Lo STUPOR MUNDI, Federico II di Svevia, nato a Jesi nel 1194, figlio di Enrico VI e di Costanza d’Altavilla, fu re di Sicilia dal 1196, sotto la tutela di papa Innocenzo III. Eletto in opposizione ad Ottone di Brunswick, ottenne la corona imperiale da papa Onorio III nel 1220 contemporaneamente all’ostilità dello stato pontificio verso l’unione delle corone di Sicilia e Germania, che avrebbe determinato un pericoloso accerchiamento del suo territorio.

La fragile tregua con il papato si infranse presto, cioè quando Federico lasciò cadere nel vuoto gli appelli alla crociata e, nel 1226, fu scomunicato. L’Imperatore si riscattò con una spedizione in Terra Santa che valse la conquista di Gerusalemme. Federico II, concentrò la sua attività politica in Sicilia, cui diede un coerente corpo legislativo (Costituzioni Melfitane) e la cui corte fu un importante centro di cultura e di scambio fra la tradizione greca, araba ed ebraica, in cui nacque la Scuola Poetica Siciliana.

L’imperatore si pose, così, alla testa del ghibellinismo italiano, sostenendo un lungo scontro con il papato ed i comuni guelfi. Deposto da papa Innocenzo IV, Federico morì a Castel Fiorentino nel 1250.

Federico II e la Casata di Svevia rappresentano un importante elemento del pensiero politico di Dante, a tal punto da porre la presenza dei principali esponenti della dinastia sveva nella sua Commedia, che il Poeta fiorentino distribuisce tra InfernoPurgatorio Paradiso.

Pur con tutta l’ammirazione, esplicitata più volte Dante condivide l’opinione comune al suo tempo: la propaganda guelfa, infatti, accusava, per ragioni politiche, l’imperatore di eresia e di epicureismo, ma certo il suo stile di vita contribuì a rafforzare questa convinzione. Per Dante, dunque, l’ammirazione sul piano umano coesiste con la condanna religiosa.

Forse per via della scomunica ricevuta prima della morte, Dante colloca Federico II nell’Inferno, nel Canto X, fra le tombe della città di Dite, ove risiedono gli epicurei. A confermare la presenza del “secondo Federico” è Farinata degli Uberti, il principale esponente della fazione ghibellina di Firenze nel primo Duecento:

E già ’l maestro mio mi richiamava; 

per ch’i’ pregai lo spirto più avaccio 

che mi dicesse chi con lu’ istava.     

Dissemi: «Qui con più di mille giaccio: 

qua dentro è ’l secondo Federico, 

e ’l Cardinale; e de li altri mi taccio».

 

Più tardi nel Poema, nel XIII Canto dell’Inferno, Federico II è però descritto come “degno di onore” da Pier delle Vigne, il segretario personale dell’imperatore svevo, depositario dei suoi più importanti segreti, che si suicida dopo che lo Stupor Mundi, sospettandolo di tradimento, lo fa accecare e imprigionare.

L’animo mio, La meretrice che mai da l’ospizio 

di Cesare non torse li occhi putti, 

morte comune e de le corti vizio,           

infiammò contra me li animi tutti; 

e li ’nfiammati infiammar sì Augusto, 

che ’ lieti onor tornaro in tristi lutti.                                                             

per disdegnoso gusto, 

credendo col morir fuggir disdegno, 

ingiusto fece me contra me giusto.          

Per le nove radici d’esto legno 

vi giuro che già mai non ruppi fede 

al mio segnor, che fu d’onor sì degno.

 

Federico II appare anche nel Purgatorio, nel Canto XVI, in cui considera l’Imperatore come il sovrano la cui sconfitta ha dato avvio al declino di quei valori sociali e culturali propri delle corti.

In sul paese ch’Adice e Po riga, 

solea valore e cortesia trovarsi, 

prima che Federigo avesse briga; 

 

Infine, l’ultima menzione di Federico II nella Commedia ha luogo nel I Cielo del Paradiso, quello della Luna, nel quale, nel Canto III, Dante, collocando Costanza d’Altavilla tra i Beati, la quale presenta Federico II  come l’”ultima possanza”.

Quest’è la luce de la gran Costanza 

che del secondo vento di Soave 

generò ‘l terzo e l’ultima possanza».      

 

La presenza dell’Imperatore nella Commedia tra i dannati si contrappone al giudizio finale che progressivamente nel corso dell’opera, l’imperatore svevo ottiene, passando dall’essere ‘epicureo’ a ‘persona degna di onore’ nell’Inferno, per poi venire considerato l’ultimo baluardo della cultura delle corti nel Nord Italia nel Purgatorio, e finire per essere rappresentato come ‘l’ultima grandezza imperiale’ nel Paradiso, un percorso di ascesa che segue il viaggio dantesco nei tre regni ultraterreni.

 

Martina Michelangeli x Medievaleggiando

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Written by : Redazione

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