Il titolo del suo memoir è una frase che le ripeteva spesso sua madre, esasperata: pensi solo a vestiti, musica, ragazzi! Come ogni adolescente, del resto. Sua madre pensava che stesse perdendo tempo invece lei stava costruendo la sua vita. Vestiti, musica e ragazzi sarebbero diventati il cuore della sua creatività. Lei è Viv Albertine, icona del punk britannico e chitarrista delle Slits che racconta quegli anni (e i seguenti) nel memoir uscito in Italia per Blackie.

La prima cosa che dice nell’introduzione è “chi scrive un’autobiografia o è un cretino o è al verde. Io sono un po’ tutte e due le cose.” Ma non è vero. La sua è un’autobiografia sincera che raccontando una vita ne racconta tante altre e coglie un’atmosfera, un guizzo creativo, traiettorie di esistenze che hanno incrociato la sua a volte cambiandola, influenzandola o solo sfiorandola. Subito dopo scherzando aggiunge “per chi ha di fretta” l’elenco con le pagine in cui si parla di sesso, droga e punk rock.

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Ari Up, Viv Albertine e Tessa Pollitt (The Slits).
David Corio//Getty Images

Non è un caso se definisce il suo libro un album dei ricordi, come se fosse un disco. Tant’è che è suddiviso in due parti chiamate Lato Uno e Lato Due e ogni capitolo è numerato e ha un titolo, come una traccia. Il risultato è una ricchissima playlist che parte dal 1958 e arriva al 2013 (in lingua originale il libro è uscito nel 2014). La parte più succulenta è alla metà dagli anni ’70 quando Viv entra nei Flowers of Romance prima e nelle Slits subito dopo. Ci sarebbe rimasta dal ‘77 all’82. Viv, Ari Up, Tessa e Palmolive la formazione originaria.

La chitarra non la sa suonare ma non è mica l’unica punk a imparare facendolo. O a farlo senza avere idea di come si suoni. Fino ad allora, pur affamata di musica, non aveva neanche considerato la possibilità di essere più che una che la musica l’ascolta, figurarsi farla. Su un palco. Con una chitarra tra le braccia. Davanti a un pubblico. Non conosceva nessuna ragazza che facesse musica a Londra, sembrava precluso, anzi inconcepibile. Lei è una delle prime, apre la strada. Prima a se stessa, inventandosi un modo per farlo, poi a tutte le altre. Le Slits tracciano la via. Hanno un look da urlo, fanno musica urlata, sono scatenate. Di più: sono femministe.

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David Corio//Getty Images

La vita che racconta è quotidiana e straordinaria insieme. La scuola d’arte, poi di cinema, e in mezzo la palestra dove insegnava aerobica per mantenersi. Lo shopping da Sex, Vivienne Westwood che le consiglia un paio di stivaletti, l’amicizia con Sid Vicious. Il tour con i Clash, l’amore con Mick Jones che a lei dedicò Train in Vain. Soprattutto la ferma convinzione di non volersi piegare a quello che gli altri pensano che puoi fare o non fare, come ragazza. E ovviamente la musica. È un libro pieno di musica, letteralmente. Alla fine c’è persino una lista di quello che Viv ascoltava nei vari decenni della sua vita, ma prima di arrivarci quelle persone si incontrano in carne e ossa tra le pagine: Don Cherry, Patti Smith, Sex Pistols, King Crimson. Oggi leggende, allora parte dei giorni di Viv.

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Kristian Buus//Getty Images

È rimasta punk fino alla fine, anche dopo che il punk era stato decretato morto stecchito. Soprattutto quando, cinquantenne sopravvissuta a un cancro e a molte fivet andate male, con una figlia, un matrimonio tradizionale e una casa in campagna, ha ripreso in mano la chitarra, si è esercitata per ore e ore in cucina, ha cominciato a scrivere le sue canzoni e a guidare tre ore a sera per andarle a cantare alle serate Open Mic nei pub di periferia.

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Kevin Cummins//Getty Images

Canzoni che parlano di se stessa e dei suoi giorni di adesso, della gabbia in cui si era ficcata, della maternità e del cancro, con brutale onestà. Mettono a disagio. Come fa il punk. Lo dice chiaro e tondo anche nel libro citando Luis Buñuel “Non sono qui per intrattenervi, ma per farvi sentire a disagio”.

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Le sue ferite le ha messe tutte a nudo, davanti agli occhi di tutti, con la sua musica e con il suo libro. Ma non c’è mai autocommiserazione tra le pagine, semmai rabbia, quella sì, come motore che dà avvio al cambiamento insieme all’onestà: domandarsi sempre a che punto sei della tua vita, cosa funziona, cosa no, avere il coraggio di cambiarlo. E l’onestà costa sempre un prezzo molto alto. Ora, dice, non le interessano più vestiti, musica e ragazzi, sono un capitolo chiuso.

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