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Scrivere il cinema

Loredana Magazzeni, 18 aprile 2024

Nonostante la presenza femminile nel cinema sia ancora sottodimensionata (si parla di Celluloid Ceiling negli USA, con l’80% di film diretti da uomini nel 2021 e di pay gender gap, con registe che guadagnano un terzo in meno dei registi), le donne crescono e esplorano nuove soggettività: “corpi non conformi, grassi, vecchi, non abili e usano vecchi generi, come l’horror, in modo nuovo. Ne parla il

di Loredana Magazzeni

Nel recente film Past lives di Celine Song, due amici d’infanzia, Nora Moon e Hae Sung, si incontrano solo due volte nell’arco di 24 anni, vivendo vite diverse, ma riescono a condividere il senso profondo di qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato. Il sentimento della nostalgia e del destino (in yon, in coreano) li percorre e solo chi ha lasciato un paese per un altro stato o continente può capire la ferita e il senso di ciò che ancora ti lega a un luogo e a una cultura a cui non appartieni più.

La trama, autobiografica, è ispirata a eventi reali della vita di Song, giovane regista sudcoreana residente negli Stati Uniti, alla sua prima prova cinematografica. Ho scelto questo esempio per parlare della novità e autenticità del cinema prodotto da donne, tema scelto come focus centrale del terzo Quaderno del Centro di documentazione internazionale Alma Sabatini, Il farsi mondo delle donne. Scrivere il cinema, curato da Laura Fortini, che si concentra sui linguaggi del cinema delle donne oggi nel mondo. La riflessione su che cosa significhi scrivere il cinema per le donne parte da un incontro, coordinato da Federica Fabbiani, avvenuto in rete (si trova sulla pagina Facebook di Archivia il 27 aprile 2023).

Nel primo Quaderno si partiva dalla domanda Dove batte la lingua oggi? e il secondo era incentrato su I linguaggi della scrittura. Il Centro Internazionale Alma Sabatini, fondato nel 1999, ha ripreso le sue attività dal 2020, con la presidenza di Maria Rosa Cutrufelli. Nato per proseguire l’opera di Sabatini, ha come obiettivo, oltre alla ricerca attorno al tema di una lingua non sessista, la documentazione e la promozione del pensiero e della cultura femminista.

Alla stesura di questo numero hanno partecipato scrittrici come Giulia Caminito, studiose di cinema come Federica Fabbiani, letterate femministe come laura Fortini, Maria Isabella Giovani e Emma Scaricamazza, registe come Maria Iovine, Wilma Labate, Nadia Pizzuti, autrici di teatro e direttrici di festival come Elena Rossi, sceneggiatrici e direttrici editoriali come Tiziana Traina, studentesse e rider come Alice Vannugli.

Il taglio intergenerazionale conferisce al Quaderno una vivacità intellettuale che dà il senso del passaggio di testimone avvenuto fra generazioni di studiose di femminismo e di critica femminista. Così, in apertura, Laura Fortini ricorda Bianca Pomeranzi, di cui si pubblica l’introduzione al libro, ancora inedito, sulla sua esperienza quarantennale di femminismo transnazionale vissuto attraverso il movimento e le Conferenze mondiali ONU, come membro della Commissione CEDAW per le Nazioni Unite. Pomeranzi riconosce ai movimenti delle donne e femministi l’aver opposto fin dall’inizio una “costante resistenza” contro il neoliberalismo. E di resistenza al “male gaze”, scrive Federica Fabbiani nel suo contributo, cui opporre uno “sguardo dissidente”, femminile e femminista, che trova spazio in luoghi non canonici come la tv e le serie televisive i quali, moltiplicando gli spazi di visione, danno finalmente voce “a comunità tradizionalmente invisibilizzate”.

Nonostante la presenza femminile nel cinema sia ancora sottodimensionata rispetto a quella maschile (si parla di Celluloid Ceiling negli USA, con l’80% di film diretti da uomini nel 2021 e di pay gender gap, con registe che guadagnano un terzo in meno dei registi), le donne si pongono il problema di dare visibilità a nuove soggettività: “corpi non conformi, grassi, vecchi, non abili”, usando i vecchi generi, come l’horror, in modo nuovo e generativo di domande.

Anche Maria Iovine conferma la necessità di utilizzare sia il racconto delle vite femminili e dei soggetti marginalizzati attraverso le biografie sia di raccogliere la preziosa eredità di una genealogia femminile personale e storica: «ci siamo poste il problema di dare voce alle ombre, di abitare la complessità anche delle nostre storie, di arrogarci il diritto di essere imperfette, di cadere, di avere delle contraddizioni».

Tiziana Triana affronta il tema del mostro: da sempre considerate il perturbante, creature “fragili, scomposte, poco intelligenti”, le donne hanno un rapporto consolidato col genere horror, cui concorrono attraversandone e modificandone forma e sostanza, portando uno sguardo divergente, capace di creare uno spostamento. Triana afferma che oggi il genere, reinterpretato dalle cineaste, è «terreno di riflessione sismico», in grado di rendere il genere stesso «uno dei campi di battaglia più vivi e divertenti», in cui ampio spazio viene dato alle «politiche del corpo, la violenza sulle donne, la maternità, l’elaborazione del lutto, il razzismo e sempre più spesso con donne davanti e dietro la macchina da presa».

Secondo Nadia Pizzuti, documentarista che ha dedicato tre lungometraggi a soggetti femminili autorevoli come la filosofa napoletana Angela Putino, a Lina Mangiacapre, “artista del femminismo” e alla partigiana Alba Meloni, è importante «rimettere in circolo il pensiero e l’esperienza di alcune femministe», ripartendo dalle maestre, fra cui Alice Guy (1873-1968), prima regista e produttrice di film comici, e Lea Giunchi, acrobata e ballerina circense, cui si deve il primo film femminista italiano, Lea e il gomitolo (1913).

A Elena Rossi si deve il contributo su Immaginaria, primo festival italiano di cinema lesbico, fondato a Bologna nel 1993 da Marina Genovese e Cristina Zanetti, festival che ha promosso la visibilità del cinema lesbico attraverso uno sguardo posizionato e identitario, non filtrato dall’immaginario etero e dal “male gaze”. Il festival ha inoltre promosso e aiutato a diffondere opere di registe indipendenti che rischiavano di scomparire. Il “lesbian gaze”, al centro dell’inquadratura, reinventa il cinema: «è l’invenzione di una grammatica del desiderio rivoluzionaria, che sperimenta nuove iconografie di intimità». Il festival nel tempo è diventato un evento politico che ha influenzato la comunità stessa, «offrendo prospettive di riflessione e di cambiamento».

Nella seconda parte del Quaderno, una interessante inchiesta di Giulia Caminito sul sessismo nella lingua italiana, rivolta a studenti e studentesse dell’Università di Roma Tre attraverso la somministrazione di un questionario, mostra che è molto diffusa la convinzione che il sessismo nella lingua riguardi solo o esclusivamente le professioni declinate al femminile, e che è ancora lenta e non del tutto consolidata la pratica di usare l’asterisco o lo schwa per sottolineare le differenze. Le risposte degli/delle studenti mostrano quanto ancora sia difficile per la maggioranza di loro riconoscere oggi il sessismo linguistico, definito da molti “una esagerazione”, come se mettere in dubbio «l’attualità di alcune forme linguistiche voglia dire distruggerne tutto l’impianto, allo scopo di inglesizzare la lingua italiana, imbastardirla e disturbarla a forza». Anche lo schwa non è ritenuto veramente idoneo a parlare in modo neutro, e sul non-binarismo le risposte in generale danno il senso di «una fatica sociale ad accettare questo tipo di identità».

In conclusione, un ampio e appassionato reportage di Maria Isabella Giovani ed Emma Scaricamazza sul Convegno dedicato ad Alice Ceresa, tenutosi a Lugano nel luglio 2023, dà il senso della felicità con cui oggi giovani letterate femministe si ritrovino e condividano l’amore per grandi icone contro-canoniche come la scrittrice svizzera, creando fra loro «una sorellanza di figlie prodighe bambine, alla ricerca, come le protagoniste dell’opera di Ceresa, di un modo diverso di stare al mondo».

  1. VV. Terzo Quaderno del Centro di documentazione internazionale Alma Sabatini, a cura di laura Fortini, 2024
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Loredana Magazzeni

Loredana Magazzeni vive a Bologna, si occupa di poesia, critica letteraria e storia dell’educazione delle donne. Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Scienze pedagogiche, e pubblicato un saggio sulla storia dell’educazione femminile: Operaie della penna. Donne, docenti e libri scolastici fra Ottocento e Novecento (Aracne, 2019). Ha co-curato varie antologie di poesia, fra cui Cuore di preda. Poesie contro la violenza sulle donne (CFR, 2012), Fil Rouge. Antologia di poesie sulle mestruazioni (CFR, 2016) con A. Barina, con F. Mormile, B. Porster e A.M. Robustelli Corporea. Il corpo nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (Le Voci della Luna Poesia, 2009), La tesa fune rossa dell’amore. Madri e figlie nella poesia femminile contemporanea di lingua inglese (La Vita Felice, 2015), Matrilineare, Madri e figlie nella poesia italiana dagli anni Sessanta ad oggi (La Vita Felice, 2018). È da più di vent’anni nel Gruppo ’98 Poesia, nella redazione della rivista Le Voci della Luna e nell’Associazione Orlando di Bologna. Fa parte del Collettivo di traduzione WIT (Women in Translation), con cui ha pubblicato l’antologia Audre Lorde, D’amore e di lotta. Poesie scelte (Le Lettere, 2018). È nell’attuale direttivo della SIL (Società italiana delle letterate).

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