Francesco Nuti tra le montagne in cerca dello stambecco bianco: l’omaggio del Trento film festival con ‘Tutta colpa del paradiso’ - la Repubblica

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Francesco Nuti tra le montagne in cerca dello stambecco bianco: l’omaggio del Trento film festival con ‘Tutta colpa del paradiso’

Francesco Nuti tra le montagne in cerca dello stambecco bianco: l’omaggio del Trento film festival con ‘Tutta colpa del paradiso’

La 72esima edizione del festival della montagna ricorda l’artista scomparso il 12 giugno 2023

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La straordinaria Val d’Ayas nei pressi di Champoluc in Val D’Aosta, la bellissima Ornella Muti e la terribile Laura Betti, la canzone Lovelorn man, l’incredibile stambecco bianco e quella storia semplice ma che colpiva al cuore: un padre esce di prigione e vuole cercare il figlio dato anni fa in adozione. Tutta colpa del paradiso ha quasi quarant’anni ma oggi che il suo protagonista, Francesco Nuti, non c’è più rivedere quella favola montana che parla di seconde volte e della possibilità di ricominciare ha un altro sapore.

Alla settanduesima edizione del Trento film festival (26 aprile – 5 maggio), il festival della montagna declinato attraverso letteratura, cinema, musica, ricorda l’attore toscano morto lo scorso giugno. “Dopo l'unanime cordoglio che ha accolto la sua scomparsa, il 12 giugno 2023, intorno alla figura di Francesco Nuti è tornato un po' il silenzio. Abbiamo pensato fosse giusto ricordarlo e omaggiarlo al Trento Film Festival riproponendo il suo ‘film di montagna’ – ha detto Mauro Gervasini, responsabile del programma cinematografico del festival – Sarà l’occasione per ripercorrere la carriera di un artista – attore comico, regista, scrittore e musicista – che dagli esordi con i Giancattivi agli anni Novanta è stato protagonista assoluto del cinema italiano”. Oltre alla proiezione del film del 1985 (in programma domenica 28 aprile al Supercinema Vittoria) sarà presentato in anteprima il podcast Zitti e Nuti di Emiliano Cribari, prodotto da Officina del Podcast: una narrazione del percorso artistico e personale di Francesco Nuti, dai Giancattivi agli ultimi lavori.

L’idea del film venne a Giovanni Veronesi che qualche anno fa ci ha raccontato: “Il soggetto l'ho scritto in una notte. Tutto era nato da una conversazione con Francesco, eravamo stati a parlare fino alle due di notte sul terrazzino del residence dove viveva Francesco con lui che mi raccontava che forse era arrivato il momento nella sua vita per avere un figlio. E io, che sapevo della sua ambizione, del suo desiderio di fare carriera ho pensato che forse per lui in realtà era arrivato il momento di diventare padre al cinema, di fare una prova su come si è papà in un film prima di farlo veramente. Lo feci parlare e poi tornai a casa e scrissi di getto la storia di Romeo. Quando gliel'ho portata lui mi ha detto 'guarda Giovanni che se l'hai copiata si va in galera' e io 'ma no, non l'ho copiata'. Siamo andati dal produttore, Gianfranco Piccioni, anche lui dopo mezz'ora mi disse 'Giovanni, devi dire la verità perché questa storia ci piace molto, non è che hai preso spunto da qualcos'altro?' Insomma alla fine cominciammo a mettere insieme qualcosa di più compiuto e con quello andammo da Vincenzo Cerami”. Che firmò la sceneggiatura insieme a Veronesi e Nuti.

Veronesi andò sul set a Champoluc, del film fu oltre che sceneggiatore, assistente alla regia e gli vennero assegnati due personaggi importanti del film: Laura Betti e il caprone. “Laura Betti fu affidata a me, io non sapevo che era una persona così problematica, era una rompicoglioni infinita ma aveva praticamente sempre ragione lei anche nelle sue fissazioni su costumi, acconciature, gli orari della convocazione... qualsiasi cosa, però se andavi a vedere era meglio come diceva lei. Mi chiamava il piccoletto e mi diceva 'Te piccoletto stai bene a sentire quello che dico io che stare dietro a me per te è come fare uno stage'”. E poi lo stambecco bianco che in realtà era un caprone. “Avevo letto che ogni 400 anni nasce uno stambecco albino e così ho pensato potesse funzionare come simbolo, come avevo visto nei film dei grandi autori come Fellini, Antonioni dove c'erano animali a simboleggiare certi riti – ha raccontato Veronesi – Volevo che lo stambecco fosse un simbolo per quest'uomo in difficoltà che la società non accetta più una volta uscito di prigione, l'animale emarginato perché albino però speciale, unico, particolare. Ecco, anche il caprone fu affidato a me. L'abbiamo tinto di bianco con una tinta lavabile per girare le scene, gli hanno messo una protesi sulle corna perché sembrasse uno stambecco poi però lui con quel palco in testa, tutto tinto di bianco si sentiva un po' figo, alzava la testa, ci guardava con fierezza. Dopo che finimmo le sequenze con lui e dovevamo lavarlo il caprone di notte scappò e per alcune settimane non fece più ritorno tanto che nelle valli cominciarono a dire di aver avvistato uno stambecco albino, ma non era altro che il nostro caprone. Poi con la pioggia cominciò a stingere, tornò al suo marrone naturale e dopo poco venne riacchiappato e riportato al suo recinto".

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