After Earth, recensione del film di M. Night Shyamalan

After Earth, recensione del film di M. Night Shyamalan

Will e Jaden Smith di nuovo insieme per il blockbuster di fantascienza firmato M. Night Shyamalan, la nostra recensione.

After Earth, recensione del film di M. Night Shyamalan
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In questo 2013 davvero ricco di interessanti proposte fantascientifiche merita particolare attenzione il caso del qui recensito After Earth: un titolo che vede alla regia il singolare M. Night Shyamalan e per protagonisti un'accoppiata padre-figlio molto distintiva, ovvero quella formata dal celebre Will Smith e da suo figlio Jaden.
Li accomuna, possiamo dirlo, l'essere grandi talenti in attesa di riconferma, dopo alcuni passi falsi. Shyamalan, una delle più grandi promesse di inizio secolo, dopo aver (piacevolmente) sorpreso con titoli come Il sesto senso e Unbreakable - Il predestinato ha spesso spaccato il giudizio di pubblico e critica (Lady in the Water ne è un esempio) o lasciato l'amaro in bocca con opere non certo da buttare ma piuttosto inconsistenti nonostante la ricercatezza formale (L'ultimo dominatore dell'aria).
Smith, invece, ha sempre dimostrato una straordinaria capacità di 'bucare' letteralmente lo schermo, come un redivivo Eddie Murphy capace di essere anche molto 'fisico' e portare al successo di botteghino quasi tutti i film in cui presta servizio. C'è da dire, comunque, che il talento è risultato spesso sprecato o male indirizzato dopo Bad Boys II (e stiamo parlando di dieci anni fa!), con progetti accolti tiepidamente dalla critica. Tant'è vero che dopo il bizzarro Hancock ci sono voluti quattro anni per rivederlo al cinema, in un mediocre seguito della saga di Men in Black. A distanza di un anno, l'occasione si ripresenta con un action sci-fi piuttosto ordinario ma con qualche caratteristica peculiare, soprattutto nelle accentuate dinamiche padre-figlio.

1000 anni...

Lentamente ma inesorabilmente, la razza umana ha finito per rovinare irrimediabilmente l'ecosistema del pianeta Terra, senza avere altra scelta che abbandonare questo mondo in cerca di nuovi lidi abitabili. Mille anni dopo la prima migrazione spaziale, il nostro pianeta è ancora considerato in quarantena e, oramai abbandonato a se stesso, ha sviluppato nuove forme di vita sconosciute all'umanità, totalmente disinteressata alla sua patria natia.
La vita dunque ricomincia su Nova Prime, dove gli umani hanno instaurato una nuova civiltà più saggia e accorta: l'estinzione, tuttavia, non è scongiurata, anche a causa del conflitto che da quasi 900 anni infuria con l'ostile razza aliena degli Skrel, decisa a reclamare Nova come propria con ogni mezzo, tra cui l'utilizzo massiccio di una specie di creature predatrici apparentemente inarrestabili: gli Ursa. Instancabili cacciatori, gli Ursa fiutano letteralmente la paura degli uomini, braccandoli fino a scovarli e ucciderli brutalmente. Solo i più forti e coraggiosi ufficiali del Corpo dei Ranger sono in grado di controllare la propria paura, “schermandosi” così agli Ursa e divenendo praticamente invisibili a queste bestie, potendole così uccidere con relativa facilità.
Il più celebre ed eroico fra i ranger è il Generale Cypher Raige (Will Smith), le cui abilità di ghosting sono leggendarie. Di ritorno dalle zone di guerra, Cypher torna a casa per ritrovare il figlio Kitai (Jaden Smith) ormai cresciuto e desideroso di affermare le proprie potenzialità agli occhi del padre, che lo porterà con sé per una missione esplorativa di routine, sotto consiglio dell'amabile moglie Fia (Sophie Okonedo). Ma qualcosa andrà storto e i due si ritroveranno sulla Terra, da soli e in condizioni precarie, a cercare un modo per tornare a casa sani e salvi...

Una sera, a casa del Principe di Bel Air...

Smith padre racconta di come una sera, mentre guardava la tv insieme al figlio, abbiano cominciato a parlare di quanto volessero tornare a lavorare “insieme” come ai tempi de La ricerca della felicità (2006) e, ispirati dai reality televisivi, abbiano cominciato a fantasticare di un avventuroso film on the road con un padre e un figlio che tentano di sopravvivere dopo un incidente automobilistico in Alaska. Da cosa nasce cosa e Smith ha convinto a collaborare non solo Shyamalan ma anche Gary Whitta, noto fra le altre cose per il singolare post-apocalittico Codice Genesi (The book of Eli) di Albert ed Allen Hughes.
La storia si evolve e cambia così ambientazione, diventando di genere fantascientifico. Dai numerosi brainstorming con tanti sceneggiatori (tra cui il noto Peter David) esce fuori un trattamento di ben trecento pagine sugli antefatti e il setting della storia, che narra della nuova civiltà umana, della vita nello spazio, dei Ranger, degli Skrel, degli Ursa. Tanto di quel materiale da porre le basi per una nuova mitologia fantascientifica, da esplorare in chissà quanti film, ma che a conti fatti in After Earth manca quasi totalmente, tanta l'enfasi posta sulla disavventura terrestre della famiglia Raige. Un peccato, si direbbe, dato che gli antefatti avrebbero sicuramente stimolato gli spettatori a saperne di più... quando invece il tutto è solo sbrigativamente accennato e ancor più in fretta liquidato, in favore di tutt'altro. Ma andiamo per gradi.

Danger is real...

Come si nota già dal trailer, il film narra, per la maggior parte del tempo, di tre cose: la disperata missione di Kitai, dalla quale dipende il destino suo e del padre; il difficile rapporto, per l'appunto, con lo stesso Cypher; la maturazione interiore del ragazzo, che avviene sul campo confrontandosi con le asperità di un compito forse troppo gravoso per un ragazzino sì dotato, ma anche molto incosciente.
Qui sta il nocciolo della questione: di avventurosi romanzi di formazione fantasy o sci-fi ne abbiamo già vissuti, indirettamente, a dozzine, e quindi per interessarci ad una pellicola simile dovremmo avere davanti ai nostri occhi prospettive nuove, paesaggi e creature (in)credibili, bei personaggi con cui relazionarci -in maniera virtuale- se non, anzi, entrare in empatia. Tutto ciò, nella pellicola di Shyamalan, è praticamente assente. Il regista mantiene un certo gusto estetico e certi sguardi significativi dentro e fuori i personaggi, ma l'immedesimazione dello spettatore è praticamente nulla. Solo recentemente Tom Cruise ha solcato una Terra desolata e abbandonata a se stessa in Oblivion, lasciando relativamente freddi gli spettatori che lo accompagnavano: e ancora vividi nelle menti degli spettatori sono le meraviglie paesaggistiche dell'Avatar cameroniano. La Terra di After Earth è una sorta di ibrido fra queste due visioni, ma il sense of wonder non abita più qui: anzi, Kitai in più punti sembra solo l'ennesimo 'tributo' di una edizione qualunque degli Hunger Games, dato come si aggira, con mezzi di fortuna, in mezzo a rigogliose foreste piene di insidie. In questo non aiutano neanche scenografie ed effetti speciali, che per quanto ricercati non stupiscono mai e, anzi, a volte sembrano un po' troppo artificiali. E il tutto tralasciando una certa faciloneria con cui sono trattate le creature selvagge, l'aquila gigante in primis.

... fear is a choice

Ma dell'aspetto visivo (nonostante quanto visto in trailer e clip lasciasse presagire decisamente meglio) ci importa solo relativamente: se il cuore delle vicende, ovvero il rapporto padre/figlio più volte precedentemente accennato, fosse ben narrato, sorvoleremmo su tutto - o quasi.
Ma il fatto è che la sceneggiatura, nonostante tutto il setting meticoloso di cui parlavamo prima, è praticamente inesistente. Padre e figlio si ritrovano soli, in ambiente ostile. Il piccolo è costretto a farsi cento chilometri di giungla per ritrovare un segnalatore, aiutato via radio dal genitore, mettendo a frutto e spingendo fino al limite (e possibilmente superando) le proprie possibilità. Ma, in sostanza, non succede nulla per 100 minuti, a parte quello che ci si aspetta fin dall'inizio. Non un colpo di scena, un guizzo, un'intuizione: solo un noioso enduring test con level up finale, come fosse una side quest di un TPS qualunque (in cui praticamente non si spara, a voler essere pignoli) e non un blockbuster pieno di grandi nomi.
After Earth è palesemente un film cucito addosso a Jaden Smith dal padre per fornirgli l'ennesima possibilità di farsi conoscere dal grande pubblico: il problema è che, per quanto talentuoso, il ragazzo non ha mai suscitato le simpatie del pubblico come il caro Will, e in un film che si basa sull'empatizzare col protagonista questo è un problema fondamentale, che tarpa le ali al progetto fin da subito. E non aiuta il fatto che lo stesso Smith padre si veda poco e male, auto-ingabbiatosi in un personaggio duro, freddo, che rasenta la macchietta (soprattutto se interpretato da uno come lui) e il cui tanto sbandierato rapporto di crescita col figlio si riduce ad un training militare a metà fra il bushido e gli insegnamenti di Scientology. Si è fatto un gran parlare, nei giorni scorsi, proprio dell'influenza delle tematiche Hubbardiane -delle quali Smith è un aperto simpatizzante- sul film, e per quanto possa sembrare strano e vagamente complottista esse si sposano effettivamente alla perfezione con il credo dei Ranger. Coincidenza? Può darsi. Anche se la famosa scena con Kitai che focalizza il proprio "io" interiore in ginocchio, con il vulcano sullo sfondo, non può che favorire qualche dubbio in proposito...

After Earth Shyamalan colleziona un nuovo buco nell'acqua, forse anche più grave dei precedenti. Un regista che in passato ha dimostrato di sapersi imporre con storie di grande impatto e ancor più grande presa sembra oramai completamente allo sbando, alla mercé di un sistema hollywoodiano che costruisce (male) film sugli attori piuttosto di voler raccontare davvero qualcosa di epico. After Earth non è un brutto film: è “solo” noioso, stucchevole, già visto, poco ispirato. Ma i fan degli Smith e delle avventure sconfinate potrebbero trovarlo comunque gradevole.

5

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