Charlie Munger, una vita fra investimenti e cultura
Il miliardario, deceduto a 99 anni, ha creato un impero con Warren Buffett e per tutta la vita ha dedicato tempo ed energie allo studio
I punti chiave
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«Trascorri ogni giorno cercando di essere un po’ più saggio di quanto eri quando ti sei svegliato. Giorno dopo giorno, e alla fine, se vivi abbastanza a lungo, come la maggior parte delle persone, otterrai dalla vita ciò che meriti». Charlie Munger, morto all’età di 99 anni, era convinto che il primo investimento da fare nella vita fosse quello su se stessi. Il miliardario, co-fondatore e vice presidente della Berkshire Hathaway di Warren Buffett dal 1978, aveva ben presente il valore della propria formazione e della capacità di rimanere curiosi verso il mondo. Di sè diceva: «In tutta la mia vita, non ho conosciuto persone sagge (in un’accezione ampia del termine) che non abbiano sempre letto - nessuno, zero. Sareste stupiti di quanto Warren (Buffett, ndr) legge e di quanto lo faccio io. I miei figli ridono di me: pensano che io sia un libro con un paio di gambe».
Un’amicizia di giovinezza
Charlie Munger e Warren Buffett hanno un esordio professionale comune: entrambi in adolescenza hanno lavorato presso la Buffett & Son, un negozio di alimentari di proprietà del nonno di Warren Buffett. A distanza però di qualche anno, dal momento che Charlie aveva sette anni in più di Warren, e quindi non si incontrarono. Le loro vite si incrociano quando hanno rispettivamente 36 e 29 anni. In quell’occasione Buffett rimase colpito da tre caratteristiche di Munger: la chiarezza del suo pensiero, la voglia di vincere, ma soprattutto il fatto che fosse una persona in grado di ridere così tanto alle proprie battute. Cosa che Buffett reputava da vincente.
Fu così che gli disse: «Perché fai l’avvocato, che è un lausy business?» e gli offrì di unirsi a lui negli investimenti finanziari.
L’avventura in Berkshire Hathaway
Munger, che avrebbe compiuto 100 anni il prossimo gennaio, è stato per una vita il braccio destro del guru della finanza, Warren Buffett, e ha contribuito a trasformare Berkshire Hathaway da un produttore tessile in fallimento del New England in un colosso degli investimenti, che ha una valutazione di Borsa di 785 miliardi di dollari. Poco noto e sempre nell’ombra, tanto che la stampa anglosassone lo ha definito “abominable no-man” (abominevole nessuno), è da considerarsi molto più del numero due dell’azienda. Lo stesso Buffett ha sempre riconosciuto il ruolo del suo sodale, definendolo come l’ideatore dell’approccio di investimento di Berkshire Hathaway: «La strategia che mi ha dato era semplice: dimentica quello che sai sull’acquisto di attività giuste a prezzi meravigliosi; acquista invece attività meravigliose a prezzi equi», scrisse il miliardario in una delle sue famose lettere annuali agli investitori, concludendo: «Lui era l’architetto e io ero il general contractor».
Il sodalizio fra i due, durato più di 50 anni, ha dato vita a uno dei più grandi e profittevoli conglomerati americani (nel 2022 contava 372mila dipendenti), che conta nel proprio portafoglio il colosso assicurativo Geico e la compagnia ferroviaria Burlington Northern Santa Fe e partecipazioni in Coca-Cola, American Express, IBM, Wells Fargo e altri colossi aziendali.
Un colto che gestisce capitali
«L’invidia è un peccato davvero stupido, perché è l’unico con cui non potresti mai divertirti» era una delle sue massime, che probabilmente esercitava quotidianamente, perché se è vero che era miliardario (Forbes stimava la sua ricchezza a 2,6 miliardi di dollari) è pur vero che Warren Buffett lo è molto di più, con il suo patrimonio da 120,5 miliardi di dollari, sempre secondo Forbes.
La ricchezza vera per lui, come si diceva all’inizio, era lo studio, il lavoro su se stesso e sulla consapevolezza del vivere. Di lui il proprietario della libreria di Omaha dice che era un appassionato di sociologia e psicologia, tanto che il volume preferito era “Deep Simplicity: Bringing Order To Chaos And Complexity” di John R. Gribbin. E se Warren Buffett si diverte a leggere bilanci, per lui era un diletto leggere gli studi di Charles Robert Darwin.