Women Talking – Il diritto di scegliere, la recensione: la precisione della scrittura per un film dirompente - Movieplayer.it

Women Talking – Il diritto di scegliere, la recensione: la precisione della scrittura per un film dirompente

La recensione di Women Talking - Il diritto di scegliere: quello di Sarah Polley è un film minuzioso, preciso, costruito sui volti e sulle parole di un formidabile gruppo di protagoniste. Dietro, la ricerca del futuro oltre l'orrore. Nel cast Rooney Mara, Claire Foy e Jessie Buckley.

Women Talking – Il diritto di scegliere, la recensione: la precisione della scrittura per un film dirompente

Un gruppo di donne, una stalla impiegata come palcoscenico (e pulpito), un referendum per capire come procedere all'interno di una parabola drammatica e umana. Women Talking - Il diritto di scegliere, scritto e diretto da Sarah Polley (finalmente tornata alla regia a dieci anni dall'ottimo Stories We Tell), è un film di dettagli, di rumori, di smorfie, di tonalità che emergono. Poco a poco, lente e inesorabili. Le scene confluiscono nella stessa direzione, mentre la macchina da presa della regista, sullo sfondo, tiene ben centrato l'orizzonte. C'è un motivo, stilistico quanto metaforico: oltre i confini che non esistono - il perimetro in cui è giostrata l'azione non ha di fatto nessun tipo di recinto visibile - c'è il punto focale dell'intero film, presentato in anteprima al Telluride Film Festival e tratto dal romanzo Donne che parlano, scritto da Miriam Toews, ed ispirato ad una storia vera avvenuta in una colonia Manitoba in Bolivia, nel 2011.

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Women Talking - Il diritto di scegliere: una scena

E la stessa poetica della scrittrice canadese è la chiave determinante di Women Talking: i suoi personaggi, ha dichiarato, sono ispirati da un senso di libertà. Il chiacchiericcio incessante, che indirizzerà poi la riunione che lega gli eventi, è il viatico iniziale che dovrebbe anticipare il viaggio delle protagoniste, portandole lontano dall'inferno. Necessariamente, e visti gli umori, Women Talking innalza il valore della parola da renderla imprescindibile nell'economia cinematografica, a tal punto da guadagnarsi le nomination più importanti agli Oscar 2023. Miglior film e Miglior sceneggiatura non originale. Del resto, è la parola che accomuna le donne di Sarah Polley, ed è la parola l'appiglio (l'unico) che hanno per combattere - con armi spuntate - la tirannia mascolina di una realtà grigiastra e stantia capace di togliere l'aria, stringendo un cappio già pronto ad irrigidirsi.

Combattere o fuggire?

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Women Talking - Il diritto di scegliere: Rooney Mara in una scena del film

Tra immagini tagliate sui volti delle protagoniste e dialoghi che si accendono come fosse una campagna elettorale in nome della fede e della paura, Women Talking ci porta nel 2010, in una colonia mennonita, isolata e non geolocalizzata. Un mondo nel mondo, che contiene al suo interno un ulteriore universo avvilito e livido. Chi sono i mennoniti? Una chiesa anabattista, costituita da quasi un milione di persone sparse nel mondo, fondata su una sorta di pacifismo che, però, rende alquanto complicata la condizione delle donne, ghettizzandole e costringendole all'analfabetismo e alla procreazione. Essendo legati al colonialismo, molte di queste colonie si trovano sulla East Coast degli Stati Uniti. Identiche a quella che ci mostra Sarah Polley nel film. Qui, un gruppo di donne (interpretate da  Rooney MaraClaire Foy, Jessie Buckley, Judith Ivey e Sheila McCarthy) si confrontano con una terribile e sconcertante situazione: scoprono che di notte gli uomini del villaggio le drogano per sottometterle e violentarle.

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Women Talking - Il diritto di scegliere: un'immagine

Viene loro detto che è il demonio a causare tutto questo, che i lividi e i denti rotti sono causati da esseri malvagi. La verità ovviamente è ben altra, pertanto si stringono in riunione per decidere cosa fare: restare e combattere, oppure fare i bagagli e andare via. Ad ascoltare le ragioni dei differenti punti di vista c'è August Epp (Ben Whishaw), l'unico uomo davvero focalizzato dalla regista. August, per la comunità, svolge il lavoro di insegnate, ed è lui a provare a plasmare nel giusto la fede dei ragazzi. Un uomo diverso, un barlume di fiducia, il metronomo che, silenziosamente, redime un rapporto da lasciare agli orchi del villaggio, non appena le donne, nel giro di ventiquattro ore, avranno tratto la scelta: combattere o fuggire?

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Il potere della scrittura

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Women Talking - Il diritto di scegliere: una scena del film

Perciò ecco la domanda che monta durante la visione, aprendo degli squarci ideologici, sociali, politici e religiosi, in quanto Women Talking - Il diritto di scegliere si basa ampiamente sul credo e sulla fede, reattiva e reazionaria in base alle emozioni indotte nei confronti delle protagoniste. Protagoniste che, di fatto, formano un blocco dissimile ma unico. La domanda in questione, che aleggia nel film, arriva dirompente: cosa faremmo noi al loro posto? Tradiremmo gli stilemi religiosi - in cui crediamo ciecamente - combattendo l'orrore con tutta la forza possibile, o saremmo disposti ad abbandonare la nostra casa, fuggendo senza più tornare? Una riflessione interessante, applicabile alle convenzioni sociali, alla cattiveria mascolina e, pure, ad un certo facile pacifismo, che si scontra con l'intoccabile individualità.

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Women Talking - Il diritto di scegliere: un'immagine del film

Chiaramente, all'interno del nucleo femminile ci sono diverse correnti di pensiero, dando al film di Sarah Polley ragione d'esistere: una sotto-divisione che altererà la percezione generale, mantenendo alta l'attenzione, e di conseguenza accrescendo il desiderio di libertà. Non c'è mai uno sguardo pietoso nei confronti delle donne, e anzi c'è un atmosfera velatamente combattiva e di diretta empatia, oltre ad un tacito umorismo che spezza la rigidità austera delle immagini esaltate dalla fotografia color seppia di Luc Montpellier. Se è la sceneggiatura il cuore del film, l'aspetto tecnico sincronizza e completa l'idea della regista. I costumi sono stati realizzati tramite vere stoffe mennonite, ed è la colonna sonora di Hildur Guðnadóttir (la stessa compositrice degli score di Joker e Tár) a tradurre le immagini in uno spartito vivido e palpitante, componendo una musica che accompagna il senso di speranza che percorre la spina dorsale del film. Perché, nonostante la costrizione, la violenza, l'orrore, l'orizzonte è proprio lì dietro, pronto ad accoglierci con le braccia aperte. L'importante è non perderlo mai vista.

Conclusioni

Concludendo la recensione di Women Talking - Il diritto di scegliere ci soffermiamo su quanto il film di Sarah Polley sia un'opera meravigliosamente costruita sul concetto di sceneggiatura (anche se non originale), applicata in modo preciso sui volti delle protagoniste. Il tono drammatico, via via, muta in qualcosa di meno quadrato, mettendo in scena una storia in cui la prospettiva del futuro diventa una scelta di vita o di morte.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • La sceneggiatura, che esalta la parola.
  • Le protagoniste.
  • La colonna sonora.
  • Il finale...

Cosa non va

  • ... ma il giro di opinioni che anticipa la scelta conclusiva può essere snervante e un filo ripetitivo.