Val Lewton – The Man In The Shadow

Kent Jones

Scen.: Kent Jones; F.: Bobby Shepard; Mo.: Kristen Huntley ; Su: Stewart Pearce, James Williams; Interventi: Martin Scorsese (voce narrante), Elias Koteas (voce di Van Lewton), Roger Corman, Glen Gabbard, Kiyoshi Kurosawa, Val E. Lewton, Alexander Nemerov, Ann Carter, Goeffrey O’Brien, Jacques Tourneur, Robert Wise, Alla Nazimova, Simone Simon, Ben Bard, Sir Lancelot; Prod.: Turner Classic Movies (TCM), Turner Entertainment, Sikelia Productions; Pri. pro.: 2 settembre 2007. Beta SP. D.: 77’; Col.

 

 

 

 

 

 

 

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Ho sempre pensato ai film di Val Lewton come a un’unica grande opera, realizzata senza arroganza o disonestà. Sono film fatti da artigiani dotati di un senso collettivo della bellezza, che pare essere stato scoperto nel momento in cui si sono dedicati alla loro materia. Senza saperlo Lewton e la sua squadra riflettevano lo stato d’animo di una popolazione in guerra, creando una poesia agile e lieve costruita attraverso i più sottili giochi di luce e ombra, presenza e assenza, meraviglia e profonda disperazione. Mi considero fortunato per essere riuscito a fare un film sullo spirito guida di opere così preziose. La produzione di Lewton è stata classificata tra i film dell’orrore, un’etichetta che con il passare degli anni appare sempre più inadeguata. Cinque dei 14 film che portò a termine non hanno alcun elemento horror, né nel tema né nel titolo. Youth Runs Wild, film dal titolo inappropriato, fu per Lewton un’esperienza frustrante. Ampie sezioni della trama vennero eliminate perché lo studio di produzione temeva di dare un’immagine troppo negativa dell’home front, ossia di coloro che vivevano la guerra da casa. Eppure, per quanto compromesso, il film rivela una straordinaria dolcezza, una quieta vivacità e, come scrisse il mio amico Manny Farber quando recensì il film nel 1944, “uno sguardo bellissimo, il ricordo del passato e una sensibilità per i gesti e gli atteggiamenti”. Ho dedicato The Man in the Shadows a Manny, anche perché fu l’unico critico cinematografico che ebbe la finezza di riconoscere le virtù registiche di Lewton.
Kent Jones