“SARO’ CON TE” la conferenza stampa dei registi del film sullo scudetto vinto dal Napoli

I due registi del film Andrea Bosello e Andrea Cino stamatina nella sala stampa dello stadio Diego Armando Maradona, hanno presentato il film documentario “Sarò Con Te” in uscita sabato 4 maggio al cinema, ecco la conferenza stampa integrale:

Bosello: “Non è un film fatto dal centro media di comunicazione del club come altri, è un film fatto da un gruppo di documentaristi. Abbiamo avuto accesso e libertà assoluti, De Laurentiis ci ha lasciato la libertà creativa dandoci la possibilità di raccontare quanto accaduto. La storia la conoscete, il finale anche, ma non è stata ancora raccontata cosi a fondo come in questo caso. Ci sono momenti che vedrete per la prima volta, ascolterete i pensieri dei protagonisti, soprattutto di Luciano Spalletti, il protagonista di questa storia. Guardando i materiali ci siamo accorti che il protagonista era lui, per ciò che ha fatto ma anche per il suo carattere; un contadino ma anche un grande uomo di sport. L’altro grande protagonista della storia è la città; entra nelle trame del racconto alla perfezione ed è la vera protagonista.”

Il protagonista è Spalletti, ADL invece chi è? L’antagonista? Bosello: “In questa stagione l’antagonista non è stata certamente una squadra avversaria, perché il Napoli ha vinto lo scudetto agevolmente. Il presidente è un co-protagonista, soprattutto all’inizio della storia quando durante la conferenza stampa di presentazione di Spalletti nel 2021 dice che si sarebbe fatto di tutto per riportare lo scudetto a Napoli.

Entrare nello spogliatoio con le telecamere è stato complicato? Bosello: “La genesi di questo documentario parte da lontano. Io e Andrea con Filmauro stiamo scrivendo e producendo una serie sui 7 anni di Maradona al Napoli. In questi anni nei quali ci siamo lavorando, ne abbiamo parlato spesso di fare un documentario su un possibile scudetto del Napoli. Questa idea è piaciuta anche ad ADL e al figlio Edoardo. È delicato e difficile entrare in uno spogliatoio, che è un luogo sacro. Una telecamera può mettere in soggezione le persone, noi piano piano siamo entrati a far parte della famiglia del gruppo squadra.”

Cini: “Il vestiario era importante. Essere percepiti come alieni era facile, per stare lì quindi ci siamo dovuti vestire come loro. Psicologicamente per loro cosi era diverso. All’inizio dovevamo mantenere un profilo basso, l’operatore che aveva il compito di riprendere tutto era conosciuto da allenatore e giocatori, questo ci ha aiutato.”

Libertà creativa: c’era la tentazione di metterci mano alla storia? O vi siete abbandonati agli eventi? Bosello: “Venendo da un’esperienza di 15 anni al National Geographic, siamo abituati a seguire le regole. I fatti prima di tutto. Ovviamente dovevamo sintetizzarli e renderli intrattenenti agli occhi degli spettatori. I caratteri dei protagonisti vengono fuori in ogni caso.”

Riguardo ai caratteri, nei momenti iniziali qualcuno con le telecamere presenti vi dava l’impressione di fingere o recitare per voi? Bosello: “Dopo un po’ anche i più timidi o burberi si sono lasciati andare, lo vedrete anche nelle interviste. I calciatori hanno un loro linguaggio, sanno che devono mantenere un certo equilibrio nelle dichiarazioni. Di solito nei documentari sportivi si raccontano esperienze di anni prima e quindi i protagonisti si lasciano andare più facilmente, in questo caso essendo un documentario su qualcosa di contemporaneo alle riprese, l’approccio dei calciatori è stato diverso.”

Lunga gestazione: come avete scelto proprio questa stagione? Cosa sarebbe stato di tutto questo se il Napoli non avesse vinto lo scudetto? Bosello: “Io e Andrea scrivevamo la storia del film nel corso del campionato, lui mi chiedeva ‘cosa succede se il Napoli non lo vince?’. Lo avremmo pubblicato lo stesso come la più grande debacle della storia del calcio. Noi avevamo questa idea già nel corso del primo anno di Spalletti, solo che in quella stagione il Napoli perse lo scudetto di pochi punti. Appreso che il Napoli del mister era diventato fortissimo siamo partiti.”

Sconfitte: le telecamere nel momento di una sconfitta che effetto hanno fatto? Bosello: “L’effetto che si può immaginare, c’è da essere delicati. Noi c’eravamo sempre ma quando non era il momento stavamo fuori dallo spogliatoio. Alla fine quando si perde, sono quelli i momenti più interessanti. A volte diventa quasi marginale la presenza di una telecamera nel momento di una sconfitta. I calciatori hanno altro a cui pensare. Le sconfitte si mangiano e si digeriscono.”

I due protagonisti: Spalletti e la città, la città in che modo lo è? Bosello: “La città diventa protagonista con il suo carattere, io sono nato in Friuli e sono arrivato quando il Napoli vinceva il primo scudetto. Io rimasi sconvolto dalla gioia della città, per il me bambino fu incredibile. Ho deciso di seguire questa traccia anche se era il terzo e non il primo. Era il primo però dopo tanto tempo, trentatré anni. Per una generazione era il primo scudetto e quindi valeva la pena di essere raccontato. Questo fenomeno sociale doveva essere indagato e raccontato. In momenti del genere emerge la personalità di un popolo, aspetto che rimane sottotraccia nella quotidianità.”

Qual è stata la prima scena girata? Chi ha i tempi dell’attore? Bosello: “Tanti hanno i tempi del cinema: Elmas, Kvara, Jesus, soprattutto Osimhen dal punto di vista tragico per i tratti del suo carattere. Mi ricorda Denzel Washington. I primi momenti girati risalgono a prima della pausa quando poi il Napoli è partito per la Turchia. Il momento più brutto la sconfitta con il Milan 0-4. Spalletti diceva ‘Non è colpa loro’ anche se poi per punizione con la Juve a Torino siamo stati sbattuti in tribuna stampa. Devo ringraziare Milan e salernitana altrimenti il film non ci sarebbe.” Cini: “Per quanto riguarda i calciatori aggiungo Anguissa.”

Qual è stato il contributo che hanno dato i personaggi non sportivi, non appartenenti al calcio Napoli? Bosello: “Possiamo definirlo un documentario al 100%. I protagonisti extra sportivi servono da coro a tutto il resto. Abbiamo scelto tra i tifosi più conosciuti della squadra e persone che avevano la capacità di raccontare la napoletanità in modo internazionale. C’è Robert Del Naja, il leader dei Massive Attack, attori come Toni servilo, Silvio Orlando, Luisa Ranieri. Il progetto parte da una serie divisa in quattro puntate che vedrà la luce dopo il film e che racconta le vite calcistiche dei calciatori; raccontiamo anche l’addio di Spalletti che nel film per motivi di tempistiche non abbiamo potuto inserire.”

Cini: “I personaggi extra campo sono serviti ad allargare i punti di vista sull’impresa fatta dalla squadra, serviva anche raccontare la città e ce l’hanno raccontata personaggi del giornalismo e della cultura napoletana. Nel finale ci siamo concentrati soprattutto su cosa significa vincere uno scudetto a Napoli.”

Che costi ha avuto il film? Quante persone ci hanno lavorato? Bosello: “Contando tutte le persone che ci hanno lavorato tra Napoli, Roma, Milano e all’estero sono circa ottanta. Ci sono dei costi standard per i documentari e noi ci collochiamo al livello più alto della categoria. Gli standard sono quelli di Netflix e Amazon Prime. Loro attestano il costo tra i 6mila e i 10mila euro al minuto. Noi siamo in quella fascia lì. In questo documentario le musiche sono di Teo Teardo, uno dei più grandi musicisti italiani che ha lavorato con Sorrentino, apprezzato molto all’estero. Per quello abbiamo sforato il budget previsto, ma n’è valsa la pena.”

L’idea della serie nasce assieme al film? Bosello: “Abbiamo scritto una serie divisa in 4 episodi, poi adl ha visto la serie il materiale e ha detto di fare un film perché per lui meritava di essere visto al cinema un lavoro del genere. Ho sentito dire ‘Che avete fatto a fare il film?’, voglio togliermi dei sassolini dalle scarpe, dicendo che questo documentario rimarrà nella storia della città. Tra 30 anni le persone lo andranno ancora a rivedere. Noi per mesi lo abbiamo visto sul piccolo schermo, visto per la prima volta al cinema ci ha fatto un’impressione. Anche chi lo ha vissuto allo stadio, sarà diverso anche per loro. A chi può pensare di vederlo con il ‘pezzotto’ ci può far piacere, ma al cinema è un’altra cosa.”

Quanto spazio si è dato a “Napoli nel mondo” alle persone magari anche distanti dalla città in quel periodo? Bosello: “In un film che ha così tanto da raccontare sono pochi i momenti in cui ci si può concentrare su aspetti del genere. Quasi tutto il finale però è dedicato a queste persone che non hanno potuto vivere in prima persona l’emozione della città.”

Il momento più bello? Cini: “Da malato di calcio, dopo il calciatore vuoi trovare un modo per entrare in uno spogliatoio importante come questo, e per me il momento più bello è stato vedere Spalletti dare indicazioni tattiche. Anche il ritorno a Capodichino da Udine con ventimila persone ad aspettarci.”

Bosello: “Per me che non c’ero a Udine, il momento più bello è stato un’inquadratura su Spalletti da solo al Maradona. Eravamo io, lui e una telecamera. Il momento più divertente è stato quando il presidente ha reso noto pubblicamente della serie e del film a cui stavamo lavorando. Un’ANSA ha pubblicato un articolo su questo dicendo che ci stavano lavorando i migliori in America e in giro per l’Europa. Allora io ho detto al team ‘Ragazzi qualcun’altro sta facendo il nostro stesso documentario‘”

C’è stata qualche scena che vi è stata chiesta di non inserire? Bosello: “Ci sono tutti i momenti ‘questa non la mettere’, quei momenti lì il mister aveva bisogno di stare lui e la squadra ed era giusto. Lo faceva per dimostrare alla squadra che avesse il controllo sulla cosa. Sono stato cacciato diverse volte dallo spogliatoio, mi prendevano e mi lanciavano fuori, anche se poi ci tornavo sempre.”

Dal punto di vista cinematografico Spalletti che caratteristiche ha? Con un altro mister sarebbe stato diverso? Bosello: “Non ho conosciuto gli altri allenatori ma mi è stato detto che con Sarri non saremmo arrivati alla porta di Castel Volturno. Spalletti invece, con il suo modo di essere, mi ha dato l’ispirazione per come chiudere il film.” Cino: “Spalletti non faceva scenate, ogni volta però ti riesce a stupire su questo. È pieno di sorprese.”

Durante la produzione del film avete mai pensato di gettare la spugna? Bosello: “No mai, nelle difficoltà si trovano le soluzioni. Arrendersi non fa parte del carattere mio e del mio team. Questo lavoro resterà per i prossimi 30 anni, era troppo importante portare a termine il progetto.”

C’è stato qualcosa che avete deciso di non mettere? Bosello: “Si, bestemmie a parte, una serie di momenti che non hanno trovato spazio nel tessuto lavorativo. Tutti gli scherzi di Spalletti che faceva in giro per Castel Volturno.” Cino: “Alla fine però nonostante tutto siamo riusciti a inserire tutto quello che volevamo mettere.”

Può essere che le telecamere hanno motivato la squadra a dare il massimo? Bosello: “Grazie per questa domanda, non ci avevamo mai pensato a questo aspetto. Tutti gli uomini vengono influenzati da un occhio che li osserva. Che è sempre indiscreto, per tutti noi. Sicuramente credo che loro si siano sentiti investiti da una responsabilità in più. Ovviamente però la vittoria dello scudetto è tutta farina del loro sacco.”

Si è fatto un’idea del vero segreto dello scudetto vinto? Bosello: “La vittoria di uno scudetto amplifica i caratteri positivi delle persone di un gruppo. Starace è un elemento fondamentale del gruppo squadra quasi quanto Meret o Osimhen. Innanzitutto come diceva Spalletti questo gruppo era formato da brave persone. Nel calcio ci sono anche i Cassano o i Balotelli, non in questo gruppo. Queste brave persone hanno capito la responsabilità che avevano e hanno portato a termine la loro missione.”

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