Yannick Noah: “Io e Panatta, che bello attaccare. Ashe è il mio eroe, mi scoprì in Africa” - La Stampa

Yannick Noah è il primo tennista nero e l’ultimo francese ad aver vinto il Roland Garros. A 40 anni dall’impresa, oggi esce «1983», (Fandango Libri), il suo libro scritto con Antoine Benneteau.

Yannick ha due anni quando calca per la prima volta la terra natale di suo padre (...). «All’epoca abitavo nella savana in una casa senza acqua né elettricità. Andavamo a prendere l’acqua al fiume». Sua madre, professoressa di francese, a un certo punto ne ha abbastanza di fare avanti e indietro tra la casa e il centro città. Allora le viene un’idea. Le piacciono molto i bambini e decide di cambiare vita. I Noah disboscano il terreno attorno a casa loro, ci costruiscono due capanne e piantano un cartello con su scritto: “Scuola materna”. Oggi più di cinquecento bambini frequentano la scuola.

Yannick comincia a giocare a tennis laggiù, nel tennis-club di Yaounde. Ha 6, 7 anni e i suoi genitori non hanno abbastanza soldi per regalargli una racchetta. Comincia a giocare con un’asse, una palla di gomma che trova per terra e una rete fatta con delle sedie di plastica sul campo da bocce. E poi un giorno arriva Arthur Ashe.

Ognuno ha il suo eroe. Per Yann si tratta di Arthur. Il 5 giugno 1983, Yann vinceva il Roland-Garros. Il 6 febbraio 1993, quasi dieci anni dopo, il suo idolo moriva. Arthur Ashe ha 49 anni quando l’Aids, preso con una trasfusione di sangue, lo sconfigge. Arthur Ashe nasce il 10 luglio 1943 in un quartiere povero di Richmond, Virginia. Comincia a giocare a tennis all’eta di 8 anni. Per colpa del colore della sua pelle gli sono preclusi numerosi tornei, quando la sua carriera comincia, nel 1960. A partire dal 1968, l’era degli Open gli permette di conquistare le sue prime vittorie come tennista professionista. Termina la sua carriera nel 1980 per problemi cardiaci dopo aver vinto tre tornei del Grande Slam in singolare e due in doppio (...). Arthur Ashe arriva a Yaounde nel febbraio del 1971, con una tournée di esibizioni in Africa per promuovere il tennis. Al tempo ci sono solo una quindicina di campi in tutto il Camerun. Yann si ricorda di ciò che ha sentito quel giorno.

«Era la prima volta che vedevo un nero con un vestito davvero bianco. E veniva a giocare nel mio club! Non ci credevo. Anche Arthur era molto sorpreso di vedere un piccolo meticcio che giocava a tennis, perché effettivamente tutti i ragazzi che giocavano al tempo erano bianchi. Ero il piu piccolo dei partecipanti: gli altri dovevano avere 15, 16 anni, e io non ne avevo piu di 11. Quando arrivo in campo, sento che dice: ‘Ehi! Il piccolo, qui, bisogna farlo giocare!’. E visto che sapevo il fatto mio, appena colpisco la prima palla il pubblico comincia a urlare. Arthur era così felice: aveva scoperto un ragazzino in Africa! Alla fine dell’esibizione mi regala la sua racchetta!» . (...)

Ben presto Arthur Ashe chiama il suo amico Philippe Chatrier, allora presidente della Federazione francese di tennis, per dirgli che avrebbe dovuto occuparsi del piccolo Yannick Noah. E grazie a questa telefonata che Yann andrà al Centro di studi sportivi di Nizza (...). Se qualcuno avesse dovuto scrivere la sceneggiatura della loro storia, non si sarebbe potuto immaginare il seguito, ma la realtà ha superato l’immaginazione: Arthur e Yann hanno giocato insieme in doppio a Wimbledon, sul centrale, nel 1977, grazie a un invito ottenuto da Arthur. Quando Yannick ha vinto il suo primo titolo in Championship Series, l’equivalente di un ATP 250, è stato a Richmond, la città natale di Arthur Ashe. Fu lui stesso a consegnargli la coppa. Quando Yannick gioca la sua prima finale di Coppa Davis nel 1982, Arthur è il capitano della squadra degli Stati Uniti e si trova sulla panchina di fronte come coach di John McEnroe. Quando Yannick ha vinto il Roland-Garros nel 1983, Arthur Ashe, allora consulente per HBO, ha intervistato Yannick sul campo (...).

«Si vedeva già in campo, perché andavo a cercarmeli i punti, spesso sotto rete, era spettacolare. Uno scambio che dura quaranta palle è noioso. Anche se i colpi sono sempre più forti! Almeno con me gli scambi erano corti. Il pubblico si divertiva un po’. Questo stile di gioco non esiste piu. Credo di essere l’ultimo ad aver vinto il Roland alla volée. Prima di me uno che attaccava era Adriano Panatta, credo. Era divertente vedere i giocatori tuffarsi, fare dei lob, salire in controtempo. Prima di ogni punto non sapevi mai quello che sarebbe successo. Oggi è bum, bum, dieci centimetri dentro, dieci centimetri fuori. I ragazzi sono diventati molto molto forti, ma e una gran noia. È il gioco a essere noioso, non i ragazzi (...).

Il mio corpo ha sessantatre anni ma la mia testa… Tra qualche anno mi ritrovero con dei tubi nel corpo. Allora ne approfitto».