo rimanere presso un re potentis<br />
simo con molto onore e frutto, aveva preferito servire<br />
col suo ingegno la repubblica.<br />
Chi era cotesto re potentissimo? Secondo la conget<br />
tura più facile e probabile mi pare si debba intendere<br />
Alfonso d’ Aragona, il grande mecenate <strong>di</strong> quel secolo,<br />
il principe cui <strong>di</strong>fatti egli ricorse più tar<strong>di</strong>. In tal caso<br />
si dovrebbe per necessità ammettere un’ ambasceria del<br />
Curio all’ Aragonese tra gli anni '40 e *46, della quale<br />
noi non abbiamo notizia. Gli sfoghi del Cassarino erano<br />
(1) É la lettera colla data del 1446, già citata, parlando dell’ immatura morte<br />
del Cassarino.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- ii9 —<br />
rivolti contro uno dei soliti nebuloni, che con ampolle<br />
e parole sesquipedali si trascinano <strong>di</strong>etro la folla degli<br />
illusi. Anche al Curio era noto costui, che il gramma<br />
tico nasconde sotto il nomignolo <strong>di</strong> barbasculus.<br />
L ’ età aveva una spiccata inclinazione alla <strong>di</strong>sputa. Le<br />
forti in<strong>di</strong>vidualità sorte allo spezzarsi delle barriere me<br />
<strong>di</strong>evali, l’ amore <strong>di</strong> gloria vivissima, l’ operosità gene<br />
rale <strong>di</strong> tanti eru<strong>di</strong>ti dovevano produrne <strong>di</strong> frequente, seb<br />
bene non sempre per la materia e la dottrina si stac<br />
cassero dal me<strong>di</strong>o evo. Inoltre, per le stesse ragioni, era<br />
facile trasmodare dalla <strong>di</strong>sputa al litigio ed all’ invettiva.<br />
11 furor letterato a guerra mena.<br />
Nel caso particolare però non ce ne fu, grazie alla<br />
prudenza del Cassarino, non senza tuttavia duro sacri<br />
ficio degli spiriti battaglieri dell' uomo. Succhiarsi lo<br />
sproloquio <strong>di</strong> un insulso cicalone intorno al sito delle<br />
stelle e dell’ anima per tutto il tempo <strong>di</strong> un desinare e<br />
starsene zitto, malgrado la voglia spasimata <strong>di</strong> rispon<br />
dere, non ebbe ad essere piccolo sacrifizio. Le vivande<br />
imban<strong>di</strong>te dall' amico amfitrione gli andarono <strong>di</strong> traverso<br />
quel giorno, come egli stesso confessa, e per giunta<br />
alla derrata, il suo silenzio venne dai più interpretato,<br />
non come segno <strong>di</strong> moderazione, ma, Dio li perdoni,<br />
<strong>di</strong> insipienza. Frattanto, noi possiamo sorprendere un<br />
istante nella vita privata quegli uomini; non <strong>di</strong>rò nel-<br />
1’ abbandono convivale. Ma in fondo, malgrado le que<br />
rimonie del Cassarino, non si era punto avversi neppure<br />
in Genova a’ buoni stu<strong>di</strong>, anzi si traeva numerosi ad<br />
u<strong>di</strong>re chi ne faceva argomento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso. Che poi non<br />
si sapesse sempre vagliare il grano dal loglio, che la ver<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
osità tenesse assai volte luogo <strong>di</strong> eloquenza, e non si<br />
guardasse tanto pel sottile in quella smania <strong>di</strong> novità<br />
pur che sia onde erano trasportati gli a n im i, questo<br />
avveniva un po’ da per tutto, e nel caso non significa<br />
nulla più <strong>di</strong> ciò, che i genovesi non erano gli ateniesi<br />
d’ Italia.<br />
— 120 —<br />
Appunto in quest’ anno *46, il Bracelli rendeva conto<br />
all’ amico Andreolo d’ una <strong>di</strong>sputa eh’ era avvenuta in<br />
y •<br />
aCCanl"<br />
mento de’ <strong>di</strong>sputanti, per il mirabile concorso degli<br />
spettatori (1). L ’ umanista genovese calcolava che non<br />
ci fossero accorse meno <strong>di</strong> cinquemila persone, sicché<br />
essendo impossibile ottenere la tranquillità ed il silenzio<br />
necessario, molti ne erano stati esclusi. 11 campione <strong>di</strong><br />
quel pugilato <strong>di</strong>alettico era un giovine <strong>di</strong> nome Fer<strong>di</strong><br />
nando e nativo <strong>di</strong> Cordova ch e, appena oltrepassato il<br />
ventesimo anno, aveva già viaggiato la Britannia, la<br />
Germania, la Gallia, da per tutto <strong>di</strong>sputando, e adesso<br />
si offriva pronto al doge Raffaele Adorno <strong>di</strong> sostenere<br />
la medesima gara con i più dotti genovesi. Ma le ven-<br />
totto questioni proposte e <strong>di</strong>battute in quell’ occasione,<br />
ci avvertono che non si era per anco usciti dai ferrati<br />
cancelli del me<strong>di</strong>o evo. Si aggiravano sulla teologia, e<br />
come autorità, scrive il Bracelli, citava con somma pre<br />
stezza Agostino , Tommaso , Scoto et quem magistrum<br />
sententiarum vocant; veniva in seguito la fisica, e qui<br />
gran<strong>di</strong> citazioni <strong>di</strong> Aristotele, Averroé, Alberto xMagno,<br />
né un solo passo <strong>di</strong> costoro, ma tutto ciò che essi<br />
(1) Curioso tra le due lettere del Cassarino e del Bracelli il riscontro anche delle<br />
date: la prima è scritta da Genova, i li idus iunii 1446, la seconda, XVII kaì.<br />
iulii 1446.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011<br />
1
— 121 —<br />
sparsamente avevano detto sull’ argomento ; nella me<strong>di</strong><br />
cina le pietre angolari, gli autori degli autori erano Ga<br />
leno ed Avicenna, ma non soli, chè trovavano il loro<br />
luogo anche i moderni, il Gentile, Jacopo da Imola,<br />
Ugone da Siena ed altri. E a stuzzicare la curiosità<br />
non erano pretermesse nè l’ aritmetica, né la geometria,<br />
o l’ astrologia; ma la lettera del Bracelli è <strong>di</strong>fettiva <strong>di</strong><br />
notizie appunto dove la curiosità sarebbe maggiore.<br />
Con ciò si concedeva alla vaghezza, alla moda <strong>di</strong> <strong>di</strong>lar<br />
gare il campo dell’ eru<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> esplorare ed inventa<br />
riare 1’ ere<strong>di</strong>tà del passato, e si capiscono gli applausi<br />
dei più. Ma si capisce anche il <strong>di</strong>sprezzo non <strong>di</strong>ssimu<br />
lato dell’ umanesimo, per quella in<strong>di</strong>gesta e pretensiosa<br />
sapienza, e come l’ appellativo <strong>di</strong> goti dato dal Valla<br />
agli stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto e <strong>di</strong> filosofia aristotelica dovesse<br />
ritornare frequente sulle labbra del grammatico (i) . Il<br />
quale d’ altra parte non poteva presso il vulgo farsi va<br />
lere quanto meritava ; l’ indole pratica <strong>di</strong> nostra gente<br />
poneva ancora al <strong>di</strong> sopra dell’ eleganza <strong>di</strong> forma e del<br />
numero oratorio stu<strong>di</strong>osamente ottenuto, T utile ed il<br />
guadagno che derivava dalla perfetta conoscenza delle<br />
leggi e della me<strong>di</strong>cina (2).<br />
Uomo più dotto doveva essere l’ ariminese Pietro<br />
(1) V a lla ; Eleg., lib. Ili, Praefatio.<br />
(2) Al suo nobile <strong>di</strong>scepolo Prospero Adorno così, con in<strong>di</strong>gnazione mal trat<br />
tenuta, scriveva:<br />
Nec ad ea te nane stu<strong>di</strong>a cohortor que fortasse vulgus imperitorum magis ad<br />
miratur quam cognoscit, que merito parens tuus vir sapienti ss imus i ure quodam ir<br />
risit, perinde (ac) vana atque inutilia. Sed ad ea que claros viros efficiunt bonos, mo<br />
deratos, patrie utiles et suis, animi celsi atque invicti, a quibus non solum bene<br />
<strong>di</strong>cen<strong>di</strong> sed bene viven<strong>di</strong> etiam ratio petitur, que nullis molesta, que omnibus iocunda<br />
et que liberum hominem nescire vehementer dedecet (lett. cit.).<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 122 —<br />
Perleone, che pare succedesse verso il *46 al Cassarino<br />
nella cattedra <strong>di</strong> rettorica. Dalla morte del siciliano alla<br />
elezione del successore correrebbe quin<strong>di</strong> un intervallo<br />
<strong>di</strong> più che due anni ; ma io non credo che la repub<br />
blica conducesse ad uno per volta i suoi professori, e<br />
me ne conferma 1’ osservazione che il Vigevio era chia<br />
mato ad insegnare nel '5 0 , quando ancora <strong>di</strong>morava in<br />
Genova, come vedremo più innanzi, il Perleone. Forse<br />
i professori <strong>di</strong> grammatica si spartivano il lavoro , gra<br />
duando ciascuno l’ insegnamento secondo la capacità<br />
<strong>di</strong>versa dei <strong>di</strong>scepoli. Comunque s ia , egli vi era e<br />
senza dubbio già da alcuni mesi nel *47, come si rileva<br />
da una lettera a lui del Filelfo (1). Vi si era tramutato<br />
da Milano, non è detto il perché, e sul principio ebbe<br />
a trovarcisi tutt’ altro che bene. Lo stipen<strong>di</strong>o era mi<br />
sero, 250 lire, e, per giunta, soggetto a’ flutti contrari<br />
che sbattevano la barca dello Stato, talvolta o non si<br />
pagava affatto, o si pagava stentatamente. E il pover' uomo<br />
aveva moglie e figliuoli, quando non ci si mettevano<br />
<strong>di</strong> balla anche amici come il Filelfo, che con una mano<br />
scriveva a Niccolò Fregoso in favore dell’ amico nobili<br />
parole, coll’ altra chiedeva in dono al Perleone dei col<br />
telli che gli operai genovesi sapevano molto bene imi<br />
tare da quelli turchi, e si in<strong>di</strong>spettiva <strong>di</strong> non riceverli<br />
presto, dandogli dell’ avaro. Con quella gala <strong>di</strong> stipen<strong>di</strong>o!<br />
« È assurdo, aveva scritto lo stesso Filelfo al Fregoso,<br />
é certo assurdo che alcuno possa bene insegnare e ad<br />
un tempo combattere colf in<strong>di</strong>genza. È d’ uopo che l’ in<br />
gegno dell’ uomo eru<strong>di</strong>to, se voglia adempiere al suo<br />
(1) Ex. Med., idus maiis, 14 4 7.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 123 —<br />
ufficio, sia libero da ogni mercenaria cura ». Ma forse<br />
il Filelfo, avvezzo a’ rapi<strong>di</strong> sbalzi da un lusso smodato<br />
e non esente <strong>di</strong> borie nobilesche all’ estrema povertà,<br />
supponeva che il suo antico <strong>di</strong>scepolo fosse egualmente<br />
facile che lui a chiedere ed a lamentarsi poi <strong>di</strong> non aver<br />
ricevuto. Il Perleone nel '50 faceva invece pratiche per<br />
ritornarsene a Milano, e metteva per ciò in mezzo e il<br />
Filelfo e gli amici che aveva nella cancelleria milanese;<br />
ma il nuovo principato lottava anch’ esso colla penuria,<br />
frutto della lunga guerra, e non se ne fece nulla. Lo<br />
Sforza a chi lo sollecitava, aveva risposto bastargli il<br />
solo Filelfo, nè la cosa o il tempo consentivano allora<br />
altra spesa, specialmente non necessaria. Rimase dunque,<br />
ed altri vincoli sottentravano a trattenervelo ; già aveva<br />
tolto in moglie una genovese, ed il Comune nel 1451<br />
con onorevoli parole gli conferiva la citta<strong>di</strong>nanza, vo<br />
lendo che colui il quale genovese era per animo lo fosse<br />
<strong>di</strong> fatto nella sua <strong>di</strong>mora. Va notato che tra gli anziani<br />
proponenti od approvanti cotesta alta testimonianza <strong>di</strong><br />
stima al Perleone, leggesi anche il nome <strong>di</strong> Niccolò<br />
Ceba (1). Esso ci riprova, se ve ne fosse bisogno, l’ e<br />
sistenza <strong>di</strong> quel circolo <strong>di</strong> letterati genovesi onde già<br />
tenemmo parola e del quale era parte ed .ornamento<br />
precipuo l’ illustre viaggiatore. Non v’ ha dubbio che<br />
Niccolò dovesse, e tra i colleghi del Governo e presso<br />
il doge, caldeggiare la proposta che <strong>di</strong>ede luogo all’ o-<br />
norevole decreto. Ma il grammatico, 0 desiderasse più<br />
ampio campo dove <strong>di</strong>mostrarsi, o cedesse alla smania<br />
<strong>di</strong> vita avventurosa allora comune tra i maestri, fatto<br />
(1) Ve<strong>di</strong> Documento X, in fine. Ne debbo comunicazione al Prof. Belgrano.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 124 —<br />
sta che non rispose alla fiducia espressa in quel de<br />
creto, eh’ egli cioè si fisserebbe stabilmente nella nuova<br />
*<br />
patria d’ adozione, nè alle speranze degli amici suoi<br />
ed ammiratori. Nell’ ottobre del '52 era sulle mosse<br />
per ritornarsene a Rim ini, nel ’5 3 era già partito ( 1) .<br />
Fu solo nel ’ 5 7 che venne invitato alla cattedra <strong>di</strong><br />
eloquenza in Venezia, del che lo felicitava il Filelfo,<br />
essendosi eletto, gli scriveva, tal luogo dove la sua<br />
dottrina e la virtù otterrebbero il premio meritato.<br />
La sua <strong>di</strong>mora negli anni interme<strong>di</strong>i, la si indovina. In<br />
Rimini non avrebbe potuto non imbrancarsi tra i corti<br />
giani del principe, <strong>di</strong> quel Sigismondo Malatesta che<br />
incarna il tipo della più complessa produzione del se<br />
colo X V , voglio <strong>di</strong>re il tiranno d’ allora. E Malatesta<br />
accoglieva con liberalità i dotti che sapevano con arte<br />
esaltare il valore <strong>di</strong> lui, rex Sigism undus, e la bellezza<br />
della sua amanza, la <strong>di</strong>va Isotta.<br />
Il Perleone fece come tutti gli altri che s’ aggiravano<br />
nelle sale <strong>di</strong> quel curioso tirannello : cioè scrisse <strong>di</strong>scorsi<br />
epitalamici e versi. Non v’ è dubbio per me che il<br />
carme <strong>di</strong> cui fa menzione in una sua lettera il Filelfo,<br />
non fosse in lode <strong>di</strong> cotesta coppia principesca, poiché<br />
altro argomento fuor <strong>di</strong> questo non ve<strong>di</strong>amo trattato<br />
dai poeti che frequentarono in quel tempo la corte ari-<br />
minese (2). Nei <strong>di</strong>scorsi epitalamici, un genere anche<br />
più ibrido del sonetto per nozze o monacazione degli<br />
abatini arca<strong>di</strong>, sópra il fondo cristiano intesse le imagini<br />
e le fole pagane imparate dai lirici latini. Cosi negli<br />
(1) Lett. del Filelfo al figlio Mario, 27 sett. 1452 e 25 gennaio 145 3•<br />
(2) Lett. x iv kal. iulias 14 5 6 ' — De cannine quod scripsisti curabitur a me d i<br />
ligenter et pro amicitia nostra.<br />
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sponsali <strong>di</strong> Giovanna Malatesta con Giulio Cesare Varano<br />
invoca dapprima propizi il Signore e la Madonna. E fin<br />
qui bene; ma nell’ ispirazione dell’ oratore seguitano poi i<br />
quattro numi patrii protettori <strong>di</strong> Rimini, e la gioconda<br />
Venere, massima conservatrice de’ coniugi, e finalmente<br />
Imeneo e Talasso. Al vedere, il Perleone, fresco della let<br />
tura <strong>di</strong> Catullo, faceva <strong>di</strong> Talasso un’ altra <strong>di</strong>vinità (i).<br />
Ma gli egregi frutti che il Filelfo augurava da lui, dopo<br />
tanti travagli giunto in riposato porto, non apparvero (2).<br />
In Venezia sembra aspirasse all’ ufficio <strong>di</strong> storiografo<br />
della repubblica; ma non ne fu nulla neppur <strong>di</strong> questo,<br />
e morì nel ’63 non so se a Venezia o a Rimini (3).<br />
Gli davano lode <strong>di</strong> letterato valente sì in prosa che in<br />
versi, <strong>di</strong> gran conoscitore della storia e della letteratura<br />
greca. Ma nella corte ariminese, tra il Basini ed il Por-<br />
cello che ne scrivevano anche troppi, <strong>di</strong> lui non si cita<br />
un solo verso, né altre testimonianze importanti abbiamo<br />
del suo valore. Il Perleone appartiene alla schiera <strong>di</strong><br />
(1) Ve<strong>di</strong> M it t a r e lli, op. cit., p. 845. — Adsis iocun<strong>di</strong>ssima Venus et coniu-<br />
giorum maxima conservatrix et summum iurgiorum <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>aeque reme<strong>di</strong>um. Adeste<br />
Hymenee et Thalasse in nupliis invocati. Adeste omnia caelestia numina quae ullam<br />
iti terris ac nuptiis potestatem habetis, etc.<br />
(2) Lett. ex. Med., V la i. martias, 1453. — Effice, inquam, ut ex tot tantisque<br />
laboribus quos terra marique pertulisti egregius fructus aliquis emanet ad posteros.<br />
(3) Il M it t a r e lli mette come fuor <strong>di</strong> dubbio la notizia della sua morte avvenuta<br />
in Venezia: — Decessit in eadem urbe Venetiarum anno 1463, sepultus S. U rsuhm<br />
prope monasterium SS. Iohannis et Pauli 0. ff. Pre<strong>di</strong>catorum. — Il V o ig t ,<br />
op. cit., voi. I a pag. 426, lo fa ritornare nel 1458 da Venezia alla sua città<br />
nativa ; a pag. 586 lo <strong>di</strong>ce da quell’ anno in poi occupato ad istruire i figli<br />
delle case nobili veneziane e morto in Venezia nel 1463. — Il B atta g lim i,<br />
Della corte letteraria d i Sigismondo Pandolfo Malatesta, lo fa per contro morire<br />
in Rimini prima del 22 aprile dello stesso anno. — Desumo la notizia in<strong>di</strong>ret<br />
tamente dal Gabotto, art. cit.; e il Battaglini, laus Deo, dovrebbe almeno aver<br />
dato la notizia autentica.<br />
- 12$ -<br />
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quei grammatici che come il Trebanio, Tom m aso Se<br />
neca da Camerino, 1’ Aurispa e tanti altri, nella grande<br />
officina letteraria eru<strong>di</strong>ta della prima metà del secolo,<br />
occupano l’ umile posto <strong>di</strong> operai, bravi valenti operai<br />
che spendono oscuramente un bell’ ingegno a gettare i<br />
semi che dovevano fruttificare negli anni venturi.<br />
Di professori che insegnarono in altre città del dominio<br />
poco sappiamo, sicché ben lontani da una trattazione<br />
ampia e ragionata, non possiamo presentare qui che<br />
un piccolo manipolo <strong>di</strong> notizie. Ad ogni m o d o , ecco<br />
qualche cosa.<br />
— 126 —<br />
In Savona, <strong>di</strong>ce il Verzellino, insegnò verso il I 4 J 7<br />
il famoso Aurispa (i). Ma con tutta probabilità il suo<br />
insegnamento in questa città va anticipato <strong>di</strong> due o tre<br />
anni. Lo stesso Verzellino nelle sue Memorie aride e<br />
spesso monche, ma pure atten<strong>di</strong>bili quasi sempre, ci<br />
narra <strong>di</strong>fatti che nel ’ i 4 , per alcune <strong>di</strong>fferenze sorte<br />
tra la città <strong>di</strong> Savona e il suo vescovo Vincenzo Viale,<br />
il consiglio deliberò spe<strong>di</strong>re Giovanni Aurispa oratore<br />
al pontefice (2). Dunque 1’ Aurispa <strong>di</strong>morava in Savona<br />
per lo meno alcuni mesi prima <strong>di</strong> quell’ anno, dunque<br />
sul finire del '14 egli si recò oratore presso il papa a<br />
Costanza. Giovanni X X III sappiamo appunto che vi<br />
(1) V e r z e llin o ; Memorie <strong>di</strong> Savona, ed. dal can. Andrea A sten go, Savona,<br />
1885, voi. I, p. 292. Lo S p o to rn o , op. cit., II, 380, mentre cita il cronista<br />
savonese, porta come data il '19, ma è scorso <strong>di</strong> penna. Il T ir a b o s c h i , op.<br />
cit., per contro l’ anno 1415; e forse la data tra il'14 e il '15 èia più cre<strong>di</strong>bile.<br />
(2) « a. 1414. — Vincenzo Viale genovese, vescovo <strong>di</strong> Savona,... comparti<br />
la spesa del viaggio ai concilio Constanziense fra il clero e la sua persona. Ma<br />
perchè non appariva questo vescovo in totale contento de’ citta<strong>di</strong>ni, il consiglio<br />
deliberò spe<strong>di</strong>re Giovanni Aurispa oratore al pontefice, acciocché con altro<br />
prelato vi rime<strong>di</strong>asse; ma riuscì vano il pensiero » (pag. 290).<br />
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— 127 —<br />
era andato nell’ ottobre. Ma, se capisco bene il lin-<br />
guaggio sibillino del cronista savonese, quella legazione<br />
non ebbe poi effetto; e d’ altra parte dal '14 al 717<br />
nella vita dell’ umanista siciliano ci sarebbe una lacuna<br />
che non si sa come colmare. Il Verzellino, senza dar<br />
sene punto pensiero, scrive poi che nel 1417 egli fu ac<br />
cordato dagli anziani a leggere umanità a’ figliuoli de’<br />
citta<strong>di</strong>ni. Ma una lettera del Traversari ci avverte invece<br />
che in quell’ anno egli stava a Pisa, che ivi trovò il<br />
Niccoli fuggito da Firenze per la peste e che gli ven<br />
dette un Tuci<strong>di</strong>de (1). Come mettere d’ accordo due<br />
notizie tanto <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>? Forse il Verzellino è qui come<br />
in alcun altro luogo poco esatto nella data, forse 1’ Au<br />
rispa, sebbene invitato da’ savonesi, non vi andò. E in<br />
verità tra Savona e Pisa la scelta non poteva esser<br />
dubbia: Pisa lo avvicinava a Firenze e a quel circolo<br />
<strong>di</strong> dotti uomini nel cui numero egli ambiva allora <strong>di</strong><br />
essere ascritto. Dopo il '20 la vita dell’ umanista prese<br />
un altro corso, scorgendolo a migliore fortuna; ma le<br />
notizie date parmi non lascino dubbio sulla <strong>di</strong>mora <strong>di</strong><br />
lui in Liguria prima <strong>di</strong> quell’ anno, sebbene non preci<br />
samente nel '17.<br />
Tommaso Fregoso intrattenne certo corrispondenza<br />
epistolare con lui, come dal tono della lettera da noi<br />
riportata è lecito congetturare; e il Bracelli tre<strong>di</strong>ci anni<br />
dopo, raccomandava all’ epicureo umanista, allora segre<br />
tario apostolico, Giovanni Andrea Vigevio, un genovese<br />
maestro <strong>di</strong> grammatica, che desiderava collocarsi in corte<br />
<strong>di</strong> Roma. Nel campo delle supposizioni, non credo sia<br />
(1) M e h u s ; Atnbr. Trav. Epist., V I, 8.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
4<br />
tra le avventate questa, che tanto il Fregoso come il Bia-<br />
celli avessero appunto occasione <strong>di</strong> conoscere 1 umanista<br />
siciliano durante la sua <strong>di</strong>mora in Liguria. Quanto al Vi-<br />
• t • *<br />
gevio, sembra che riuscisse poi ad acconciarsi al servizio<br />
<strong>di</strong> uno de’ car<strong>di</strong>nali, o <strong>di</strong> Sant’Angelo o Firmano ( i) ,<br />
ingrossando così quella turba cortigiana cercata e spre<br />
giata a un tempo da’ signori, che l’Ariosto doveva più<br />
tar<strong>di</strong> felicemente <strong>di</strong>pingere in una delle sue satire. Il<br />
Vigevio non ne fu, a quel che pare, contento, poiché<br />
lo ve<strong>di</strong>amo procacciarsi <strong>di</strong> ritornare come maestro a<br />
Genova, dove già aveva insegnato nel ’5 o ; e nella pia<br />
tica gli era <strong>di</strong> aiuto il nostro Bracelli, che nelle lettele<br />
a lui in<strong>di</strong>rizzate si sottoscriveva affettuosamente suo<br />
figliuolo (2).<br />
III.<br />
Negli anni dal '48 al ’57, per i rapporti segnatamente<br />
che passavano tra il vecchio Filelfo e gli eru<strong>di</strong>ti geno<br />
vesi, occorre frequente il nome <strong>di</strong> Giovan Mario, ossia<br />
del figliuolo primogenito dell’ umanista tolentinate. Ma<br />
in questi Atti avendone già particolarmente <strong>di</strong>scorso il<br />
Prof. Gabotto (3), il mio compito è con ciò reso assai<br />
più facile, dovendomi limitare alle notizie in<strong>di</strong>spensabili<br />
alla mia trattazione e ad alcune poche che mi venne fatto<br />
<strong>di</strong> raccogliere intorno alle relazioni del giovine Filelfo<br />
con il Bracelli.<br />
(1) Questo nel '52, come risulta da lettera a lui <strong>di</strong>retta dal Bracelli, ad<strong>di</strong> 6<br />
luglio. — Arch. Civico, Ms. Pallavicino, c. 112.<br />
(2) Ms. Br. c. 32.<br />
(3) Voi. X IX , pp. 489 segg.<br />
— 128 —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 1 2 9 —<br />
Giovanni Mario fu professore pubblico in Savona: il<br />
Rosmini afferma nel 1446, ventesimo dell’ età sua (1),<br />
ma io presto più fede al Verzellino, seguito dal Tira-<br />
boschi e dallo Spotorno, che all’ anno 1444 scrive: « Gio<br />
vanni Mario Filelfo, figlio <strong>di</strong> Francesco, . . . eru<strong>di</strong><br />
tissimo nelle più nobili lingue e <strong>di</strong> veemente ingegno,<br />
s’ accordò per insegnar grammatica e rettorica a’ fi<br />
gliuoli de’ savonesi, con salario <strong>di</strong> lire cento 1’ anno<br />
e lire venti per pigione della casa, pagategli dal pub<br />
blico . .. » (2). Rimase egli a lungo in Savona ? Il<br />
Gabotto crede fino all’ estate del 1450, ma la lettera<br />
del vecchio Filelfo eh’ egli cita non é, panni, prova suf<br />
ficiente , potendo benissimo essere accaduto che Gian<br />
Mario se ne partisse e vi ritornasse non una volta sola,<br />
con quella volubilità ed incostanza che, del resto, era la<br />
norma quasi unica della sua vita randagia. Difatti, se il<br />
Voigt non isbaglia, nel ’49 egli fu per alcun tempo presso<br />
il duca Borso in Ferrara, ma non si trattenne neppure<br />
colà, che dopo pochi mesi era nuovamente a Milano e<br />
da Milano sulle mosse per altri luoghi (3).<br />
A siffatta natura sei anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>mora in Savona pro<br />
babilmente sarebbero sembrati supplizio intollerabile.<br />
Partito nell’ estate del '50, ve lo ritroviamo il 26 <strong>di</strong><br />
cembre <strong>di</strong> quello stesso anno, tuttavia non per farvi <strong>di</strong><br />
mora, ma come una breve sosta, prima <strong>di</strong> recarsi presso<br />
il marchese <strong>di</strong> Finale. E nel castello dei Del Carretto,<br />
collocato come un nido d’ aquile sull’ Apennino ligure,<br />
( 1) R o sm in i; Vita <strong>di</strong> F. Filelfo, t. Ili, pag. 87.<br />
(2) V er z ellin o , op. c it., I , 308. — T iraboschi, op. c it ., V I, I, 1 8 8 —<br />
S potorno , op. cit., II, 380.<br />
(3) V o i g t ; op. cit., p. 530.<br />
A tti Soc. L ig . S t. P a tria . Voi. XXIII. 9<br />
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tra il cielo che s’ incurvava azzurro e placido sul capo<br />
e il mare, campo aperto alle galere della temuta repub<br />
blica, egli fu spettatore dell’ ultima fase della guerra e<br />
potè maturare a suo agio le facili ire contro Genova e<br />
i Fregoso, ire che sfogò poi nella sua istoria.<br />
Era una natura subitanea, insod<strong>di</strong>sfatta sempre degli<br />
altri, perchè presumente troppo <strong>di</strong> sé, incerta e superfi<br />
ciale. Tutto il ’5i va speso in vani <strong>di</strong>segni, se ritornare<br />
presso il re Renato, siccome ne lo esortava il padre,<br />
ovvero a Milano, attraversando il territorio nemico della<br />
repubblica. E frattanto si aggirava ora a Finale , ora a<br />
Millesimo, in terre mal sicure, seguito della misera fa-<br />
migliuola, mal contento del servizio presso il re An<br />
gioino, pauroso della peste che sapeva infierire a Milano, e<br />
dubbioso de’ genovesi che avevano ragione <strong>di</strong> sospettar<br />
<strong>di</strong> lui, proveniente da Finale focolare della resistenza, e<br />
imparentato coi Del Carretto (i). Litterae autem mittendae<br />
sunt opera tua Millesimum quam ocissime, raccomanda il<br />
padre a Niccolò Ceba 1’ 8 giugno 14 5 1. E il 13 S en~<br />
naio dell anno dopo non aveva per anco lasciato la Li<br />
guria, come risulta da una commendatizia <strong>di</strong> Francesco<br />
Filelfo a Niccolò Fregoso. Si valse egli poi delle lettere<br />
<strong>di</strong> passo che il padre gli procurò con il favore dello stesso<br />
suo protettore e per l’ intercessione degli amici, e si recò<br />
a Milano, come desiderava facesse il vecchio Filelfo ? Il<br />
Rosmini lo crede e lo conduce nella capitale lombarda,<br />
dove satireggiò la soverchia facilità dell’ imperatore Fe<br />
derico III a conferire titoli <strong>di</strong> conti palatini, dottori<br />
(1) Per la peste in Milano, dr. lettere <strong>di</strong> Fr. Filelfo al figlio, addì 9 sett. i 45r><br />
30 sett. ed ultimo <strong>di</strong>cembre dello stesso anno.<br />
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— i 3 i —<br />
nelle arti e poeti laureati (i). Ma è permesso dubitare<br />
se la satira <strong>di</strong> Mario, cui il Rosmini accenna, cada in<br />
quel tempo. O egli non si partì da Finale nel '52 o vi<br />
fece, colla smania <strong>di</strong> vagare che lui e Senofonte avevano<br />
ere<strong>di</strong>tata dal padre, sollecito ritorno, perchè lo ve<strong>di</strong>amo<br />
il i.° gennaio 1453 presentare al marchese Spinetta la<br />
sua storia — probabilmente egli <strong>di</strong>morava allora presso<br />
il Del Carretto — e già il padre nel settembre del '52<br />
ci avverte che era lontano da Milano, dove non so, ma<br />
certo non a Genova, come risulta da una lettera <strong>di</strong> esso<br />
Francesco a Mario : — « Il nostro amico Pietro Per<br />
leone mi avvisò in questi dì che tra poco farà ritorno<br />
a Rimini, la qual cosa, tempo innanzi, aveva a te<br />
pure significato: se adunque desideri ottenere 1 ufficio<br />
e l’ emolumento che egli aveva in Genova, sarà facile<br />
occuparsene e il tentativo riuscirà, spero, secondo il tuo<br />
desiderio » (2). Mario 0 non volle, o non potè aveie<br />
la cattedra lasciata dal Perleone, come giustamente so<br />
spetta il Gabotto, e si tramutò a Torino. Già vi si<br />
era accasato nel marzo del 1453 (3) ed esercitava l’ av<br />
vocatura. — « Godo, gli scriveva il padre, che tu abbia<br />
rinvenuto costì un onorevole luogo: forse un giorno<br />
anche i torinesi ritorneranno in grazia colle muse. Però<br />
che cotesta città è nobile e vetusta, fondata, come credono,<br />
da Fetonte ». Ma infine, e non a torto, si doleva che<br />
potendo starsi in un ambiente letterario più importante,<br />
es:li si fosse ridotto in una città che non contava più<br />
O<br />
(1) R osmini; op. cit., Ili, pag. 108.<br />
(2) E p ist., libr. X, f. 12, lett. in data 27 settembre 1452.<br />
(3) Lett. <strong>di</strong> Fr. Filelfo, ad<strong>di</strong> 22 marzo <strong>di</strong> quell’ anno.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 132 —<br />
<strong>di</strong> cinque mila abitanti, e neanche con 1’ ufficio che si<br />
conveniva a un dotto, ma trasformato in rabula merce<br />
nario. Tuttavia il duca Ludovico <strong>di</strong> Savoia , lo stesso<br />
<strong>di</strong> cui vedemmo pure lodarsi Niccolò Ceba dal suo<br />
rifugio <strong>di</strong> Nizza, lo accolse con molto onore, gli conferì<br />
la laurea poetica, lo creò consigliere ducale. Di cotesti<br />
onori, tra cui la laurea, parla il maggiore Filelfo , nel<br />
trattatello da lui de<strong>di</strong>cato al pronipote del duca, Filiberto<br />
<strong>di</strong> Savoia, che sia detto per incidenza, non pare emu<br />
lasse la signorile liberalità del nonno ( i) , e <strong>di</strong> nuovo li<br />
esalta ne’ suoi carmi latini :<br />
Coepisti tandem sua restituisse parenti<br />
Munera, vate M ari, quae mihi debueras.<br />
Ouod te magnanimus tanto insignirit honore<br />
Ipse Ludovicus gloria magna tibi est,<br />
Nani tanto placuisse duci, Sabbau<strong>di</strong>a cuius<br />
Imperio paret, fert tibi grande decus.<br />
lu<strong>di</strong>co postquam tibi tanti principis ambit<br />
Laurea pulchra comam etc. (2).<br />
È alla <strong>di</strong>mora del minore Filelfo a Torino che si ri<br />
feriscono le lettere a lui <strong>di</strong> Giacomo Bracelli. Non ec<br />
cedono il periodo <strong>di</strong> tre anni, dal 1455 ^ 57> ma un<br />
passo della prima <strong>di</strong> esse, comparato con la lettera <strong>di</strong><br />
Fr. Filelto, che già conosciamo, ci persuade vie meglio<br />
doversi portare al ’53 la partenza <strong>di</strong> Mario dalla Liguria<br />
e dai marchesi Del Carretto per Torino. Si accenna quivi<br />
(1) Per quel trattatello, <strong>di</strong>ce il Rosmini, op. cit., II, doc. n. 102, furono regalati<br />
a F. Filelfo ducati quattro!<br />
(2) Ode VI del libro V. Cfr. Rosm ini, op. cit., loc. cit..<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 133 —<br />
al lungo silenzio tenuto da Gian Mario verso il cancel<br />
liere genovese e alle scuse che quello faceva all illustre<br />
amico, il quale, ben inteso, protestava cortesemente. Aspet<br />
tava invece i suoi libri che dovevano esser cagione <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>letto a lui, <strong>di</strong> lode anche più grande al loro autore.<br />
E poiché il Filelfo magnificava i suoi progressi presso<br />
la corte <strong>di</strong> Torino, il Bracelli si compiaceva che per<br />
esso fosse smentita la massima : esser sempre rari e<br />
contennen<strong>di</strong> i premi proposti alla virtù, egli, per contro,<br />
come a pochi era accaduto nel suo secolo, non dubitava<br />
<strong>di</strong> chiamarli gran<strong>di</strong> ■ avevano dunque ad essere amplissimi,<br />
se misuravansi col suo ingegno e la felicissima memoria,<br />
due facoltà <strong>di</strong> cui aveva fatto singolare e quasi incre<strong>di</strong>bile<br />
esperimento. Dopo altre considerazioni, negava poi che egli<br />
avesse mai pensato <strong>di</strong> attendere agli annali genovesi, come<br />
alcuno aveva scritto a Gian Mario, e insisteva perché<br />
gli facesse parte delle sue opere, specialmente della storia<br />
sulla guerra <strong>di</strong> Finale. La terza lettera (2 marzo 1457)<br />
conferma il viaggio da Mario intrapreso nella Gallia cui<br />
accenna anche il maggiore Filelto, scrivendone a Tom<br />
maso Franco; ma il movente non era stato 1 incostanza<br />
abituale, come si sarebbe potuto sospettare, bensì una<br />
missione commessagli dal duca e da lui <strong>di</strong>simpegnata<br />
abilmente: gli splen<strong>di</strong><strong>di</strong> doni ricevuti dai maggiori si<br />
gnori <strong>di</strong> Francia attestavano chiaramente che egli era<br />
degno della amicizia dei re, degno della loro liberalità.<br />
Un curioso inciso in cui qui c imbattiamo, ci sof<br />
ferma : ad principem meum delatum non est quod legato<br />
apud Senam agenti de<strong>di</strong>sti carmen. Che carme era cotesto<br />
che al doge Pietro Fregoso non era stato consegnato ?<br />
E nella quarta ed ultima delle lettere esistenti nel mano-<br />
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— r34 —<br />
scritto bracelliano si ritorna sullo stesso tasto. Dopo le<br />
lo<strong>di</strong> delle poesie inviategli dal giovine Filelto con 1 esa<br />
gerazione <strong>di</strong> linguaggio allora tanto comune, soggiunge:<br />
« All illustre principe nostro consegnai quelle che erano<br />
sue, e non dubito eh’ egli farà <strong>di</strong> te il debito conto,<br />
essendo uso ad amare ed esaltare tutti coloro che son<br />
dotati <strong>di</strong> alcuna virtù » ( i) . In sostanza, il cancelliere<br />
genovese, scrivendo al minore Filelfo nei 1 4 5 ^ ’ 8^<br />
chiede la storia della guerra <strong>di</strong> Finale e con queste<br />
singolari parole : ea ('volumina) si vis mittito, que P^us<br />
lau<strong>di</strong>s et glorie allatura sint tibi, vel m ihi plus voluptatis,<br />
cuiusmo<strong>di</strong> futura puto que fìnariense respiciunt bellum.<br />
II libro adunque gli era ignoto ancora. E ancora<br />
nel 57 il Filelfo^ inviando de’ versi suoi al Bracelli, ne<br />
accludeva altri da consegnarsi a Pietro Fregoso, da cui<br />
ceito sperava lode, se non anche premio, come promet-<br />
tevagli 1 autorevole amico. Le osservazioni che, poste<br />
queste premesse, scaturiscono naturali, le indovineià il<br />
lettore che conosca solo un poco 1’ operetta del Filelfo.<br />
Annales in historiam fìnariensis belli.<br />
Inviava versi <strong>di</strong> panegirico e sperava lode e premio<br />
dopo le atroci ingiurie scagliate in quel libro contro i<br />
Fregoso ? Gli eru<strong>di</strong>ti sanno <strong>di</strong>fatti che questa storia <strong>di</strong><br />
Gian Mario é una continua violenta invettiva contro i<br />
genovesi e la famiglia in Genova dominante. Pietro Fre<br />
goso in ispecie non vi é risparmiato, ed il passo dove lo<br />
scrittore pare alludere all’ uccisione <strong>di</strong> Niccolò Fregoso,<br />
cugino del doge, doveva infìggersi acuto come strale<br />
(i) Ms. Br. c. 117, lettera da Genova, 7 marzo 1455, c. 7, 3 gennaio i 45^><br />
c. 135, 2 marzo 1457, c- 29, 25 maggio 1457. Ved. Documento X I in fine.<br />
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nell’ animo del potente signore (i). Come si spiegano tutte<br />
coteste contrad<strong>di</strong>zioni ? Possibile che una storia scritta<br />
nel '52 o 53 in Liguria (2), sulla faccia dei luoghi e<br />
degli avvenimenti, non fosse ancora nota al Bracelli<br />
nel ’ 5 5, malgrado la viva curiosità che doveva produrre<br />
la notizia <strong>di</strong> un libro in cui si narravano fatti, si giu<br />
<strong>di</strong>cavano ar<strong>di</strong>tamente cose e uomini o<strong>di</strong>erni e per opera<br />
<strong>di</strong> un dotto, <strong>di</strong> un eloquente umanista? Pairebbe dunque<br />
che questo lavoro, se anche presentato il 1. gennaio 145 3<br />
al marchese Spinetta, Mario si guardasse dal pubblicarlo,<br />
o forse non era che un primo abbozzo sul quale lo sto<br />
rico venne poi lavorando in Toiino. Sta il fatto che<br />
nel ’56 il Bracelli, il Ceba, ed un grammatico (3), che<br />
forse era il Maggiolo, non lo conoscevano se non <strong>di</strong><br />
nome, e sono <strong>di</strong> parere che ciò fosse anche nel maggio<br />
del *57, quando il nostro Iacopo scriveva così calde lo<strong>di</strong><br />
sui versi fattigli recapitare da Gian Mario. La sfaccia<br />
taggine <strong>di</strong> costui si lusingava sino al segno da credei e<br />
che il libercolo rimarrebbe sconosciuto a Pietro Fregoso,<br />
e che frattanto si poteva pure con lo<strong>di</strong> mendaci scroc<br />
cargli qualche donativo ? Sono congetture campate in<br />
(1) Eccolo : Non malefactum <strong>di</strong>xere Frego sii (gli oltraggi fatti da’ genovesi ad<br />
un sacerdote). Quid tamen hoc malefactum <strong>di</strong>xerint, cum aut (non?) vereantur tri<br />
sobrinos et fratres parare et venenum et gla<strong>di</strong>os, in cognatasque adulteriis m ti?<br />
(col. 1197-1198).<br />
- 135 -<br />
(2) Cfr. G a b o tto , meni, cit., loc. cit., pag. 509.<br />
(3) Come in una lettera del Filelfo, ad<strong>di</strong> 22 gennaio 1452, citata dal Gabotto,<br />
si raccomanda al Perleone un Laurentium nostrum, così nella quarta ed ultima<br />
<strong>di</strong> queste lettere a Gian Mario, si fa dal Bracelli cenno <strong>di</strong> un Lorenzo gram ma<br />
tico. Era il Maggiolo? Bisognerebbe riscontrare se nella vita del famoso me<strong>di</strong>co<br />
e filosofo genovese sia possibile una cosi lunga <strong>di</strong>mora in Genova, dal '52 al 57<br />
e spiegare il grammatico, con cui solo lo designa il cancelliere genovese. A me<br />
ne manca il modo. Cfr. G ab o tto , meni, cit., loc. cit., pag. 500, in nota.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 136 —<br />
aria, nè io pretendo affermar nulla; ma poiché le con<br />
trad<strong>di</strong>zioni, come appare per queste lettere del Bracelli,<br />
sussistono, era pur debito <strong>di</strong> una monografia che toc<br />
casse <strong>di</strong> cotesta singolare figura <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>to, 1’ accennarle.<br />
Sarebbe una delle faccie più scadenti ed abbiette del<br />
vario e ricco poliedro umanistico. Ma il fatto, se anche<br />
strano, non è però impossibile. Un uomo, la cui vita<br />
sregolata e zingaresca spingeva assai volte a men<strong>di</strong>care<br />
da amici e protettori 1’ elemosina <strong>di</strong> un soccorso, che<br />
nell’ opuscolo Della vita e de' costumi <strong>di</strong> Dante non si<br />
peritò <strong>di</strong> offendere la memoria del grande poeta con in<br />
venzioni ed imposture ciarlatanesche, poteva anche in un<br />
caso tramutarsi in impudente cortigiano.<br />
Del cancelliere genovese dopo quest’ ultima lettera del<br />
maggio 1457 non si trova più nulla in<strong>di</strong>rizzato a Gian<br />
Mario. Un silenzio che potrebbe pur essere significativo.<br />
Anche più scarse sono le notizie sugli altri professori<br />
pubblici in Savona. Il Prof. Gabotto scrive che forse<br />
nella sua <strong>di</strong>mora in questa città Gian Mario conobbe<br />
Venturino de’ Priori. Era savonese e la cosa é affatto<br />
naturale; che si sappia però, Venturino non tenne inse<br />
gnamento nella sua città prima del *73. Erra quin<strong>di</strong><br />
grossolanamente il Ban<strong>di</strong>ni, quando afferma che questo<br />
fu successore del Filelfo nella cattedra genovese (i)*<br />
Nè 1 uno né 1’ altro furono mai professori in Genova ,<br />
e per quel che riguarda il Priori, egli fu un successole<br />
<strong>di</strong> Gian Mario assai in ritardo.<br />
Ed ora per ritornare alla città dominante, questa vanta,<br />
oltre i citati, nel pubblico insegnamento <strong>di</strong> bei nomi :<br />
(1) B an<strong>di</strong>ni; Cut. cod. lat. Bibl. Laur., t. III, p. 804.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 137 -<br />
Giorgio Valla che lesse grammatica e retorica probabil<br />
mente nel '76 e negli anni successivi, fino al *79 (1),<br />
Paolo Partenopeo, Gian Paolo Maffei, Iacopo Bonfa<strong>di</strong>o<br />
non meno famoso per l’ ingegno e la dottrina che per<br />
la tragica morte. Ma questi appartengono al secolo X V I<br />
e quin<strong>di</strong> eccedono i confini assegnati a questo lavoro.<br />
Una lista <strong>di</strong> altri assai meno illustri, a .cominciare dal<br />
Vigevio verso la metà del quattrocento e giungendo ai<br />
primi anni del secolo seguente, il lettore troverà in fine,<br />
nell’ appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> documenti (2). L ’ ultimo che ebbe in<br />
vito <strong>di</strong> leggere pubblicamente nello stu<strong>di</strong>o genovese fu<br />
Torquato Tasso nel 1587, e non venne. Poco dopo i<br />
Gesuiti ottenevano dalla Signoria licenza <strong>di</strong> fabbricare<br />
la chiesa <strong>di</strong> S. Ambrogio ed attigua a questa un e<strong>di</strong><br />
ficio per il loro collegio, nel quale tenere letture pub<br />
bliche su tutte le professioni.<br />
Così lo stu<strong>di</strong>o del latino e del greco <strong>di</strong>veniva un<br />
loro monopolio, e abbandonato l’ ufficio dell’ umanesimo<br />
che mirava ad integrare 1’ autore con l’ illustrazione dei<br />
luoghi, de’ tempi, de’ costumi tra cui si svolge 1’ opera<br />
sua, si fece senza <strong>di</strong> que’ cànoni critici; e ridotti i clas<br />
sici ad altrettanti tipi immutabili ed universali dell’ arte,<br />
si nascose sotto il lussureggiar delle fion<strong>di</strong> la scarsità e<br />
1’ insipidezza del frutto.<br />
(1) Da non scambiarsi, come fa il Mehus (Bart. F acii, De viris illustribus,<br />
p. xxvi), con Lorenzo Valla. Il mordace e terribile umanista romano non fu<br />
mai professore in Genova. Giorgio vi fu invitato con deliberazione del ducale<br />
governatore e del consiglio degli anziani in data 16 luglio 1476 e con lo sti<br />
pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 200 lire genovesi all’ anno (Archivio <strong>di</strong> Stato in Genova, Diversorum<br />
caliceli, filza 39). Nel 1480, 9 maggio, Ibleto Fieschi si lagnava che il Valla<br />
fosse stato licenziato.<br />
(2) Ved. Documento X II.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- i38 -<br />
C A P IT O L O IV.<br />
M E C E N A T I, L IB R I E L IB R E R IE .<br />
Genova non ebbe un libraio principe come il fioren<br />
tino Vespasiano e neppure mecenati della splen<strong>di</strong>dezza<br />
<strong>di</strong> Cosimo, per cui l’ arte libraria potesse avvantag<br />
giarsi rapidamente, siccome avvenne in Firenze. Ma ^<br />
qualche cosa si fece pur qui, e se non tutto per merito<br />
de suoi citta<strong>di</strong>ni, per la posizione geografica almeno<br />
più presso ai maggiori centri <strong>di</strong> coltura, non manco<br />
neanche a Genova un movimento librario che potesse<br />
competere, per un esempio, con Napoli e fosse un modesto<br />
riflesso della mirabile attività e perizia fiorentina. Se non<br />
che a Napoli tutto si appuntava nel sovrano aragonese,<br />
magnifico e costante protettore <strong>di</strong> dotti, dal cui favore<br />
ne se<strong>di</strong>ci anni eh’ egli ebbe <strong>di</strong> regno, la città riconobbe<br />
tutto il suo splendore. In Genova le cose correvano<br />
1 * i<br />
alquanto <strong>di</strong>versamente, per la capitale ragione cui pi<br />
volte accennammo delle politiche mutazioni, che al <strong>di</strong>re<br />
del Piccolomini facevano stupire ad un tempo 1 oriente<br />
e 1 occidente (i). La protezione accordata dal capo dello<br />
Stato era adunque passeggiera, come transeunte era il<br />
suo governo, né i dotti o gli amatori <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci antichi<br />
e preziosi cimelii potevano sempre trovarvi quella faci<br />
lità che rinvenivano altrove. Che per altro, anche in<br />
( i) A e n . S y l v i i ; Historia de Europa, ed. cit., p ag. 4 4 5 .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 139 —<br />
uomini dottissimi durasse 1’ opinione che Genova e le<br />
altre città del dominio possedessero copia grande <strong>di</strong> an<br />
tichi co<strong>di</strong>ci, ci é attestato dalle parole del Guarino al<br />
Lamola, quando questi nel 1448 aveva intrapreso alcune<br />
•<br />
escursioni in Liguria: — « Non ti stancare, mio ottimo<br />
Lamola, <strong>di</strong> rintracciare i dotti personaggi, ossia gli antichi<br />
libri <strong>di</strong> cui cotesta Liguria dev’ esser piena. Esplora ogni<br />
biblioteca ed i sepolti nella polvere e nel sor<strong>di</strong>dume re<br />
voca e suscita alla mon<strong>di</strong>zie ed alla luce. Auguro che<br />
tu possa scoprire le lettere <strong>di</strong> Plinio » (1). — Proba<br />
bilmente fattore principale della favorevole opinione era<br />
il grande concetto che si aveva pur sempre della ric<br />
chezza e del carattere intraprendente de’ genovesi. E <strong>di</strong>co<br />
pur sempre, poiché esso era antico, come la fama <strong>di</strong> bel<br />
lezza delle sue donne. Rambaldo <strong>di</strong> Vaqueiras per una<br />
<strong>di</strong> costoro che andavano non <strong>di</strong> rado spose ai re d’ O-<br />
riente, scriveva il primo contrasto bilingue della nostra<br />
letteratura; ed i versi provenzali malamente attribuiti<br />
dal Quadrio a Federico Barbarossa, tra le cose parecchie<br />
amate e preferite dal poeta, citavano pur anche l’ onorare<br />
del genovese:<br />
Piacemi il cavalier francese,<br />
E la dama catelana,<br />
L’ onorar dal genovese,<br />
E la corte <strong>di</strong> Castellana,<br />
Lo cantar provenzalese,<br />
E la danza trivigiana,<br />
E lo corpo aragonese,<br />
E la perla in<strong>di</strong>ana,<br />
Mani e ciera dell’ inglese,<br />
(1) Giorn. Lig., anno XII, pag. 391.<br />
E ’l donzello <strong>di</strong> Toscana (2).<br />
(2) Q u a d r io ; Della storia edella ragione d'ogni poesia, Milano, 1 7 4 1 , II, pag. i n .<br />
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State certi che nell’ onorar del genovese il poeta ci<br />
comprendeva anche il maggior bene ambito dagli uo<br />
mini : la ricchezza e la potenza. Non so se il Lamola<br />
abbia atteso <strong>di</strong> proposito alle ricerche cui lo spronava<br />
il Guarino: certo non scoperse le lettere <strong>di</strong> Plinio.<br />
Ma tuttavia non mancavano tra’ genovesi, bibliofili e<br />
possessori <strong>di</strong> biblioteche. Già toccammo <strong>di</strong> Andreolo<br />
Giustiniani. All’ uscire del trecento un Bartolomeo <strong>di</strong><br />
Iacopo, valente giureconsulto ed oratore, lasciava mo<br />
rendo una raccolta <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci il cui inventario, pur som<br />
mario, é segno certo in chi li possedeva <strong>di</strong> una coltura<br />
notevolissima. Oltre le opere giuri<strong>di</strong>che copiose, la bi<br />
blioteca conteneva, buon numero <strong>di</strong> autori classici e<br />
me<strong>di</strong>evali quali raramente si trovavano presso un sem<br />
plice privato (i).<br />
— 140 —<br />
Tra libri e letterati troviamo pure un illustre mila<br />
nese che tenne per quattro anni, ossia dal 1428 al 32<br />
il governo <strong>di</strong> Genova in nome del duca Filippo Maria,<br />
voglio intendere l’ arcivescovo <strong>di</strong> Milano, Bartolomeo<br />
Capra (2). Godeva fama <strong>di</strong> uomo assai versato negli<br />
(1) Clr. B e l g r a n o ; Della vita privata de’ genovesi, c. X X V III. N o v a t i ,<br />
Bart. <strong>di</strong> Iacopo, in Giorn. Ligustico, 1890, p. 23 segg.<br />
(2) Intorno all’ anno che il Capra venne a Genova come governatore, cade<br />
qualche dubbio. Dal passo <strong>di</strong> una lettera scritta dal Traversari al N iccoli, il<br />
prof. Sabba<strong>di</strong>ni giunge alla conclusione che 1 ’ archiepiscopus m e<strong>di</strong>olanensis cui<br />
in quel luogo si accenna fosse Bartolomeo Capra, e che quin<strong>di</strong> costui occupasse<br />
1’ ufficio <strong>di</strong> governatore, almeno sin dal febbraio 1424 (S a b b a d in i ; G u arin o Ve<br />
ronese e g li archetipi <strong>di</strong> Celso e Plauto, p. 10). L ’ induzione certo 6 logica, ma<br />
invalidata da altre testimonianze che, per ricerche fatte, potei rinvenire. Difatti<br />
il Verzellino (Memorie cit., I, 290), un compilatore, come già ebbi a <strong>di</strong>re, ma che<br />
lavorò sopra cronache e documenti, porta l’ anno 1428. Ecco l’ i n t i e r o passo :<br />
« Fu ricevuto con onorevolezza in Savona, l’ anno 1428, ad<strong>di</strong> 26 aprile, ed a<br />
spese del pubblico, Bartolomeo Capra, arcivescovo <strong>di</strong> Milano, inviato a Genova<br />
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— I4 I -<br />
stu<strong>di</strong> ecclesiastici: allorché Ambrogio Traversari fu colto<br />
da scrupoli, più affettati che veri, per la traduzione<br />
delle vite <strong>di</strong> Diogene Laerzio desiderata da Cosimo e<br />
dal Niccoli, uno de’ due giu<strong>di</strong>ci che decise sulla con<br />
venienza o no, da parte del pio generale de’ Camaldo<br />
lesi, <strong>di</strong> tradurre uno scrittore profano, fu appunto il<br />
Capra. O forse l’ astuto monaco volle correggere con<br />
questa scelta l’ austero giu<strong>di</strong>zio che temeva fosse dato<br />
da Antonio da Massa, il secondo giu<strong>di</strong>ce eletto. Noi<br />
sappiamo <strong>di</strong>fatti che anche 1’ arcivescovo Capra era in<br />
tinto più che <strong>di</strong>scretamente della pece pagana. Al licen<br />
zioso poeta dell 'Ermafro<strong>di</strong>to faceva s.ipere che egli aveva<br />
desiderio vivissimo <strong>di</strong> leggerlo (i), e a chi gli chiedeva<br />
perchè avesse cura <strong>di</strong> tener sempre, come servi suoi,<br />
sopra u n a g a le ra , la quale <strong>di</strong> ritorno portò a Savo n a il Car<strong>di</strong>nal G ia c o m o I s o <br />
lani, b o lo g n e se , che doveva andare a M ilano ».<br />
Il C ic a la invece (ms. cit.) segna l’ aprile dell’ anno 1427- Finalmente nelle<br />
lettere dell’Archivio <strong>di</strong> Stato in Genova (Litterar. registri, n. 1779' cancelliere<br />
G. Bracelli) 1’ ultima che rinvenni, scritta in nome del car<strong>di</strong>nale Giacomo Iso<br />
lani, governatore ducale, ha la data del 23 febbrajo 1428. Colla data del 3 marzo,<br />
stesso anno, esiste una lettera in nome del Capra al vicario <strong>di</strong> Albenga per un<br />
salvacondotto da accordarsi.<br />
Del resto, se il viaggio del Parentucelli in Lombar<strong>di</strong>a è da porsi nella se<br />
conda metà del 1427 (Cfr. Sabba<strong>di</strong>ni, op. cit., p. 40) e la lettera <strong>di</strong> lui al Nic<br />
coli é in data del 4 giugno 1428, come la fissa lo stesso Prof. Sabba<strong>di</strong>ni, anche<br />
per questa via verrebbe ad essere infirmato, 0 sospetto per lo meno, 1 anno 24.<br />
Ecco il passo: Cum Me<strong>di</strong>olani fuimus de Cornelio Celso invento in basilica Am<br />
b r o s ia n a investigavi. Inveni esse apud arcbiepiscopum me<strong>di</strong>olanensem, qui tum Ianuae<br />
erat, a quo nescio si obtinere potuissem, cum librum illum iam<strong>di</strong>u expectarit<br />
(Sabba<strong>di</strong>ni, op. cit., p, 24). Senza pretenderla quin<strong>di</strong> all esattezza del Bianconi,<br />
che pone la venuta del Capra al 28 febbraio 1428 (Lettere sopra Celso, p. 116,<br />
n. 9), tuttavia sono io pure d’ avviso che essa si debba protrarre fino ai primi<br />
mesi <strong>di</strong> quest' ultimo anno.<br />
(1) V o ig t; op. cit., I, 478.<br />
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ellissimi giovani rispondeva: perché solo ne’ corpi de<br />
formi entrano ad abitare le anime turpi. Disonestà in<br />
egregia forma é assai rara (1).<br />
Il concetto era platonico, ma ravvicinato alle eleganti<br />
lubricità dell’ Ermafro<strong>di</strong>to che il dotto prelato si <strong>di</strong>lettava<br />
<strong>di</strong> leggere, poteva esser tratto ad un’ ingiuriosa interpre<br />
tazione. Piace meglio trovarlo sollecito, anche tra le<br />
nuove cure <strong>di</strong> governo, della ricerca e dello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
co<strong>di</strong>ci antichi e in ciò egli certo deve collocarsi tra gli<br />
uomini più benemeriti che avesse allora la repubblica<br />
genovese. Quando nel 1427, durante il suo viaggio in<br />
Lombar<strong>di</strong>a col car<strong>di</strong>nale Albergati, Tommaso Parentucelli<br />
chiese dell’ archetipo <strong>di</strong> Celso scoperto <strong>di</strong> fresco nella<br />
basilica ambrosiana, seppe che esso si trovava a mano<br />
del Capra in quel tempo appunto mandato al governo<br />
<strong>di</strong> Genova. E nel 27, o nel ’28, credo sia da porsi una<br />
visita fatta dal Bracelli a Gasparino Barzizza in Milano<br />
collo speciale incarico da parte dell’ arcivescovo <strong>di</strong> farsi<br />
consegnare dall’ umanista, non veramente il famoso co<br />
<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong> scoperto anni prima da Gerardo Landriani<br />
e contenente i tre libri completi de Oratore, il Brutus<br />
o De claris oratoribus e Y Orator in<strong>di</strong>rizzato a Bruto,<br />
ma la copia che Gasparino per suo uso aveva fatto <strong>di</strong><br />
quest ultimo trattato e che volontieri imprestava agli<br />
amici.<br />
Nel 28 cade <strong>di</strong>fatti il viaggio che Iacopo faceva quale<br />
cancelliere de’ sei ambasciatori genovesi incaricati <strong>di</strong><br />
( 1 ) A e n . S y l v i i ; Comment., ed. c it ., p. 4 8 5 . — Bartholomeus Caprantis me<strong>di</strong>o<br />
ìanetisis ecclesiae antistes idcirco se ministros form a praestantes quaesivisse <strong>di</strong>cebat<br />
quoniam turpes animi turpia corpora incolerent. Improbitatem autem in egregia<br />
form a perraro compertam esse.<br />
— 142 —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 143 —<br />
complire il duca per le sue nozze con Maria <strong>di</strong> Savoia. Il<br />
buon Barzizza che proseguiva la sua fatica sopra Cice<br />
rone dello stesso amore con cui proseguono i padri i loro<br />
figliuoli, ringraziava il Capra che avesse scelto per quel<br />
geloso negozio un uomo dabbene e negli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> uma<br />
nità così addentro qual era il Bracelli ; i pre<strong>di</strong>letti stu<strong>di</strong><br />
onde il Capra sopra ogni altra cosa si <strong>di</strong>lettava (i).<br />
Ma un mecenate <strong>di</strong> ben maggiore importanza verso<br />
lo stesso tempo é quel Tommaso Fregoso che ci avvenne<br />
già più volte <strong>di</strong> ricordare. Egli protettore liberale <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>osi e cultore esso stesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> classici, egli certo<br />
possessore <strong>di</strong> una buona biblioteca, avrebbe ad essere<br />
appunto il mecenate onde fa cenno il Guarino nel 1428.<br />
E che la supposizione <strong>di</strong> una ricca biblioteca posseduta<br />
da Tommaso non sia infondata, me ne accerta T inven<br />
tario, pubblicato dal Delisle, dei libri che trovavansi nello<br />
stu<strong>di</strong>olo <strong>di</strong> lui e che nel 1425 erano commessi alla cu<br />
sto<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Bartolomeo Guasco (2). Si deve supporre che<br />
qui fossero i più preziosi soltanto, o quelli che il<br />
(1) S a b b a d in i; Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gasparino B arbin a su Quintiliano e Cicerone, Livorno,<br />
1886, p. 13.<br />
(2) Veci. Documento X III, in fine. L’ inventario, mi valgo delle parole stesse<br />
dell’ egregio Belgrano che volle farmene cortese comunicazione, è inserto alla<br />
fine <strong>di</strong> un bel co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Tito Livio e d’ altri storici della Nazionale <strong>di</strong> Parigi,<br />
scritto ne’ principi del secolo XIV (Lat., n. 5^9°) > e comincia così: Inventa<br />
rium eorum librorum qui inuenti sunt in pul[c]herrimo stu<strong>di</strong>olo magnifici contini<br />
domini Thotne de Campo Fregoso, Sar\ane tunc domini, qui custo<strong>di</strong>e recommissi<br />
sunt Bartholomei Guaschi <strong>di</strong>e . xx . novembris . m. cccc . xxv. Cfr. Catalogus<br />
co<strong>di</strong>cum mss. Bibl. Reg. Paris., IV, 1 4 8 ; D e l is l e , Le Cabinet des mss. de la<br />
Bibl. N at., II, 346. Il co<strong>di</strong>ce appartenne già a Francesco Petrarca e per la<br />
storia <strong>di</strong> esso è importante la notizia che si legge nel foglio 367 : Emptus A vi-<br />
niotte 1 3 5 1 , <strong>di</strong>u tamen ante possessum: appartenne poscia ai Fregoso, ne quali,<br />
come si vede da certe annotazioni, durò almeno fino al sec. X V I. Cfr. B e l<br />
g r a n o , Annali Genovesi <strong>di</strong> Caffaro ecc., Roma, 1890, voi. I, p. xxiv.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 144 —<br />
signore desiderava <strong>di</strong> avere più a mano. E chi <strong>di</strong>a una<br />
scorsa a quell’ inventario, giu<strong>di</strong>cherà non esagerata ne<br />
vana la lode data al Fregoso <strong>di</strong> geniale cultore <strong>di</strong> classici<br />
stu<strong>di</strong>. Quanto <strong>di</strong> più essenziale in questa parte posse<br />
deva il me<strong>di</strong>o evo, e ciò che 1’ eru<strong>di</strong>zione del secolo X IV<br />
vi aveva aggiunto per opera segnatamente del Petrarca,<br />
ed inoltre in buon numero opere <strong>di</strong> storia antica e mo<br />
derna, molta storia, molta oratoria come si conveniva<br />
ad un sapiente uomo <strong>di</strong> Stato, tutto questo troviamo<br />
raccolto nell’ elegante stu<strong>di</strong>olo del signore <strong>di</strong> Sarzana.<br />
Non esagerava dunque punto coir Aurispa allorché nel 39<br />
gii scriveva che Plauto così colla soavità sua lo adescava<br />
che, chiuso ogni altro libro, egli prendeva piacere <strong>di</strong><br />
quell’ unico soltanto. Da cotesto inventario conosciamo<br />
<strong>di</strong>fatti che Plauto e Terenzio non gli erano ignoti ed<br />
insieme con essi Virgilio^ Livio, il tragico Seneca^ e<br />
Cicerone, nelle lettere specialmente ancora rare, e Gellio,<br />
Notti Attiche e Plinio, <strong>Storia</strong> Naturale, libri avidamente<br />
cercati da amanuensi e bibliofili, non che Svetonio e<br />
quel Valerio Massimo che anni dopo venne felicemente<br />
imitato da un altro Fregoso, doge anch’ esso della sua<br />
repubblica.<br />
Sul prezzo dei libri in Genova riferirò questa notizia<br />
per incidenza data dal Bracelli ad Andreolo Giustiniani.<br />
Il cancelliere aveva fatto copiare per conto dell amico<br />
un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Tolomeo, e gli scriveva che la spesa<br />
per la pergamena, il libraio, miniatore e legatore am<br />
montava in totale a quin<strong>di</strong>ci lire genovesi (i)- ^ on<br />
era caro. Il povero Perleone che voleva acquistale da<br />
(1) L e tte ra 2 lu glio 1440.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- r45 -<br />
Melchiorre, libraio milanese, un esemplare delle lettere<br />
<strong>di</strong> Cicerone riceveva avviso dal Filelfo che costui pre<br />
tendeva del volume <strong>di</strong>eci ducati. Ma osserva giustamente<br />
il Voigt che riesce assai <strong>di</strong>fficile segnare una norma<br />
generale sui prezzi dei libri in quel tempo (i).<br />
Certo non era Genova il paese dove si potesse tro<br />
vare un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> amanuensi abile e bene costituito<br />
quale lo offriva Firenze, ed a nessuno sarebbe caduto<br />
in mente <strong>di</strong> cercare qui il libraio che sapesse allestire<br />
una biblioteca. Non mancavano per altro menanti ed<br />
anche uomini che sapessero elevarsi più in alto <strong>di</strong><br />
quest’ umile professione, ne sia esempio il Curio, e<br />
neppure un certo commercio <strong>di</strong> libri antichi. Se il Bra<br />
celli rispondeva a Cipriano De Mari nel ’5 3 : essere <strong>di</strong>f<br />
ficile trovare allora in Genova un V egezio che fosse ad<br />
un tempo abbastanza corretto e venale, gli è perchè libri<br />
antichi occorreva anche qui, senza dubbio, <strong>di</strong> comprarne<br />
e <strong>di</strong> venderne (2). Ed in ciò i maestri vaganti avevano<br />
parte principalissima. Il Filelfo, nel 1448, voleva acqui<br />
stare la biblioteca lasciata dal Cassarino ed in ispecie un<br />
co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Platone, e verso quel medesimo tempo aspet<br />
tava con impazienza un Ardano che il Perleone gli<br />
faceva trascrivere, o trascriveva egli stesso nei ritagli<br />
<strong>di</strong> tempo. Ma il Perleone la tirava per le lunghe; e il<br />
Filelfo che amava servirsi <strong>di</strong> tutti ed esser servito presto,<br />
scriveva con un po’ d’ impazienza : Cura ut valeas . . .<br />
et ad me Arrianum historicum quamprimum des. Ma<br />
cinque anni dopo, non scoraggiato, ritornava ancora alla<br />
(1) V o i g t ; o p c it., I, 398.<br />
(2) M s. B r . c. 1 2 1 , G e n o v a , 6 giu gn o 1 4 5 3 .<br />
A t t i S o c. L ig . Soc. P a tria . Voi. XXIII. 10<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
carica: Reliquum est ne res trahatur in annum : maturato<br />
est opus.<br />
Il Voigt, che m’ occorre spesso <strong>di</strong> citare, <strong>di</strong>ce che il<br />
Filelfo, ban<strong>di</strong>to da Firenze e rotto co’ Me<strong>di</strong>ci, ebbe un<br />
bel cercare altrove gli scritti <strong>di</strong> Arriano e Diodoro. Di<br />
vero, dubito assai se il primo <strong>di</strong> questi due l’ abbia mai<br />
ricevuto, come desiderava, copiato dal Perleone. Tra<br />
queste con<strong>di</strong>zioni ed alti e bassi <strong>di</strong> favore, versò 1 arte<br />
libraria sin verso la fine del secolo : essa seguiva, com è<br />
naturale, le vicissitu<strong>di</strong>ni della coltura umanistica nel do<br />
minio genovese. Malinconico acquisto sarà stato pei il<br />
nostro Iacopo quello <strong>di</strong> cento ottanta sette volumi e <strong>di</strong><br />
alquante reliquie che dalla perduta Pera passarono nel<br />
1461 a Genova e furono depositati presso i frati della Ma<br />
donna del Monte, insieme con altri ventiquattro ed una<br />
icona <strong>di</strong> nostra Donna, depositati presso i frati <strong>di</strong> Santa<br />
Maria <strong>di</strong> Castello. I depositari si obbligavano a restituire<br />
quei preziosi avanzi del saccheggio, se mai Pera si ri<br />
cuperasse per i genovesi, e tra gli ufficiali che intei ven<br />
nero all’ atto <strong>di</strong> deposito si trova appunto anche Giacomo<br />
Bracelli (1).<br />
— 146 —<br />
Egli non visse abbastanza per vedere la meravigliosa<br />
invenzione del secolo, la potente leva che doveva scalzare<br />
tanti rottami del passato, la stampa insomma. I primi<br />
torchi in Genova non furono impiantati che nel 1 4 7 1 ? e<br />
in questa parte l’ opera <strong>di</strong> Antonio Mattia <strong>di</strong> Anversa e<br />
Lamberto <strong>di</strong> Delft fu così attiva, che ben presto 1 arte<br />
tipografica genovese si esercitò su larga scala, mandan<br />
(1) B e l g r a n o ; Documenti della colonia genovese <strong>di</strong> Pera, in A tti della Soc.<br />
<strong>di</strong> St. <strong>Patria</strong>, voi. X III, pp. 279, 280,993; e Appen<strong>di</strong>ce allo stesso voi., taV<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— H I —<br />
dosi libri in Lombar<strong>di</strong>a, a Napoli ed altrove (i). Tra<br />
il '73 e il ’74 poi usciva in Savona, parimenti a stampa, il<br />
Boezio, Consolatio philosophiae, pei torchi <strong>di</strong> un Bono Gio<br />
vanni, frate agostiniano tedesco, e nell’ officina <strong>di</strong> costui<br />
con ufficio <strong>di</strong> correttore troviamo un uomo a noi già<br />
noto, il maestro Venturino de’ Priori. Secondo il costume<br />
del tempo, in testa al volume si leggono alcuni suoi<br />
versi che ci porgono un breve saggio dell’ abilità poetica<br />
<strong>di</strong> Venturino, ahimè, assai scarsa. E dopo le prime cure<br />
sul Boezio, altre egli ne spendeva per l’ impressione del<br />
Dottrinale <strong>di</strong> Alessandro Villa Dei, impressione che certo<br />
fu anteriore al 1480, poiché in quest’ anno Venturino<br />
già era pubblico professore in Alba (2). La soscrizione<br />
in fine del volume loda la <strong>di</strong>ligenza spesavi su dal gram<br />
matico. « In altri luoghi per <strong>di</strong>fetto de’ librai, il Dot<br />
trinale era riuscito scorretto, ma ora per merito <strong>di</strong><br />
Venturino grammaticus eximius, quam emendatissimum<br />
verrebbe a mano dei lettori ». E vi si accenna pur anche<br />
alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sagiate tra cui la stampa erasi fatta. La<br />
peste infieriva a Genova, in Asti ed altrove e su quel<br />
principio lo stampatore non aveva ancora potuto prov<br />
vedersi <strong>di</strong> tutto ciò che era necessario all’ arte sua (3).<br />
Come si comprende dalle opere citate e prescelte per<br />
essere impresse, la nuova invenzione ne’ suoi primor<strong>di</strong><br />
serviva anzitutto alle necessità della scuola. Alla pari<br />
con Severino Boezio che quantunque fosse stato un co<br />
ti) Staglielo ; Appunti e documenti sui primor<strong>di</strong> dell’ arte della stampa in Ge<br />
nova, in Atti cit., voi IX, pag. 323 e segg.<br />
(2) S p o t o r n o ; op. cit., II, 380.<br />
(3) G iu lia n i; Notizie sulla tip. ligure sino a tutto il secolo XVI, in Alti cit.,<br />
voi. cit., pp. 32 e segg.<br />
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aggioso e sincero rappresentante della classica tra<strong>di</strong>zione<br />
pagana, pure agli spiriti cristiani offrivasi cinto della<br />
santa aureola del martire morto per la fede, alla pari<br />
con esso, <strong>di</strong>co, veniva il Dottrinale del Villa Dei, un<br />
rifacimento in insipi<strong>di</strong> versi del trattato <strong>di</strong> Prisciano, ma<br />
che pure era riverito anche dalle scuole dell’ umanesimo,<br />
e sul quale tempestarono chi sa quanti uomini insigni,<br />
tra gli altri Aldo Manuzio, il vecchio Guarino e tutti<br />
i suoi <strong>di</strong>scepoli. La grammatica era una potenza anche<br />
nel secolo X V , né la scuola sapeva ancora abiurare<br />
quella dottrina <strong>di</strong> cui luci massime erano stati Donato<br />
e Prisciano. Curioso riscontro: tra le opere delle quali<br />
la stampa si attribuisce al Gutenberg trovasi pure il<br />
Catholicon <strong>di</strong> fra Giovanni Balbi da Genova (1) . Ma<br />
ormai era il crepuscolo <strong>di</strong> un’ età che passava. L ’ Ivani<br />
alle prime notizie de’ torchi impiantati in Roma cosi<br />
scriveva da Volterra a Ludovico Fregoso, sollecitandolo<br />
a giovarsene per il figlio Agostino : — « Costoro hanno<br />
1 officina loro zeppa <strong>di</strong> volumi, sicché ti sarà facile<br />
concludere con essi un utile negozio e meritevole <strong>di</strong><br />
plauso. Abbia il nobile giovinetto le epistole <strong>di</strong> Gero<br />
lamo, le opere <strong>di</strong> Lattanzio, Orazio, Aristotele, e Quinto<br />
Curzio, Cesare, Livio, Sallustio, Plutarco, la Cirope<strong>di</strong>a<br />
<strong>di</strong> Senofonte, gli Opuscoli morali e filosofici dell elo<br />
quente Cicerone e le <strong>di</strong>vine, se cosi m’ é lecito espri<br />
mermi, orazioni <strong>di</strong> lui » (2). Spuntava l’ alba <strong>di</strong> un<br />
nuovo secolo che le conquiste dell’ umanesimo, ristrette<br />
fino allora a pochi o privilegiati o coraggiosi e pazienti,<br />
(1) C a s t e l l a n i ; L'origine tedesca deU’ inven\ione della stampa, V e n e z i a , 1889,<br />
p. 38.<br />
— 148 —<br />
(2) Lettere Ivaniane, ms. cit., I, c. 115.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 149 —<br />
propagherebbe a milioni d’ uomini, amplierebbe per mi<br />
lioni <strong>di</strong> voci. Un dotto francese calcola a due milioni<br />
il numero dei volumi stampati in Venezia, nel primo<br />
trentennio d’ esercizio dell’ arte tipografica colà (i).<br />
E il primo libro, che in Venezia venne alla luce per<br />
l’ opera dei torchi, fu quello delle epistole ad familiares<br />
<strong>di</strong> Cicerone (2).<br />
CAPITOLO V.<br />
E p i s t o l a r i o d e l B r a c e l l i .<br />
Questa trattazione sarebbe troppo manchevole, se non<br />
considerassimo alquanto più <strong>di</strong> proposito il valore del<br />
nostro segretario in quella parte che costituisce una<br />
delle glorie dell’ umanesimo, voglio <strong>di</strong>re nella corrispon<br />
denza pubblica, eh’ egli durante cinquant’ anni tenne per<br />
obbligo del suo ufficio, e nella privata dove la dottrina<br />
e i pregi dello stile avevano certo miglior campo per<br />
<strong>di</strong>mostrarsi. Il Bracelli giovine faceva le sue prime<br />
prove, quando Gasparino Barzizza, <strong>di</strong>lungandosi dagli<br />
esempi del Petrarca e del Boccaccio, sorgeva appunto<br />
per lo stile epistolare campione del ciceronianismo, e il<br />
Bruni e quel geniale ingegno che fu il Poggio, inse<br />
gnavano che cosa doveva essere la nuova prosa latina,<br />
se voleva accostarsi alla floridezza e alla flui<strong>di</strong>tà del-<br />
1’ oratore romano.<br />
(1) A. B er n a r d ; De l'origine et des débuts de Vimprimiere en Europe; Paris,<br />
1853, par. II, 197.<br />
(2) Cfr. C. C astellan i; La stampa in Venezia dalia sua origine alia morte <strong>di</strong><br />
Aido Manuzio seniore, Venezia 1889.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 150 —<br />
Più tar<strong>di</strong>, negli anni ver<strong>di</strong> e maturi, potè ammirare<br />
il fervore inquieto, assai volte battagliero, <strong>di</strong> tutta quella<br />
gloriosa schiera <strong>di</strong> dotti che fu prima a <strong>di</strong>ssodare il<br />
ronchioso terreno della coltura greco romana, fino a che<br />
il Valla non gittó nel campo de' ciceroniani il grido<br />
della rivolta. Tuttavia farebbe errore chi <strong>di</strong> quelle rumo<br />
rose contese volesse trovare in<strong>di</strong>zio o segno nell’ epi<br />
stolario del nostro. Non v’ ha nessuna lettera <strong>di</strong> lui che<br />
accenni anche da lontano alla tanto <strong>di</strong>battuta questione<br />
della forma, nessuna in cui egli lasci pur sottintendere<br />
quale fosse il suo criterio estetico. Chi voglia dunque<br />
giu<strong>di</strong>carlo deve sottoporre alla prova oggettiva gli scritti<br />
suoi e , poiché qui si ragiona delle lettere , mettere a<br />
<strong>di</strong>samina così le private come quelle eh’ egli scriveva<br />
d’ or<strong>di</strong>ne pubblico. Panni si possa sicuramente affermare<br />
che se anche il Bracelli conosceva, e non v’ ha dubbio,<br />
le opinioni espresse dall’ amico Barzizza nel suo tratta<br />
tello De compositione, non egli tuttavia si ascrisse mai<br />
al gruppo de’ ciceroniani, né riuscì tale più che non lo<br />
fossero l’ amico suo Flavio Biondo ed il Poggio.<br />
Rispetto poi alle lettere ufficiali allorché entrò nella<br />
cancelleria genovese, vi trovò stabilita la vecchia ti a<strong>di</strong><br />
zione lasciatavi dagli Stella, la quale era pur sempre un<br />
notevole progresso in confronto del passato. E ssi, gh<br />
amici del venerato secretario fiorentino Coluccio Salutati,<br />
portavano nel chiuso ambiente me<strong>di</strong>evale come un aura<br />
<strong>di</strong> umanesimo, e facevano presentire, pur nell’ asprezza<br />
ed ari<strong>di</strong>tà dello stile cancelleresco, lo splendore e l effi<br />
cacia dell’ eloquenza. Ma che lungo cammino rimanesse<br />
ancora a fare nel particolare della lingua e dello stile<br />
ci é in<strong>di</strong>cato, non che da’ predecessori suoi, anche dalle<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 15 1 -<br />
prime lettere <strong>di</strong> esso Bracelli. Ve<strong>di</strong>amone una all’ impe<br />
ratore Sigismondo per felicitarsi della sua assunzione<br />
all’ impero: é del 14 11. Basteranno pochi passi perché<br />
il lettore si faccia un’ idea esatta <strong>di</strong> quello stile scadente<br />
, della lingua corrotta, del periodo slegato e<br />
talvolta senza grammatica: lacebat sine principe orbis<br />
terre prostratus et populus christianus — proh dolor! —<br />
5ine eo principe, ad inertiam resolutus et inimicorum no<br />
minis lesu Christi, verbera et horrenda mala presensit, et<br />
Italia que tot victoriarum decora ipso orbe quaesivit, guer-<br />
rarum variis agitata procellis, vertens ferrum ab hostili<br />
sanguine, <strong>di</strong>u in se armata detinuit, et beati Petri navi<br />
cula , variis collis (?) a fluctibus sine portubus <strong>di</strong>u errans<br />
horruit precipitium (1).<br />
Perfino il vocabolo grossolanamente coniato, è in<strong>di</strong>zio<br />
puro e semplice della pigrizia da parte dello scrittore<br />
nel sostituirvi in cambio il giusto vocabolo latino. Po<br />
niamo a riscontro <strong>di</strong> questa la lettera che il cancelliere<br />
in nome della repubblica scriveva al re d Aragona, come<br />
risposta a quella del Panormita. Essa è del 1456. Qua<br />
rantacinque anni <strong>di</strong> intervallo ci avvertono delle con<br />
quiste dell’ umanismo pur anche nella cancelleria geno<br />
vese. 11 segretario dà principio con una magnifica entrata:<br />
Infinitas prope a te, praeclarissime rex, pacis bellique tem<br />
poribus accepisse liter as meminimus, eam quidem verborum<br />
moderationem habentes, ut liquido appareret eas et a rege<br />
et a moderatissimo rege profectas esse. Hae vero quas de<br />
cimo augusti <strong>di</strong>e datas nuper legimus, adeo ab illis omnibus<br />
(1) A rch. <strong>di</strong> Stato in Genova ; I a c . d e B r a c e l l e i s , Litterarum 1, num . g en e<br />
rale 17 7 7 , lett. 238, 12 settembre 1 4 1 1 .<br />
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/
— I52 —<br />
degenerant, ut si tuum nomen tollas, asseverandum sit eas<br />
ncque tuae maiestatis esse nec civilis a licu iu s v iri, tanto<br />
enim stu<strong>di</strong>o hic eius operis architectus vecor<strong>di</strong>s in m ale<strong>di</strong><br />
cendo facun<strong>di</strong>ae gloriam affectasse videtur, ut quod quorno-<br />
doque loqut regem deceat oblitus sit.<br />
11 monarca aragonese, implacabilmente nem ico della<br />
repubblica, aveva rinfacciato a’ governanti <strong>di</strong> questa la man<br />
cata tede negli accor<strong>di</strong>, ma con un linguaggio cosi violento<br />
eh ebbe a riuscir nuovo nelle tra<strong>di</strong>zioni della <strong>di</strong>plomazia<br />
italiana. Questa dalla con<strong>di</strong>zione de’ tempi costretta ad<br />
armeggiarsi tra scaltrimenti e ripieghi bassi <strong>di</strong> sovente e<br />
biasimevoli, aveva però acquistato, per virtù de’ nuovi<br />
stu<strong>di</strong> classici, finezza <strong>di</strong> concetto e <strong>di</strong>gnità grande <strong>di</strong> trase.<br />
11 Panormita con la leggerezza avventata, sebbene elegante<br />
e geniale che lo <strong>di</strong>stingue, pareva volerla rom pere con le<br />
buone regole, sicché non era fuor <strong>di</strong> proposito , se il<br />
cancelliere genovese ve lo richiamava. Del resto, egli<br />
aveva troppo buon giuoco, quanto ad arg o m e n ti, sul<br />
Panormita. Invero anche la politica genovese era incerta<br />
e ad un tempo capziosa e violenta, ma era se non altro<br />
governata dalla prudenza o dall’ astuzia. A lfo n so , in<br />
cambio, rispetto a Genova, era guidato piuttosto da<br />
un rancore personale che da un’ alta ragione <strong>di</strong> stato.<br />
Ed il giu<strong>di</strong>zio che deve pronunciarsi <strong>di</strong> lui com e padrone<br />
del regno <strong>di</strong> Napoli, non parmi che gli torni favorevole.<br />
Gli mancava un chiaro concetto delle vere con<strong>di</strong>zioni<br />
italiane, né sapeva bene che si volesse: badando solo<br />
agli interessi del momento, insospettisce senza sapeile<br />
vincere, le due repubbliche che ancora avevano qualche<br />
peso sulla bilancia dei destini d’ Italia ; c o llo Sforza<br />
non sa essere risolutamente né amico, né nem ico;<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 153 —<br />
ora minaccia i papi, ora si umilia troppo, invocando da<br />
essi la riconferma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ritto che nessuno gli conte<br />
stava, e da tanti intrighi non raccoglie se non debolezza<br />
e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne amministrativo in casa, ambizioni ed inimi<br />
cizie mal sopite al <strong>di</strong> fuori. Era naturale che il secretario<br />
balenasse nelle ragioni, quando il reale signore <strong>di</strong>mo<br />
strava tanta volubilità <strong>di</strong> propositi. Non a torto quin<strong>di</strong><br />
alla sfilata <strong>di</strong> accuse ed ingiurie del re, replicava il se<br />
cretario genovese, rinfacciandogli i balzelli incomporta<br />
bili imposti ai popoli <strong>di</strong> Sicilia e <strong>di</strong> Sardegna, coll’ igno<br />
bile pretesto <strong>di</strong> una crociata contro i turchi eh’ egli<br />
non mai aveva avuto in animo <strong>di</strong> fare. E per tre anni<br />
i genovesi avevano attesa ed invano la flotta regia<br />
strombazzata, magnificata : Nos interim certa spe tuae<br />
classis confirmati singulis annis naves, viros, arma, triticum<br />
christianis orientalibus suppe<strong>di</strong>tare, utque forti animo cala<br />
mitates suas ferrent, literis ac legationibus exhortari brevi<br />
affuturas vires opulentissimi regis........ Il re non s’ era<br />
mosso, il re abbandonava a crudelissimi nemici i cristiani<br />
per la cui salute asseriva essersi levato al soccorso. E<br />
poiché non contro la nazione genovese egli millantava<br />
far guerra, bensì contro i fe<strong>di</strong>fraghi che tenevano sban<br />
<strong>di</strong>ti dalla patria tanti ottimi ed egregi citta<strong>di</strong>ni, così<br />
con nobiltà romana concludeva il Bracelli: De civibus<br />
nostris, quorum te charitate moveri <strong>di</strong>ctitas, hoc sibi per<br />
suadeat Maiestas tua, illi quidem cum saturni mentem re<br />
sumpserint, re<strong>di</strong>bunt in patriam non suis viribus sed man<br />
suetu<strong>di</strong>ne nostra, preoptabuntque aequo iure cum suis agere,<br />
quam fidem tuam rursum experiri (i). Restringendoci<br />
( I ) G i u s t i n i a n i, o p . c it ., ad a . 1 4 5 6 ; il quale reca n e ll’ o rig in a le latin o<br />
a n c h e la lettera del r e , <strong>di</strong> m an o del P a n o rm ita .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 154 —<br />
allo stile, <strong>di</strong>rei che per gusto latino e sobrio movimento<br />
e legatura del periodo il Bracelli si lasci in<strong>di</strong>etro il suo<br />
celebre contrad<strong>di</strong>tore. Più geniale il Panorm ita ed agile,<br />
ta sentire nel suo latino alcunché dell’ armonia del<br />
nostro i<strong>di</strong>oma; più grave, più ciceroniano il nostro,<br />
se non nelle parole, che anch’ egli era piuttosto un<br />
eclettico, almeno nel colorito.<br />
Le altre lettere contenute nel co<strong>di</strong>ce e che si collo<br />
cano quasi tutte tra le suddette due date, rendono bene<br />
immagine <strong>di</strong> quel periodo <strong>di</strong> tempo che corse dal con<br />
cilio <strong>di</strong> Costanza alla presa <strong>di</strong> Costantinopoli , periodo<br />
<strong>di</strong> maneggi politici assai volte tortuosi per gli Stati<br />
italiani, <strong>di</strong> assidui rivolgimenti per G enova , la quale<br />
né sapeva star contenta della libertà, nò rassegnarsi alla<br />
servitù. Tutti gli elementi che com pongono lo stato<br />
moderno, parte de’ quali erano un’ ere<strong>di</strong>tà del me<strong>di</strong>o<br />
evo, lottavano ferocemente per la preminenza <strong>di</strong> un solo,<br />
o per trovare nell’ organamento politico un modo <strong>di</strong><br />
coesistenza, ma lo stato non si formava. E <strong>di</strong> quell’ ar<br />
ruffio <strong>di</strong> cose, <strong>di</strong> quella lotta, il carteggio <strong>di</strong>plomatico<br />
de’ cancellieri umanisti è un fedele riflesso. O ra é la<br />
lettera <strong>di</strong> complimento per rallegrarsi dell’ esaltazione<br />
altrui, o per annunciare quella de’ propri signori al po<br />
tere ; e siffatte occasioni nella repubblica genovese non<br />
mancavano. Altre volte è l’umanista stesso, che in per<br />
sona propria supplisce nel suo secolo ai <strong>di</strong>ari <strong>di</strong> inven<br />
zione posteriore, e partecipa a mecenati ed amici gli<br />
avvenimenti <strong>di</strong> cui egli é informato. Forse non mai<br />
come in questo tempo 1* epistolografia servi stupenda<br />
mente all’ ufficio <strong>di</strong> fornire ad una numerosa classe <strong>di</strong><br />
persone una copia considerevole <strong>di</strong> n o tizie , <strong>di</strong>scusse,<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- *55 -<br />
ventilate, alte insomma a costituire un’ opinione pub<br />
blica. Si legga per un esempio la lettera che il Bracelli<br />
scriveva a Giovanni Cossa allora, per ciò che sembra,<br />
in corte <strong>di</strong> re Raniero, nell’ occasione che Giovanni<br />
d’Angiò si apparecchiava con gli aiuti del padre e dello<br />
zio , re <strong>di</strong> Francia, ad assalire il regno <strong>di</strong> Napoli. 11<br />
nostro cancelliere, forse per incarico del governatore<br />
Ludovico la Vallèe, ci fa sapere che teneva informato<br />
giorno per giorno il duca <strong>di</strong> quanto gli paresse degno<br />
<strong>di</strong> nota, e anche in questa sod<strong>di</strong>sfaceva con brevità al<br />
suo debito <strong>di</strong> cronista, cc II re <strong>di</strong> Francia stava per tenere<br />
un consiglio <strong>di</strong> signori in cui si tratterebbe anche delle<br />
faccende italiane; il papa non pareva che fosse quale i<br />
regi legati avevano creduto: la repubblica era molestata<br />
assai dal duca <strong>di</strong> Milano, dal grave pericolo che correva<br />
CafTa, dalle con<strong>di</strong>zioni della Corsica, dove già si era<br />
spe<strong>di</strong>to parte dei cinquecento fanti che la Signoria \i<br />
aveva destinato: il re <strong>di</strong> Francia <strong>di</strong>cevasi avesse erogato<br />
per I’ impresa del regno <strong>di</strong> Napoli molte migliaia <strong>di</strong><br />
scu<strong>di</strong>, ma ancora ignorava quanti fossero ». A sua \olta<br />
domanderà un altro giorno notizie al Giustiniani, al<br />
De M ari, ad altri, per farne parte ad amici e pro<br />
tettori. Scrivendo a quest’ ultimo nel 1453 in Francia,<br />
dove viveva, dopo le notizie <strong>di</strong> Pera asse<strong>di</strong>ata e pres.i<br />
dal Turco, soggiunge: Tu cum recens partam in Aqui<br />
tania victoriam pulcre admodum descripseris, cura ut earum<br />
quoque rerum exitum ex te cognoscamus (1).<br />
(1) A pag. 26 già abbiamo recato la lettera <strong>di</strong> Giano Fregoso, in cui si rin<br />
graziava il Biondo per gli utili avvisi che questi mandava intorno alle nout<br />
che accadevano nella Curia romana.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— i j6 —<br />
Forse è <strong>di</strong> mano del Bracelli anche la lettera <strong>di</strong>gni<br />
tosissima e, nello stile cancelleresco, assai bella, con cui<br />
Tommaso Campofregoso annunciava al duca <strong>di</strong> Milano<br />
la sua liberazione dal doloroso carcere <strong>di</strong> Savona (i).<br />
Il co<strong>di</strong>ce più volte citato la pone tra quelle senza dubbio<br />
<strong>di</strong> lui e ci si sente la maniera del nostro. Gottardo<br />
forse non avrebbe saputo scrivere nulla <strong>di</strong> cosi misurato<br />
e tuttavia, in tanta compostezza, elegante. Di mano<br />
certamente del Bracelli, che in suo proprio nome lo in<br />
<strong>di</strong>rizzava al re d’Aragona, havvi un curioso documento<br />
che <strong>di</strong>rei però inspirato al cancelliere dal doge (2). È<br />
in sostanza un ampio elogio <strong>di</strong> Ludovico Campotregoso<br />
da poco successo nel dogato al fratello Giano. Perché<br />
poi <strong>di</strong> tante lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> umanità, <strong>di</strong> dolcezza e <strong>di</strong> devozione<br />
verso 1’ Aragonese, Dio sa quanto m eritate, assumesse<br />
incarico il Bracelli, non saprei <strong>di</strong>re, se non si voglia<br />
pur qui ripetere ciò che verificavasi in tanti altri casi,<br />
esser debito dell’ umanista, fosse egli secretario <strong>di</strong> un<br />
principe o cancelliere <strong>di</strong> una repubblica, nascondere sotto<br />
l’onda sonora <strong>di</strong> un bel periodo i proce<strong>di</strong>menti obliqui<br />
della politica. La lettera finisce dando ragguaglio degli<br />
avvenimenti nell’alta Italia ed in ispecie nella Lombar<strong>di</strong>a,<br />
della quale lo Sforza voleva farsi signore. Della presa<br />
<strong>di</strong> Finale, che era avvenuta alcun tempo prima, certo con<br />
<strong>di</strong>spiacere del re, nella lettera non si fiata.<br />
Tutto questo può dare un’ idea de’ tempi e dell’ abi<br />
lità dell’ uomo come secretario e <strong>di</strong>plomatico. Ma un<br />
argomento si porgeva in cui tutti erano sinceri e che<br />
(t Fu già pubblicata dal N eri ne! Giornale Ligustico, a n n o X V , p a g . 1 8 3 .<br />
(2) Ms. Br. c. 7 5 ; G enova, 2 m a g g io 14 4 9 . V ed i Docum tnto X I V in fine.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- *57 -<br />
strappava accenti passionati <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong> sdegno a dotti<br />
ed indotti, voglio <strong>di</strong>re la con<strong>di</strong>zione delle colonie che,<br />
dopo l’ infausto anno '53, venivano ad essere esposte<br />
senza <strong>di</strong>fesa alla brutale scimitarra del Turco. Chi legga<br />
le lettere che in questi anni i cristiani d’oriente, i greci<br />
scampati all’ ecci<strong>di</strong>o scrivevano a’ papi, o a’ signori <strong>di</strong><br />
occidente, invocando soccorso, s’incontra in brani <strong>di</strong> vera<br />
e forte eloquenza (1). E anche nella miscellanea che ci<br />
sta sott’ occhio parecchie sono le lettere <strong>di</strong> mano del<br />
Bracelli in cui si sollecitano, si scongiurano <strong>di</strong> aiuto<br />
papa Calisto e il re d’Aragona, con un vigore <strong>di</strong> pen<br />
siero, con un’ evidenza <strong>di</strong> linguaggio che farà stupoie<br />
a chi le paragoni con la fredda impersonalità delle storie<br />
lasciateci dagli umanisti. Gli é che i modelli qui erano<br />
messi da banda e la parola <strong>di</strong>ventava lespiessione fedele<br />
dell’ animo <strong>di</strong> tutti, commosso e trepidante per il destino<br />
<strong>di</strong> tanti infelici. Nel 55 Pietro Fregoso raccomanda a<br />
Calisto i popoli <strong>di</strong> Lesbo, Scio, Ro<strong>di</strong>, Cipio che, se<br />
fossero privati dell’ atteso soccorso, o si darebbero alla<br />
<strong>di</strong>sperazione, 0 rinnegata la tede <strong>di</strong> Cristo si sprofon<br />
derebbero nelle brutture del culto <strong>di</strong> Maometto. Ecco,<br />
come saggio, la traduzione fedele del passo che tien<br />
<strong>di</strong>etro nella lettera: « Questo se la nostra età avesse a<br />
vedere, santissimo Padre, se questo supremo cumulo <strong>di</strong><br />
mali avesse a caderci sopra nel nostro tempo, quanto<br />
sarebbe meglio non esser vissuti? e dall’ utero, siccome<br />
piangendo <strong>di</strong>sse 1’ antico, essere trasferiti alla fossa ? A<br />
siffatte querele specialmente ci muove l’ annunzio che la<br />
(t) Cfr. D o n z e l l i n o , Epistolae principum: ex Cbio, <strong>di</strong>e x i v aug. 14 55 ; Mao-<br />
nenses civitatis et insulae Chii Romano Pontifici.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
flotta turchesca fortissima <strong>di</strong> navi già sia pervenuta in<br />
vista <strong>di</strong> Scio, della quale se si renda padrona, inutilmente<br />
Ro<strong>di</strong>, inutilmente Cipro e le altre isole verranno poscia<br />
soccorse » (i).<br />
Non é anche finito l’anno e si ritorna all’ assalto. Il<br />
magistrato, che si era istituito per la guerra contro il<br />
Turco, rappresenta al pontefice gli sforzi fatti dalla<br />
repubblica per salvare le sue fiorenti colonie. — « Non<br />
è vile plebe, esclama, quella per cui interce<strong>di</strong>amo,<br />
ma quell’ angolo del Ponto contiene l’ impero <strong>di</strong> Tre-<br />
bisonda con numerose illustri città, contiene Caffa, se<br />
non per l’ ambito delle mura, per la moltitu<strong>di</strong>ne degli<br />
abitanti forse degna che sia anteposta a Costantinopoli,<br />
contiene Soldaia e Cembalo, terre non ispregevoli, con<br />
tiene infine Amastra, città una volta fam osa, ed ora<br />
anche più per la fama de’ suoi santi vescovi....... » (2).<br />
Parole al vento: ed altre più calde, più insistenti e pur<br />
troppo egualmente vane, leggiamo nel '56 e negli anni<br />
successivi. Era fatale che tanto fervore d’ a n im o , tanta<br />
eloquenza <strong>di</strong> linguaggio accompagnasse e seguisse gli<br />
indegni funerali della grandezza della patria.<br />
(1) Ms. Br. c. I, 2; lett. 26 agosto 1 4 5 5 : Hate si ttas nostra spectatura est, sanctis<br />
simi Pater, si bec malorum omnium suprema in tvum nostrum eruptura sunt, guanto<br />
satius esset non vixisse? tl tx utero, ut Jlens ille cecinit, a J tumulum esse Iram-<br />
latos? Ad boc precipue questus nos nunc movet quod fa m a est eius regis classem, et<br />
quidem prei'aìidam, iam Chium infestam pervenisse, qua s i potiatur in s u la , frustra<br />
postea Rhodo, frustra Cypro aliisque insulis succurreretur.<br />
(2) Ms. Br. c. 2 ; lett. 5 n ovem b re 1 4 5 5 : Et ne quis fo rsita n pulet pro v ili nos<br />
pUfacuIa verba facere, habet ponlicus ilit angulus imperium Trape-ontinum claris<br />
urbibus frequens, habet Capbam, non ambitu quidem moenium , sed populorum mul<br />
titu<strong>di</strong>ne Costantinopoli facile praeferendam , habet Soldaiam , habet Sim bolum haud<br />
contemnenda oppida; habtl denique Amastram urbem quondam celebrem , sed sanctorum<br />
episcoporum fama celebriorem.....<br />
— IJS —<br />
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- 159 —<br />
Gli é il sentimento che si prova leggendo quelle pa<br />
gine: che cosa resta dell’ opera degli umanisti sepolti<br />
ne’ polverosi scaffali delle biblioteche e degli archivi e<br />
per pietà, a quando a quando, esumati da qualche stu<br />
<strong>di</strong>oso ? Che cosa resta <strong>di</strong> tanti eroici sforzi, <strong>di</strong> tante<br />
generose abnegazioni degli uomini attori nel dramma<br />
<strong>di</strong> quel tempo? Perchè non v’ ha dubbio, molti <strong>di</strong> co<br />
loro che fanno la loro fugace apparizione <strong>di</strong> mezzo a<br />
queste pagine erano mossi da onesti fini, anche allor<br />
quando commettevano il male, e si affaticarono e pati<br />
rono per il conseguimento della giustizia , o <strong>di</strong> quella<br />
parte <strong>di</strong> giustizia che a’ loro occhi splendeva come<br />
bene desiderabile. Tutti sentivano, senza forse render<br />
sene chiara ragione, che mancavano in quella società i<br />
due elementi che costituiscono principalmente un go<br />
verno, la sicurezza de’ governati, il progresso delle isti<br />
tuzioni. Quelli invece erano in preda ad una perenne<br />
violenza, queste si raggiravano in un circolo vizioso e<br />
fatale. Occorreva per conservare la tranquillità dell animo<br />
una forte dose <strong>di</strong> stoicismo, e stoici furono molti degli<br />
eru<strong>di</strong>ti nel secolo XV, tentando <strong>di</strong> accordare la dottrina<br />
filosofica con quella cristiana. Come vi riuscissero non<br />
é qui il caso <strong>di</strong> ricercare : essi ad ogni modo questa<br />
confortante persuasione nutrirono che la rassegnazione<br />
raccomandata dalla fede non tosse essenzialmente <strong>di</strong>sso<br />
nante dalla impassibilità raccomandata dagli stoici (i)-<br />
A Francesco Spinola caduto prigione de \eneziani,<br />
mentre combatteva per il Visconti, il Bracelli scriveva.<br />
Scio multos ad te de<strong>di</strong>sse mestas litteras et luctibus plenas.<br />
(i) Cfr. N o v ati, Epistolario <strong>di</strong> C. Salutati, in Bull, dell' 1 st. stor. ttal., n. 4.<br />
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— i6o —<br />
Ego vero non modo mestus non sum sed gaudeo, quod<br />
au<strong>di</strong>o omnia te pro <strong>di</strong>gnitate tua Jacere et c a la n u ta ta li hanc<br />
magno atque eìato animo ferre. S i iocunda n u bi est gloria<br />
tua, illa <strong>di</strong>co vera et solida que virtu ti seniper in m x a est,<br />
quid erit cur qui secun<strong>di</strong>s in rebus liberahtate ac modestia<br />
tua letari solebam, idem ipse non leter hac magnanimitate<br />
et fortitu<strong>di</strong>ne animi tui, fortune impetum continentis ?....<br />
Vera gloria, que nisi a virtute profiscitur g lo ria non est,<br />
magis elucet adversante quam blan<strong>di</strong>ente fo rtu n a . E cita<br />
Attilio Regolo, Catone e Socrate ( i ) . T u tta v ia negli<br />
anni maturi il nostro secretario non sfoderò più con<br />
eguale sicurezza tanti inflessibili aforismi, com o<strong>di</strong> soltanto<br />
• •<br />
allorché alla simpatia um ana, debita agli sventurati, si<br />
sostituisce molta ari<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> cuore. Ed anche prim a degli<br />
anni maturi si ravvide <strong>di</strong> certi traviam enti dello spirito 1 •<br />
ne’ quali altra volta era cadu to, co m e, per esem p io, 1<br />
non aver prestato fede all’ esistenza del purgatorio, lascian<br />
dosi adescare dagli speciosi argomenti de’ scismatici<br />
e <strong>di</strong> altri increduli. Notevole questo per uno stu<strong>di</strong>o de<br />
sentimento religioso in quei secoli, c h e all’am ico Giovanni<br />
Giustiniani, forse inclinato allo stesso errore, raccoman<br />
<strong>di</strong> leggere le rivelazioni <strong>di</strong> B rigida, la santa svedese.<br />
Anch’egli, come l’amico suo Ivani e com e m o l t i allora,<br />
aveva grande opinione delle virtù profetiche <strong>di</strong> lei e<br />
quelle visioni trattava come cosa salda: « 1 ° versava<br />
nell" errore e mi trasse alla luce della verità la mag<br />
giore delle sibille, la beata Brigida, che non solo la<br />
triplice <strong>di</strong>visione del purgatorio e i tormenti dell anime<br />
colà espianti con perspicuo linguaggio d escrisse, nia<br />
(l) Ms. Br. c. 4 7 2 : Ex Gtnua, X hai. ja n . 1 4 ) 1 .<br />
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anche vide il martirio <strong>di</strong> taluna che sapeva esservi<br />
relegata et <strong>di</strong>vinitus fu ammonita sul modo <strong>di</strong> porgerle<br />
soccorso » (i).<br />
Come si pare chiarissimo, 1’ uomo era credente e, se<br />
non basti, anche mistico, congiunto, più che non si<br />
sospetterebbe in un umanista, col mondo soprannaturale.<br />
E la preoccupazione persistente della vita d’ oltretomba<br />
legittimava pur anche l’ intromissione dello stato laico<br />
nelle cose religiose. I governanti non solo si arrogavano<br />
la cura del bene materiale de’ soggetti, ma altresì la <strong>di</strong>re<br />
zione dei loro cuori e 1’ ufficio <strong>di</strong> guidarli al consegui<br />
mento dell’ eterna felicità. Nel 1445 Raffaele Adorno pre<br />
gava il pontefice <strong>di</strong> collocare Bernar<strong>di</strong>no da Siena fra i<br />
beati; nel 1453 Pietro Campofregoso esaltava a Nicolò V<br />
i <strong>di</strong>giuni, l’ aspra penitenza, i mirabili effetti ottenuti dai<br />
frati dell’ osservanza presso il popolo genovese, e pregava<br />
il papa a favorire ed amplificare gli ascritti a quel pio or<br />
<strong>di</strong>ne (2). In<strong>di</strong>viduo e stato la intendevano dunque ad un<br />
medo in questa gelosa parte del sentimento religioso. Al<br />
lorché le navi che nel 1412 dovevano sferrare dal porto<br />
<strong>di</strong> Genova per soccorrere Bonifacio, incontrarono insupe<br />
rabile ostacolo nei venti contrari, Tommaso Fregoso<br />
(1) Ed. <strong>di</strong> Parigi cit., fol. 53, lett. da Bogliasco, 13 agosto 1438: Quo in<br />
errore cum aliquan<strong>di</strong>u et ipse versarer, explicuit me et ad veritatis lucem deduxit<br />
omnium sybillarum clarissima, beata Brigida, quae non solum triplicem purgatorii<br />
stationem et animarum cruciatus perspicuis verbis descripsit, sed etiam plerasque<br />
animas sibi cognitas ibi torqueri conspexit, et quibus auxiliis iuvari possent <strong>di</strong>vi<br />
nitus monita fuit. Quod ideo <strong>di</strong>xisse volui, ut siquid esset quod te in hac materia<br />
legere iuvaret, scias revelationes eius hic esse penes me, quibus arbitrio tuo uti possis.<br />
(2) Ms. Br. c. 106, e Arch. Municip. Ms. Pallavicino, c. 27, lettera <strong>di</strong> Raf<br />
faele Adorno, 15 sett. 1445; e<strong>di</strong>z- Parig' c!t-’ f- ^°> lettera <strong>di</strong> Pietr0 Fre‘<br />
goso, 6 marzo 1453.<br />
— 16 1 —<br />
A t t i S o c. L ig . S t. P a tri*. Voi. XXIII. 11<br />
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si recò devotamente a supplicare Nostra D onna dell’ in<br />
coronata ed il miracolo avvenne. N on mancarono<br />
naturalmente i derisori ; ma il Bracelli, una delle menti<br />
illuminate del suo secolo, anni dopo ancora, narrandolo<br />
esclama: « garriscano quanto lor piace e ci scherniscano<br />
coloro che negano Dio aver cura delle cose umane » (i) .<br />
Tuttavia sapeva a tempo usar libertà ne’ giu<strong>di</strong>zi, un<br />
po’ <strong>di</strong> quella libertà che inspirava il santo sdegno <strong>di</strong><br />
Gioacchino calabrese, <strong>di</strong> santa Caterina, <strong>di</strong> santa Bri<br />
gida, de’ fautori della primitiva povertà evan gelica, in<br />
una parola. A proposito <strong>di</strong> un convento <strong>di</strong> francescani<br />
fondato in Genova nel 1440 e dell’ accorrere <strong>di</strong> devoti<br />
d’ ogni banda per acquistarvi indulgenze, soggiunge :<br />
« Certo é che da questo affollamento quasiché incre<strong>di</strong><br />
bile, poiché ciascuno dava un tanto in ragione de’ suoi<br />
mezzi, senza le spese largamente fornite ai frati raccolti,<br />
venne ad arricchirsene fuor del dovere la chiesa <strong>di</strong> quel<br />
san Francesco che si fece glorioso dallo spregio delle<br />
ricchezze » (2).<br />
Il moto degli Ussiti significò, nel secolo X V , la ri<br />
forma popolare religiosa fuori della Chiesa , santa Bri<br />
gida ed altri nobili spiriti la riforma popolare in grembo<br />
alla medesima. Quando il Bracelli negava l’esistenza del<br />
purgatorio risentiva, forse senz’ avvedersene , alcunché<br />
degli ar<strong>di</strong>menti del moto religioso in Germ ania. Egli<br />
però si affrettò a rientrare nel dogma e fu naturale.<br />
L’ Italia, in complesso, non partecipò neppure nel secolo<br />
seguente alla riforma germanica, e, dopo il concilio <strong>di</strong><br />
(1) B r a c elli, Dilla guerra <strong>di</strong> Spagna, testo e v e r s io n e d i F . A liz e r i, G e n o v a ,<br />
>8$6, p. 34.<br />
(2) Br a c e l li, op. cit., e<strong>di</strong>z. cit., p. 2 7 4 .<br />
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Costanza in ispecie, gli italiani furono per la Chiesa<br />
cattolica che, senz’armi proprie, aveva tuttavia sfolgorata-<br />
mente vinto e domo ogni tentativo <strong>di</strong> ribellione. Inoltre<br />
il papato appariva ancora una forza, e non era stolta utopia<br />
10 sperare che da esso uscisse la salvezza d’ Italia. Sem<br />
brerà congettura nostra campata in aria questa e non è :<br />
tra alti e bassi cotesta fede risorse ancor viva nel Bracelli,<br />
quando assunse la tiara un dotto e celebrato umanista,<br />
11 Parentucelli. Citiamo: « A noi farebbe d’ uopo un<br />
nuovo Ercole che il secolo nostro liberasse da tante<br />
fiere e mostri, e come troppe volte fu augurato avrebbe<br />
ad essere il romano pontefice, il quale, nel vergognoso<br />
torpore degli altri principi, unico rifugio è rimasto al-<br />
l’ Italia ne’ suoi gran<strong>di</strong>ssimi mali. Questi la cui clava<br />
domò mostri maggiori <strong>di</strong> quella d’ Ercole, dovrebbe co<br />
stringere tra ferrei ceppi gli scellerati che, siccome fos<br />
sero prorotti da sforzato carcere, imperversano libera<br />
mente ». La lettera è del 6 luglio 1452, a quel Vigevio<br />
che viveva allora in Roma (1).<br />
Il Piccolomini alcuni mesi prima aveva chiesta per<br />
il suo signore la corona imperiale al papa, che egli<br />
<strong>di</strong>ceva la sorgente vera e genuina dell’ imperium (2);<br />
durava ancora l’ eco dell’ incoronazione <strong>di</strong> Federico III,<br />
da cui l’autorità ed il cre<strong>di</strong>to dell’ imperatore era uscito<br />
menomato, e l’amico Gottardo Stella in quei giorni in<br />
viato come ambasciatore al papa, certo aveva magnifi<br />
cato la splen<strong>di</strong>dezza della cerimonia (3). Il Bracelli e<br />
gli amici suoi poterono dunque per un istante illudersi<br />
(1) Arch. Municip., Ms. Pallavicino, c. 116.<br />
(2 ) G r e g o r o v i u s , op. cit., VII, 1 3 3 .<br />
(3) G i u s t i n i a n i, op. cit., V, 381.<br />
— 163 —<br />
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che il pontefice umanista, collocandosi tanto più in alto<br />
<strong>di</strong> quella larva d’ imperatore germ anico, riuscisse col<br />
braccio secolare e colla potenza morale sopratutto, a farsi<br />
autore e moderatore della pace d’ Italia.<br />
La caduta <strong>di</strong> Costantinopoli appena un anno dopo e<br />
le successive vittorie dei turchi, essendo spettatore<br />
inerte il papato, avranno senza dubbio destato gli illusi<br />
dal dolce sogno.<br />
II.<br />
Il Bracelli confessava <strong>di</strong> non aver grazia alcuna né<br />
ispirazione per far versi. Non conosco <strong>di</strong> lui altro <strong>di</strong><br />
poetico, tranne pochi <strong>di</strong>stici in morte del doge Giano<br />
ch’ egli dettava per espresso desiderio del cugino Niccolò<br />
Fregoso ed ancor essi inviati piuttosto per correggerli<br />
che per pubblicarli: rectius egeris si emendaveris quam si<br />
edas (1). Ve<strong>di</strong>amolo almeno attendere alla lettura dei<br />
poeti ed affaticarsi per la loro giusta interpretazione. Era<br />
il gusto del tempo e vi partecipavano anche gli eccle<br />
siastici, coloro che un secolo prima si sarebbero fatto<br />
scrupolo <strong>di</strong> leggere uno scrittore profano. L a lettera <strong>di</strong><br />
(I) Si trovano nell’ e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> P arigi cit., fol. 6 j v. A d o g n i m od o non <strong>di</strong><br />
spiacerà leggerli qui:<br />
— 164 —<br />
Hit Itimi a l Utmi fmlfosé lìirpi intim i<br />
Qmrm rjfm il imtimim p ttttlp iltu H it,<br />
Hmit it d i'é l mirmm ftrm ti • ( I n i <strong>di</strong>tortm,<br />
S4J p im i c a m i t i , f i m i J fJ rrttfmi taim i,<br />
Firrié «n tttrt, f i U p •«< tra fu r tn lii,<br />
hlripitU fila i! J tm tn fernsilimm.<br />
P tu ftil kit p tlrU i kimjt Jmj imitimi tornei,<br />
Dijrmijt étUrm» fmi fmil impiria,<br />
Qmi miti M im i rnmmei km,; faU Mganrwf,<br />
Im pilali L*limm limitami firn mi tmìt.<br />
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cui parliamo è <strong>di</strong>retta infatti a Raffaele Pornassio, dome<br />
nicano insigne, maestro <strong>di</strong> teologia e, dal 1430 al *50,<br />
generale inquisitore nella Liguria e nelle Marche. Un<br />
personaggio ragguardevole, come si vede, e il Fazio e<br />
il Quetif ne enumerano i meriti come scrittore (1).<br />
Per richiesta del Pornassio, sembra, il Bracelli toglie<br />
a ragionare sulla quarta egloga <strong>di</strong> Virgilio, argomento<br />
<strong>di</strong> tante <strong>di</strong>sparate interpretazioni nel me<strong>di</strong>o evo. E ben<br />
vero che l’ austero domenicano non credeva con ciò<br />
uscire della materia a lui prescritta, però che egli faceva<br />
sua l’ opinione accolta con tanto favore dagli scrittori<br />
cristiani del IV secolo, cioè che Virgilio fosse stato in<br />
quel carme veri<strong>di</strong>co profeta <strong>di</strong> Cristo. Così in una sua<br />
opera radunava opportune sentenze <strong>di</strong> Platone, Aristotele<br />
ed altri filosofi, a <strong>di</strong>mostrare vie meglio il consenso <strong>di</strong><br />
essi con la religione cristiana.<br />
L ’ umanesimo, sul proposito <strong>di</strong> Virgilio scrittore della<br />
famosa IV egloga, ritorna alla interpretazione oggettiva<br />
reale, senza lasciarsi traviare da pregiu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> esegesi in<br />
senso cristiano. Anche tra le lettere <strong>di</strong> Francesco Filelfo,<br />
avvene una a Mario in cui l’ opinione recisamente opposta<br />
a questo senso è <strong>di</strong>chiarata in modo esplicito. Questi<br />
aveva parlato dell’ egloga, attenendosi alla vecchia tra<strong>di</strong><br />
zione ed il padre ribatte : « Ciò che scrivesti <strong>di</strong> Vir<br />
gilio è del tutto favoloso. Però che egli non intese<br />
parlare <strong>di</strong> Cristo, ma del figlio <strong>di</strong> Pollione e <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lui<br />
quello che molto innanzi la sibilla, per certo afflato <strong>di</strong><br />
vino, aveva <strong>di</strong> Cristo vaticinato » (2). Così che per il<br />
( 1 ) B a r t h . F a c ii, De viris illustribus, p. 42- - Q uetif et E c h a r d , Scriptores<br />
or<strong>di</strong>nis prae<strong>di</strong>catorum, t. I, p. 831.<br />
— i6j —<br />
(2) Lettera a Gian Mario, Milano, XIV kal. martias 1454-<br />
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Filelfo la sibilla cumana aveva bensì profetato del reden<br />
tore, ma il mantovano con quel carme non aveva voluto<br />
annunciare se non lo splen<strong>di</strong>do pronostico del figlio <strong>di</strong><br />
Pollione.<br />
Più <strong>di</strong>ffusamente il Bracelli: — « Tu m i chie<strong>di</strong> quando<br />
quei vaticini s’ hanno dunque ad avverare, se in Virgilio<br />
non si parla punto <strong>di</strong> Cristo venturo. Io nè penso che<br />
Virgilio sia stato profeta, né che egli volesse passare agli<br />
occhi nostri come un vate informato del futuro. Difatti,<br />
che c’ é in tutto quell’ elogio del secolo aureo che chia<br />
ramente non suoni come lode <strong>di</strong> Cesare A ugusto, o <strong>di</strong><br />
Pollione? » — Ed oppone alcune delle <strong>di</strong>fficoltà che si<br />
incontrano, ove si voglia torcere l’ interpretazione <strong>di</strong><br />
que’ versi ad altro senso, soggiungendo: io toccherò <strong>di</strong><br />
alcune, ma più <strong>di</strong> venti altre potrei addurre che tuttavia<br />
lascerò indovinare a chi mi legge. In sostanza, ecco le<br />
sue obbiezioni: « La materia del carme bucolico è umile<br />
<strong>di</strong> sua natura; non si può dunque supporre che un grande<br />
poeta come Virgilio lo eleggesse a trattare il soggetto<br />
più sublime fra quanti ve ne sono. E g li incomincia:<br />
Sicelides musa e, paulo m aiora canam us. A veva parlato<br />
sin allora <strong>di</strong> greggi e <strong>di</strong> pastori: gli pareva ora <strong>di</strong> assur<br />
gere alquanto più alto. Ma che saravvi allora <strong>di</strong> gran<br />
<strong>di</strong>ssimo, o se possibile é un grado m aggiore <strong>di</strong> esso,<br />
se questo profondo arcano della <strong>di</strong>vina sapienza si <strong>di</strong>ca<br />
essere solo alquanto maggiore ai buoi ed agli agnelli."<br />
Coloro che, scambio <strong>di</strong> Astrea o la giustizia, vogliono<br />
nella vergine riconoscere Maria che riede, insegnino in<br />
che modo può ritornare chi ancora non é stato. N a m<br />
re<strong>di</strong>re testatur aliquem venisse, abisse et postea iterum venire.<br />
Né per saturnia regna s ’ hanno da intendere gli aurei<br />
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secoli che sono una favola de’ poeti. Basti per tutti il<br />
testimonio <strong>di</strong> Mosé che nel Genesi, <strong>di</strong>scorrendo de’ <strong>di</strong><br />
scesi dai due primi padri, novera anzi tutto un fratricida<br />
ed una vittima innocente. In conclusione, Virgilio non<br />
fu profeta, Virgilio, prima ancora che Pollione, intese a<br />
celebrare magnificamente Augusto; e quella pace, che sotto<br />
costui toccò in sorte al mondo romano, ben poteva <strong>di</strong>rsi<br />
procedere dal cielo, quasi ombra ed imagine <strong>di</strong> quell’ eterna<br />
pace <strong>di</strong> cui stava per essere nunzio il redentore » (1).<br />
Il Bracelli probabilmente aveva cognizione esatta delle<br />
dottrine de’ messianici e sibillisti, che vennero poi ad<br />
appuntarsi nella leggenda me<strong>di</strong>evale che conduceva 1’ apo<br />
stolo delle genti al sepolcro dell’ antico poeta, e nell’ epi<br />
so<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Stazio che Dante introdusse nel canto X X II<br />
del Purgatorio (2). Ma la lettera <strong>di</strong>mostra pure che<br />
l’ umanesimo, anche se professato da uomini ortodossi<br />
<strong>di</strong> fede come il nostro cancelliere, aveva ormai preso<br />
altra via. Notevole é la negazione recisa dell’ età del-<br />
l’ oro, ossia <strong>di</strong> quello stato <strong>di</strong> natura che presso i pa<br />
gani fu immagine <strong>di</strong> un vivere civile più perfetto, e <strong>di</strong><br />
cui si compiacquero in seguito tanti scrittori, comin-<br />
(1) Ms. Br. c. 37; lettera ex suburbano meo, -V kal. octobris (manca 1 anno).<br />
— Ve<strong>di</strong> Documento X V in fine.<br />
(2) In certo inno che ancora durante il secolo XV si usava <strong>di</strong> cantare in<br />
Mantova ad onore <strong>di</strong> S. Paolo, sono i seguenti versi che esprimono 1 accorato<br />
dolore dell’ apostolo per non esser giunto in tempo a convertire Virgilio alla<br />
fede cristiana:<br />
— 167 —<br />
Ad Mnronis mausoleum<br />
Ductus, fu<strong>di</strong>t super cum<br />
Piac rorctn lacrymae;<br />
Quem te, inquit, red<strong>di</strong><strong>di</strong>ssem,<br />
Si te vivum invenissem.<br />
Poetarum maxime !<br />
C fr. G r a f ; Roma nella memoria e nellt immaginazioni del me<strong>di</strong>o evo, II, 2 0 6<br />
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— léS -<br />
ciando da' cinquecentisti italiani per giungere sino al sen<br />
timentalismo rivoluzionario <strong>di</strong> Rousseau e <strong>di</strong> Saint Pierre.<br />
Passiamo alle lettere che toccano dell’ argom ento più<br />
gra<strong>di</strong>to al Bracelli, le storie. Intorno a questa materia<br />
sonvene nel co<strong>di</strong>ce da noi tolto in esame parecchie, e<br />
tutte hanno il fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssipare le tenebre addensate da<br />
tanti secoli d’ incuria e d’ ignoranza, <strong>di</strong> sbrogliare la<br />
selva aspra e forte de’ pregiu<strong>di</strong>zi e degli errori. Glie ne<br />
dava occasione il Biondo, che nel 1454 lavorava intorno<br />
alle Deca<strong>di</strong>. Come per l’ Italia illustrata aveva nel "48<br />
avuto ricorso all’ umanista genovese, che gli inviava<br />
l’ opuscoletto : Descriptio orae ligusticae, cosi ora chiede-<br />
vagli notizie storiche intorno a Genova. E il Bracelli a<br />
rispondere: « che nutriva speranza <strong>di</strong> potergli mandare<br />
l’ istoria genovese dall’ anno 110 0 al 14 0 5, dopo il qual<br />
anno stimava che quanto avevano operato i suoi concit<br />
ta<strong>di</strong>ni era tanto noto, da non abbisognare alcuno scritto;<br />
tuttavia, se necessario, avrebbe volontieri supplito. Circa<br />
poi a’ fatti prima del 110 0 , nessuno scrittore nostrano<br />
avevali mandati a memoria, sicché bisognava ricorrere ad<br />
estranei per le notizie <strong>di</strong> quel tempo che gli fossero<br />
mancate » (1). Gli inviava dunque, com ’ é facile inferire<br />
dalle sue parole, gli annali <strong>di</strong> Caffaro e de’ suoi conti<br />
nuatori, forse la cronaca <strong>di</strong> Iacopo da Varagine e senza<br />
dubbio quella <strong>di</strong> Giorgio Stella. Il Biondo era ricorso<br />
anche al doge, forse stimando poter avere, senza più,<br />
in imprestito il co<strong>di</strong>ce posseduto dal C o m u n e , ma la<br />
cosa non era cosi facile. Vcrutn haec q u a e ita recipio,<br />
exscribenda erunt, nam n u lli sunt annales p u b lic i, qui<br />
1) Ms. Br, c. 1 9 , G e n o v a , 14 n ovem bre 1 4 5 4 .<br />
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mitti possint et qua <strong>di</strong>xi exemplaria privatorum sunt.<br />
Finalmente, due mesi dopo, la copia promessa fu in<br />
pronto; e, nell’ atto <strong>di</strong> trasmetterla all’ amico, il segretario<br />
genovese faceva dello Stella onorevole encomio. « Non<br />
troverai in lui, scrive, eleganza <strong>di</strong> parole ed ornamenti,<br />
o precetti <strong>di</strong> rétori, ma ciò che massimamente si con<br />
viene ad uno scrittore, la cura e il desiderio della verità,<br />
cosi che tu non avrai a rimproverargli nessun parziale<br />
amore <strong>di</strong> patria, nessun o<strong>di</strong>o del nemico. Curioso scru<br />
tatore del vero, egli narrò con eguale candore le vittorie<br />
e le sconfitte » (1). A me piace ravvisare in queste<br />
parole un elogio all’ onestà del buon cronista, a quella<br />
probità letteraria che senza dubbio Giorgio Stella ebbe,<br />
e che per brillare non bisognava de’ lenocinii dell’ arte<br />
umanistica. Era insomma il motto <strong>di</strong> Tacito sine ira et<br />
stu<strong>di</strong>o, che il nostro cancelliere parafrasava in lode dello<br />
Stella e che ogni scrittore dabbene è in debito <strong>di</strong> os<br />
servare.<br />
— 169 —<br />
Io mi sono chiesto più volte leggendo questa lettera<br />
del Bracelli se fosse ragione sufficiente quella da esso<br />
addotta <strong>di</strong> sopra, ossia che dopo il 1405 le imprese dei<br />
genovesi erano a tutti note, per non mandare al Biondo<br />
anche gli annali <strong>di</strong> Giovanni Stella, o se nell’ esclusione<br />
<strong>di</strong> costui dall’ elogio eh’ egli tesse per il fratello, non ci<br />
fosse una riposta intenzione. Risposta sicura, o almeno<br />
assai probabile potrebbe forse ricavarsi da una più esatta<br />
cognizione della vita dei due cronisti genovesi e dalle<br />
relazioni eh’ essi intrattennero co’ dotti del tempo loro.<br />
O non avrebbe forse a congetturarsi che lo smaccato<br />
(1) Ms. Br. c. 117, Genova, 4 febbraio 145 s-<br />
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adulatore <strong>di</strong> Giovanni Lemeingre non riusciva gran fatto<br />
simpatico al nostro Bracelli? (1).<br />
Gli stu<strong>di</strong> del Burckhardt, del Villari, non che <strong>di</strong> altri<br />
benemeriti eru<strong>di</strong>ti, hanno riven<strong>di</strong>cato il posto onorevole<br />
che va dato al Biondo, per il concetto n u ovo ed ar<strong>di</strong>to<br />
in allora <strong>di</strong> scrivere una storia universale che dalla ca<br />
duta dell’ impero romano giungesse sino a’ suoi giorni,<br />
illustrando tanta mole <strong>di</strong> lavoro con istu<strong>di</strong> pazienti sulle<br />
fonti degli autori in ogni secolo, e recandovi sempre il<br />
soccorso <strong>di</strong> una buona critica. L ’ importanza <strong>di</strong> essa poco<br />
venne compresa, se non fu <strong>di</strong>sconosciuta affatto, dalla<br />
turba de’ dotti contemporanei infatuata unicamente della<br />
torma. Nell’ ingiusto oblio in cui il suo autore venne<br />
lasciato da molti, ed anche dal papa um anista tanto<br />
esaltato da’ letterati del suo secolo, Niccolò V insomma,<br />
piace che i meriti suoi fossero compresi alm eno da un<br />
eclettico geniale, il Piccolomini (2), e da un grave istorico,<br />
il nostro cancelliere. Questi apprezzava, co m ’ era dovere,<br />
quel vasto cumulo <strong>di</strong> pazienti ricerche e lo ascriveva ad<br />
insigne merito del Biondo, dolendosi che i principi della<br />
loro età non facessero almeno de’ belli ingegni stima<br />
eguale a quella che facevano delle armi ( 3 ) . Eguale<br />
ammirazione aveva attestata nel '48, al ricevere dal-<br />
(1) Cfr. G iustin ian i, op. cit., ad a. i \02.<br />
(ì ) A en. S ylv ij ; Hisl. de E u ro p i, in Opera omnia, B a s i l e a , 1 5 7 1 , p- 4 S‘)-<br />
Unum tamen e doctis ab eo neglectum miramur, Blondum F la v iu m ForolivUnsem<br />
qui tes a declinatione Romani Imperii usque ad aetatem nostram foto orbe paratas,<br />
mirabili or<strong>di</strong>ne in tres <strong>di</strong>gessit Decadas. Romam describendo in s ta u ra v it, Italiam<br />
illustravit, deinde triumphantem Urbem scribere adorsus, omnem nobis vetustatem<br />
aperuit. Sed ita fuerunt hominum mores, nam perraro quemquam extollit pontifex<br />
quem praecessor amavit.<br />
(3) Ms. Br. c. 1 9 , lett. cit.<br />
— 170 —<br />
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l’ amico suo l’ opera De Roma instaurata. 11 lavoro<br />
con felice successo da lui condotto a termine era tale<br />
da spaurire ogni dottissimo uomo; le membra del-<br />
l’ aeterna Urbs, mercé sua, risorgevano al sole latino, belle<br />
<strong>di</strong> gloria: per lui si rivedeva come in immagine la<br />
vecchia Roma. Quante fatiche e <strong>di</strong>fficoltà non aveva<br />
incontrato per sottrarre alla caligine del tempo tanti<br />
nomi <strong>di</strong> luoghi, né soli nomi, ma il ricordo ormai<br />
illangui<strong>di</strong>to de’ gloriosi fatti ivi accaduti ! E rifare la<br />
storia <strong>di</strong> quelle rovine che nel volgere de’ secoli si erano<br />
succedute, le une sulle altre, e che ora i nipoti, o avi<strong>di</strong><br />
o noncuranti, riducevano in cenere e calce ! Però egli<br />
non poteva tenersi dall’ esclamare che al Biondo il suo<br />
secolo, ed ogni classe <strong>di</strong> persone, dotti ed indotti,<br />
nonché la stessa posterità, andavano <strong>di</strong> moltissimo<br />
debitori (i).<br />
— I7 I —<br />
Ha ragione il Villari <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che la critica storica na<br />
sceva allora spontaneamente, prima che gli scrittori i<br />
quali la promuovevano ne fossero pienamente consape<br />
voli (2). Non è minore perciò il merito <strong>di</strong> coloro che<br />
consapevolmente si stu<strong>di</strong>arono <strong>di</strong> giovarsene nelle loro<br />
dotte ricerche. Un terreno pressoché inesplorato era an<br />
cora la Geografìa storica: il me<strong>di</strong>o evo aveva fatto po<br />
chissimo nel campo geografico, si descrittivo come sto<br />
rico. Persino della Siria e della Palestina, paese tanto<br />
frequentato dall’ epoca delle crociate in poi, si avevano<br />
notizie incomplete ed inesattissime. Il Biondo tentò, per<br />
quanto i tempi glie lo consentivano, la geografia e l’ ar-<br />
(1) Ms. Br. c. 89, Genova, 30 <strong>di</strong>cembre 1448.<br />
(2) V illa ri ; N. Machiavelli, III, 201.<br />
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— 172 —<br />
cheologia della nostra penisola, me<strong>di</strong>ante l’ It a lia illustrata;<br />
l’ amico suo ebbe il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> un lavoro anche più<br />
coscienzioso da farsi per la Liguria e lo esponeva in<br />
chiari termini al Biondo. Ma se ne esagerò fuor <strong>di</strong> modo<br />
le <strong>di</strong>fficoltà, o forse nella con<strong>di</strong>zione degli stu<strong>di</strong> archeologici<br />
d’ allora esse erano veramente gravi : fatto si é che il<br />
<strong>di</strong>segno rimase pur troppo allo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno. « Un<br />
giorno, egli <strong>di</strong>ce, i limiti della regione ligure furono<br />
larghissimi, però che da Oriente vi appartenessero Pisa<br />
e il territorio de’ Liguri Apuani, e da occidente Pompeo<br />
Trogo ponesse Marsiglia come confine tra L ig u ri e Galli ».<br />
Ecco adunque il compito che uno scrittore avrebbe do<br />
vuto proporsi: rimettere in luce quelle antichissim e <strong>di</strong><br />
visioni geografiche ormai abolite e quasi, per cosi <strong>di</strong>re,<br />
sepolte, stabilire entro quali precisi confini trovavasi la<br />
Liguria, quando PApuano e il Marsigliese si annovera<br />
vano tra’ Liguri : ma, soggiunge, non havvi uom o del<br />
nostro secolo, quantunque dottissimo, ch’ io riputassi<br />
idoneo a quest’ opera » ( i) . Si restrinse quin<strong>di</strong> a fare,<br />
( l) Lett. ad Bl. FI. ap. secret, 14 4S prim a aprilis in e d iz . c i t . , P a r i g i , 1S 2 0 .<br />
Questa lettera, raffrontata con u n 'a ltr a ad A n d reo lo G iu s t in ia n i <strong>di</strong> cu i ripro<br />
dussi un passo a pag. 4 4 , d i lu o go ad una curiosa c o n t r a d d iz io n e . P a rre b b e<br />
da essa che il Bracelli, sul finire del 1 4 4 7 , 0 nei prim i m e s i d e l '4 8 , scrivesse<br />
P opuscolo Descriptio orae ligusticae, consentendo all' invito d i A n d r e a B a rto lo m e o<br />
Imperiale tornato allora da R o m a , e in servizio del B io n d o c u i a b b is o g n a v a n o<br />
quelle notizie per la sua grande o p e ra , P Italia illustrata. D i v e r o il G is c a r d i<br />
(Origine e fasti della nobiltà ligustica, m s della C iv i c o - B e r ia n a , v o i. I l i , p. 1 1 0 5 )<br />
segna sotto Panno 14 4 8 una am basceria d elP Im p e riale a l p a p a . P e r c o n tro la<br />
lettera ad Andreolo mette fuori <strong>di</strong> dubbio che la Descriptio g i i e r a finita nel<br />
1 4 4 2 , non so lo , m a nota a molti. N o n p o ten d o , tanto m e n o , d u b ita r e della<br />
veriti delle due date, è forza dunque il supporre che fin d a q u e s t ’ a n n o il B r a <br />
celli avesse terminato il suo opuscolo, salvo a ritornarci s o p r a , ra ffa z z o n a n d o lo<br />
per adattarlo alle esigenze d ell'a m ico , sei anni dopo.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 173 —<br />
ciò che nei primi del secolo seguente con larghezza anche<br />
maggiore rifece il Giustiniani, ossia un’ accurata d esen<br />
zione del paese compreso, come voleva Plinio, tra il<br />
Varo e la Magra, unendovi pochi cenni intorno alle cose<br />
più memorabili. 11 Biondo, cui fece parte dell’ opuscolo,<br />
certo glie ne fu grato, perchè inseri nella sua opera la<br />
descrizione del Bracelli quasi con le stesse parole, solo<br />
colorendo in piccola parte il <strong>di</strong>segno del nostro me<strong>di</strong>ante<br />
notizie storiche desunte da Livio e citazioni <strong>di</strong> Virgilio,<br />
<strong>di</strong> Lucano e <strong>di</strong> altri poeti latini.<br />
Riassumendo, al Bracelli più che <strong>di</strong> vera e grande<br />
operosità propria va data lode qui <strong>di</strong> un’ intuizione chiara<br />
ed acuta. Egli intuì tutto il valore <strong>di</strong> quell’ investiga<br />
zione illuminata dall’ esame critico dei fatti <strong>di</strong>scussi, va<br />
gliati attentamente. Dal canto suo, pur concedendo al<br />
gusto degli umanisti per la storia considerata prima <strong>di</strong><br />
tutto come opera d’ arte, non vi rimase estraneo, ed i<br />
suoi libri sopra la guerra <strong>di</strong> Spagna lo attestano, come<br />
vedremo, e lo attestano queste sue lettere. Siamo agli<br />
inizi, ben inteso, e si tratta unicamente <strong>di</strong> rettificare o<br />
impugnare fatti particolari, istorici o geografici. Le idee<br />
gran<strong>di</strong> e giuste, le massime politiche originali che co<br />
stituiscono un sistema e preludono ad una vera scienza<br />
storica e politica, faranno la loro apparizione mezzo se<br />
colo più tar<strong>di</strong>, con il Machiavelli. Cosi nella lettera ci<br />
tata a proposito dell’ Instauratio Urbis, corregge un errore<br />
dell’ amico, che attribuiva il promontorio Miseno alla<br />
Lucania ( i) ; e confuta l’ opinione che l’ apostolo Pietro<br />
sia perito tra’ supplizi indetti da Nerone contro i cri-<br />
(i) Ms. Br. c. 89.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 174 -<br />
stiani designati come autori dell’ incen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> R om a, se-<br />
condo che narra Tacito negli Annales ( i ) . E ben vero<br />
che cita aneli’ egli quale argomento favorevole alla sua<br />
tesi le supposte epistole <strong>di</strong> Seneca a Paolo — e allora chi<br />
non avevaie per autentiche? — ma si vale pur anche<br />
<strong>di</strong> un opportuno riscontro tra la durata dell’ incen<strong>di</strong>o che<br />
fu nella maggior violenza <strong>di</strong> sei giorni, com e esso Tacito<br />
afferma, e il <strong>di</strong> nel quale ogni anno la chiesa suole com<br />
memorare l’ apostolo, per concludere che tra le due<br />
notizie <strong>di</strong> tempo avvi troppo forte <strong>di</strong>saccordo, che la<br />
detta opinione per conseguenza ó insostenibile (2 ). Così<br />
appurava date e fatti, scrivendo ad altri am ici. A Cipriano<br />
De Mari, che in una fortezza presso A m biodura (forse<br />
Ambiani, da cui l’ o<strong>di</strong>erno nome <strong>di</strong> A rn ien s?') credeva<br />
<strong>di</strong> riconoscere un’ antica costruzione <strong>di</strong> C esare, cosi<br />
risponde: « Che lo sia davvero, come ti piace credere,<br />
stento assai a persuadermene : non ricordo <strong>di</strong> aevr<br />
veduto in nessun luogo notata la costruzione <strong>di</strong><br />
cotesta fortezza. Tuttavia se tu ti fon<strong>di</strong> sopra la te<br />
stimonianza <strong>di</strong> qualche scrittore, gli si deve aver fede,<br />
se sopra quella del volgo, muta, prego, <strong>di</strong> parere; non<br />
fu la Gallia privilegiata della felicità <strong>di</strong> cosi lunga pace,<br />
né tanto rare furono in lei le calamità prodotte dalla<br />
guerra, che abbia potuto durare fino ad o ggi un opera<br />
compiuta mille e cinquecento anni sono ». E delinea a<br />
gran<strong>di</strong> tratti la storia del paese, movendo da epoche più<br />
vicine e più note. « Dapprima barbari tiranni, quin<strong>di</strong> duci<br />
romani anche più feroci che ora lo ricuperavano, ora lo<br />
(1) Libro X V , 38, 44.<br />
(2) Vcd. per le lettere del Bracelli al Biondo, il Documento X V I in fine.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
perdevano,, con in<strong>di</strong>cibile strazio de’ miseri popoli, e<br />
poi svcvi, vandali, goti, alani, borgognoni che misero<br />
quella regione a ferro ed a fuoco; non <strong>di</strong>ciamo nulla<br />
delle gueire a memoria nostra; ma durerai fatica a cre<br />
dei e, dopo questo, che possa pure apparire traccia <strong>di</strong> una<br />
costtuzione eseguita da’ soldati <strong>di</strong> Cesare, non che una<br />
fortezza allora costruita si veda incolume tuttora » (i).<br />
E dallo stesso De Mari vuol sapere se l’ affluente che<br />
sbocca nel Rodano presso Lione sia l’Arari e che nome<br />
gli <strong>di</strong>ano i francesi (2); dal Poggio desidera notizie<br />
sopra un orrendo saccheggio che Genova, secondo una<br />
tn<strong>di</strong>zione, avrebbe sopportato da’ saraceni nel 935 del-<br />
1 èra volgare e <strong>di</strong> cui mancavano sicure prove. « Però<br />
che, osservava il Bracelli all’ illustre amic'o, sebbene<br />
quella calamità non sia cosi antica da essere affatto <strong>di</strong><br />
menticata, ché anzi ne rimangono presso noi alcune<br />
memorie, tuttavia esse ci furono tramandate dagli scrit<br />
tori. con tanta, non so <strong>di</strong>re se ignoranza o negligenza,<br />
che essa è più simile ai sogni ed alle favole che al<br />
vero » (3). È lo stesso fatto che leggesi nel Giusti<br />
niani portato sotto l’ anno 936 , e lo storico, pare, si<br />
riferisce al ricordo fattone da Flavio Biondo ; ma cade in<br />
un maggiore abbaglio, quando nello stesso 936 dà come<br />
regnante in Italia Berengario II che venne in ritardo<br />
nientemeno <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>ci anni (4).<br />
(1) Ms. Br. c. 121, Genova, 6 giugno 1453.<br />
(2) Lett. citata.<br />
— 175 —<br />
(3) Genova, 8 aprile 1449. Ve<strong>di</strong> ms. cit. a pag. 12 <strong>di</strong> questa memoria.<br />
(4) Lo S h e p h e r d (Vita <strong>di</strong> Poggio Bracciolini, Firenze, Ricci, 1 8 2 5 ) che<br />
pure si valse <strong>di</strong> questa lettera del Poggio, accumula in poche linee parecchie<br />
inesattezze. Accetta la sbagliata determinazione <strong>di</strong> tempo dell’ umanista fioren<br />
tino , secondo il quale la strage accadde nel decimo anno dell’ impero <strong>di</strong><br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
11 Bracciolini compiacque con prontezza alla preghiera<br />
dell’ amico. Due erano le fonti della notizia, la cronaca<br />
compilata da Sigiberto Gemblacense , nell’ unico mano<br />
scritto che gli venne trovato rovistando nei monasteri<br />
inglesi, e la storia <strong>di</strong> un frate Colonna che sopra<br />
<strong>di</strong>versi scrittori aveva condotta la sua compilazione fino<br />
al pontificato <strong>di</strong> Bonifacio V ili. Questi asseriva ciò che<br />
dall’ altro era narrato <strong>di</strong>ffusamente, ossia che nel 935<br />
una fonte in Genova gettò sangue e, nell’ anno istesso,<br />
sopravvenne una flotta <strong>di</strong> saraceni che prese la città<br />
con grande strage de’ citta<strong>di</strong>ni, solo fatta eccezione delle<br />
donne e dei fanciulli che furono condotti schiavi. Il<br />
Bracelli notava, per suo conforto, la rapi<strong>di</strong>tà con cui seppe<br />
la sua patria sanare cosi gravi ferite. Difatti Genova che<br />
nel 935 era stata <strong>di</strong>strutta, cento sessanta quattr anni<br />
dopo già era potente in mare e soccorreva <strong>di</strong> numeroso<br />
naviglio 1’ esercito cristiano alla prima crociata.<br />
Quest’ amore della ricerca e della speculazione storica<br />
gli venne compagno fino all’ ultimo. Già vecchio cadente,<br />
nel 1460, trovava tempo e lena per intrattenersi col-<br />
l’ Ivani sul pre<strong>di</strong>letto argomento, questa volta a propo<br />
sito della Cirope<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Senofonte che e g li, consentendo<br />
coll’ amico, riconosceva essere anziché un istoria, un<br />
romanzo storico, in cui l’ autore rappresentava un suo<br />
tipo ideale <strong>di</strong> principe guerriero. E ribatteva sopra alcuna<br />
Enrico I , il che la porterebbe a ll’ an n o 9 2 9 ; confond e G i o v a n n i X I c o n il d e<br />
cim o che cessò <strong>di</strong> portare la tiara nel 9 2 8 e, fin a lm en te , p o n e p e r il fatto<br />
data del 9 3 9 eb e non è giustificata da n ulla c c o n tra d d ic e e s p lic it a m e n t e al<br />
parole del B racciolini.<br />
Ve<strong>di</strong> per le due lettere del B racelli e la risposta del P o g g i o , il Docutiiento XVII<br />
in fine.<br />
— 176 —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 177 —<br />
delle con<strong>di</strong>zioni necessarie ad una storia ben fatta, con<br />
<strong>di</strong>zioni che, a suo parere, l’ ateniese in quell’ opera non<br />
aveva osservate. Il Bracelli non vi riconosceva la <strong>di</strong>li<br />
genza e perizia militare solita allo scrittore delVAnabasi<br />
e delle Elleniche. — Illud facile animadvertet quisquis Z e<br />
no phontem attentius legerit, quedam ab eo bella narran<br />
bellorumque victorias que quibus locis, quibus hostium du<br />
cibus , quo perduelli sint parte nusquam invenias, quae,<br />
lege historiae, nequaquam silentio praeteriri licuit, quod pro<br />
fecto homini doctissimo non contigisset, si animus ei fuisset<br />
historiam complecti (i). È vero per altro che se anche<br />
ci sono, non bastano siffatte doti a formare una bella e<br />
buona istoria.<br />
Queste sono le lettere più notevoli <strong>di</strong> lu i, che mi<br />
venne fatto <strong>di</strong> rinvenire: altre forse potrebbero trovarsi<br />
rovistando nelle raccolte manoscritte, se pure non sono<br />
copie <strong>di</strong> quelle già conosciute, o ine<strong>di</strong>te o a stampa (2).<br />
(1) Ms. Br. c. 36, Genova, 29 agosto 1460.<br />
(2) Oltre la miscellanea della Bibl. Civica in Genova in<strong>di</strong>cata coll abbrevia<br />
zione Ms. Br., il ms. Pallavicino dell’Arch. Municipale e le lettere d ufficio<br />
esistenti nell’Archivio <strong>di</strong> Stato, mi valsi per la compilazione <strong>di</strong> questa monografia<br />
delle seguenti lettere a stampa:<br />
Di un’ appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> trenta lettere che trovasi nell’ e<strong>di</strong>zione più volte citata<br />
<strong>di</strong> tutte le opere del Bracelli, fatta in Parigi 1’ anno 1520, pe torchi dell Ascensi.<br />
Queste lettere vanno dal foglio 52 al 70, ove si legge: F in is X X X elegantiarum<br />
epistolarum ab excellentissimo viro lacobo Bracelleo genuensium secretorio aut scri<br />
ptarum aut <strong>di</strong>ctatarum.<br />
Altre cinque lettere, e non due come afferma il Mazzucchelli sulla fede del<br />
Giustiniani, tutte <strong>di</strong>rette ad Andreolo, sono impresse in fine del libro d Enea<br />
Platonico, De immortalitate animorum, nella ristampa fatta in Genova da Fran<br />
cesco Maria Farroni l’anno 1645, in 4.0; ed una è stata pubblicata dal Car<strong>di</strong>nal<br />
Quirini, a carte 193 delle Epistolae <strong>di</strong> Fr. Barbaro.<br />
La lunghissima lettera inserita dal Giustiniani a pag. 207 de suoi Annali,<br />
in risposta ad una del re Alfonso <strong>di</strong> Napoli, già venne citata.<br />
Taccio delle riproduzioni parziali da alcuni fatte, come p. e. dall Argelati<br />
A t ti S o c. L io . S t. P a tria . Voi. XXIII. 12<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 178 —<br />
Dal lato archeologico avrebbero forse potuto tornare<br />
importanti quelle che il Pizzicolli <strong>di</strong>ceva essergli state<br />
scritte dal nostro secretario, e eh’ egli giu<strong>di</strong>cava elegan<br />
tissime (1); ma, e nei due co<strong>di</strong>ci esaminati, e nelle altre<br />
pubblicazioni che in maggiore 0 minor numero inseri<br />
rono lettere del genovese, non mi riuscì trovarne una<br />
sola <strong>di</strong>retta al viaggiatore anconitano.<br />
Tuttavia quello che abbiamo veduto finora, basta, io<br />
penso, per assegnare un cospicuo luogo al Bracelli nel<br />
movimento umanistico che si verificò nella sua patria du<br />
rante il quattrocento. Egli fu non ultimo rappresentante<br />
<strong>di</strong> quel sapere che venne man mano acquistando sempre<br />
maggiore importanza, perché seppe entrare nella corrente<br />
d’ idee del suo secolo e farsi pratico, nell’ atto che affer<br />
mava la più alta ragione raggiunta dal genere umano.<br />
Ed ognuno ammirerà, credo, la coerenza strettissima<br />
che corre in lui tra l’ uomo ed il letterato. L ’ uno com<br />
pletava l’ altro, sicché il lettore s’ incontra con piacevole<br />
meraviglia in un umanista, ossia in uno <strong>di</strong> coloro che<br />
(B ib l Script. Med., t. I , par. I I , col. 709), che ristampò dall’ e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Parigi<br />
una lettera <strong>di</strong>retta dal Bracelli a Leonardo Grifo. Il Soprani (op. cit.) fa men<br />
zione <strong>di</strong> un Liber epistolarum del nostro Bracelli, ma forse è l’ appen<strong>di</strong>ce stessa<br />
che trovasi nell’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Parigi; l’Oldoini (Athenaeum Ligusticum) cita pari-<br />
menti cinque lettere e<strong>di</strong>te in Rom a nel 1 5 7 }, anche queste, p a re , non altro se<br />
non le Epistole scritte dal secretario genovese d’ or<strong>di</strong>ne pubblico ed inserite a c . 66<br />
nell’ e<strong>di</strong>zione della sua storia fatta in R o m a, appunto nel 1573, colle parole:<br />
Jacobi Bracellei Epistolae quinque de magnis rebus aliorum nomine conscriptae.<br />
Infine il Mazzucchelli (Scrittori d’Italia, t. II) menziona un co<strong>di</strong>ce della Bi<br />
blioteca <strong>di</strong> S . Marco in Firenze, che conteneva parecchie lettere del nostro, e<br />
l’ opuscolo Descriptio orae ligusticae. Non ne ho notizia: probabilmente andò<br />
smarrito, se pure il Mazzucchelli stesso, citando <strong>di</strong> seconda m an o, non ripetè<br />
l'erro re 0 1’ equivoco commesso da altri.<br />
(1) V e d i il passo dell’ Itinerarium, a pag. 27.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 179 —<br />
meritarono, non a torto, il nome <strong>di</strong> gla<strong>di</strong>atori della<br />
penna, la cui vita e la cui operosità vanno del pari<br />
scevre da ogni macchia e da ogni rimprovero. Gli é<br />
che la misura e la forza che si palesano nel suo carat<br />
tere, il nostro Iacopo le trasfondeva senza ostentazione,<br />
naturalmente, nei suoi scritti, alcuni de’ quali li <strong>di</strong>resti<br />
non indegni della gravità e dell’ eloquenza romana. Solo<br />
una qualità ti avviene, leggendolo, <strong>di</strong> desiderare in lui,<br />
ossia un maggiore ar<strong>di</strong>mento, una partecipazione più<br />
franca alle questioni che agitarono nel suo tempo la so<br />
cietà politica e la repubblica letteraria. Fra tanta eleganza<br />
e facon<strong>di</strong>a latina, gli mancava la genialità artistica posse<br />
duta in cosi alto grado dal Bracciolini; fra tanta <strong>di</strong>gnità<br />
misura e imperturbato dominio <strong>di</strong> sé medesimo, gli fa<br />
ceva <strong>di</strong>fetto il coraggio del Salutati e del Valla.<br />
CAPITO LO VI.<br />
D e i c in q u e l ib r i s u l l a G u e r r a d i S p a g n a<br />
E DI ALTRE STORIE ERUDITE.<br />
La sua perizia in quell’ arte istorica che con stu<strong>di</strong>o ed<br />
amore coltivò, e che venne raffigurando nelle lettere ve<br />
dute, il Bracelli volle <strong>di</strong>mostrarla in questi libri sulla<br />
guerra <strong>di</strong> Spagna, 1’ opera a cui specialmente si racco<br />
manda il suo nome. Ne formano argomento la lotta<br />
che Genova ebbe per molti anni con Alfonso re d’Ara<br />
gona, <strong>di</strong>venuto in seguito fortunato possessore del reame<br />
<strong>di</strong> Napoli. Il Bracelli lo considera, e non ingiustamente<br />
dal suo punto <strong>di</strong> vista, come uno spagnuolo conquista-<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— i8o —<br />
tore <strong>di</strong> una provincia d’ Italia e nemico acerbo della sua<br />
repubblica; quin<strong>di</strong> il titolo <strong>di</strong> Guerra <strong>di</strong> Spagna.<br />
Premesse alcune brevissime notizie sull’Aragona c sui<br />
re che la tennero, lo storico narra la guerra dei geno<br />
vesi con Alfonso per il contrastato possesso <strong>di</strong> Bonifacio<br />
nella Corsica, e quin<strong>di</strong> quella lunga o<strong>di</strong>ssea napoletana<br />
che ebbe come episo<strong>di</strong> principali la battaglia <strong>di</strong> Ponza<br />
e l’ asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Napoli. Il Bracelli scelse dunque un sog<br />
getto <strong>di</strong> storia contemporanea, né pare si curasse degli<br />
ostacoli che impaurirono il Guarino. Anche 1’ umanista<br />
veronese era tentato <strong>di</strong> scrivere la storia de’ suoi tempi ;<br />
e tuttavia osservava: se essa voglia essere luce <strong>di</strong> verità,<br />
conviene che non conceda nulla, o al favore o alla pas<br />
sione, che non blan<strong>di</strong>sca e non offenda, ed infine deve<br />
aprire le cagioni della guerra, mettere a nudo i costumi,<br />
la tede, la probità degli interessati ed i vizi contrari.<br />
Ma queste qualità dello storico un tempo o<strong>di</strong>ose, ora<br />
gli sono apposte a delitto capitale (i). Il buon vecchio<br />
Guarino metteva il <strong>di</strong>to sulla piaga. Anche il Machia<br />
velli sospettò che il Bruni ed il Poggio fossero stati<br />
impe<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> scrivere la storia civile <strong>di</strong> Firenze dal<br />
timore <strong>di</strong> « offendere i <strong>di</strong>scesi <strong>di</strong> coloro, i quali per<br />
quelle narrazioni si avessero da calunniare » (2). Con<br />
siderazione cotesta che potrebbe spiegare molte delle<br />
deficienze che riscontransi nella storiografia del quattro-<br />
cento, e principalissima la seguente: che vera storia ci<br />
vile allora non ci fu. Ma restiamo per ora alle idee del<br />
Bracelli. La definizione ciceroniana <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>sciplina<br />
(1) Cfr. lettera del Guarino a Battista Bevilacqua, in C arlo R osmini ; Vita<br />
e <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong> Guarino Veronese, Brescia, 1805.<br />
( 2 ) Proemio alle Storie Fiorentine.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
era ben fìssa nella mente degli umanisti, e da essa pro<br />
cede anche il nostro storico : Historia est testis temporum,<br />
lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetu<br />
statis (i). Citazione, sebbene scritta in su tutti boc<br />
cali <strong>di</strong> Montelupo, qui forse non oziosa, perchè ad essa<br />
dovremo riferirci più d’ una volta in questo capitolo.<br />
Del suo tenore era persuasissimo anche il Bracelli, che<br />
nella prefazione alla sua opera scrive: « La storia ap<br />
prende non tanto l’ or<strong>di</strong>ne de’ fatti e de’ tempi, ma<br />
quel che più vale, per quali arti e consigli siano cre<br />
sciuti gli imperi, per quali vizi all’ opposto rovinassero,...<br />
insomma non v’ ha nulla che sia per noi a desiderarsi<br />
0 a schivarsi <strong>di</strong> cui tu non rinvenga sicuri esempi<br />
presso gli storici. Ma fra quante utili lezioni essa può<br />
darci, le più desiderabili ci sono somministrate dalla<br />
nostra nazione. L ’ esempio dei nostri desta più viva e<br />
più forte l’ emulazione ». Anche il Fazio riputava dovere<br />
dello scrittore rinunciare a’ greci e romani da tanti pre<br />
feriti, riven<strong>di</strong>cando invece dall’ oblio le memorie del suo<br />
secolo, se vogliasi tar opera fruttuosa a contemporanei<br />
ed a concitta<strong>di</strong>ni in ispecie. Ben inteso era fermo che<br />
ufficio della storia fosse anticipare e prevenire le dure<br />
lezioni dell’ esperienza.<br />
— 181 —<br />
Parlando del libro del Bracelli, io lo raffronterò, quando<br />
mi venga in acconcio, con i Commentari del Fazio, sia<br />
perchè l’ argomento è in molta parte identico, sia perché<br />
1 loro autori, tra gli storiografi umanisti della repubblica<br />
genovese, occupano meritamente il luogo più onorevole.<br />
Il Muratori, nella prefazione agli Annali del Senarega<br />
(i) C ice ro n e, De oratore, lib. II.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- 182 —<br />
da lui inseriti nella sua grande raccolta, professava<br />
ammirazione per la egregia schiera degli storici sincroni<br />
genovesi che emularono degnamente nel <strong>di</strong>re i fatti<br />
della loro repubblica (i). In un lavoro de<strong>di</strong>cato<br />
all’ umanesimo in Genova non sarà dunque fuor <strong>di</strong><br />
proposito, penso, determinare con qualche ampiezza il<br />
carattere che i due maggiori umanisti genovesi <strong>di</strong>edero<br />
alle loro storie. Troveremo ancor qui le caratteristiche<br />
universali : interesse puramente letterario ed astratto, <strong>di</strong><br />
letto nello scrittore e nell’ opera <strong>di</strong> una viva coscienza<br />
de’ tempi e delle loro necessità politiche, sociali o re<br />
ligiose; amore dell’ in<strong>di</strong>vidualismo, tendenza moralizza<br />
trice. Sarà dunque <strong>di</strong>scorso inutile il nostro, un’ uggiosa<br />
ripetizione <strong>di</strong> cose dette e ridette a sazietà? Mi lusingo<br />
che ciò non sia: alcuni caratteri generali mal possono<br />
convenire sempie ed in tutto ad ogni singola storia:<br />
sarebbe ingiustizia confondere in un mazzo buoni e<br />
cattivi, esageratori <strong>di</strong> un vizio e stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> qualche<br />
virtù non ispregievole ; né storia letteraria completa e<br />
sicura potrà tentarsi finché tutti i monumenti del nostro<br />
passato non siano ben noti e giu<strong>di</strong>cati. In attesa <strong>di</strong><br />
Pigmalione che infonda la scintilla <strong>di</strong> vita nell’ inerte<br />
statua, non isdegniamo la modesta parte che può toc<br />
carci nell’ oscura fatica dello statuario.<br />
Ma il nostro compito sarebbe assai facile a <strong>di</strong>simpe<br />
gnarsi se ci attenessimo all* usanza <strong>di</strong> parecchi critici, e<br />
vecchi e recenti, alcuno de’ quali anche va per la mag<br />
giore. Li ho consultati per il Bracelli: in verità non ne<br />
francava il pregio. I più si fermano sulle qualità dello<br />
f i ) Rtr. Ilal. Script., t. X X I V .<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
stile, ed ancor questa sarebbe utile ricerca, se dello stile<br />
e della lingua giu<strong>di</strong>cassero storicamente, e non in modo<br />
così astratto. Ma che conto si ha a fare <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zi<br />
che si restringono alle parole : bello, aureo, elegante,<br />
adorno? ovvero, se si muta solfa, è per ricorrere ad un<br />
termine <strong>di</strong> paragone. Il Giustiniani, per un esempio, <strong>di</strong>ce<br />
la storia del Bracelli scritta al modo <strong>di</strong> quella <strong>di</strong> Cesare<br />
e cita il Beroaldo, un giu<strong>di</strong>ce cre<strong>di</strong>bile come sa ognuno:<br />
lo Spotorno contonde, e pur citando il Beroaldo stesso,<br />
paragona il Bracelli nello stile a Sallustio. Il Giovio<br />
c’ incastra un bel periodo senza compromettersi ( i ) , il<br />
Foglietta, il Soprani, lo Zeno ecc. si ripetono. Quanto al<br />
Fazio è fuori <strong>di</strong> contestazione, un felice imitatore <strong>di</strong><br />
Cesare : lo <strong>di</strong>cono tutti e ha da esser vero, ma come si<br />
convenga la veloce evidenza <strong>di</strong> Cesare alle mortali len<br />
tezze e alle minuziosità stucchevoli dello storiografo<br />
d’Alfonso, nessuno <strong>di</strong>ce. Così procede cotesta critica<br />
monca ; e ciascuno <strong>di</strong> essi esaltando fuor misura una<br />
specie <strong>di</strong> mignone, fanno tutti insieme stupire che tante<br />
siano le stelle nel firmamento letterario; se non che la<br />
provvida luce del sole avvisa che le importune lucciole<br />
sono vili bruchi e l’ esperienza rende i lettori sensati<br />
<strong>di</strong>ffidenti o increduli del vero.<br />
È risaputo che un fenomeno letterario per essere com<br />
preso nella sua interezza vuol essere stu<strong>di</strong>ato come fatto<br />
storico, come fatto psicologico, come tatto estetico.<br />
Sotto il primo <strong>di</strong> questi aspetti, la storiografia si venne<br />
(i) Scripsit enim Alpbonsi Regis res bello gestas, omnium scriptorum collatione,<br />
qui nuper antecesserint, longe gravissime, si eius seculi nondum perpolitam eloquen<br />
tiam cum ea conferamus quae demum, inducta subtiliore antiquorum imitatione, can<br />
<strong>di</strong><strong>di</strong>or evaserit. P auli J ovii Elogia.<br />
— i83 —<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- i 84 -<br />
adattando, lungo il secolo X V , alle con<strong>di</strong>zioni già<br />
dette: un contenuto tutto eleganza e vuota esteriorità,<br />
un’ osservazione acuta dell’ in<strong>di</strong>viduo che sapeva emergere<br />
dalla folla, osservazione recata non solo negli atti della<br />
sua vita politica, ma negli in<strong>di</strong>zi più recon<strong>di</strong>ti del suo<br />
carattere morale; l’ esaltazione della torza. Tale il fatto<br />
storico, ma la spiegazione psicologica qual era? Non<br />
deve essa cercarsi nell’ opinione pubblica <strong>di</strong> quel tempo<br />
e nell’ educazione dell’ umanista ?<br />
Gli italiani del rinascimento ebbero agio <strong>di</strong> conoscere<br />
il predominio che le in<strong>di</strong>vidualità potenti esercitano sopra<br />
i loro contemporanei, sicché finirono per ravvisare in<br />
esse quasi un’ ineluttabile necessità che non è mossa<br />
mai da circostanze esteriori, ma che al contrario im<br />
prime il suo impulso alle circostanze stesse e costringe<br />
gli avvenimenti ad un corso inaspettato. Cosi fatto é pur<br />
anche l’ amore del volgo, della moltitu<strong>di</strong>ne che adora<br />
sempre il buon successo. L’ uomo che riassume in sé<br />
una fase dello spirito eterno dell’ umanità, che costringe<br />
nel suo il pensiero <strong>di</strong> tutti e lascia sulla terra un’orma<br />
profonda <strong>di</strong> sé, sia coll’ altezza dell’ ingegno, sia col va<br />
lore del braccio, o coll’ uno e l’ altro insieme, non dura<br />
gran fatica a persuadere le turbe fanatiche esser egli un<br />
pro<strong>di</strong>gio e gli avvenimenti un semplice balocco della<br />
sua volontà. Per tal modo il prodotto <strong>di</strong> un’ epoca <strong>di</strong><br />
venta ii fattore e l’ arbitro dell’ epoca stessa.<br />
Questa puerile illusione si vede in ogni tempo. Ma nello<br />
stato della società politica durante il quattrocento era inevi<br />
tabile che essa possedesse del pari il volgo ed i letterati.<br />
L ’ azione della provvidenza, che il me<strong>di</strong>o evo aveva ve<br />
duta in ogni fatto della vita, era cessata per i più; la<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- i85 —<br />
legge naturale che governa il fenomeno politico e sto<br />
rico era ancora <strong>di</strong> là da venire; non sussisteva se non<br />
il motivo personale, ed un uomo, o più uomini, che<br />
incarnavano le ragioni del loro tempo. Specchio <strong>di</strong> quelle<br />
idee, anche la storia riducevasi a subor<strong>di</strong>nare tutto alle<br />
cause in<strong>di</strong>viduali, a tessere il panegirico del tiranno, il<br />
virtuoso per eccellenza del rinascimento, i cui tratti ca<br />
ratteristici, <strong>di</strong> ferocia o <strong>di</strong> astuzia <strong>di</strong>plomatica, si possono<br />
riconoscere in tutti gli attori <strong>di</strong> quel complicato dramma,<br />
da Cosimo de’ Me<strong>di</strong>ci e Francesco Sforza a Cesare<br />
Borgia, e che non obbe<strong>di</strong>va a nessuna necessità dell’ am<br />
biente sociale, anzi, come la sacerdotessa d’ Apollo vio<br />
lentata da Alessandro, quelle obbe<strong>di</strong>vano a lui.<br />
Inoltre, molta parte in questo modo d’ intendere e <strong>di</strong><br />
scrivere la storia aveva l’ educazione speciale all’ umanista.<br />
Il maggior numero <strong>di</strong> essi erano notai cancellieri, se<br />
cretar! <strong>di</strong> una repubblica o <strong>di</strong> un principe. Nessun posto<br />
più <strong>di</strong> quello invi<strong>di</strong>ato, e tuttavia nessuno dove più<br />
pungenti fossero le spine. Come cancelliere, per riuscire,<br />
bisognava rinunciare ai gusti ed alle abitu<strong>di</strong>ni proprie,<br />
trasformarsi a modo e grado del padrone; come storico,<br />
l’ uomo consapevole <strong>di</strong> tanti intrighi, <strong>di</strong> tanti tenebrosi<br />
raggiri, doveva procedere colla massima cautela, quando<br />
metteva mano a scrivere. 11 vecchio Guarino aveva ra<br />
gione : certe verità suonavano come tra<strong>di</strong>mento e delitto<br />
capitale. Si potrebbe forse citare, quale prova del con<br />
trario, il Machiavelli, che privato inerme scrisse pur dei<br />
Me<strong>di</strong>ci onestamente il vero; ma l’ esempio del Machia<br />
velli non tiene. Prima <strong>di</strong> tutto, la forza dell’ opinione<br />
a’ suoi giorni aveva preso tale sviluppo, che certe ve<br />
rità erano universalmente sentite e proclamate ; secondo,<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
Firenze, la città degli esperimenti politici e de’ mo<strong>di</strong><br />
civili <strong>di</strong> governo, era specialmente adatta a produrre non<br />
uno storico soltanto, ma una intera pleiade <strong>di</strong> storiografi<br />
in<strong>di</strong>pendenti. Ciò non si verificava facilmente altrove,<br />
e, nel secolo XV, Genova in particolare aveva mala voce<br />
per la violenza e ferocia con cui si combattevano tra<br />
loro le fazioni; e nel *51, mentre appunto il Bracelli at<br />
tendeva alla storia della Guerra <strong>di</strong> Spagna, era occorso<br />
il caso <strong>di</strong> Galeotto De Mari, eloquente nel suo pro<br />
cesso sommario e sbrigativo. Cito dal Giustiniani : « 11<br />
doge Pietro Fregoso, il quale era assai molestato <strong>di</strong>a<br />
principi italiani e dai fuorusciti genovesi, e ebbe sospetto<br />
<strong>di</strong> Galeotto De Mari,... lo fece impiccare sulla piazza <strong>di</strong><br />
S. Francesco, togato, con le pianelle in pie<strong>di</strong>, e con una<br />
polizza ai pie<strong>di</strong> che <strong>di</strong>ceva : Hic homo locutus est ea quae<br />
non licent ».<br />
— 186 —<br />
Veniva in secondo luogo il preconcetto per gli an<br />
tichi modelli. Quegli immortali esemplari <strong>di</strong> Livio, Sal<br />
lustio, Cesare, scambio <strong>di</strong> rinvigorire la mente dello<br />
scrittore, <strong>di</strong> aggiungergli ala, lo impacciavano, come<br />
avviene sempre a tutti coloro che, 0 parlando o scri<br />
vendo, vogliono parere <strong>di</strong>versi da quel che sono. La<br />
legge che essi s’ imponevano <strong>di</strong> non raccontare se non<br />
fatti capaci <strong>di</strong> decorosa esposizione, <strong>di</strong> magnificenza ora<br />
toria , li portava inconsapevoli ad una rappresentazione<br />
iperbolica, ad avvolgere nell’ ampio panneggiamento degli<br />
eroi romani que’ signori e que’ capitani <strong>di</strong> ventura che<br />
erano tutt’ altro, li portava necessariamente a falsare i<br />
criteri morali, perché e fatti e personaggi già erano fal<br />
sati. Cosi sbagliata strada, la rettorica imperversava. E<br />
a che si riduceva <strong>di</strong>fatti la preparazione storica <strong>di</strong> quegli<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
uomini se non alla rettorica? La quale poi mi par <strong>di</strong><br />
sentire più artificiosa, più eccessiva in coloro che face<br />
vano specialmente professione <strong>di</strong> letterato: per rimanere<br />
nel caso nostro, mi par maggiore nel Fazio che nel Bra<br />
celli. Direi insomma, che nello storiografo <strong>di</strong> Alfonso<br />
molti fiori posticci provengano dalla scuola del Guarino,<br />
del quale fu <strong>di</strong>scepolo, e dai modelli oratori preferiti dal<br />
maestro; che nel Bracelli per contro il senso della mi<br />
sura e la severa eleganza siano come un’ eco de’ gran<strong>di</strong><br />
giureconsulti romani da lui stu<strong>di</strong>ati in giovinezza. Osser<br />
vazione sulla quale per altro non intendo insistere molto,<br />
però che so benissimo che i vantaggi derivanti dallo<br />
stu<strong>di</strong>o della giurisprudenza romana sotto il rispetto del<br />
gusto estetico erano poi <strong>di</strong>strutti dagli innumerevoli bar<br />
bari giuristi e glossatori, i goti frustati dal Valla a<br />
Pavia.<br />
— 187 —<br />
La corrispondenza epistolare del Fazio con Francesco<br />
Barbaro dà una chiara idea <strong>di</strong> questo modo rettorico <strong>di</strong><br />
considerare la storia presso i più: poco importava che<br />
essa fosse veri<strong>di</strong>ca, purché fosse bella, e la modestia non<br />
impe<strong>di</strong>va che si chiamassero al paragone gli ammirati<br />
greci. « Comprendo benissimo l’ opera mia non esser<br />
cosi fatta che si possa <strong>di</strong>re <strong>di</strong> lei ciò che Cicerone della<br />
famosa Minerva <strong>di</strong> Fi<strong>di</strong>a: potersi essa esporre nell’ arce ».<br />
Così il Fazio, e il Barbaro a rispondergli: « Te fortu<br />
nato più <strong>di</strong> Apelle, Lisippo e Pirgotele, poiché non<br />
l’ effigie del corpo d’Alessandro, come que’ valentuomini,<br />
ma l’ effigie dell’ animo d’Alfonso e i consigli e le virtù<br />
<strong>di</strong> lui fosti stimato degno <strong>di</strong> consecrare a memoria sem<br />
piterna ». Si affrettasse dunque, tale il consiglio, a narrare<br />
le azioni c i costumi <strong>di</strong> quell’ illustre principe, perché<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
- iSS -<br />
dalla varietà dei casi, dalle vicissitu<strong>di</strong>ni della fortuna<br />
cotest’ insegnamento scaturisse a’ lettori : essere le cose<br />
umane soggette a mille traversie . . . Apelle, finito il<br />
capo <strong>di</strong> Venere con arte meravigliosa, lasciò incompiuto<br />
il restante del corpo: s’ affrettasse egli ad impartire altrui<br />
ed a procacciare a sé l’ immortalità del nome ». Con<br />
siffatti criteri Bartolomeo Fazio incastrava non meno<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>eci concioni tra <strong>di</strong>rette e in<strong>di</strong>rette soltanto nel primo<br />
libro de’ Commentari, e la massima parte dell’ opera<br />
taceva consistere nel racconto <strong>di</strong> espugnazioni e battaglie,<br />
dove, s'intende, campeggia eternamente una figura sola,<br />
quella <strong>di</strong> Alfonso. Lo scrittore vorrebbe darle il rilievo<br />
<strong>di</strong> una statua colossale, e non riesce se non a rimpiccio<br />
lirla e guastarla: pur tuttavia riscuoteva applausi e ri<br />
compense da’ contemporanei. Narra Vespasiano che alla<br />
lettura <strong>di</strong> un capitolo dove si descriveva con vivi colori<br />
la presa fatta dal re <strong>di</strong> un castello, Alfonso rapito d’ en<br />
tusiasmo donò al suo istoriografo in un tratto mille e<br />
cinquecento fiorini d’ oro. E facciamo grazia al lettore<br />
de’ soliti aneddoti narrati da tutti per <strong>di</strong>mostrare l’ am<br />
mirazione accordata allora all’ antichità, non esclusa la<br />
letteratura storica. Ciò non avviene mai se l’ opera dello<br />
scrittore non trovi una larga corrispondenza nel pensiero<br />
del pubblico e un consenso, <strong>di</strong>rei quasi, universale. Si<br />
plutarcheggiava nella storia, perché facevasi altrettanto<br />
nella vita ; si glorificava da quella la forza, perché la<br />
politica egoistica del tempo non conosceva più altra<br />
legge, e l’insegnamento che ricavavasi era pur sempre<br />
il seguente: tutto essere nelle mani della fortuna, che<br />
leva alle stelle o travolge a suo capriccio nel tango:<br />
però la gloria che si acquista con forti fatti vince il potere<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 189 —<br />
della fortuna. L’ errore stava in ciò, che chiamavansi<br />
latti gloriosi le miserabili gesta <strong>di</strong> alcune schiere mer<br />
cenarie e <strong>di</strong> alcuni ladroni fortunati.<br />
Forza e fatalità: ecco la doppia nemesi che governa<br />
la vita, lo spirito e la storia del rinascimento.<br />
II.<br />
Così nel Fazio come nel Bracelli — e s ’ intende che<br />
circoscriviamo a questi due un carattere comune più o<br />
meno a tutti — si osserva benissimo l’ incedere e il<br />
progre<strong>di</strong>re <strong>di</strong> cotesta forza egoistica e fatale, che si<br />
espande simile ad un’ enorme e mostruosa fioritura sul<br />
giar<strong>di</strong>no d’ Italia. Riassumo dai Commentari del primo.<br />
Dopo tanto travagliarsi l’Aragonese abbandona ad un<br />
tratto, l’ anno 1423, in aspetto <strong>di</strong> fuggiasco, il regno <strong>di</strong><br />
Napoli, senza che la sua partenza sia giustificata da ve<br />
runa torte necessità. L’ e<strong>di</strong>ficio da lui eretto con tanti<br />
stenti in breve cade. Per via assalta Marsiglia, più ladrone<br />
<strong>di</strong> mare che re, e la saccheggia orrendamente: poi non<br />
sapendo che far <strong>di</strong> meglio va a combattere i mori<br />
d’Africa, non ne ricava nessun profitto e ritorna. Ancor<br />
questa una vera avventura <strong>di</strong> condottiero vago <strong>di</strong> peri<br />
coli, coperta dalla maschera dell’ interesse religioso. Dopo<br />
<strong>di</strong> ciò vorrebbe tentar <strong>di</strong> nuovo l’ impresa <strong>di</strong> Napoli,<br />
ma l’ animosità <strong>di</strong> Giovanna contro <strong>di</strong> lui lo persuade a<br />
concedere al tempo, e ritornarsene in Ispagna. Conse<br />
guente alla risoluzione presa, fornisce <strong>di</strong> vettovaglie la<br />
sua flotta <strong>di</strong> Sicilia, afferra Trapani, per <strong>di</strong> là sciogliere<br />
le vele alla volta della patria. Ma che? non lo permette<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 190 —<br />
il mare, e, sul punto <strong>di</strong> levar l’ ancora, conviene star tre<br />
mesi immobili in attesa <strong>di</strong> un vento favorevole « come<br />
se un arcano fato prescrivesse non essere lecito partirsi<br />
d’Italia al destinato conquistatore del regno napolitano ».<br />
Difatti, quasi ad un tempo, muoiono Ludovico d’Angiò<br />
e Giovanna II; Giovanni Caracciolo, il favorito della<br />
regina, l’aborrito nemico dell’Aragonese, era stato assassi<br />
nato alcun tempo prima. Pareva fosse pensiero degli<br />
dei togliere <strong>di</strong> mezzo chiunque potesse far contrasto ad<br />
Alfonso. Ma imparino gli uomini a non rallegrarsi o<br />
dolersi sconsideratamente, poiché l’ esito del cose umane,<br />
é nascosto alle nostre povere menti. Un sasso scagliato<br />
dalle navi regie aveva guasta in modo irreparabile la<br />
trireme genovese, che doveva trarre in salvo da Gaeta<br />
Francesco Spinola ed Ottolino Zoppo insieme col pre<br />
si<strong>di</strong>o posto alla <strong>di</strong>fesa dalla città. Preclusa quin<strong>di</strong> qua<br />
lunque via <strong>di</strong> scampo: bisognava aspettare con fermo<br />
viso la potente flotta che guidava dalla Sicilia Pietro<br />
d’ Aragona e <strong>di</strong>fendersi <strong>di</strong>speratamente. E la <strong>di</strong>fesa, in<br />
effetto, si prolunga tanto che sopraggiunge l’Assereto<br />
con l’ armata genovese, si appicca la battaglia <strong>di</strong> Ponza,<br />
la flotta del re é rotta e presa, cadono prigionieri Al<br />
fonso stesso, due de' suoi fratelli, il re <strong>di</strong> Navarra e i<br />
principali baroni <strong>di</strong> Spagna e delle due Sicilie. Ecco<br />
dunque tutto perduto; e lo storico si sofferma a lungo<br />
sul fatto memorabile. Ma no, non é perduto nulla. —<br />
Non 1’ abbiam detto che questa storia é una fantasma<br />
goria prodotta dal caso, signore dalle mille sorprese?<br />
Il cristiano mette in quiete la sua coscienza tacendo ser<br />
vire il caso o la fatalità a Dio, e la lezione <strong>di</strong> morale<br />
che ne scaturisce resta pur sempre la stessa. « I miseri<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
mortali, sciama l’ autore, si crucciano delle avversità, né<br />
sanno che a sé solo Id<strong>di</strong>o riservò 1’ esito delle cose le<br />
quali vanno accolte in buona parte, comunque siano » ( i) .<br />
Per essere logici gli uomini avrebbero dovuto adagiarsi<br />
in un comodo quietismo, lasciando che il caso se ne<br />
incaricasse; ma com’ era possibile ciò se tutto suonava<br />
ammirazione del grande, dello sbalor<strong>di</strong>toio, adorazione<br />
del buon successo, se tutti si prosternavano <strong>di</strong>nanzi alla<br />
fama?<br />
— I9I —<br />
Frattanto, quali furono i motivi che indussero Filippo<br />
Maria Visconti a guerreggiare il re Alfonso? quali le<br />
potenti ragioni che gli fecero mandar libero l’ augusto<br />
prigioniero, che egli teneva nelle mani per un caso inspe<br />
rato ; né basta, che lo mossero a spianargli egli stesso la<br />
via del regno? Lo storico non lo <strong>di</strong>ce. — « Filippo era<br />
impaziente <strong>di</strong> quiete ed avido d’ impero ; in pace guerra,<br />
in guerra cercava pace » (2) — si era preso <strong>di</strong> simpatia<br />
per Alfonso; ce n’ era <strong>di</strong> troppo per ispiegare una con<br />
dotta inesplicabile in un uomo <strong>di</strong> stato.<br />
L ’ autore, nella sua assoluta in<strong>di</strong>fferenza politica, non<br />
sembra sospettare mai che anche un’ ombra <strong>di</strong> dubbio<br />
possa cadere nell’ animo <strong>di</strong> chi legge. Vi par <strong>di</strong> assistere<br />
all’ ultimo atto <strong>di</strong> una comme<strong>di</strong>a del Goldoni, con la sua<br />
brava <strong>di</strong>dascalia alla scena ultima del quint’ atto: tutti<br />
contenti, e Deus ex machina è la forza che conquideva<br />
tutti, umili e gran<strong>di</strong>, che serena e fatale guidava la so<br />
cietà italiana alla gloria, alla ricchezza, alla potenza, <strong>di</strong><br />
cevano i saggi del momento ; all’ ignoto, forse pensarono<br />
( 1 ) F a z i o ; o p . cit., lib. IV .<br />
(2) F azio; ivi.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
i saggi <strong>di</strong> mezzo secolo dopo. Nessuno saprà mai lo<br />
strappo doloroso che si nascose sotto l’ arguto sorriso<br />
degli spiriti magni del cinquecento, consapevoli in cuor<br />
loro che tutto precipitava, né proposito umano poteva<br />
farvi riparo.<br />
— 192 —<br />
Teniamo pur conto al Fazio che gli toccò trattare<br />
da principio alla fine <strong>di</strong> piccoli fatti dove la misura é<br />
<strong>di</strong>fficile, il valore dell’ autore non ha campo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mo<br />
strarsi ; il lettore stenterà però a perdonargli la freddezza<br />
che intirizzisce continua lungo quelle eterne pagine, la<br />
noia che piomba sul cuore al leggere la descrizione <strong>di</strong><br />
tante battaglie ed asse<strong>di</strong> che solo <strong>di</strong>fferiscono tra loro<br />
per il nome. Dubito se anche uno scrittore militare po<br />
trebbe trovare qui il fatto suo. Nel Bracelli eguale é<br />
l’ eru<strong>di</strong>zione, eguale in fondo il concetto ch’ egli porta<br />
della letteratura storica; ma l’ apparato rettorico é più<br />
sobrio, il movimento della narrazione più passionato, la<br />
prosa più mossa, più colorita. Ed inoltre lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
penetrare per entro le cause dei fatti lo si sente qua e<br />
là, come non mancano le prove <strong>di</strong> quell’ indagine critica,<br />
onde gli accenni furono veduti nelle lettere al suo dotto<br />
amico Flavio Biondo. Per un esempio, le ragioni che,<br />
secondo il Bracelli, indussero Filippo a mandar libero<br />
il re <strong>di</strong> Napoli prigioniero sono valide e persuadono,<br />
non si tratta più <strong>di</strong> un puro capriccio personale. Era il<br />
timore de’ francesi che messi nel reame avrebbero pres<br />
sato da due parti opposte il Milanese, con presente<br />
pericolo che infine se l’ ingoiassero; era la coscienza<br />
dell’ errore commesso fin allora, seguendo gl impL|lsl<br />
dell’ o<strong>di</strong>o e dell’ amore, anziché la seria politica <strong>di</strong> Gian<br />
Galeazzo padre suo, il quale non faceva grande stima<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— i93 —<br />
degli altri principi, ma sempre aveva temuto il nome e<br />
le forze dei francesi (i).<br />
Ludovico il Moro, se n’ avesse avuto notizia settan<br />
tanni dopo, le avrebbe dette parole profetiche. Così, per<br />
citare ancora, il Fazio non ha un passo che faccia riscon<br />
tro con quello in cui il cancelliere genovese spiega<br />
l’ etimologia del nome Catalani, o dà notizia sull’ ori<br />
gine delle fazioni guelfa e ghibellina. Sono due pagine<br />
come in quel tempo era solito <strong>di</strong> scriverne, tra la grande<br />
turba degli eru<strong>di</strong>ti che sfaccettavano frasi, soltanto un<br />
altro, voglio intendere il Flavio.<br />
Era documentata quella storia? Sì, come poteva esserlo<br />
la storia contemporanea e tenendo conto dell’ idea che<br />
essi se ne formavano. Avrebbero dovuto ricordare e gio<br />
varsi <strong>di</strong> quanto era risaputo per riferto d’ amici, visto,<br />
giu<strong>di</strong>cato; giovarsi dei mille <strong>di</strong>scorsi che correvano per<br />
la folla, vagliando il buono dal cattivo; giovarsi dei<br />
giu<strong>di</strong>zi che avevano u<strong>di</strong>to pronunziare dagli intendenti,<br />
non solo, ma poiché lo storico presso il suo governo<br />
era a secretis, consultare le relazioni degli agenti, valersi<br />
dei documenti che solo i governi allora erano in grado<br />
<strong>di</strong> procurare. Ma per ciò sarebbe occorso uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
verità così ardente da tramutarsi, sto per <strong>di</strong>re, in una<br />
specie <strong>di</strong> apostolato. Ahimè, già lo sappiamo, le verità<br />
che infamano, spiacenti in ogni tempo, erano allora pe<br />
ricolose. Quin<strong>di</strong> tratto tratto una premura <strong>di</strong> nascondere,<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ssimulare, <strong>di</strong> attenuare, che toglie tede anche alle<br />
pagine sincere; quin<strong>di</strong> la tendenza, tra due versioni <strong>di</strong><br />
scor<strong>di</strong> o contrad<strong>di</strong>torie, ad accogliere quella che lusingasse<br />
( i) L ib r o III.<br />
A t t i S oc. L io. St . <strong>Patria</strong>. Voi. X X III.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— r94 —<br />
<strong>di</strong> più l’ orgoglio o la vanità de’ propri padroni. Di Fi<br />
lippo Visconti, tenebrosa e strana figura <strong>di</strong> tiranno, il<br />
Fazio, che pure doveva conoscerlo, fa il seguente ri<br />
tratto: Erat in primis ingenio peracri ac callido, in lar<br />
giendo profusus, in parcendo fa c ilis, in colloquio mitis,<br />
cultus corporis cl mun<strong>di</strong>tiarum, omnisque lenocinii negli gens,<br />
venan<strong>di</strong> cupidus ; caeterum quietis impatiens, ac imperitan<strong>di</strong><br />
avidus, in pace bellum, in bello pacem quaerebat; simulan<strong>di</strong><br />
ac <strong>di</strong>ssimulan<strong>di</strong> egregius artifex ; in milites quam in cives<br />
indulgentior: copiarum duces maxime extollebat. A d haec<br />
sive fortitu<strong>di</strong>nis amore, sive periculi metu, se ab omni om<br />
nium consuetu<strong>di</strong>ne sequestraverat, praeterquam quorundam<br />
paucorum, quos ille sibi solitu<strong>di</strong>nis socios delegerat. Lega<br />
tos ad se. missos per suos plurimum au<strong>di</strong>ebat; quin et Si-<br />
gismundum imperatorem romanum, Me<strong>di</strong>olanum aliquando<br />
profectum, ut inde Romam peteret, videre non sustinuit: et<br />
tamen in tanta solitu<strong>di</strong>ne vitam agens omnem Italiam<br />
arnus territabat, concutiebatque ut, non inscite, quidam <strong>di</strong><br />
xerit: Philippus sedendo vincit.<br />
Questa non é menzogna, ma non é neppure intera<br />
la verità. È il vero posto sotto la luce più favorevole<br />
che venne fatto allo scrittore <strong>di</strong> ottenere, e lo stile con<br />
1 antitesi frequente, con la frase vibrata e colorita, ma<br />
schera, anziché palesare il pensiero.<br />
Dall impresa <strong>di</strong> Toscana nel 1448, e più precisamente<br />
dall asse<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Piombino, il re si levava in aspetto <strong>di</strong><br />
\into « quasi che rotto da campo » <strong>di</strong>ce il Machia<br />
velli ( 1) ; ma che fare se l’ eroe non pativa la vergogna<br />
<strong>di</strong> una sconfitta, e, in qualunque modo andasse, nome<br />
(1) Storie Fiorentine, V I, 16.<br />
<strong>Società</strong> <strong>Ligure</strong> <strong>di</strong> <strong>Storia</strong> <strong>Patria</strong> - biblioteca <strong>di</strong>gitale - 2011
— 195 —<br />
<strong>di</strong> vinto dallo storico non lo doveva avere ? Presto<br />
dunque un compiacente fascio d’ ombre, che nasconda le<br />
parti deboli del quadro: il mare tempestoso non lasciava<br />
toccare il lido alle navi regie, le vettovaglie minaccia<br />
vano <strong>di</strong> penuriare, prudenza consigliava <strong>di</strong> rimandar la<br />
guerra a miglior tempo: é tutto vero, ma delle infer<br />
mità che serpeggiavano nel campo, frutto della mal<br />
aria, non si fiata; de’ due mila morti che ci furono,<br />
tanti ne conta il Machiavelli, meno ancora; e il re ritorna<br />
a Napoli, dove l’ aspettavano feste tanto più strepitose<br />
quanto più meschini erano i risultati della spe<strong>di</strong>zione.<br />
Dissimulare era vezzo per una falsa idea della <strong>di</strong>gnità<br />
e gravità storica, era necessità talvolta imposta da’ ri<br />
guar<strong>di</strong>. Dal famoso Sergianni, il favorito della regina,<br />
il Fazio non sa ricavare nessun partito, egli che pure<br />
ne’ ritratti era abile : certamente quell’ eroe <strong>di</strong> alcove<br />
reali gli parve indegno <strong>di</strong> lui. Il Bracelli, giunto colla<br />
narrazione al 1442, racconta della cospirazione <strong>di</strong> Gio<br />
vanni Antonio Fieschi contro Tommaso Fregoso; ma non<br />
<strong>di</strong>ce una parola delle indegne minacce che questi ebbe a<br />
patire nella torre dell’ orologio, nè della crudele prigionia<br />
in Savona per or<strong>di</strong>ne del doge Raffaele Adorno (1).<br />
Eppure il Bracelli scriveva gli ultimi tre libri dopo il '50,<br />
essendo doge della repubblica Ludovico Fregoso (2).<br />
Circa alle fonti, ecco l’ opinione che parmi si debba<br />
formare chi ha letto quelle storie. In molti casi non<br />
v’ ha dubbio che lo scrittore ebbe ricorso alla tra<strong>di</strong>zione,<br />
(1) Lib. V , pag. 295, e<strong>di</strong>z. cit,<br />
(2) Ce ne informa egli stesso nel libro 111, dove parlando <strong>di</strong> Francesco Sforza<br />
soggiunge : ed ora è duca de’ Milanesi.<br />
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fosse poi scritta od orale. Il Bracelli, per un esempio,<br />
riporta i <strong>di</strong>scorsi che si facevano alla giornata prò e<br />
contro il re, dopo la battaglia <strong>di</strong> Ponza (1) . Lo stesso<br />
si <strong>di</strong>ca de’ documenti che facilmente aveva a mano il<br />
secretario <strong>di</strong> una repubblica, o <strong>di</strong> un principe: lettere<br />
<strong>di</strong> cancelleria, o <strong>di</strong> agenti e ministri presso corti stra<br />
niere, istruzioni relative impartite ai medesimi, notizie<br />
che anche in via privata egli riceveva.<br />
Il racconto della presa <strong>di</strong> Napoli, e nel Bracelli e nel<br />
Fazio, porta l’impronta della relazione scritta sopra luogo,<br />
eco dei mille spettatori e partecipi al fatto. E le due<br />
narrazioni in sostanza collimano, sebbene il Fazio si<br />
piaccia per molti particolari farne un episo<strong>di</strong>o romanzesco;<br />
il Bracelli, più lontano dagli avvenimenti, si restringe alle<br />
circostanze essenziali e parla sempre in modo dubita<br />
tivo (2). Cosi pure il Fazio non lavorava, penso, <strong>di</strong><br />
memoria nelle tante descrizioni <strong>di</strong> asse<strong>di</strong> e <strong>di</strong> espugna<br />
zioni che riferisce, ed anche meno allorché riporta in<br />
istile che vuol gareggiare con la maestà liviana i termini<br />
(1) Ecco il passo: Ferunt, cum in familiari sermone quidam regis consilium, ut<br />
fit, cum exitus rerum infelix est, damnarent, quod se, fratresque omnes, totque re<br />
g ia s prope parts principes velut aleae obiecerit, respon<strong>di</strong>sse regem: Rationem se,<br />
non impetum secutum esse, et quisquis opulentissimum regnum victoriae praemium<br />
recte expendat, haud profecto negaturum esse, magnitu<strong>di</strong>nem periculi a praemii ma<br />
gnitu<strong>di</strong>ne longe superari. Quippe, expugnata genuensi classe, extemplo Caie tam,<br />
velut spe sublata, de<strong>di</strong>tionem facturam Juisse, nec ullos post eam maritimos populos<br />
inventum iri, qui victori regi portas obstruere ausuri fuerint. Pentiores tamen sen<br />
tentiam eius improbasse cre<strong>di</strong>ti sunt, idque non tam quod infausto eventu pugna<br />
tum est, quam quod affirmabant, si paullo concitatius mare fuisset, maximam re<br />
giarum copiarum partem iacentes ac nauseantes, sine ullis armis capi potuisse, nec<br />
quicquam rebus eius matis favisse quam immotam illam , ac vere aestii'am pelagi<br />
malaciam. Bracelli, op. cit. lib. III.<br />
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(2) Il Giustiniani scarta il Fazio e segue il Bracelli, talvolta traducendo alla lettera.<br />
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della pace stipulata tra i genovesi ed Alfonso (i).<br />
Uguale osservazione potrebbe farsi per l’autore del De<br />
bello hispanico. Non è dunque l’ ignoranza dei documenti<br />
originali che sia più da rimproverarsi agli storici uma<br />
nisti. Ma è anche vero eh’ essi se ne servivano male,<br />
perché non riponevano in ciò il merito precipuo del loro<br />
lavoro: essi non intendevano punto fare il processo degli<br />
avvenimenti politici, non pronunciarne la sentenza; vo<br />
levano scrivere belle istorie, emuli dell’ eloquenza latina;<br />
e chi non li giu<strong>di</strong>ca sotto cotesto aspetto necessariamente<br />
deve fraintenderli. A noi, in fondo, piace meglio la rude<br />
semplicità dei primi cronisti: d’ accordo. Oh la bella<br />
cronaca <strong>di</strong> Caffaro, <strong>di</strong> meraviglia erodotea, oh l’ inge<br />
nuità del Varagine e il semplice racconto degli Stella !<br />
Se confronto Giovanni Stella con i due dotti umanisti<br />
nella descrizione della battaglia <strong>di</strong> Ponza, per citare un<br />
solo passo ai tre comune, confesso che il primo mi<br />
commove per la sincerità dell’ affetto, gli altri, <strong>di</strong> tanto<br />
a lui superiori nell’ arte <strong>di</strong> raccontare, mi lasciano freddo.<br />
Come si sente in quella pagina, dal vecchio cronista<br />
dettata poco dopo la memorabile vittoria, l’ orgoglio<br />
della nazione genovese vincitrice <strong>di</strong> tanti superbi re e<br />
baroni, e il fremito d’ ira che invase ciascuno, osservando<br />
l’ indegna condotta <strong>di</strong> Filippo Visconti ! E come balzan<br />
dal vivo quelle figure! Il buon cronista, senza saperlo,<br />
é artista assai più potente de’ due illustri suoi concitta<br />
<strong>di</strong>ni che lavoravano e martellavano con tanto stu<strong>di</strong>o la<br />
loro prosa. Biagio Assereto è vero uomo del quattro-<br />
cento. Vedetelo in quel rozzo latino . . . Quietis impatiens<br />
(i j F azio, op. cit., lib. V ili.<br />
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— 198<br />
animosus Capitaneus noster, vir quidem togatus et militaris,<br />
qui optime novit hortari suos, orationem unam ornatissimam,<br />
quam profecto eius simiUm <strong>di</strong>ceres quam Catilina cum<br />
Antonio <strong>di</strong>micaturus suis exorsus est, ad naves singulas<br />
maternd linguil conscriptam transmisit, quae magno fuit<br />
a<strong>di</strong>umento exercitui nostro. Nam etsi verba Principis in<br />
sub<strong>di</strong>tos virtutem non addant, neque ignavos strenuos effi<br />
ciant, compertum tamen habemus ad exercitium gerendarum<br />
rerum et vivacitatem animorum illa pertinere. Filippo Vi<br />
sconti é il capitale nemico del nome genovese; già da<br />
un pezzo ei guardava con occhio torvo ed animo infesto<br />
i nuovi sud<strong>di</strong>ti; non contento dell’ umiliazione, anche<br />
l’ insulto ora aggiungeva, costringendo il vincitore ad<br />
accogliere con applauso il re <strong>di</strong> Navarra rimandato<br />
Genova e scortarlo sotto baldacchino (sub pallio) sino<br />
al palazzo a lui destinato per residenza. Eppure se costoro<br />
avessero vinto, avrebbero incrudelito nei nostri, ché lo<br />
si sapeva ed era chiaro più del sole — quod luce clarius<br />
compertum est. — Queste cose sciamava il popolo: Heu<br />
inau<strong>di</strong>tum facinus! perfidus inimicus et plusquam hostis,<br />
tanta cum nostrorum sanguinis effusione et impensis, iusto<br />
bello vincitur et detinetur et libertati donatur . . . Sed et<br />
celestis ingenii poeta ait: stat sua cuique <strong>di</strong>es. Questom isto<br />
<strong>di</strong> antica semplice buona fede nel cronista con l’ ammi<br />
razione ingenua per la nuova eloquenza — quell’ ora<br />
zione <strong>di</strong> Biagio, osserva egli, l’ avreste paragonata al<br />
<strong>di</strong>scorso che fece Calilina a’ suoi, poco prima della<br />
battaglia — quel come presentimento delle nuove for<br />
tune che aspettavano le lettere e l’ arte storica, senza<br />
però pretenderci, perché il buon notaio apparteneva al<br />
passato che se n’ andava, tutto ciò, <strong>di</strong>co, a noi piace,<br />
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come dopo il prodotto dell’ innesto, il frutto che si spicca<br />
dall’ albero natio.<br />
Ma pensiamo invece alla viva impressione che dovette<br />
produrre sui contemporanei la storia eru<strong>di</strong>ta, essa che<br />
si <strong>di</strong>staccava tanto dai mo<strong>di</strong> soliti, che nella sua com<br />
pagine organica sapeva lumeggiare -con arte i fatti più<br />
rilevanti, collocare, nella penombra gli altri <strong>di</strong> minor<br />
conto, raggruppandoli per un determinato effetto, e in<br />
trodurre tante concioni magnifiche <strong>di</strong> stile, tante vive<br />
descrizioni d’ imprese militari, tanti ritratti <strong>di</strong> celebri per<br />
sonaggi.<br />
Il Burckhardt (i) osserva che « anche fuori del campo<br />
della poesia gli italiani hanno avuto, primi fra tutti gli<br />
europei, una decisa propensione e attitu<strong>di</strong>ne a descrivere<br />
esattamente l’ uomo storico ne’ suoi tratti e nelle sue<br />
qualità intime ed esteriori », ed assegna cospicuo luogo<br />
tra i biografi del secolo X V al Fazio, che però non<br />
conosceva. La lode pare un po’ esagerata. Ma chi legga<br />
il libro <strong>di</strong> questo, De viris illustribus, e le Storie, non<br />
può non osservare la sua perizia nel <strong>di</strong>segnare i carat<br />
teri, sicché si <strong>di</strong>rebbe che prenunzi non indegnamente i<br />
bei modelli nel genere del Machiavelli, Niccolò Valori,<br />
Guicciar<strong>di</strong>ni, Varchi ed altri. Tuttavia nelle biografie é<br />
molto sobrio ; per lo più sono schizzi anziché ritratti o<br />
vite, sebbene la brevità non tolga che talvolta si lasci<br />
andar la mano ad imbellire troppo la medaglia. 1 ra la<br />
pittura eh’ egli fa dell’ ultimo Visconti a tinte tutte rosee<br />
e quella <strong>di</strong> Pier Can<strong>di</strong>do Decembrio <strong>di</strong> verità stupenda,<br />
ci corre un bel tratto. Meglio quei quadretti non scarsi<br />
( i ) O p . cit. I , 203; 1 1 , 73.<br />
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<strong>di</strong> efficacia si collocano nel contesto della sua storia (i).<br />
Il Bracelli nervoso, perspicuo con minori pretensioni,<br />
non eccelle nel ritratto; si potrebbe anzi <strong>di</strong>re che propria<br />
mente ritratti non ve ne siano nel De bello hispanico,<br />
ma, a mio parere, è assai più valente del Fazio nello<br />
scegliere tra la minutaglia de’ fatti ciò che gli giova, re<br />
spingere il resto nel fondo del quadro, fondere insieme<br />
i materiali raccolti, e dare unità allo stile, e alla sua<br />
prosa una fisionomia, <strong>di</strong>rei quasi, originale (2).<br />
(1) Parm i meriti <strong>di</strong> essere riferito il breve parallelo che stabilisce tra Niccolò<br />
Piccinino e Francesco Sforza (op. cit., lib. VII). Cum eo (Niccolò) de rei militaris<br />
principatu qui posset concertare, unus ex omnibus copiarum ducibus suae tempestatis<br />
inventus est Franciscus Sfortia, vir in annis plurimum excellens, fecitque dubium<br />
uter alteri anteponendus esset. Nam cum scientia rei militaris atque auctoritate pares<br />
putarentur, <strong>di</strong>versa tamen utriusque consilia in bello erant. Nicolaus utique <strong>di</strong>micare<br />
paratior, praelium ex occasione protinus sumere, hostem celeritate praevenire, excur<br />
sione fatigare, levis armaturae equite, magis quam pe<strong>di</strong>te uti, fortes modo atque<br />
asperos milites amare, hostium numero non terreri. Franciscus vero arte et soler lia<br />
magis nitens, raro, nisi ex destinato, confligere, sedendo atque obsedendo hostem<br />
frangere : pe<strong>di</strong>tatum multifacere, argento atque auro cultos milites habere, potenlwrem<br />
se hostem non temere aggre<strong>di</strong>. Denique Nicolaus in milites indulgentior, Franciscus<br />
saevior habebatur. *<br />
(2) E ra tuttavia impossibile che le forti in<strong>di</strong>vidualità della sua repubblica non<br />
facessero colpo sopra un intelletto acuto e partecipe al vivo moto del suo<br />
secolo, come il Bracelli. Ed egli pure scrisse un opuscoletto sopra alcuni degli<br />
illustri genovesi (De claris genuensibus, Parrgi, 1520, fol. 4$ e se g g .); ma essen<br />
dosi astenuto <strong>di</strong> parlare de’ viventi, perchè non paresse concedere in parte anche<br />
minima a ll’ amore 0 all’ o<strong>di</strong>o 0 ad altro affetto meno lodevole, e d’ altro canto<br />
poco rinvenendo del passato, però che gli annalisti, contenti <strong>di</strong> aver fatti da<br />
narrare, non s’ erano curati <strong>di</strong> tramandare il nome degli uomini al loro tempo<br />
insigni, per tutto ciò era forza che riuscisse molto breve. L 'o p e ra è de<strong>di</strong>cata al<br />
padre Ludovico Pisano dell’ or<strong>di</strong>ne dei pre<strong>di</strong>catori, e vorrebbe essere una rapida<br />
commemorazione <strong>di</strong> quanto ebbe <strong>di</strong> più notevole la genovese repubblica per sa<br />
pere, bontà, verecon<strong>di</strong>a, inflessibile giustizia. A <strong>di</strong>fferenza del Fazio, non sempre<br />
ha cura <strong>di</strong> darci il ritratto, ma vuole che dai brevi cenni, dagli aneddoti sobria<br />
mente narrati, dal tutto infine, il lettore si formi un’ idea adeguata degli uomini<br />
per la cui virtù la sua patria ebbe ad acquistare nominanza e potenza. Nello<br />
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Il lettore lungo quei cinque libri non prova mai stan<br />
chezza, perché sente che 1’ autore ha sban<strong>di</strong>to le inutili<br />
lentezze, che non vuol <strong>di</strong>r tutto, ma <strong>di</strong>r bene il poco<br />
trascelto. Faceva egli stesso professione <strong>di</strong> brevità; e <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>lungarsi nella narrazione <strong>di</strong> un pro<strong>di</strong>gio si scusa come<br />
stile, nel modo <strong>di</strong> colorire mi ricorda Valerio Massimo, che forse, come Battista<br />
Fregoso anni dopo, l’ umanista aveva presente nello scrivere. Citiam o. In lode<br />
<strong>di</strong> Lamba D ’ Oria non spende più <strong>di</strong> un periodo; ma per severa bellezza ed<br />
evidenza lo <strong>di</strong>rei non inferiore a’ passi più riputati dello scrittore latino: Aurius<br />
Lamba in siitu illirico bellum gerens, devicta iam prope Venetorum classe, cum<br />
nunciatum ei esset filium fortiter <strong>di</strong>micantem caesum fuisse, un<strong>di</strong>s, inquit, eum com<br />
mendate : nobilissima enim ipsi sepultura continget, quod pro patria strenue pugnan<br />
tem et iam victorem maria servabunt. — Nella trattazioue tiene l’ or<strong>di</strong>ne seguente :<br />
dapprima tre santi vescovi, Romolo, Felice, S iro , un cenno <strong>di</strong> quattro rig h e;<br />
quin<strong>di</strong> alcuni monaci, e poi i letterati, tra cui Giovanni Balbo, l’ autore del Ca<br />
tholicon, e Andalò <strong>di</strong> Negro, il precettore del Boccaccio. Ancor questa non più<br />
<strong>di</strong> una semplice menzione. Seguono guerrieri, e citta<strong>di</strong>ni celebrati per alcun<br />
nobile fatto e per uffici sostenuti. Della tenacia ligure, che popolava <strong>di</strong> fiorenti<br />
colonie le sponde del Corno d’ oro e del mar N ero, <strong>di</strong>ffondendo da Pera a Sa-<br />
mastri terrore e riverenza pel nome del gran comune, notevole esempio è il<br />
seguente: Simon Vignosus cum, perdomita insula, Chium urbem obsideret,<br />
e<strong>di</strong>xerat ut si quis in vineis aut pomariis, invilo domino, deprehenderetur virgis<br />