La convention di FdI in piedi per Berlinguer. Dagli incontri segreti al funerale, quel rapporto con Almirante | Corriere.it

La convention di FdI in piedi per Berlinguer. Dagli incontri segreti al funerale, quel rapporto con Almirante

diPaolo Conti

Il presidente del Senato La Russa: anche noi onoriamo la sua figura

La standing ovation della platea di FdI a Enrico Berlinguer e l’elogio pubblico che gli dedica Ignazio La Russa — «Onoriamo la sua figura, questo applauso è la coerente continuazione dell’omaggio che Almirante gli rese nel giorno della sua scomparsa», dice alla figlia Bianca con lui sul palco — hanno, appunto, radici antiche.

Marzo scorso. Walter Veltroni parla di Enrico Berlinguer con Corrado Augias durante una puntata di La torre di Babele su La7. Il tema è lo storico rapporto sinistra-destra nella Repubblica italiana. Augias racconta la visita di Giorgia Meloni alla mostra romana dedicata a Enrico Berlinguer dall’Azienda Palaexpo al Mattatoio e curata dall’associazione Enrico Berlinguer, chiusa a febbraio. Veltroni torna al 13 giugno 1984, alla camera ardente allestita a Botteghe Oscure per i funerali di Enrico Berlinguer. Arriva la notizia che in fila c’è Giorgio Almirante: in mezzo alla folla, tra tutti, vestito col suo solito abito grigio e senza alcuna scorta, scelta oggi semplicemente impensabile. Un momento di sconcerto, spiega Veltroni: «Fu Giancarlo Pajetta a decidere, dicendo: “Lo accolgo io”. E andò verso l’ingresso». Scelta forte e densa di significati: il Pci dei tempi ha ancora i suoi rituali e ogni gesto ha un preciso senso.

Pajetta lascia la camera ardente, arriva all’ingresso, accanto a lui compare Nilde Jotti: il massimo livello di rappresentanza di quel mondo comunista. Almirante entra, china la testa, si raccoglie, si fa il segno della croce. Poi esce e si imbatte nel regista Luigi Magni che gira la sua parte nel grande documentario collettivo sui funerali (con Bertolucci, Scola, Montaldo, Maselli e altri): «Non sono venuto per farmi pubblicità, ma per salutare un uomo estremamente onesto». Intorno, il popolo del Pci rispetta il coraggio di Almirante, ex repubblichino di Salò: mettersi in fila tra quei comunisti che combatte da una vita. Solo qualche isolatissimo fischio, quasi di circostanza. Per questo il 23 maggio 1988 Nilde Jotti e Giancarlo Pajetta parteciperanno ai funerali di Almirante.

Il rapporto tra Almirante e Berlinguer ormai è un pezzo di storia contemporanea. Il tempo ha lasciato cadere esitazioni, silenzi e ipocrisie bipartisan. Ma i due si parlavano con regolarità, subito dopo la morte di Aldo Moro, in un momento in cui la Repubblica e la stessa democrazia erano in piena tempesta. Difficile ricostruire dettagli precisi. Lo ha ammesso Massimo Magliaro, storico braccio destro di Almirante, al nostro Alessandro Trocino l’1 aprile 2021 sul Corriere della Sera. Moro muore. Almirante e Berlinguer trovano la via per parlarsi riservatamente, soprattutto periodicamente in quel cruciale 1978: la morte di Moro, le dimissioni di Giovanni Leone, i tre Papi. Non sono tempi di cellulari: non esistono foto o video. Ogni venerdì pomeriggio i due leader di schieramenti opposti dall’inizio della Repubblica italiana si siedono su un divanetto accanto alla Sala della Regina di Montecitorio. Incontri clandestini: il venerdì pomeriggio la Camera è sempre vuota. Confronti a bassissima voce. Ne sono al corrente solo Magliaro, Tonino Tatò, a sua volta braccio destro di Berlinguer, le mogli Assunta Almirante e Letizia Berlinguer

Magliaro ammette: «Non ho mai avuto il coraggio di chiedere cosa si siano detti. Me ne sono pentito come del peggiore dei miei peccati». Materiale che si ritrova, insieme a moltissimo altro, nel libro Il gesto di Almirante e di Berlinguer scritto nel 2019 da Antonio Padellaro (Paperfirst editore) e dedicato proprio al rapporto tra quei due nemici che decidono di confrontarsi dopo la tragedia di Moro. Presentando il libro nei giorni dell’uscita, Padellaro parla di una decisione presa dai due leader «nell’interesse superiore rispetto a quelli dei due schieramenti: cioè l’interesse nazionale».

Scrive Marcello Veneziani nel 2019 riflettendo sul libro di Padellaro: «Perché s’incontravano? Per arginare il terrorismo rosso e nero, si disse, per scambiarsi informazioni in merito, essendo ambedue nel mirino. E magari per capire il ruolo dei servizi segreti nelle trame rosse e nere; per capire a che gioco stessero giocando alcuni personaggi, come Andreotti. Il Msi aveva subito da poco una dolorosa scissione che riteneva pilotata dalla Dc. E il Pci era sulla graticola tra compromessi e colpi bassi». Tante domande, tutte senza risposta. Veneziani riporta poi voci su un altro incontro, sempre da soli, ma su una panchina di Villa Borghese. Due uomini soli di fronte alla storia.

Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di Roma iscriviti gratis alla newsletter "I sette colli di Roma". Arriva ogni giorno nella tua casella di posta alle 7 del mattino. Basta cliccare qui.

28 aprile 2024 ( modifica il 29 aprile 2024 | 14:40)