Art. 1457 - Codice Civile - Termine essenziale per una delle parti

Art. 1457 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Termine essenziale per una delle parti

Articolo 1457 - codice civile

Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse (1174, 1322 , 1379, 1464) dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni (1184, 1326).
In mancanza, il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione (1456, 1901).

Articolo 1457 - Codice Civile

Se il termine fissato per la prestazione di una delle parti deve considerarsi essenziale nell’interesse (1174, 1322 , 1379, 1464) dell’altra, questa, salvo patto o uso contrario, se vuole esigerne l’esecuzione nonostante la scadenza del termine, deve darne notizia all’altra parte entro tre giorni (1184, 1326).
In mancanza, il contratto s’intende risoluto di diritto anche se non è stata espressamente pattuita la risoluzione (1456, 1901).

Massime

L’accertamento in ordine alla essenzialità del termine per l’adempimento, ex art. 1457 c.c., è riservato al giudice di merito e va condotto alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto, di modo che risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di ritenere perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine medesimo, che non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre”, riferita al tempo di esecuzione della prestazione, se non emerga, dall’oggetto del negozio o da specifiche indicazioni delle parti, che queste hanno inteso considerare perduta, decorso quel lasso di tempo, l’utilità prefissatasi. Cass. civ., sez. , III 15 luglio 2016, n. 14426

Il termine per l’inadempimento indicato nel contratto deve ritenersi essenziale quando la sua improrogabilità risulti dalle espressioni adoperate dai contraenti anche senza l’uso di formule sacramentali ovvero dalla natura e dall’oggetto del contratto, la cui utilità economica avuta presente dai contraenti sarebbe perduta per effetto dell’inutile decorso del termine pattuito. Cass. civ., sez. , II 29 agosto 1997, n. 8233

Il termine contrattuale di adempimento, ove non debba considerarsi essenziale, obiettivamente, per la particolare natura della prestazione, può ritenersi tale esclusivamente in relazione alla comune volontà manifestata dalle parti, sia pure con formule non sacramentali, al momento della conclusione del contratto, la quale può essere ricostruita anche attraverso il loro comportamento posteriore, da valutare però complessivamente, e non in riferimento alla sola parte che sostenga l’essenzialità del termine entro cui la prestazione le era dovuta, senza tener conto del comportamento dell’altra parte, e sempre che l’inutile decorso di esso comporti la perdita, almeno per uno dei contraenti, dell’utilità economica del contratto. Cass. civ. sez. II 21 agosto 1985, n. 4451

Il termine per adempiere, la cui scadenza non sia con rigore determinata o che abbia carattere puramente indicativo, non riveste gli estremi dell’essenzialità, in senso tecnico, tale cioè da implicare, se non osservato, la risoluzione ipso iure del contratto ai sensi dell’art. 1457 c.c. e sebbene sia configurabile, pure in difetto di una qualificazione espressa in contratto, una essenzialità tacita in presenza di elementi i quali facciano ritenere che senza la stretta osservanza del termine le parti non sarebbero addivenute alla conclusione del contratto stesso, essa deve tuttavia essere insita nel contratto, non potendosi a tali effetti valorizzare ex post comportamenti di una delle parti. Tale essenzialità può anche risultare, oltre che dalla volontà espressa dalle parti, anche dalla natura del contratto, quando l’utilità economica tenuta presente nella stipulazione del contratto possa andare perduta con l’inutile decorso del termine, ma l’indagine su tali requisiti si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito insindacabile in sede di legittimità se congruamente e giuridicamente motivata. Cass. civ. sez. I 6 giugno 1983, n. 3823

In tema di contratto preliminare di compravendita, il termine stabilito per la stipulazione del contratto definitivo non costituisce normalmente un termine essenziale, il cui mancato rispetto legittima la dichiarazione di scioglimento del contratto. Tale termine può ritenersi essenziale, ai sensi dell’art. 1457 c.c., solo quando, all’esito di indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, da condursi alla stregua delle espressioni adoperate dai contraenti e, soprattutto, della natura e dell’oggetto del contratto (e, quindi, insidacabile in sede di legittimità se logicamente ed adeguatamente motivata in relazione a siffatti criteri), risulti inequivocabilmente la volontà delle parti di considerare ormai perduta l’utilità economica del contratto con l’inutile decorso del termine. Cass. civ. sez. II 16 febbraio 2007, n. 3645

In tema di risoluzione contrattuale ed in ipotesi di contratto preliminare, anche quando l’accordo negoziale preveda un termine specifico per l’adempimento, esso non è da intendersi di carattere essenziale ogni qualvolta il ritardo, anche di alcuni mesi, non faccia venire meno l’interesse alla conclusione dell’affare. Cass. civ. sez. II 27 ottobre 2003, n. 16096

L’essenzialità del termine apposto ad un contratto preliminare di compravendita per la stipulazione del contratto definitivo ed il pagamento del saldo del prezzo comporta, in caso di colposa inosservanza del detto termine, la risoluzione di diritto del preliminare, a norma dell’art. 1457 c.c., prescindendo dall’indagine sull’importanza dell’inadempimento, salvo rinuncia anche implicita da parte del creditore, dopo la scadenza del termine, all’essenzialità dello stesso. Cass. civ. sez. II 22 luglio 1993, n. 8195 

Il requisito della colpa, nell’ipotesi di mancata osservanza del termine essenziale, non opera come elemento costitutivo della fattispecie risolutiva del contratto, ma solo come elemento eventualmente impeditivo, nel senso che nell’ipotesi di adempimento che richiede la cooperazione di entrambi i contraenti, sorge a carico di chi si oppone alla risoluzione del contratto, nonostante la scadenza del termine, l’onere di dimostrare che soltanto per effetto del comportamento della controparte, contrario a buona fede, l’adempimento non fu possibile. Cass. civ. sez. II 30 gennaio 1992, n. 1020

Nell’ipotesi di inosservanza del termine essenziale, costituisce impedimento alla risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1457 c.c., il comportamento contrario a buona fede della controparte quando per l’adempimento si richieda la cooperazione di entrambi i contraenti. Cass. civ. sez. II 14 marzo 1986, n. 1742

Qualora sia stato fissato un termine essenziale per l’esecuzione di un contratto, l’inosservanza del termine produce la risoluzione di diritto del contratto a norma dell’art. 1457 c.c., senza che sia necessaria la preventiva intimazione della diffida ad adempiere. Cass. civ. sez. III 12 maggio 1972, n. 1436

In materia negoziale l’effetto più rilevante del carattere essenziale di un termine è quello di non rendere possibile l’esecuzione tardiva (art. 1457 c.c.); nel caso di inosservanza di termine non essenziale l’inadempiente potrà evitare la condanna al risarcimento solo fornendo la prova che il ritardo è stato dovuto a causa a lui non imputabile (art. 1218 c.c.). Cass. civ. sez. I 10 novembre 1971, n. 3194

Pur in presenza dell’inutile decorso di un termine essenziale, è sempre necessaria la domanda di parte affinché possa pronunciarsi la risoluzione di un contratto. Invero l’espressione “di diritto” usata in proposito dalla norma dell’art. 1457, secondo comma c.c., significa soltanto che la pronunzia giudiziale relativa ha carattere meramente dichiarativo della risoluzione stessa e che, quindi, i suoi effetti rimontano al tempo, in cui si è verificato l’evento, e non già che a tale pronuncia il giudice possa provvedere d’ufficio. Cass. civ. sez. III 31 maggio 1971, n. 1637

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