William Forsythe, un neoclassico rock - La Stampa

”Hermann Schmermann”, confessa il grande coreografo William Forsythe è una frase che ha ascoltato nel film “Il mistero del cadavere scomparso”. Non significa nulla, cosi come , sostiene provocatoriamente lui, non significa nulla il balletto dallo stesso titolo andato in scena all’Opera di Roma con gli agguerriti danzatori della compagnia diretta da Eleonora Abbagnato. Per gli aficionados di Forsythe e per i nostalgici il pezzo del 1992 significa invece molto, fotografa esattamente un certo modo di coreografare tipico di quella fase dell’artista. Inaugurata con “In the Middle Somewhat Elevated” presentato come brano a sè stante all’Opéra di Parigi, e poi inglobata in un potente e monumentale affresco: “Impressing the Czar”. Quel brano avrebbe totalmente cambiato il modo di intendere la danza classica, avrebbe aperto vie nuove alla creatività artistica e indicato una strada da percorrere per portare il neoclassico oltre Balanchine.

Un neoclassico rock, perché ai passi accademici univa l’energia e la velocità esecutive e la musica energetica di Tom Willems.

”Hermann Schmermann” dunque fa parte del “ tesoro” di quegli anni. Intendiamoci: non è che poi Forsythe sia passato a cose meno importanti, anzi. Semplicemente col tempo il suo stile è evoluto.

Qui siamo alle sue riflessioni sul linguaggio accademico e sule sue possibili distorsioni, a come inanellare piccole batterie, entrechats, a attitude e arabesque, piroette, salti e subito spezzare improvvisamente le linee di un passo piegando il busto o distorcendo le braccia per tornare poi a una posizione classica. Tutto danzato in velocità e rigore, gesti secchi senza compiacimento esecutivo, alternati a momenti di relax, come se i danzatori uscissero dalla tensione della performance per poi rientrarvi. Del resto “From a classical position “ era , ricordiamolo, il titolo di un assolo in video interpretato da Forsythe stesso

Una amore , quello di Forsythe per questo aspetto della sua creatività, mai spento, come dimostra il recente , cameristico , “A Quiet Evening of Dance”.

I danzatori di Roma hanno alle spalle molte esperienze con Forsythe, e affrontano la serata con entusiasmo, consapevolezza e il giusto stile. Il primo quintetto, tre ragazze e due giovanotti. Trascinanti gli interpreti del secondo cast che abbiamo che abbiamo seguito . A Federica Maine e Claudio Cocino era affidato il passo a due della seconda parte. Iconico, se la detestabile parolaccia è consentita, passato alla storia nelle infinite visioni su You Tube con Sylvie Guillem e Adam Cooper. Maine è una bella e brava ballerina, ma forse più adatta ad altri stili, lontana della line e dai movimenti che devono avere la precisione di un bisturi. Belle le gonnelle gialle del passo a due e le calzamaglie nere con camiciole trasparenti uguali ideate da Versace.

Una banda di vagabondi, anima invece “Walking Mad” che Johan Inger ha fatto danzare sulle note del “Boléro” di Ravel per chiuder con “Für Alina” di Arvo Pärt. Musica già molto sfruttata in danza, soprattutto “Boléro”, ma che Inger ripropone con una lettura che elimina ogni tentazione di sensualità o erotismo. Piuttosto siamo, intellettualmente, in Nord Europa, non lontani da Mats Ek e Jiri Kylian. E Inger racconta le reazioni di questa gente di fronte a un grande muro scuro di assi legno , che occupa in lunghezza tutta la scena ed è alto non più di due metri. È un limite, che sembra invalicabile, ma poi degli sportelli si aprono, dei pannelli avanzano. E inevitabilmente con l’incalzare della musica si animano i movimenti di questi dropouts sino al parossismo del crescendo finale che lascia poi le acque calme e distese per la musica di Pärt. Il bano di Inger torna felicemente in repertorio delle compagnia e nel 2005 ha avuto il premio Danza&Danza.

A chiudere la serata “From Afar “ del giovane coreografo francese Nicolas Blanc. Brano imponente nel numero di danzatori in scena, poderoso nella musica scelta, la Symphony no 1 “Oceans” di Ezio Bosso , marino nella scelta dei costumi bianchi e azzurri. Allusiva , in alto sullo sfondo la carcassa imponente di una barca che poi lentament scende sul palco. È un affresco filosofico, grandioso, un po’ pretenzioso? Susanna Salvi e Claudio Cocino danno comunque degno rilievo alla coppia principale. Sull’eterno rapporto fra uomo e mare come non ricordare che va da Dante Alighieri: “Fatti non foste a viver come bruti” a Baudelaire: “Homme riche toujours tu chériras la mer”.

 

I commenti dei lettori