La condiscendenza con cui è stata commentata dai media la protesta nelle università americane è stata castigata sonoramente. Le immagini della brutale repressione poliziesca a Columbia, Austin e, più in generale, l’insensibilità mostrata dai vertici delle grandi università al cospetto della protesta offrono la chiave di lettura per capire ciò di cui ci troviamo di fronte. Ossia la disponibilità al sacrificio personale degli studenti più meritevoli d’America perdurante la complicità dell’amministrazione Biden nella violazione dei diritti umani e del diritto internazionale a Gaza.
Non vi è nessuna forma di compiacimento in questa protesta: nessun desiderio di mimare i nonni del 68. Né tanto meno è l’antisemitismo supposto della sinistra a ispirare il movimento. Ma solo un dato concreto e irrefutabile: ossia la cobelligeranza degli Stati Uniti in una campagna militare che viola tutti gli standard di civiltà a cui da 150 anni l’Occidente si sforza di attenersi. Come avrebbero dovuto reagire gli studenti nutriti e allevati a corsi universitari sui diritti umani e sulle minoranze di fronte alla strage di civili a Gaza? Le università coinvolte nella protesta si distinguono appunto per essere all’avanguardia in questa ricerca e insegnamento.
Sarebbe curioso allora che gli studenti non avessero tirato le conseguenze di quanto dotti docenti venivano impartendo loro in centinaia di sofisticati seminari. E la richiesta rivolta a ricchissime istituzioni universitarie, che sono anche delle potenze finanziarie, di disinvestire da società israeliane fa pensare. È la perorazione per una concreta presa di distanza da quanto si consuma in Medio Oriente, a spese di un diritto internazionale che gli Stati Uniti si fanno un vanto di avere difeso in Ucraina.
Due pesi e due misure? Troppo davvero per studenti di università per i quali il tornaconto personale non viene davanti ai principi. Sarebbe bastato del resto che l’amministrazione Biden avesse assunto un atteggiamento più fermo di fronte alla politica aggressiva di Netanyau per dimostrare agli studenti che le istituzioni costituzionali non stanno sempre, per partito preso e opportunismo, dalla parte sbagliata. Certo, ci sono le elezioni. E il cinico conto della presidenza Biden è che gli studenti pesino meno del largo blocco pro israeliano che salda trasversalmente repubblicani e democratici. Questa volta però il conto potrebbe essere stato sbagliato. I giovani, di cui gli universitari sono la punta dell’iceberg, potrebbero giungere all’ovvia conclusione che la mobilitazione politica non vale la pena dello sforzo. E allora la condiscendenza con cui ho esordito questo articolo si trasformerebbe in una motivata costernazione. (riproduzione riservata)
*Professore alla facoltà di Giurisprudenza di Firenze