Nel Tourbillon de la vie, Vanessa Paradis, 48 anni, torna sulla Croisette e tutti ricordano con emozione la sua versione della canzone di Jules et Jim al festival di Cannes 1995, mano nella mano con Jeanne Moreau. L’attrice e cantante evoca quel momento chiacchierando in esclusiva con Elle: «Fu pura magia, un piccolo miracolo. Sono entusiasta di tornare al festival... È un anno molto importante per l’evento, tutti abbiamo voglia che la vita riprenda e Cannes la celebrerà assieme al cinema».

Quasi per contrappasso di quel mitico tourbillon, il film che la Paradis presenterà nella nuova sezione Cannes Première, si intitola Cette musique ne joue pour personne, “questa musica non suona per nessuno”, ed è una commedia nerissima diretta da Samuel Benchetrit, marito di Vanessa, scrittore e regista dell’assurdo quotidiano, radici in periferia, padre ebreo, madre gitana. Sulfureo, dunque perfetto per la cantante ragazzina di Joe le taxi, diventata uccello del paradiso nella famosa pubblicità Chanel, fidanzata rock di Lenny Kravitz anche se l’amore che strappa i capelli è stato quello, un po’ zingaro, con Johnny Depp, da cui ha avuto i due figli Lily-Rose Melody e John “Jack” Jake Christopher.

Finita la lunga relazione, l’amore è riapparso e Benchetrit e Vanessa si sono sposati con matrimonio campestre e bohémien tre anni fa. È l’incontro di due anime che celano tormenti di cui nell’intervista è proibito far cenno, pena il silenzio: lei ha difeso Depp dalle accuse di violenza coniugale, «assurdo, è una persona e un padre gentile generoso, mai violento», Benchetrit era ancora il marito e amico di Marie Trintignant quando fu ammazzata di botte dal nuovo compagno Bertrand Cantat. Di quello strazio resta un figlio, Jules, che recita nel film e la battaglia femminista del regista rivendicata con parole forti e che sbuca anche in questo film ambientato a Dunkerque, fra container e portuali dalla doppia vita. In Cette musique, Vanessa è infatti Suzanne, una modesta parrucchiera che, dopo aver ammazzato “quietamente” il marito con uno schiaffo, interpreta Simone de Beauvoir in un musical amatoriale sulla sua vita con Jean Paul Sartre.

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Vanessa Paradis in una scena del film Cette musique ne joue pour personne. Il regista è suo marito Samuel Benchetrit.

Nel film si mescolano teatro, violenza e poesia. I tanti protagonisti, tra cui Valeria Bruni Tedeschi, sono proletari con un lato mariuolo, uno minaccia di strangolare i ragazzi che rifiutano di andare alla festa della figlioccia. “A fin di bene”, dice lui… Vanessa prova a riassumere lei?

(Ride) Mi chiede il senso del film? Come sempre in Benchetrit è un teatro dell’assurdo che prende spunto dal quotidiano vero, di persone semplici, cattivi ragazzi che sanno diventare gentili. L’amore e l’arte rappresentano un riscatto per tutti i personaggi, il piccolo criminale vuole scrivere poesie, Gustave Kervern deve rivalersi su mio marito per un debito non pagato, irrompe a casa mia con un’enorme ascia rossa, ma si innamora follemente di me e del mio progetto teatrale. La tenerezza vince sul crimine. I personaggi sono tutte persone che non vivono nel mondo dell’arte e tuttavia incontrandolo si ritrovano cambiati, stravolti, i sentimenti esplodono nel loro mondo immaginario, le cose rimangono brutte nel duro quotidiano, ma la fantasia li trasporta altrove, li salva. Anche i bad boys possono avere un’anima.

Un cinismo a lieto fine, un film importante sull’oggi.

Sì, perché parla del cambiamento, ma in questo momento, dopo che la vita si è fermata per il virus , ogni cosa, ogni sentimento, ogni racconto sono ancora più importanti. Il film celebra il ritorno alla quotidianità, ma racconta soprattutto la necessità di vivere sereni pur nel turbine degli eventi più estremi. L’assurdo e il grottesco, che sono lo stile di Benchetrit, aiutano a prendere la distanza.

Lei, l’idolo rock-pop, qui intona in forma di canzonetta le parole di Secondo sesso, il libro capitale della De Beauvoir.

Sì, è la parte musical. Il ruolo mi spaventava non solo per l’accostamento a De Beauvoir ma perché Suzanne è balbuziente, tranne quando canta, e per interpretarla ho fatto prove su prove, un vero lavoro musicale sulla voce. Del film mi affascina l’accostamento tra personaggi di classi sociali così diverse: tutti conoscono Sartre e De Beauvoir ma come nomi di celebrities, pochi sanno davvero cosa hanno scritto. Suzanne ci gioca senza troppo sapere, intuisce il tema dell’emancipazione, forse ha letto qualche libro, ha visto Simone in tv…

E lei ne conosceva bene l’opera, ha fatto particolari ricerche?

Sì, la conoscevo, naturalmente, avevo già letto molto, è stato divertente vestire i tailleur severi e il turbante che era solita indossare, così lontani dal mio stile. Solo la mia umile parrucchiera di Dunkerque avrebbe potuto immaginare Sartre e De Beauvoir, due intellettuali di quella potenza, lei addirittura la madre del femminismo, che cantano e ballano il tip tap in un musical. Ma gli occhi della gente comune sono sgombri da pregiudizi o ideologie.

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VALERIE MACON//Getty Images
Vanessa Paradis con il marito Samuel Benchetrit.

Lavorare con il marito complica o semplifica la vita sul set?

Entrambe le cose, la conoscenza l’uno dell’altro facilita la comprensione ma sicuramente l’aspettativa è molto più alta quindi anche lo stress, perché non puoi deludere il regista e il marito insieme. Inoltre, la nostra intimità deve rimanere privata, non deve assolutamente invadere il set. Ci vuole attenzione, distanza, io lì sono l’attrice, non la moglie, e lo stesso vale per lui.

Avrebbe sempre voluto fare un musical e non glielo hanno mai proposto, qui si prende la rivincita.

Non facciamo paragoni azzardati, per me il musical è una grandissima passione fin da piccina, ma significa Cantando sotto la pioggia, Gene Kelly, e poi crescendo Bob Fosse. Giganti. Fred Astaire è elegante, creativo, ma Gene Kelly è il più carismatico, bruno, potente, atletico, il mio tipo (ride sorniona). Da piccola ne ero completamente innamorata…

Come di James Dean e Marilyn Monroe…

Il primo è un mito di gioventù, Marilyn è mia vera ispirazione e per sempre. Ho cercato di copiarne tutto, la voce, la camminata, il modo di ballare, quella sua capacità di mostrarsi gentile e infondere gioia mentre viveva, in realtà, una vita catastrofica. Una personalità straordinaria a cui io ho rubato molto, anche piccolissimi movimenti visti nei film. Il mio culto assoluto è Gli uomini preferiscono le bionde, non saprei quale vestito strappare alla Monroe o a Jane Russell». Ma soprattutto adoro lo stile musicale di Marilyn, ha imparato da Ella Fitzgerald e alla fine è diventata una cantante jazz strepitosa.

E lei, se potesse, cosa sceglierebbe fra carriera musicale e cinema?

Difficile rispondere perché la musica sono io che la scelgo, sono più libera, mi esprimo dove e quando voglio, mentre il cinema è lui che decide o meno di ingaggiarti, devi sempre aspettare di essere la prescelta. L’attesa non è un tempo facile da vivere, mette ansia e insicurezza, ci sono anni pieni e poi, d’improvviso, anni di vuoto. Funziona così ed è per questo che sono molto felice di avere un altro mestiere e di non dover attendere che un regista mi chiami o abbia voglia di lavorare con me. E, naturalmente, io con lui, cosa non sempre evidente.

Questo dubbio non si pone con il marito.

E c’è pure una grande novità, grazie a lui debutto finalmente a teatro! Il 14 settembre a Parigi, protagonista di Maman, una pièce scritta e messa in scena da Samuel. Quattro protagonisti per interrogarsi in modo survoltato sulle tante possibilità di maternità, il mio personaggio vuole adottare un adulto incontrato per caso. Il consueto universo folle di Benchetrit.

A proposito, lei è “maman” di una star di oggi, Lily-Rose Depp. Vi scambiate consigli?

Non ne ha molto bisogno, anche se parliamo tanto, lei fa da sé. Posso dirle che sono estremamente fiera del tipo di carriera che persegue, film indipendenti, d’autore. So quanto lavora duro per scegliere bene, non sbagliare e penso faccia scelte preziose senza tradire il mondo artistico e senza usare scorciatoie. Per me, questa è la cosa che più conta.

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