MAKBENAK, MACBETH, SHAKESPEARE E LA LINEA REALE CELTICA DELLA MASSONERIA | Casa della vita

MAKBENAK, MACBETH, SHAKESPEARE E LA LINEA REALE CELTICA DELLA MASSONERIA

Apr 22, 2024 | MASSONERIA

Silvano Danesi

Nel rituale di iniziazione al grado di Maestro, dopo che il corpo di Hiram è stato ritrovato e dopo che è stato portato all’interno del “recinto dei lavori”, il candidato, che impersona a quel punto del Rituale il Maestro defunto, viene preso per l’indice della mano destra dal secondo Sorvegliante, il quale, facendo un tentativo di risollevarlo e vedendo che il dito gli sfugge, dice: “La carne si stacca dalle ossa”, frase che in ebraico, ci spiega Salvatore Farina, suonerebbe: “Makbenak”. [1]

Il primo Sorvegliante conferma che il cadavere si disfa. Tutto sembrerebbe perduto, ma a quel punto il Maestro Venerabile, che guida la cerimonia, dice: “Non è così Fratelli miei che arriverete a rialzare il nostro Maestro. Non vi rammentate che l’unione fa la forza e che senza il soccorso degli altri noi nulla possiamo?”.

L’unione dell’azione del Maestro Venerabile e dei due Sorveglianti, a quel punto, risolleva il candidato. Hiram è risorto, ossia è di nuovo in piedi.

Cosa si nasconde dietro alla parte centrale della cerimonia di iniziazione ad un grado introdotto nel ‘600 ad opera di Elias Ashmole, massone e appartenente al Druid Order?

“Il rituale del grado di Maestro – scrive infatti Farina – fu inizialmente preparato da Elias Ashmole alla fine del 1648” [2] e Ashmole “è considerato, nella tradizione druidica del Druid Order, come colui che ha trasmesso ai primi massoni speculativi l’iniziazione corrispondente alle tre funzioni tradizionali del druidismo”. [3]

La chiave di comprensione di questo passaggio decisivo nel Rituale, dalla morte apparente alla resurrezione, potrebbe esserci fornita da William Shakespeare nel suo Macbeth.

Ma andiamo con ordine e approssimiamoci alla chiave seguendo quanto Guy Trévoux scrive in proposito: “Esiste un termine bizzarro nell’iniziazione massonica al grado di Maestro, Mac Benac o Mac Benah. E’ il grido che avrebbero emesso i compagni di Hiram, partiti alla ricerca del suo corpo, dopo che seppero che era stato ucciso, alla scoperta del suo cadavere. E’ evidente che le spiegazioni tradizionali “la carne abbandona le ossa” o “il Maestro è colpito” non sono accettabili. Si è proposto persino “figlio della putrefazione”, ma un Massone italiano di cui non ricordo il nome, traducendo le due parole con il “figlio della linfa”, si avvicina più di ogni altro alla tradizione degli alberi. Del resto, nel manoscritto Prichard esiste un’altra espressione che precede l’esclamazione Mac Benac ed è Muscus Dominus, il “Maestro del Muschio” o “Maestro Muschio” (G.H.Luquet, Grado di Maestro e leggenda di Hiram – Rivista Le symbolisme, maggio-giugno 1955), che si riallaccia al mito del sotterramento del chicco prima della sua resurrezione sotto forma di pianta nuova, che pare più autentico di Mac Benac. «L’opera al nero» degli alchimisti è l’equivalente della leggenda di Hiram; è un riferimento ai mesi invernali, durante i quali il sole scompare, ed è il ricordo dell’interramento del chicco nell’oscurità della terra e o il suo passaggio nel ventre della gallina nera”. Una tradizione ebraica riporta che il cadavere di Adamo sarebbe stato sepolto nella grotta di Mac Pelah. Mac Pelah sarebbe, dunque, con tutta probabilità, la forma originale dell’errato termine massonico Mac Benac”. [4]

La gallina nera è Karidwenn, archetipo della trasformazione e della rinascita, la cui ritualità ci riporta ai Riti Eleusini e Osiriaci.

Interessante il riferimento ad un possibile Maestro del Muschio o Maestro Muschio. Ricordiamo che:

Né pianta né albero,

né fusto né foglia;

è Muschio che crea Magia. [5]

Maestro del Muschio o Maestro Muschio può andare benissimo come significato del termine Mac Benac, perché il Muschio crea magia.

Esiste, a mio parere, un’altra possibile interpretazione relativa a Mac Benac o Mac Benah ed è che i due nomi siano la corruzione di Bethac, capo mitico e avo dei Fir Bolg e dei Tuatha De Danann, il cui significato è betulla.

La betulla, come scrive Mircea Eliade[6], simboleggia l’Albero del Mondo in molte tradizioni sciamaniche. Per lo sciamano altaico è l’Albero del Mondo. Per gli sciamani buriati la betulla che si trova all’interno della tenda serve ad arrampicarsi e ad uscire dal buco del fumo, che coincide con quello che nel cielo è formato dalla stella polare. Presso altri popoli è chiamata Pilastro del Cielo. La betulla, quindi, albero cosmico, si trova al centro del mondo. Non è improbabile che la tradizione sciamanica, acquisita dalla cultura druidica, sia poi confluita nelle tradizioni libero muratorie.

Sin qui le varie ipotesi, alle quali se ne potrebbero aggiungere altre. Tuttavia, e con molta probabilità, la chiave che ci fornisce William Shakespeare è quella più significativa, in quanto ci riporta al cuore della trasmissione iniziatica ininterrotta che passa attraverso la regalità celtica e che si trasferisce agli Stuart, re scozzesi di sangue reale celtico.

Per secoli la regalità celtica ha conservato la tradizione, ma nell’epoca delle guerre di religione tra protestanti e cattolici, la trasmissione si è fatta faticosa a causa delle pressioni delle varie correnti protestanti e dei cattolici.

Giacomo I, che tentò un difficile equilibrio tra le varie fazioni, represse con durezza vari attacchi della nobiltà, sia cattolica, sia protestante e asserì il diritto divino della monarchia (Deus meumque ius). Privo dell’abilità di governo della cugina Elisabetta, alla quale era succeduto con un passaggio dinastico dai Tudor agli Stuart, Giacomo cercò invano di mediare tra le richieste del partito cattolico e di quello protestante, ma di fatto la tensione interna si accrebbe. Per rispondere alle richieste di riforma religiosa dei puritani, autorizzò una nuova traduzione inglese della Bibbia, nota come versione di re Giacomo; appoggiò inoltre i vescovi della Chiesa anglicana contro i riformatori radicali protestanti, ma la sua difesa del diritto divino della monarchia gli attirò l’ostilità dei cattolici, che organizzarono contro di lui la Congiura delle polveri o Congiura dei Gesuiti, nel 1605.

La tragedia shakespeariana Macbeth è stata presentata per la prima volta nel 1606, ossia l’anno successivo alla Congiura delle polveri o Congiura dei Gesuiti, alla corte di Giacomo I d’Inghilterra (VI di Scozia) figlio di Maria Stuart e nipote di Elisabetta I.

La tragedia narra di Macbeth, usurpatore del regno, dopo aver ucciso il suo legittimo re su suggerimento delle streghe che gli sono apparse e che gli hanno predetto il suo futuro.

La tragedia si ispira alla vita di un re di Scozia, Mac Bethad mac Findlaich (1005-1057), anche se ne stravolge del tutto la figura e la storia e sembra accondiscendere alle esigenze di Giacomo I, che in due suoi scritti tenta di giustificare la propria condotta: il Basilikon Doron e la Daemonologie.

Nel Basilikon Doron Giacomo I critica cattolici e puritani, in linea con la sua filosofia di seguire un “via di mezzo”, che si riflette nella prefazione del 1611 della Bibbia di Re Giacomo.

La Daemonologie, scritta dal re nel 1597, è una dissertazione filosofica sulla negromanzia contemporanea e le relazioni storiche tra i vari metodi di divinazione utilizzati dall’antica magia nera e si pone come un trattato contro le streghe.

Questo libro si crede sia stato una delle fonti primarie utilizzate da William Shakespeare nella produzione di Macbeth.

Shakespeare ha utilizzato molte citazioni e rituali presenti all’interno del libro delle streghe, ma ha inserito nella sua tragedia anche temi scozzesi relativi ai fatti nei quali Giacomo è stato coinvolto.

Assieme ad Alfredo il Grande, Giacomo I è considerato uno dei più colti sovrani sia d’Inghilterra sia di Scozia. Durante il suo regno continuò la straordinaria fioritura culturale dell’Età elisabettiana nella letteratura, nelle arti e nelle scienze, ma la sua ascesa al trono fu il frutto di una serie di lotte intestine al Regno di Scozia.

La situazione della Scozia alla nascita di Giacomo non era delle più tranquille: l’autorità di Maria Stuart era precaria e tanto lei quanto il marito, entrambi di fede cattolica, dovevano fronteggiare il malcontento e le ribellioni dei nobili scozzesi, per lo più calvinisti; inoltre, anche il matrimonio della coppia reale fu costellato di difficoltà, sia sul piano politico, sia privato. Mentre Maria era incinta, Enrico si alleò con i ribelli e arrivò a dare l’ordine di assassinare Davide Rizzio, segretario personale e amico intimo della regina, di origini piemontesi.

Giacomo nacque il 19 giugno 1566 e fu battezzato in una cerimonia cattolica. Quando Giacomo aveva solo otto mesi suo padre Enrico fu assassinato a causa di intrighi di corte, probabilmente seguenti la morte di Davide Rizzio. Dopo la morte del marito, Maria decise di sposarsi una terza volta, con James Hepburn, conte di Bothwell, sospettato di essere l’artefice dell’assassinio di Lord Darnely, la qual cosa rese ancora più impopolare la già impopolare regina.

Nel giugno 1567 alcuni ribelli protestanti arrestarono Maria, che venne imprigionata nel castello di Loch Leven, dove fu costretta ad abdicare al trono, il 24 giugno, in favore del figlio Giacomo, che aveva poco più di un anno; a sostituire il giovane re durante la sua minor età sarebbe stato lo zio Giacomo Stuart, conte di Moray.

Pur riferendosi ad un personaggio storico dell’undicesimo secolo, il Macbeth di Shakespeare sembra anche riferirsi, in modo evidentemente criptico, alle vicende di Giacomo I, assecondandone gli scritti, in particolare il Demonologia.

Giorgio Melchiori, nell’introduzione al testo del Machbet nell’edizione dei Meridiani, [7]scrive che la leggenda di Banquo, assassinato da Machbet, il cui figlio Fleance fuggì in Galles e ne sposò la figlia, è servita ad attestare le nobili origini degli Stuart, i quali, peraltro, non ne avevano bisogno, in quanto come ho critto nel mio: “Le radici scozzesi della Massoneria”, nel 1286 “la Loggia di Kilwinning ebbe come Gran Maestro un Lord Stewart di Scozia, ossia un Regio Stewart (maggiordomo di palazzo), carica, divenuta ereditaria, istituita da re David ed assegnata a Walter fitz Alan, di discendenza bretone celtica e scozzese, la cui linea di sangue risale a re Alpin e ai Siniscalchi di Dol. Quando la figlia di re Robert Bruce sposerà Walter lo Stewart, dai maggiordomi di palazzo di discendenza regale avrà inizio la dinastia Stuart”. [8]

Sotto il velame delle apparenze, Shakespeare, propone al lettore e allo spettatore delle rappresentazioni teatrali, in controluce, l’attenzione ad un personaggio che è un grande eroe scozzese.

Mac Bethad mac Findlaech, o in inglese Macbeth (1005 – 15 agosto 1057), è stato re di Scozia dal 1040 al 1057.

Ben poche informazioni sono note in merito alle origini ed ai primi anni di vita di Macbeth: figlio di Findlaech, Mormaer o capo della provincia di Moray, era nipote del re Kenneth II di Scozia e quindi apparteneva alla più alta nobiltà scozzese, essendo cugino tanto di re Kenneth III, tanto di Duncan I (suo diretto predecessore al trono di Scozia); della madre, invece, non è noto il nome od il lignaggio.

Quanto al nome, Mac Bethad (o, in gaelico moderno, MacBheatha), ha significato di “figlio della vita” oppure di “uomo giusto”; secondo alcuni studiosi, tuttavia, il suo nome sarebbe una forma corrotta di Macc-Bethad (“Uno tra gli eletti”)

Alcuni anni dopo la morte del padre (collocata attorno al 1020), Macbeth divenne Mormaer di Moray e in seguito sposò Gruoch Ingen Boite, unica figlia di Boite mac Cináeda, a sua volta figlio del re Kenneth III di Scozia.

Nel 1034, re Malcolm II di Scozia fu ucciso in circostanze non chiarite a Glamis e il 30 novembre dello stesso anno, senza opposizione, fu eletto re Donnchad Mac Crínáin. Il nuovo sovrano, nominato in base ai principi della Tanistry, era un cugino, per parte di madre, del predecessore ed aveva detenuto il titolo di re di Strathclyde.

Dopo alcuni anni tranquilli, nel 1039, lo Strathclyde fu attaccato dagli inglesi della Northumbria e Duncan, deciso a vendicarsi, condusse personalmente un raid di rappresaglia contro la città di Durham: la battaglia, però, fu un disastro e solo a stento il re riuscì a fuggire; approfittando della debolezza del suo sovrano, Macbeth si ribellò e reclamò la corona.

Duncan tentò di reagire guidando una spedizione contro Macbeth ma, il 14 agosto 1040, fu ucciso a Bothnagowan (nei pressi di Elgin) in uno scontro armato dagli uomini di Macbeth.

Dopo la morte di Duncan, Macbeth, sostenuto da quella fazione della nobiltà che si opponeva ai legami con gli anglo-sassoni, ascese al trono ma in ogni caso dovette affrontare l’ostilità degli uomini appartenenti al clan del suo predecessore: solo nel 1045, con l’uccisione di Crínán di Dunkeld, padre di re Duncan, il regno fu definitivamente pacificato.

“Nonostante si fosse impadronito del potere assassinando il giovane e inetto sovrano Duncan – scrive Giorgio Melchiori – (del resto l’assassinio del predecessore era un sistema quasi normale di successione nella Scozia del tempo), fu per molti anni sovrano saggio e buon amministratore, fino all’invasione del paese da parte delle forze inglesi al comando del cognato di Duncan, Siward, con il pretesto di difendere i diritti alla successione di Malcom Canmore, figlio giovinetto di Duncan”. [9]

Nel 1052 Macbeth fu involontariamente coinvolto nelle lotte che in Inghilterra vedevano coinvolti Godwin del Wessex ed Edoardo il Confessore quando decise di ricevere a corte un certo numero di esiliati Normanni. Nel 1054 Siward, conte di Northumbria, vassallo ed alleato di Edoardo il Confessore re d’Inghilterra, al quale Macbeth aveva rifiutato di rendere omaggio, per conto di Malcolm Clanmore, figlio di Duncan I, invase la Scozia.

A Dunsinane, presso Perth, si svolse una enorme battaglia che, secondo gli Annali dell’Ulster, vide la morte di 4.500 uomini, 3.000 scozzesi e 1.500 inglesi; dopo aver perso la parte meridionale del proprio regno, Macbeth si ritirò nelle regioni settentrionali a lui fedeli dove resistette per altri tre anni all’avanzata inglese.

Nel 1057 Macbeth fu infine sconfitto e mortalmente ferito da Macolm Ceann-mor, figlio di Duncan, presso Lumphanan, nell’Aberdeenshire; morì pochi giorni dopo a Scone, ove fu seppellito.

A differenza degli scrittori successivi, nessuna fonte contemporanea rimarca Macbeth come un tiranno: il Duan Albanach (Canzone degli Scoti), un poema in gaelico irlandese composto da 27 stanze, trovato insieme al Lebor Bretnach (una versione in gaelico della Historia Brittonum di Nennio, che presenta un vasto materiale aggiuntivo, soprattutto riguardo alla Scozia), lo cita come “Mach Bethad il Rinomato”, la Profezia di Berchán lo descrive come un re generoso e munifico.

Scritto durante il regno di Mael Coluim III (metà dell’XI secolo), il Duan Albanach  si basa su una grande varietà di fonti irlandesi. La versione più comune proviene dai Libri di Lecan and Ui Maine degli inizi del XV secolo. La sua narrazione continua quella del Duan Eireannach, che narra la più antica storia mitologica dei gaelici.

Il Macbeth storico, pertanto, è un eroe della resistenza gaelica agli anglosassoni ed è un re di sangue reale celtico, erede della Tradizione.

Ora proviamo a riscrivere il Rituale di Maestro usando la chiave fornitaci da Shakespeare e probabilmente abilmente messa in modo criptato da Elias Ashmole nel cuore dell’iniziazione.

Dopo che il corpo di Hiram è stato ritrovato e dopo che è stato portato all’interno del “recinto dei lavori”, il candidato, che impersona a quel punto del Rituale il Maestro defunto, viene preso per l’indice della mano destra dal secondo Sorvegliante, il quale, facendo un tentativo di risollevarlo e vedendo che il dito gli sfugge, dice: “E’ Mac Bethad”.

Il primo Sorvegliante afferma che è cadavere.

Tutto sembrerebbe perduto, ma a quel punto il Maestro Venerabile, che guida la cerimonia, dice: “Non è così Fratelli miei che arriverete a rialzare il nostro Maestro. Non vi rammentate che l’unione fa la forza e che senza il soccorso degli altri noi nulla possiamo?”.

L’unione dell’azione del Maestro Venerabile e dei due Sorveglianti, a quel punto, risolleva il candidato. Mac Betadh è risorto, ossia è di nuovo in piedi. La tradizione non è morta; è di nuovo attiva.

Cosa ci dice Ashmole in chiave shakespeariana? Ci dice che nonostante le guerre di religione e la confusione creatasi con gli ultimi Stuart, allorquando questi si sono fatti invischiare nelle guerre di religione, Mac Bethad o se si vuole Mac Beth, l’eroe, il re celtico è risorto, è in piedi, perché, grazie ai tre Maestri, la Tradizione continua, ininterrotta, nella ritualità massonica.

 

[1] Salvatore Farina, il Libro completo dei Riti Massonici, Gherardo Casini Editore

[2] Salvatore Farina, Il libro dei rituali del Rito Scozzese Antico ed Accettato, Edizioni Piccinelli, 1946

[3] Michel Raoult, Les druides- Les socié tes initiatiques celtiques contemporaines – Edizion du Rocher

[4] Guy Trévoux, Lettere, cifre, dèi – Ecig

[5] Citazione in: Riccardo Taraglio, Il vischio e la quercia, Ed. Dell’Acquario

[6] Mircea Eliade, Miti, sogni e misteri, Rusconi

[7] Introduzione al Macbeth di Giorgio Melchiori, i Meridiani, Mondadori

[8] Silvano Danesi, Le redici scozzesi della Massoneria, ilmiolibro.

[9] Introduzione al Macbeth di Giorgio Melchiori, i Meridiani, Mondadori

Silvano Danesi

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