Paolo Sorrentino, la classifica: tutti i film dal peggiore al migliore

Paolo Sorrentino, la classifica: tutti i film dal peggiore al migliore

Oggi, mercoledì 31 maggio, Paolo Sorrentino spegne cinquantatré candeline. Nel corso di questi anni, dall’inizio del nuovo millennio, il regista premio Oscar ha stregato il pubblico cinefilo con i suoi nove film. Abbiamo deciso di fargli gli auguri con la classifica dal peggiore al migliore di questi.
Paolo Sorrentino, la classifica: tutti i film dal peggiore al migliore

Come passa veloce il tempo. Soprattutto quando non c’è spazio per la noia. Esistono artisti che non annoiano mai e questo vale anche per il cinema. Paolo Sorrentino è sicuramente tra questi, che oggi festeggia i suoi cinquantatré anni. Dai primi anni duemila, il regista napoletano è indubbiamente uno dei cineasti più incisivi dell’attuale panorama italiano e non. La scomparsa dei genitori a soli sedici anni, l’amore per la sua squadra del cuore e della città in cui è nato, insieme alla scontata passione che accomuna anche noi per il cinema, sono stati il motore creativo che lo hanno portato fino al tetto del mondo.

Potenti, metaforici e per certi versi irriverenti, nei suoi film Sorrentino è sempre riuscito a spaziare e a colorare in modo differente le sue opere, intrise di dramma, amore, black humor, con dinamiche familiari, politiche e grottesche. Al centro di ogni progetto c’è l’umano. Il regista ha sempre scritto personaggi tremendamente reali, alcuni davvero esistiti mentre altri no, sviscerando e dissotterrandone le ansie, la paure, le gioie e la nostra meravigliosa imperfezione. Abbiamo deciso di augurargli buon compleanno con la nostra classifica dei suoi film, da quello peggiore a quello migliore. Forse non il miglior regalo.

9. Paolo Sorrentino è… L’amico di famiglia

I personaggi de L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino
I personaggi de L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino

Siamo a Sabaudia. Geremia de’ Geremei ha una sartoria con cui copre la sua principale attività di usuraio, insieme ai suoi due fratelli scagnozzi e a Gino, un leale informatore veneto affascinato dall’immaginario western. Il protagonista è soprannominato “Cuoredoro” ed ha la passione per il denaro, i cioccolatini e le donne. L’arrivo di un cliente, intenzionato a farsi prestare dei soldi per garantire un matrimonio dignitoso alla figlia, porterà ad un finale inaspettato.

Paolo Sorrentino mette sul tavolo narrativo il denaro che porta all’avidità fino a rendere ciechi, la fiducia che si trasforma in sfiducia e la passione che porta alla solitudine. Tutto diventa niente. Un film sporco, ricco, cinico e ironico nei contenuti, che rispecchiano il protagonista del racconto. La solitudine è la coprotagonista del lungometraggio, così come lo era stata nei primi suoi due film precedenti, L’uomo in più e Le conseguenze dell’amore. Questi, insieme a L’amico di famiglia del 2006, sembrano chiudere una trilogia, nonostante un po’ tutti i personaggi del regista napoletano siano uomini estremamente soli.

8. This Must Be the Place

Sean Penn in This Must Be the Place
Sean Penn in This Must Be the Place

Cheyenne è una rockstar cinquantenne, che si è ritirata fin troppo presto dal panorama musicale, dopo il suicidio di due fan, e che ora soffre di depressione. Il protagonista, (Sean Penn), vive nella sua villa a Dublino, ma decide di intraprendere un viaggio verso l’ America per rincontrare suo padre in punto di morte, con cui aveva però chiuso i rapporti. Non essendo arrivato in tempo a destinazione, decide di cercare il soldato nazista che aveva umiliato il defunto padre durante la guerra.

This Must Be the Place, del 2011, è un road movie. Non solo per il viaggio verso gli Stati Uniti, ma anche per il percorso che Cheyenne intraprende in se stesso. Lui è solo, sembra vuoto, un po’ coma la piscina della sua enorme villa che, abitata da lui soltanto, la rende ancora più grande. Ormai al suo quinto film, eravamo già tutti a conoscenza delle grandi doti registiche di Sorrentino, che riesce ad arricchire la trama del racconto con le scelte compositive delle inquadrature e una splendida costruzione dell’immagine.

7. Paolo Sorrentino è… L’uomo in più

Toni Servillo in L'uomo in più di Paolo Sorrentino
Toni Servillo in L’uomo in più di Paolo Sorrentino

Nel 2001esce il primo dei nove lungometraggi di Paolo Sorrentino. L’uomo in più parla di due persone che condividono lo stesso nome e gli stessi problemi. Antonio Pisapia è un calciatore la cui carriera è terminata da un brutto incidente in allenamento, mentre Tony Pisapia è un celebre cantante ormai eclissato dalle sue stesse dipendenze e dai problemi con la giustizia.

Ma chi è quest’uomo in più? È una persona esistente? Forse è Antonio per l’altro Antonio? O magari è l’invenzione tattica del calciatore protagonista? Potrebbe essere chiunque abbia fatto il tifo per loro ed ora li ha lasciati nel cassetto dei ricordi, ma in questo caso il titolo sarebbe stato “L’uomo in meno”. Non lo sapremo mai. Solitudine e malinconia corrono all’unisono, in una Napoli anni ’80 priva dei suoi mille colori, ma spettrale e senza di vita. Con questo film, il regista inizia la sua ricca e lunga collaborazione con l’attore Toni Servillo, con cui formerà uno dei binomi più forti del cinema italiano postmoderno.

6. Youth – La giovinezza

Fred e Mick in Youth
Fred e Mick in Youth

Che cos’è la giovinezza? Per molti, è quella fase della vita compresa tra l’adolescenza e la maturità. Quando non si sogna più ad occhi aperti, ma durante la notte ci è ancora concesso farlo, prima di abbondonarci ai ricordi. Nel 2015, Youth – La giovinezza racconta la vacanza sulle Alpi svizzere di Fred e Mick, due amici di vecchia data. Il primo ex direttore d’orchestra, il secondo regista ancora in attività, i due contemplano il futuro attraverso gli occhi dei propri figli e degli ospiti dell’albergo, ma in modo diverso: uno con apatia e continui rimpianti, l’altro con la gioia di vivere.

Al centro del film c’è la motrice volontà di ritrovare la giovinezza. Più questa si cerca, pensando di poterla afferrare, più in realtà si allontana, ma la voglia di vivere può ripresentarsi quando meno la si aspetta, magari con l’arte. Sorrentino abbraccia ancora una volta l’eccesso visivo ed estetico delle sue riprese, attraendo verso esse al di là del reale significato di queste. Come la scena in cui l’ex dio del calcio Maradona, ormai obeso, palleggia con destrezza una pallina da tennis, forse rifiutando il suo inevitabile ed evidente cambiamento psicofisico e non accettando di abbandonarsi alla memoria di quegli anni ormai andati.

5. Loro (1 e 2)

Toni Servillo in Loro di Paolo Sorrentino
Toni Servillo in Loro di Paolo Sorrentino

Loro è il film del 2018 di Paolo Sorrentino che racconta la vita di Silvio Berlusconi. Diviso in due parti, il film è stato braccato dalla cara, vecchia e intramontabile censura, con alcune scene eliminate dal montaggio finale. La narrazione parte con Sergio Morra (Scamarcio) che corrompe politici con delle escort per ottenere gli appalti. Il giovane imprenditore tarantino è ossessionato da “Lui”, come tutti, che per quasi metà film non viene mostrato, ma di cui si intuisce l’identità senza troppi sforzi. 

Allora chi sono “Loro”? I politici? Persone irraggiungibili? Il lungometraggio mostra verosimilmente sia il lato più umano di Berlusconi (Servillo), soprattutto nel rapporto con la moglie Veronica, che il circo fatto di donne, corruzione e infinita ironia di uno dei più grossi imprenditori e politici italiani della Seconda Repubblica. Avvicinarsi a lui è come avvicinarsi al sole. Morra lo sa bene. Forse è lui la pecora che muore di freddo all’interno della villa in Sardegna. Al regista piacciono molto queste analogie, come quella dell’immondizia, o il ritrovamento della statua di Gesù all’Aquila. A tal proposito, dopo i titoli di coda, vengono mostrati i volontari dediti alla ricostruzione del capoluogo terremotato con il Cristo alle loro spalle… se fossero proprio “Loro” a donarci un po’ di speranza?

4. Le conseguenze dell’amore

Toni Servillo è Titta di Girolamo ne Le conseguenze dell'amore
Toni Servillo è Titta di Girolamo ne Le conseguenze dell’amore

Quando Titta di Girolamo fallisce una trattativa finanziaria per conto della mafia, questa lo reclude all’interno di un hotel svizzero, a Lugano. Passa otto anni confinato nelle mura di quella struttura, lontano dai suoi tre figli e dalla moglie con cui è ormai separato da dieci anni. Il personaggio interpretato con convinzione da Servillo, nella seconda collaborazione con Sorrentino, soffre d’insonnia e assume eroina con regolarità, una sola volta alla settimana, per poi concedersi un costoso trattamento di lavaggio sanguineo una volta l’anno.

Le conseguenze dell’amore, vincitore al David di Donatello, non è romantico. Nel film del 2004, l’amore è solo uno strumento per ricordare a Titta che la vita non è realmente finita. Lui passa le sue giornate nel bar dell’albergo, seduto al solito posto, senza parlare. Impassibile e forse invisibile, il protagonista osserva il mondo dalla finestra e la barista al di là del bancone, che si sforza di ignorare, nonostante rappresenti il suo unico battito cardiaco. Quando la malinconia lo attanaglia, Titta ricorda il suo unico amico Dino Giuffré, lasciandosi avvolgere dal fumo delle sue sigarette, visibile ma inafferrabile, un po’ come la nostalgia che lo assale.

3. Paolo Sorrentino è… Il divo

Giulio Andreotti ne Il divo di Paolo Sorrentino
Giulio Andreotti ne Il divo di Paolo Sorrentino

La vita e i segreti del senatore a vita Giulio Andreotti, protagonista per decenni della politica italiana, valgono la medaglia di bronzo in questa classifica. Il titolo del film del 2008, Il divo, si riferisce al soprannome che il giornalista Mino Pecorelli affibbiò allo statista. La trama ripercorre le dinamiche della politica italiana nei primi anni ’90, dal suo settimo governo a capo della Democrazia Cristiana fino al processo per i suoi presunti rapporti la mafia, aggiudicandosi il premio della giuria a Cannes.

Il lungometraggio è molto più che un semplice film biografico. È un film sul potere e sul lato oscuro di un’Italia appena figlia degli anni di piombo. Proprio così, il potere è la vera protagonista della narrazione. Calcolatore e menzognero, l’Andreotti sorrentiniano, interpretato in modo impeccabile da Toni Servillo, è insondabile, impassibile e caratterizzato da un’astuzia impareggiabile. La (non) verità è solo un mezzo di potere. Come il protagonista dice nel suo iconico monologo, quando la stanza è buia e una luce quasi sovrannaturale lo illumina, il male serve a raggiungere il bene. È divinizzato. Al regista piace giocare con simbologie per rappresentare le antitesi andreottiane: il bianco del gatto persiano e il nero dei suoi indumenti.

2. È stata la mano di Dio

Scena in barca di È stata la mano di Dio
Scena in barca di È stata la mano di Dio

Al secondo posto del podio, non poteva mancare il suo film autobiografico. È stata la mano di Dio, la sua ultima opera distribuita da Netflix e vincitrice al David di Donatello 2022, racconta la gioventù di Fabietto Schisa, alter ego di Paolo Sorrentino. Siamo negli anni ’80, a Napoli, e la vita del protagonista viene sconvolta da due eventi: la morte dei genitori e l’arrivo di Diego Armando Maradona in città. Il titolo si riferisce al suo essersi miracolosamente salvato dall’incidente che ha coinvolto il padre e la madre, poiché era allo stadio per vedere il campione argentino, e al goal che questo segnò ai mondiali ’86 contro l’Inghilterra.

Sorrentino decide di mettersi a nudo. Tutti i personaggi da lui scritti erano accomunati da un senso di solitudine, malinconia e rimpianti riflessi nella loro vita passata. Questo, invece, mette in scena la sua nostalgia… quella del regista, portando alla luce i sogni e le difficoltà di un ragazzo di diciassette anni, che come ogni adolescente, vede il futuro con incertezza. È stata la mano di Dio, del 2021, pur mantenendo un uso compulsivo delle figure retoriche tanto amate da Sorrentino, così come del grottesco, è un racconto molto più delicato. Parla della scoperta della passione per il cinema, che nel suo caso passa attraverso la pellicola di Sergio Leone, C’era una volta in America. Il regista riprende quei personaggi per i quali ha provato interesse durante l’infanzia, come l’emblematico munaciello.

1. La grande bellezza

Jep Gambardella ne La grande bellezza
Jep Gambardella ne La grande bellezza

And the winner is… La grande bellezza, il film del 2013 vincitore del premio Oscar al miglior film internazionale. Jep Gambardella (Servillo) è un giornalista e scrittore del romanzo giovanile, L’apparato umano. L’ormai sessantacinquenne nato in campania e trasferitosi da ragazzo a Roma frequenta la più alta movida capitolina. Tra le danze alle feste dei vip, il protagonista deve fare i conti con la propria solitudine capendo, nel giorno del suo compleanno, di non poter più fare quello che non gli va di fare. Cerca la grande bellezza per un suo secondo romanzo. La cerca nelle piccole cose, da presunte “opere d’arte” all’emozione nel vedere dei fanciulli correre.

Il film mette in scena “l’imbarazzo dello stare al mondo”, contrapponendo l’inafferrabile bellezza di Roma, che fa perdere i sensi ai suoi turisti, e l’animalesca superficialità umana, che corre su treni che “non vanno da nessuna parte”. Oltre a dar vita a delle spettacolari geometrie speculari con i suoi virtuosismi registici, Sorrentino concede alla narrazione anche una dimensione onirica, che riflette le angosce esistenziali dell’affascinante protagonista. Per ritrovare tanta bellezza, forse Jep deve trovare la sua isola felice… Un film sul decadimento umano, sullo sfondo della meravigliosa città eterna, forte come una mamma e vanitosa come una vecchia diva.

Una volta letta questa classifica, non ci resta che rinnovare gli auguri a Paolo Sorrentino. Chissà quali sono i suoi film preferiti. Se mai volesse dircelo, lo ascolteremmo volentieri.

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