Don Cheadle "Senza un attore bianco niente soldi per il mio Miles" - la Repubblica

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L'INTERVISTA

Don Cheadle "Senza un attore bianco niente soldi per il mio Miles"

L'attore afroamericano alla regia con un biopic sul jazzista morto nel 1991: “Non finanziano film di soli neri”

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BERLINO - PER fare un film su Miles Davis ci vuole un attore bianco. Non fa giri di parole Don Cheadle, l'attore afroamericano che accompagna alla Berlinale Miles Ahead, biopic sul trombettista morto nel 1991 a 65 anni che ha scritto, diretto e interpretato, in parte finanziato con il crowdfunding. Lo incontriamo nello storico all'Hotel Adlon, a un passo dalla porta di Brandeburgo.
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Cheadle, ha detto che "Miles Ahead" non sarebbe mai stato realizzato se non avesse ingaggiato Ewan McGregor.
"Sì. È stato un imperativo finanziario. Questo film ha avuto tante vicissitudini economiche e l'industria è quel che è: per avere i finanziamenti era necessario avere un attore bianco. È questa la realtà del business, inutile girarci intorno. Il film era visto come qualcosa di nicchia, troppo jazz, una storia destinata a una fetta di pubblico ristretta, difficile da vendere oltreoceano.
La mitologia che ci viene raccontata spesso, non dimostrata, è che i film con soli attori neri non vendono all'estero: ci vuole una faccia bianca sul poster. Detto questo Ewan è un grande attore e ha fatto un grande lavoro. Il suo personaggio è un miscuglio dei veri giornalisti che cercavano di entrare nella vita di Miles Davis per intervistarlo. Li accoglieva, li trasformava in valletti, condivideva momenti quotidiani. Poi lentamente dava loro una storia da raccontare".

Perché per lei era così importante raccontare Davis?
"È stato suo nipote ad annunciare in un'intervista che lo avrei interpretato in un film. Non lo sapevo nemmeno io. È stato un desiderio della sua famiglia. Non volevano un biopic standard: se racconti un'icona del Novecento, devi farlo in modo creativo. Attraverso la sua musica, il suo fuoco, il suo stile un po' da gangster. Volevo fare il film in cui Davis avrebbe voluto recitare. Durante questi dieci anni di lotte a volte ho sperato che il progetto fallisse, mi sarei sentito sollevato. Ora ne sono orgoglioso".
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Quando ha conosciuto la sua musica?
"Non sapevo che era lui e Miles Davis era già la colonna sonora della mia infanzia. Ho iniziato a ispezionare la collezione di vinili dei miei genitori e lui era lì. Amavo la sua musica, non conoscevo l'uomo e l'importanza della sua figura. Solo dopo ho capito come ha cambiato la storia. È stato buffo scoprire che ha un pubblico diverso per ogni fase della carriera. Solo in pochi conoscono la vastità del suo repertorio".

Quale aspetto di Davis predomina nel suo film?
"La sua filosofia artistica. Non si è mai lasciato fermare dall'adulazione del pubblico, ripetendo quello che era venuto bene. Ricordo una meravigliosa registrazione di Summer nights. Appena finito di suonare Davis non si crogiola nell'emozione che ha creato, dice: "Forza con la prossima", ed è come se dicesse "Io sono già su quella: se vuoi seguimi, altrimenti va bene lo stesso"".

Lei ha scelto di raccontarlo negli anni 70, durante un lungo periodo di silenzio.
"Quando sei un artista come Miles Davis sai che tutto quel che fai ha un impatto forte nel mondo della musica. A un certo punto, negli anni Settanta, lui era esausto, anche malato. Un paio di volte è stato sul punto di morire. E aveva questo difetto congenito dall'anca. Così ha smesso di suonare. Sono passati giorni, mesi, poi anni. Quando ti succede questo dove sei e cosa diventi? Ho raccontato un Miles alla ricerca di se stesso, a caccia di una bobina rubata, pieno di rimpianti per l'unica donna amata e persa per colpa dei propri eccessi. È vero che gli spararono per strada e che gli fu rubata la bobina con le ultime creazioni".

Con chi suonerebbe oggi Davis?
"Con Kendrick Lamar, gli Alabama Shakes, D'Angelo, Kamasi Washington. Prima di morire Miles stava lavorando con Prince, a casa sua. Esistono brani mai pubblicati. Questo era l'aspetto che lui chiamava "social" della sua musica. Ha sempre cercato di assorbire la musica, gli strumenti, i talenti del momento. Voleva essere sempre dentro a quel che stava succedendo".