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�Agente 007 - Vivi e lascia morire� usciva 50 anni fa: tutto quello che non sapete sul film

di Filippo Mazzarella

Roger Moore nei panni di James Bond in un episodio che ebbe molto successo

«Agente 007 - Vivi e lascia morire» usciva 50 anni fa: tutto quello che non sapete sul film

La storia la sapete, ma facciamo finta di no. Nel 1962, “Agente 007 – Licenza di uccidere/Dr. No” inaugura in sordina la saga (poi eterna) delle avventure cinematografiche della spia britannica James Bond con un adattamento (gi� molto poco fedele) del sesto romanzo della popolare serie dello scrittore Ian Fleming. L’indimenticato Sean Connery, per molti l’incarnazione pi� iconica del personaggio, torna negli anni successivi in altri quattro film di crescente successo, ma dopo “Agente 007 – Si vive solo due volte/You Only Live Twice” (1967) la stanchezza prende il sopravvento e i produttori Harry Saltzman e Albert R. Broccoli sono costretti a sostituirlo con lo sconosciuto George Lazenby per quello che, ironia della sorte, � indiscutibilmente il miglior capitolo della serie: “Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maest�/On Her Majesty’s Secret Service” (1969).

Il film non ottiene per� il successo sperato; e Connery viene riluttantemente richiamato in servizio per il debole “Agente 007 – Una cascata di diamanti/Diamonds Are Forever” (1971) oltre il quale per� il divo scozzese dichiara di non voler pi� andare. E cos�, alla ricerca di un rimpiazzo che non si riveli un altro fuoco di paglia, la EON Productions, dopo aver brevemente accarezzato l’idea di scritturare il Batman tv Adam West o Burt Reynolds (!), pensa bene di restare in Albione e plasmare un “nuovo” Bond sull’aplomb sornione di Roger Moore, gi� star della tv britannica grazie a telefilm come “Ivanhoe”, “Il Santo” (in cui interpretava il ladro gentiluomo Simon Templar”) e il per noi italiani epocale “Attenti a quei due/The Persuaders!” in cui duettava con il leggendario Tony Curtis. Fu cos� che, il 27 giugno del 1973, Bond si ripresent� al pubblico statunitense con “Agente 007 – Vivi e lascia morire/Live and Let Die” (che usc� in Inghilterra il 7 luglio e da noi solo a Natale), basato (sempre alla lontana) sul secondo omonimo romanzo di Fleming. Atteso al varco con un filo di scetticismo, il gi� quarantacinquenne Moore rimodell� il personaggio con eleganza e scanzonatezza, ma soprattutto con un piglio (auto)ironico in linea con la “pop culture” dell’epoca. Il pubblico ne fu entusiasta.

Seguirono, fino al 1985, altri sei film: la pi� lunga, sinora imbattuta (e probabilmente imbattibile) serie di incarnazioni consecutive di uno stesso attore nel ruolo dell’agente segreto. In sintonia con la filosofia produttiva della saga, sempre pi� tesa a privilegiare l’accumulo di azione mozzafiato e location esotiche a scapito della complessit� narrativa, la trama di “Vivi e lascia morire” vede James Bond (Roger Moore) spedito in America per incontrare l’agente CIA Felix Leiter (David Hedison) e indagare sulla morte contemporanea di tre agenti britannici avvenuta tra la sede ONU di New York, la citt� di New Orleans e l’isola caraibica (fittizia) di San Monique, dove spadroneggia il primo ministro/dittatore corrotto Kananga (Yaphet Kotto) e si coltivano segretamente papaveri da oppio grazie alla manovalanza locale soggiogata dal sacerdote voodoo Baron Samedi (Geoffrey Holder). Sopravvissuto a un agguato ordito dal misterioso ras della droga di Harlem noto come Mr. Big, Bond incontra la bellissima Solitaire (Jane Seymour), una cartomante chiaroveggente, quindi vola a San Monique dove lo attende Rosie Carver (Gloria Hendry), un’agente CIA locale che ritiene sia una spia del dittatore e che quest’ultimo fa trucidare.

Dopo aver sedotto la vergine Solitaire togliendole la capacit� di predire il futuro (sic!), Bond si allea con la ragazza e, a New Orleans, viene catturato da Kananga che si rivela essere il fantomatico Mr. Big e che vorrebbe distribuire gratuitamente un ingente carico di eroina per far fuori economicamente i trafficanti rivali e aumentare esponenzialmente il numero dei tossicodipendenti con scopi monopolistici. Il dittatore consegner� poi Solitaire a Baron Samedi perch� sia “sacrificata”: ma 007 impedir� con tutti i mezzi che ogni piano del cattivo si realizzi. “Vivi e lascia morire”, scritto da Tom Mankiewicz e diretto dal regista di “Goldfinger” Guy Hamilton, astutamente richiamato, segna una spaccatura con i precedenti film di 007 non solo per quel che concerne, come gi� detto, la presenza di Moore che conferisce al film toni “leggeri” in precedenza gi� sperimentati epper� mai cos� esplicitamente esibiti, ma anche per la scelta di distaccarsi dai clich� bondiani pi� frusti (leggi: supercriminali megalomani figli in qualche misura delle tensioni della Guerra Fredda e proiettati in varia misura verso l’assoggettamento del mondo) a favore di una furba contaminazione con parecchio pelo sullo stomaco (soprattutto per il lucroso boxoffice statunitense) con l’epica sui generis del cinema “blaxploitation”, all’epoca nel suo momento apicale.

Neanche a dirlo, tutto � per� gestito con una superficialit� e un evidente e raggelante razzismo di fondo che oggi verrebbero (giustamente) massacrati all’unanimit� dalla critica: e se il film � il primo a prevedere anche una “Black Bond Girl” usa e getta -la sottoutilizzata Hendry- e tutti gli interpreti neri sono costretti alle stereotipie pi� bieche (nonch� ai pi� “classici” appellativi oltraggiosi), anche i luoghi principali dell’azione (Harlem, New Orleans e le paludi della Louisiana, quei Caraibi immaginari ma cos� simili ad Haiti..) sono tutti rappresentati con un’idea deviata, finanche macchiettistica e francamente repellente dell’antropologia e della tradizione culturale afroamericana. Questo non toglie che, nell’ottica d’intrattenimento dell’epoca e dell’epos bondiano, “Vivi e lascia morire” resti comunque un brillante trait d’union fra due decenni quasi antitetici, fra la norma zerozerosettesca dell’invincibilit� e l’appeal dei sempre pi� fantasiosi o futuribili gadget (qui un Rolex munito di sega circolare e uno dei primissimi orologi LED al quarzo, l’Hamilton Pulsar P2 2900), con una commistione che oggi si direbbe WTF (ehm…) tra poliziesco urbano ed esotismo pulp (con magia nera, voodoo, serpenti e caimani, tocchi splatter e accadimenti davvero soprannaturali presi sul serio con un rigore che lascia basiti: vedi la privazione dei poteri di Solitaire o la “resurrezione” di Baron Samedi).

Nonch� un frizzante frullatore di “setpiece” decisamente riusciti che ha i suoi momenti migliori nell’adrenalinica corsa di motoscafi tra canne e pantani dei bayou, l’ancor pi� tecnicamente azzeccata sequenza di girotondo dell’aeroplano o il funerale-parata della sequenza che tradizionalmente precede i bellissimi titoli di testa di Maurice Binder. Per una volta, la colonna sonora non fu composta dal grande John Barry, bens� dal veterano produttore dei Beatles George Martin. Ma tutto torna: perch� la canzone originale dell’incipit (una delle tante candidate all’Oscar nei sessant’anni di vita della serie), “Live and Let Die”, fu affidata in quell’occasione nientemeno che a Paul McCartney e ai suoi Wings. Ed � una delle pi� belle che si siano mai sentite.

27 giugno 2023 (modifica il 28 giugno 2023 | 10:27)