The Crown 5: l'amato valletto del duca di Windsor

L'episodio Mou Mou racconta la storia di Sydney Johnson, l'uomo al servizio del duca di Windsor per più di 30 anni e poi maggiordomo di Mohamed Al-Fayed (sì, il padre di Dodi)
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Sydney Johnson nel 1989.By Alan Davidson/Shutterstock.

Nelle sue cinque stagioni The Crown ha attraversato 50 anni di storia reale britannica, allontanandosi occasionalmente dai protagonisti principali – re, regine, principi e principesse – per soffermarsi sui membri del personale al loro servizio. (La storia più succosa del piano inferiore è probabilmente quella dello scudiero di re Giorgio VI, il capitano Peter Townsend, che nella prima stagione ha una sfortunata storia d'amore con la principessa Margaret. Nella seconda stagione, anche lo scudiero del principe Filippo suscita scandalo). Ma nell'episodio della quinta stagione Mou Mou, il dramma in costume di Netflix sorprende gli spettatori con una tenera storia dedicata a Sydney Johnson, un membro del personale realmente esistito che ha servito il defunto duca di Windsor per oltre 30 anni e che l'ex re si dice abbia «amato come un figlio».

Johnson era comparso in una fugace apparizione nella puntata L’uomo in bilico della terza stagione, durante la quale il principe Carlo visita per l’ultima volta suo zio, il duca ed ex re Edoardo VIII, la cui abdicazione nel 1936 spianerà la strada verso la Corona a Elisabetta. Per quanto il cameo di Johnson fosse breve – il duca di Windsor moribondo grida letteralmente «Sydney!» – la presenza di un personaggio nero nel mare di bianco storicamente ineccepibile di The Crown è stata sufficiente per creare un certo scalpore su Internet. Nella quinta stagione, tuttavia, il creatore di The Crown Peter Morgan propone Johnson in una storia che suggerisce come i rigidi reali britannici – incluso uno con presunte simpatie naziste – siano capaci di momenti di dolcezza.

Sydney Johnson e Mohamed Al-Fayed in The Crown 5.

L'episodio rimanda agli anni in cui il duca di Windsor (Alex Jennings), allora governatore delle Bahamas, prende sotto la sua ala Johnson (Joshua Kekana), un adolescente del posto, insegnandogli come si vestono i gentiluomini britannici («per la campagna, jeans e camicia – libertà e comodità») e come si colpisce con una mazza da golf. Nella vita reale, secondo il New York Times, Johnson iniziò a lavorare per l'ex re all’età di 16 anni, poco dopo il trasferimento del duca in seguito alla sua abdicazione. Il vero Johnson si occupava di ogni necessità del reale, viaggiava con lui all'estero e alla fine si trasferì con il duca e sua moglie Wallis Simpson, a Parigi, dove la coppia visse il proprio esilio in una villa di 14 stanze nel parco del Bois du Boulogne. Come si vede in The Crown, l'uniforme di Johnson era perfetta per Buckingham Palace:  un doppiopetto scarlatto con bottoni in ottone dorato recanti il monogramma reale e polsini rifiniti con trecce d'oro. Johnson si prese cura del duca a «Villa Windsor» fino alla sua morte, avvenuta nel 1972.

In Wallis in Love, il biografo reale Andrew Morton osserva che Johnson era presente anche quando il duca pronunciò le sue ultime parole, evocando la «mamma». In un'intervista rilasciata decenni dopo, Johnson ha ricordato uno degli ultimi compiti svolti per il duca, dopo la sua morte. «Ricordo che vennero a imbalsamarlo e io scelsi il vestito da fargli indossare», raccontò al New York Times nel 1989. «Ma mi dissero che non avrebbe indossato nulla: “Come arriva, se ne va”. Parole testuali». Anche se non è chiaro se nel suo testamento il duca abbia o meno lasciato qualcosa a Johnson nel suo testamento, un numero di Jet del 1954 riportava la notizia che il duca aveva regalato a Johnson «una considerevole proprietà alle Bahamas su cui costruire una casa».

Sebbene Johnson fosse un elemento prezioso della vita quotidiana del duca, a quanto pare il valletto non era altrettanto apprezzato da Simpson. Dopo la morte del duca, Johnson avrebbe chiesto a Simpson di cambiare i suoi orari in seguito alla morte della moglie per potersi occupare dei figli di notte. «Non essendo riuscito a trovare un'infermiera o una governante, chiese di poter iniziare a tornare a casa alle cinque», scrive Andrew Lownie in Traitor King: The Scandalous Exile of the Duke & Duchess of Windsor. «La risposta di Wallis fu: "Se te ne vai alle cinque, non tornare". Johnson se ne andò e non tornò». Secondo un’altra fonte, Simpson si separò da Johnson dopo più di trent’anni di servizio dicendogli semplicemente: «Non voglio vederti mai più». 

Il Duca di Windsor (1894 - 1972) e Wallis Simpson (1896 - 1986) nel 1939. Central Press/Getty Images

In un surreale capitolo successivo, splendidamente rappresentato in Mou Mou, Johnson (Jude Akuwudike) alla fine torna nella stessa casa di Parigi dove aveva servito il duca. Dopo la morte del duca nel 1972, come si vede in The Crown, Johnson andò a lavorare come cameriere all'hotel Ritz di Parigi, acquistato e restaurato nel 1979 dall'uomo d'affari egiziano Mohamed Al-Fayed (Salim Daw). In seguito, Johnson fu assunto come maggiordomo di Fayed nella casa parigina del miliardario anglofilo sugli Champs-Elysees e lo aiutò Fayed a fare approvare un progetto di restauro reale che avrebbe fatto guadagnare all'uomo d'affari ulteriori consensi.

Nel 1986, Al-Fayed fece notizia a livello internazionale quando prese in affitto la fatiscente Villa Windsor per cinquant’anni e ne acquistò gran parte dell’arredo. Nei tre anni successivi, secondo il Times, spese 14,4 milioni di dollari per restituire la villa al suo antico splendore, grazie soprattutto a Johnson, che guidò le opere di restauro e si assicurò che ogni dettaglio fosse corretto, al punto di indicare i posti dove venivano riposte le mazze da golf, i bastoni da passeggio e i cappelli del duca.

Quando Al-Fayed completò il restauro nel 1989, dichiarò al Times di essere rimasto affascinato dalla vicenda dell’'abdicazione del duca lo aveva sempre affascinato e di avere sentito il «dovere di preservare qualcosa che unisce la storia statunitense e quella britannica in una straordinaria d'amore». Al-Fayed trasformò l'ultimo piano della villa a tre piani in un appartamento privato per uso personale e, secondo il Times, pianificò di aprire il resto dell'edificio a studiosi, storici e membri della famiglia reale britannica.

Al-Fayed riconobbe pubblicamente il contributo di Johnson: «Sydney è un dizionario», dichiarò al Times nel 1986. «È un uomo molto colto. Ha tirato fuori tutte queste cose da scatole, casseforti e magazzini e conosce la storia di ciascuna di esse». In occasione della festa di inaugurazione della villa, Johnson indossò la sua livrea scarlatta, salutò i visitatori e parlò con orgoglio alla stampa. «Mi sento in cima al mondo», dichiarò. «Il restauro è così autentico che mi aspetto di vedere da un momento all’altro la duchessa scendere le scale domandando: "Come sto?"».

All'inizio del 1990, poche settimane dopo aver accolto gli ospiti nella Villa Windsor appena restaurata e avere completato quell’ultimo tributo al duca, Johnson morì. La sua morte fece notizia a livello internazionale, con l'Associated Press che riportò: «Il valletto del Duca di Windsor è morto a 69 anni».

Sebbene Al-Fayed non abbia mai parlato del suo rapporto personale con Johnson –  The Crown lo mostra che si prende cura di Johnson nei suoi ultimi giorni – l'uomo d'affari egiziano ha affidato alla stampa il suo tenero ricordo del fedele maggiordomo, dichiarando: «Era  un vero gentiluomo. Ci mancherà molto».