La minaccia del gelido inverno
Guerra in Ucraina

La minaccia del gelido inverno

La Russia continua a prendere di mira le infrastrutture energetiche ucraine: milioni di civili sono da settimane senza elettricità e acqua potabile – La centrale nucleare di Zaporizhzhia subisce pericolosissimi bombardamenti, Grossi (AIEA) chiede una zona di sicurezza
© EPA/SERGEY KOZLOV
Nello Scavo
Nello Scavo
22.11.2022 06:00

La centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, sotto il controllo russo, è stata colpita da un bombardamento, suscitando la condanna di Rafael Grossi, il capo dell’Osservatorio nucleare dell’ONU (AIEA), che ha dichiarato come tali attacchi rischiano di provocare un incidente di proporzioni imprevedibili. Neanche quando di persona aveva messo piede a Zaporizhzhia con i suoi ispettori il direttore dell’AIEA era stato così preoccupato. «I bombardamenti - ha detto - si sono avvicinati pericolosamente».

Gli attacchi hanno colpito anche un bacino di raffreddamento, un cavo e il ponte di uno dei sette reattori, sei dei quali oramai spenti proprio a causa dei continui rischi per la sicurezza. Secondo un team di esperti presente sul posto, che ha citato informazioni fornite dalla direzione dell’impianto, «siamo stati fortunati - ha riferito Grossi - che non si sia verificato un incidente nucleare potenzialmente grave». Rivolgendosi ai leader mondiali, l’AIEA ha ribadito la necessità di creare una zona di sicurezza nucleare intorno a Zaporizhia. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha esortato i membri della NATO a garantire la protezione dell’impianto.

Una festa subito interrotta

Nei giorni scorsi Kiev aveva festeggiato la liberazione di gran parte del Sud, con la riconquista di Kherson e di decine di villaggi occupati per mesi. Sul posto gli sminatori stanno cercando di mettere in sicurezza le aree a più alto rischio di trappole esplosive. E a Snigurivka, dove si teme che nel cimitero cittadino siano stati interrati i corpi di numerosi civili, uno degli artificieri è stato gravemente ferito dalla deflagrazione di una mina. Ma i festeggiamenti per la cacciata dei russi sono durati poco. A Kherson le forze di Mosca si sono asserragliate appena al di là della riva opposta del fiume Dnepr. Postazioni minacciose, perché in grado di poter lanciare attacchi di artiglieria sul centro urbano. Ieri, nel corso della distribuzione di aiuti alimentari e medici a una popolazione che per mesi ha faticato anche solo a procurarsi del cibo, proprio dall’argine su cui si sono ammassati i battaglioni russi è partito il fitto lancio di proiettili d’artiglieria, il cui bilancio provvisorio indica un morto e almeno quattro feriti gravi. Due fotografi del quotidiano britannico «The Telegraph» hanno trovato rifugio nelle camere delle torture che stavano visitando. Quando sono usciti per mettersi in fuga hanno visto diversi civili a terra con il corpo dilaniato dalle cannonate. Nella sola regione orientale sono stati lanciati solo domenica 400 colpi, ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelenskiy in un discorso video, mentre 60 soldati russi, secondo fonti ucraine, sono stati uccisi in un attacco a lungo raggio dell’artiglieria ucraina. A quanto si apprende da Mosca, i principali falchi della guerra all’Ucraina hanno reagito con rabbia all’umiliante decisione delle forze russe di ritirarsi da Kherson rinunciando al confronto diretto casa per casa. Mentre il Cremlino ha fatto sapere che non sta discutendo la possibilità di richiamare altri soldati da inviare al fronte.

Mancano i beni primari

Gli attacchi alle infrastrutture energetiche hanno intanto lasciato al buio e senza riscaldamento milioni di persone, con i piani per le riparazioni che vengono continuamente rivisti e ritardati proprio a causa dei continui attacchi mirati da parte dell’esercito del Cremlino. A Est, lungo la dorsale del Donbass, e a Sud «la situazione della sicurezza rimane estremamente instabile - conferma una nota dell’Ufficio di coordinamento ONU da Kiev -, con combattimenti e attacchi segnalati lungo la nuova linea del fronte e in alcune delle aree che rimangono al di fuori del controllo del governo ucraino. Le infrastrutture civili vengono devastate, aggiungendosi a una situazione già complessa sul campo».

Proprio nella città di Kherson i residenti vengono invitati ad evacuare, ora che è possibile uscire dall’abitato, a causa dell’instabilità e dell’insicurezza energetica. L’intera provincia non ha acqua ed elettricità da oltre due settimane, mentre i mercati scarseggiano e la maggior parte dei negozi ha gli scaffali vuoti, comprese le farmacie e le strutture sanitarie. L’amministrazione militare della regione ha confermato che «i livelli di distruzione e l’accesso limitato ai servizi essenziali renderanno quasi impossibile per il governo di Kiev garantire l’accesso ai bisogni primari». Sul terreno restano ancora corpi da identificare e seppellire. Le organizzazioni internazionali hanno messo a disposizione di Kiev solo per l’area Sud di cento «body bag», i sacchi neri nei quali chiudere e trasportare i cadaveri. Molti sono civili che provavano a lasciare i villaggi più isolati percorrendo anche strade secondarie in direzione delle aree sotto il controllo dell’esercito ucraino. I residenti parlano di sepolture frettolose e sparizioni per le quali ci vorranno giorni, forse mesi, prima che si possano individuare i corpi delle vittime. Un’opera resa ancor più difficile proprio dalla nuova ondata di attacchi sui villaggi che avevano appena tirato un sospiro di sollievo.

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