Università, nasce la laurea europea: “Un unico titolo valido in tutto il continente” - la Repubblica

Cronaca

Università, nasce la laurea europea: “Un unico titolo valido in tutto il continente”

L'Università di Rotterdam
L'Università di Rotterdam 

Tre raccomandazioni della Commissione europea per far muovere gli studenti, semplificare le carriere dei docenti e renderle più attrattive. Gli esperti italiani: “Il ministero deve accelerare”

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ROMA – Si potrà ottenere una laurea europea, e già la cosa suona cool. Il processo si è messo in moto, prevede un arco temporale di tre anni: ieri la Commissione europea – nella fase finale del suo mandato – ha deciso di lanciarlo con l’ufficio comunicazione dedicato all’istituzione, quindi il più importante.

Al processo per ottenere un titolo europeo le singole università aderiranno, nelle prossime stagioni, su base volontaria. La Commissione ha previsto tre iniziative distinte per promuovere la cooperazione transnazionale tra gli atenei e la mobilità degli studenti. “Stiamo preparando la strada per un nuovo tipo di programma congiunto, basato su una serie di criteri comuni". Tutto questo avverrà – ormai con l’esecutivo europeo che si formerà dopo il voto del 9 giugno prossimo – sotto il cappello di Erasmus Plus, il programma di mobilità europea, e la direzione della Commissione Innovazione e Ricerca.

Tutto nasce con Erasmus. Nel 1987

Ecco, Erasmus è il pioniere e il padre. Il progetto, ormai datato giugno 1987, da 37 anni porta universitari nei dipartimenti d’Europa. La formula prevede un periodo, dai quattro ai dodici mesi, in cui si studia e si danno esami compatibili in atenei di altri Paesi, calibrati sui crediti offerti in loco e quindi da riconvertire al rientro nella propria accademia (il sistema di voto in Francia, per esempio, è in ventesimi, da noi è in trentesimi).

Sulla scorta dell’unificatore Erasmus, e seguendo questo filo rosso dell’istruzione superiore europea, in tempi recenti sono arrivati i consorzi universitari, vere e proprie reti di atenei che dal 2019 ottengono borse di studio Ue per proseguire nella collaborazione comune. A metà 2024 il sistema delle alleanze universitarie conterà sessanta consorzi per oltre 500 atenei coinvolti nel Continente. Sono 35 (sui 66 totali) gli atenei italiani che oggi aderiscono a un consorzio europeo. Per dire, l’Università Statale di Milano lavora con cinque accademie allocate nell’Unione europea tra cui la Sorbona di Parigi e Heidelberg in Germania: insieme, le sei, rappresentano 300.000 studenti e 26.000 tra docenti e ricercatori.

I singoli consorzi offrono agli universitari la possibilità di completare il proprio curriculum di studi scegliendo tra i programmi offerti da ciascuno degli atenei coinvolti. In alcuni casi si utilizzano vere e proprie “card” di consorzio. La lingua ufficiale dei programmi di studio è l’inglese, ma gli studenti che trascorrono un periodo in un dipartimento all'estero sono incoraggiati nell’apprendere la lingua del Paese ospitante. Terminati gli studi, ricevono un diploma europeo, valido ovunque nell’Unione.

I diplomi doppi

Erasmus e consorzi rappresentano le fondamenta dell’iniziativa presa ieri a Bruxelles. Il lungo percorso ha fatto nascere le doppie laurea: un ateneo che riconosce il titolo di un ateneo gemello. Ecco, come disse nel 2019 il penultimo commissario per l’Educazione e la Cultura, Tibor Navracsics: “Puntiamo all’European education area entro il 2025”.

E’ la missione alla base delle tre iniziative di oggi (un progetto e due raccomandazioni): la nascita della laurea europea. Su base volontaria, con un’adesione progressiva degli atenei più strutturati e poi, via via, l’ingresso degli altri. Secondo l'attuale esecutivo Ue, il titolo continentale gioverebbe agli studenti universitari, “aumentandone la mobilità all'interno dell'Unione europea”. Aiuterebbe a soddisfare le richieste del mondo del lavoro, “rendendo i laureati più attraenti per le aziende”. E, infine, richiamerebbe studenti da tutto il mondo. Il progetto generale mira a migliorare i processi che garantiscono la qualità dell'insegnamento mentre le due raccomandazioni si occupano di riconoscere automaticamente le qualifiche accademiche e rendere le carriere docenti più attrattive.

Il bollino blu

Per dare compiutezza al progetto, sono stati individuati due possibili percorsi: un bollino europeo, da assegnare a programmi di laurea congiunti che rispondono ai criteri indicati dalla Commissione, e, più ambiziosamente, una vera e propria laurea europea, inserita nelle legislazioni nazionali, consegnata da università di Paesi diversi o da un’entità europea creata dal sistema universitario.

Nel 2025 la Commissione europea creerà una struttura ad hoc, lo “European Degree Policy Lab”, sostenuto dal programma Erasmus Plus, per lavorare con gli Stati membri e gli atenei: svilupperà linee guida e monitorerà il livello degli insegnamenti.

Il pallino ora è in mano dei singoli atenei. Dovranno attendere le linee guida e, quindi, ipotizzare percorsi comuni. Si potranno fare, è un esempio, tre anni all’Università di Pavia e due all’Università di Rotterdam. Un corso di laurea omogeneo con i singoli insegnamenti conosciuti subito dalle matricole.

Gli esperti: “Possibile con le discipline non umanistiche”

Vincenzo Salvatore, docente di Diritto dell’Unione europea all’Università dell’Insubria, spiega: “La Commissione sta spingendo per una maggiore integrazione. Oggi siamo a uno stato intermedio del processo. C’è il riconoscimento dei titoli delle università straniere, Erasmus appunto, e il doppio ‘degree’. Mi posso laureare a Rotterdam e quindi operare in un ospedale italiano, si chiama mutuo riconoscimento. Quello reso pubblico ieri è il passo ulteriore: l’Unione europea raccomanda gli Stati affinché provino a creare il titolo unico, una laurea federale. Le università si devono accordare sui programmi e creare corsi comuni. Questo sarà più naturale per le materie scientifiche: Medicina, Fisica. Quasi impossibile per Giurisprudenza, visti i differenti diritti nei singoli Paesi. Gli atenei più virtuosi attrarranno studenti. Questo ultimo tratto del percorso potrebbe avere una durata di tre anni. Se arriverà a compimento, sarà come tornare alle fondamenta dell’università, ai chierici medievali che seguivano i loro maestri in giro per l’Europa”.

Il professor Paolo Edomi, delegato alla Didattica dell’Università di Trieste, intravvede un altro protagonista del processo, e lo segnala in ritardo: “Le criticità per arrivare compiutamente agli atenei sovranazionali”, dice, “affondano nel fatto che in ogni Paese ci sono diversi tipi di accreditamento. La risposta ultima sarà del ministero dell’Università e della Ricerca. Deve accelerare”.

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