Giovanni Rana e i nobili, la disfida sul Garda: «Il cantiere rovina il paesaggio», «No, tutto resterà come prima» | Corriere.it

Giovanni Rana e i nobili, la disfida sul Garda: «Il cantiere rovina il paesaggio», «No, tutto resterà come prima»

diGian Antonio Stella

A Punta San Vigilio la ristrutturazione di Giovanni Rana creerà un ristorante e un hotel. Lo scontro a carte bollate

La disfida sul gioiello del Garda tra i nobili e il re della pasta «Il cantiere rovina il paesaggio» «No, tutto resterà come prima»

Punta San Vigilio sul Garda

Occhio non vede, cuore non duole? Il vecchio adagio non riesce a dare pace agli ambientalisti innamorati di Punta San Vigilio, uno dei luoghi più struggenti del Garda, d’Italia, del pianeta. Perché, certo, sono mesi che grondano rassicurazioni sulle gru che saranno rimosse e le voragini che verranno coperte e gli ulivi estirpati che torneranno dove erano e insomma il panorama che da secoli ammalia i viaggiatori rimarrà uguale a prima. Ma il dubbio resta: sarà davvero come prima? O solo apparentemente identico, ben che vadano le cose, ma ormai svuotato nell’anima?

Un secolo fa

La domanda squarcia e divide. Tanto più che l’irresistibile penisoletta che si allunga nel lago tra Bardolino e Torri del Benaco, prima di diventare oggetto dell’attuale disfida tra un’antica famiglia di Conti e il Re della pasta, non è stata solo adorata come buen retiro da un’élite di teste coronate, pittori e divi del cinema. Ma la culla d’una coscienza culturale prima inesistente o quasi: a chi appartiene tanta bellezza? Al Comune? Alla Regione? Al mondo?

Patrimonio ideale dell'umanità

Il problema si pose un secolo fa, quando il signor Ludovico Montresor di Peschiera del Garda, racconta Fabio Gaggia nel libro Punta San Vigilio. Patrimonio ideale dell’umanità edito da Cierre, chiese alle autorità «l’utilizzo della spiaggia di San Vigilio per la costruzione di un albergo e l’uso dello specchio d’acqua fino allo scoglio della “Stella” che, per ragioni di pura praticità, sarebbe stato livellato per rendervi più agevole l’accesso ai turisti». Sic. Mica una locanda tra le tante ma, come raccomandava l’Associazione Nazionale per il Movimento dei Forestieri, un hotel «con le comodità richieste dalle moderne esigenze della vita». Per capirci: un palazzo «alto 12 metri» con «una superficie di circa 2.000 mq disposti sulla spiaggia su un fronte-lago di 200 metri».

Oggi, un ecomostro

Un ecomostro, diremmo oggi. Tanto più rispetto al prezioso scrigno d’arte di punta San Vigilio, un piccolo borgo antico nato intorno al porticciolo e alla chiesa (dove il 25 aprile, prossimo giovedì compreso, si celebra da secoli la festa di San Marco) comprato nel 1538 (con la licenza di annessa locanda con cucina) dal giureconsulto Agostino Brenzone che affidò a Michele Sanmicheli il progetto della stupenda villa rinascimentale. Un posto d’incanto. Descritto tra gli altri da Pietro Aretino: «La villa e la taverna nel porticciolo erano visitati da genti diverse di paesi vari, che grazie all’amenità del luogo e ai poteri taumaturgici delle sue fonti riuscivano a guarire dalla malinconia e dalla sterilità».

Zar e duchesse

Genti diverse di paesi vari tra i quali verranno via via annotati lo zar Alessandro I, la duchessa di Parma Maria Luigia, il re delle Due Sicilie Francesco I di Borbone e altri reali ancora. Per non dire dei più bei nomi dell’alta società e della cultura. A farla corta: quando il signor Montresor si invaghisce per la sua speculazione di quella spiaggia, l’erede della villa, del borgo e della locanda, Guglielmo Guarienti di Benzone ha le conoscenze giuste per mettersi di traverso allo «sviluppo». Certo, non c’è ancora in quel momento una norma che tuteli l’integrità del luogo. Ma nel 1909 è appena passata la «legge per l’antichità e le belle arti», il «vero atto di nascita della disciplina italiana della tutela» (copyright Salvatore Settis) e cominciano a venir a galla nuove sensibilità per «il bello». Il conte scrive così un’accorata lettera a uno dei suoi ospiti, il fotografo Paul Pichier, per chiedergli una mano a «fare quanto si può per salvare il vecchio S. Vigilio».

L'appello

Pochi giorni e l’austriaco Neues Wiener Tagblatt pubblica un appello al direttore delle Belle Arti italiano Corrado Ricci: «Uno dei più bei punti d’Italia e di tutto il mondo, San Vigilio sul lago di Garda, corre il pericolo di essere soggetto alla distruzione della sua immagine artistica a causa di una dissennata speculazione (...) Non vogliamo in alcun modo intrometterci negli affari interni dell’Italia (...) ma questa splendida spiaggia deve essere mantenuta nella sua originaria bellezza...». E qui arriva il potente richiamo innovativo: «Le bellezze dell’Italia e soprattutto quella di San Vigilio, non sono solo proprietà del paese ma proprietà spirituale e ideale dell’umanità che internazionalmente pensa all’arte come patrimonio comune del mondo colto». Parole d’oro. Sottoscritte per primo da Gustav Klimt. E destinate a diventare un principio universale. È il 1° giugno 1912. Un anno dopo il Corriere, dando conto d’una visita sul posto, annuncia che il Consiglio Superiore delle Belle Arti «anche senza le cortesi esortazioni austriache» vuole «difendere rigorosamente la pura bellezza del Garda» quindi Punta di San Vigilio «per rispetto alla storia e all’arte», deve «restare quale è». Il locandiere

Ospiti illustri

E così restò. Accogliendo via via, a parte i reali (tra gli ultimi Carlo d’Inghilterra), i più bei nomi del jet set. Su tutti Laurence Olivier (ospite fisso, tanto che l’anno in cui saltò il leggendario locandiere Leonard Walsh disse a Silvio Bertoldi che un’estate senza Olivier gli pareva «una notte d’agosto senza luna, una trota senza maionese, una barca senza remi». E Winston Churchill che s’appartava qua e là a dipingere mentre l’oste dalla vaga somiglianza, stessi camicioni, stesso cappello, stesso cavalletto, dirottava i curiosi al punto che certe foto del cancelliere sarebbero fake.

Lo scontro

E oggi, 111 anni dopo? È scontro, da mesi. Di qua i fratelli Guariente e Agostino Guarienti eredi del titolo nobiliare, della villa e di una parte del borgo, decisi a respingere a colpi di carte bollate «ogni ipotesi di stravolgimento di questo tesoro monumentale». Di là Giovanni Rana, il garzone d’un fornaio diventato il Re della pasta fresca (oltre un miliardo di euro di fatturato) e famoso per l’irresistibile spot con Marilyn Monroe: «Permette? Giovanni Rana» «Quello dei tortellini? Mi piacerebbe fare una sfoglia come la sua...». I primi, a dispetto di ogni rassicurazione («Cosa se ne fa di 460 metri quadri di servizi tecnici interrati? Le tensostrutture saranno davvero stagionali? E gli alberi secolari rimossi senza Valutazione d’incidenza ambientale?») sono dubbiosi. Il secondo, che dopo anni in affitto nella villa principale («Mi mette tristezza, sto meglio nella mia corte contadina a San Giovanni Lupatoto») ha comprato parte dei terreni e degli edifici dalla sorella dei Guarienti, Emanuela (anche qui carte bollate e cause ancora aperte) assicura per bocca dell’architetto Piero Vantini: «L’area era priva di fognature, acquedotto, servizi che andavano portati. Saremo rispettosi. Come ci viene chiesto e come vogliamo per primi noi. Sei camere con bagno, un piccolo ristorante per venti persone, due tensostrutture balneari a vela, quanto basta per un servizio di alta qualità. L’unica “aggiunta” sarà un pontile di 22 metri carico-scarico per gli ospiti. Non un centimetro cubico in più. E ripristino dell’uliveto». 

Dilemma

La soprintendenza, a questi patti, ha detto sì. Il sindaco Davide Bendinelli anche. E così, giorni fa, il Tar. Restano le ostilità, oltre che dei conti che stanno lì da mezzo millennio, di vari ambientalisti: «San Vigilio non ha solo un valore paesaggistico ma storico. Se ne cambi la destinazione d’uso facendone un albergo come si tende a fare con tutti gli edifici sul lago stravolgi la sua storia», accusa l’avvocato Lorenza Ragnolini, «Ogni pietra potrà pure restare uguale ma la sua storia? La sua poesia?».

18 aprile 2024 ( modifica il 18 aprile 2024 | 09:01)