Who We Are Now Recensione

Who We Are Now - recensione del film con Julianne Nicholson ed Emma Roberts

30 ottobre 2017

Presentato alla Festa del cinema di Roma il dramma dell'attore e regista australiano Matthew Newton, che nonostante le ottime critiche pecca di eccessiva prevedibilità.

Who We Are Now - recensione del film con Julianne Nicholson ed Emma Roberts

Nel cinema indipendente low-budget, come in quello mainstream, ci sono ingredienti che non mancano mai di catturare le simpatie del pubblico e (soprattutto) della critica. Nel primo caso, a cui appartiene un film come Who We Are Now, presentato con successo al festival di Toronto e riproposto in anteprima italiana alla Festa del cinema di Roma, è presto detto: storie di persone comuni, che nella vita hanno fatto le scelte sbagliate, ma hanno come tutti figli e affetti con cui vorrebbero recuperare i rapporti dopo aver ripagato il proprio debito con la società. Purtroppo, però, la gente è egoista e piena di pregiudizi, la giustizia è spesso affidata a giudici senza cuore che applicano duramente le leggi nei confronti delle vittime del sistema, e c’è sempre chi è pronto ad approfittare di una donna in difficoltà (in questo film il ruolo del laido è affidato alla star degli American Pie Jason Biggs).

Accade così che l’ispida Beth (la brava Julianne Nicholson, nota al pubblico tv per i ruoli in Boardwalk Empire e Masters of Sex), esce di prigione dopo aver scontato 10 anni per omicidio colposo. Il figlio è stato affidato alla sorella e al cognato che l’hanno cresciuto senza che lui sapesse che la zia era in realtà la madre, e adesso loro ne chiedono piena custodia, mentre lei, manicure in un salone di bellezza gestito da cinesi, alla ricerca di una casa e di un impiego stabile, con problemi di controllo della rabbia, vuole l’affidamento congiunto. Per questo si rivolge a un’associazione di avvocati di patrocinio gratuito e dopo il fallimento della prima istanza entra in contatto con la giovane e idealista Jess (Emma Roberts), che vuole riscattarsi con se stessa per il suicidio di una ragazza da lei assistita. Mentre tra le due donne, nonostante la differenza sociale, si crea un legame, nel quadro entra anche un reduce dall’Afghanistan (Zachary Quinto) con sindrome post-traumatica, anche lui separato, con una figlia che non vede mai, e come Beth amante del jazz (lo citiamo solo perché è usato come allegoria della vita).

Considerando l’accoglienza ricevuta dal film, ci viene da pensare che siamo noi ad avere un problema con questo tipo di storie, ma in quella scritta dall’attore Matthew Newton, alla sua quarta regia, non troviamo nessun elemento – a parte la protagonista - capace di coinvolgere e spiazzare un minimo lo spettatore. Tutto è prevedibile e scontato, incluso il finale “a sorpresa”. La scelta stilistica, anch’essa comune a film che vogliono raccontare storie vere o quantomeno realistiche, è quella di presentare i personaggi attraverso frammenti della loro vita: per Jess il rapporto con una madre castrante alla vigilia del matrimonio della sorella, per Beth la quotidianità e l’abbrutimento iniziali che lasciano il posto pian piano a una presa di coscienza, grazie all’incontro con un uomo danneggiato come lei e con (nella scena forse meno necessaria del film) le amiche del liceo che non vede da prima del carcere, con le quali rievoca le innocue pazzie di gioventù.

Sappiamo tutti quanto sia difficile la vita per chi ha sbagliato, quanto le donne paghino al di là dei loro stessi peccati e come una seconda possibilità non venga data a tutti, per questo pensiamo che non spetti a un film come Who We Are Now aprirci gli occhi su questa realtà. A prescindere dal nostro parere, potremmo anche ritrovare il film in futuro in corsa per qualche premio importante. Perché questo, per Hollywood, è cinema impegnato, e, in quanto tale, destinato a riscuotere le simpatie di chi, premiandolo, si mette in pace la coscienza per tutte le schifezze che produce.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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