I marine, l’ex bancaria, l’autista: chi erano i 7 operatori di World Central Kitchen morti per sfamare Gaza | Corriere.it

I marine, l’ex bancaria, l’autista: chi erano i 7 operatori di World Central Kitchen morti per sfamare Gaza

diMarta Serafini

Chi erano le vittime dell’attacco israeliano uccisi mentre portavano cibo alla popolazione palestinese

Sette vittime da tutto il mondo: un’australiana, tre britannici, un palestinese e una con doppia cittadinanza statunitense e canadese. Sette passaporti insanguinati.

Il primo nome a essere confermato dal premier australiano in persona è quello di Lalzawmi Frankcom, detta Zomi, 43 anni, originaria di Melbourne. Un lavoro in banca lasciato per viaggiare e inseguire i sogni, dal paradiso devastato dal fuoco, in California, alla Turchia, fino a Gaza. Appena una settimana fa compariva in un video girato da World Central Kitchen proprio nella Striscia. «Mi sto abituando ai droni, ma il tuono delle esplosioni mi colpisce ancora alla pancia», raccontava sorridendo.

Il secondo è Damian Sobòl, 35 anni, di Przemysl, cittadina polacca al confine con l’Ucraina, come ricorda il sindaco Wojciech Bakun. Ed era qui, dopo il 24 febbraio 2022 e l’inizio dell’invasione russa, che Sobòl aveva iniziato a lavorare con World Central Kitchen in cucina, dando da mangiare a migliaia di rifugiati, come conferma anche un filmato postato un mese fa dalla ong. Segue nell’elenco di morte, il nome di Saif Issam Abu-Taha, autista e interprete palestinese della ong, secondo quanto riferito alla Cnn da fonti mediche dell’ospedale Al Aqsa Martyrs, dove sono stati portati i corpi dei sette cooperanti.

Dei tre cittadini britannici uccisi, uno è James Henderson, 33 anni. I suoi vicini di Falmouth, in Cornovaglia, hanno confermato al Daily Mail che era un ex operatore delle forze speciali e che la sua famiglia è stata informata della sua morte solo martedì mattina, un giorno dopo l’attacco. Ex membro dei Royal Marines per sei anni, dopo aver lasciato l’esercito nel 2016 aveva svolto una serie di lavori nel campo della sicurezza personale prima di offrirsi volontario per lavorare con la ong statunitense. Per lui e per gli altri cittadini britannici — John Chapman, 57 anni, anche lui ex Royal Marines e James Kirby — il premier Rishi Sunak e il ministro degli Esteri David Cameron hanno chiesto un’indagine immediata sulle morti e una «spiegazione completa e trasparente».

I passaporti insanguinati e la cucina del mondo sotto attacco. World Central Kitchen è la ong che dopo il 7 ottobre ha fornito aiuto sia agli israeliani che ai palestinesi. Quella che ha portato per prima una nave carica di cibo via mare a Gaza e che serve ogni giorno migliaia di pasti nella Striscia. È anche la stessa organizzazione umanitaria che ha assistito e assiste tutt’oggi la popolazione ucraina e quella di Haiti. A fondarla nel 2010, lo chef spagnolo americano José Andrés. Un milione di follower su Instagram, professore e fondatore del Global Food Institute presso la George Washington University, proprietario di 20 ristoranti di cui uno stellato, ricevuto spesso alla Casa Bianca, amico di Jeff Bezos e Barack Obama, secondo ilWall Street Journal, è lui ad aver esercitato pressioni sul governo israeliano affinché consentisse l’arrivo di più aiuti umanitari nella Striscia sull’orlo della carestia.

«Quando si parla di cibo e acqua, le persone non vogliono una soluzione tra una settimana, tra un mese. La soluzione deve essere adesso», è lo slogan di Andrés. In Medio Oriente i suoi operatori sono entrati in attività dal 7 ottobre e hanno dato da mangiare agli israeliani sfollati a causa dell’attacco così come agli ex ostaggi, e alle persone in Libano sfollate a causa dei combattimenti con Israele. Ma è il lavoro nella Striscia quello più impegnativo: il gruppo afferma di aver fornito più di 43 milioni di pasti ai palestinesi attraverso due cucine, una nella città meridionale di Rafah e una nella città centrale di Deir al-Balah.

Inoltre la ong supporta 68 cucine comunitarie sparse sul territorio, servendo più di 170.000 pasti caldi al giorno. Il lavoro è stato intensificato durante il Ramadan, con 92 mila box e circa 4,7 milioni di pasti. Il gruppo ha anche fornito pasti tramite lanci aerei e ha condotto due spedizioni via mare trasportando centinaia di tonnellate di cibo per il nord di Gaza, dove l’emergenza alimentare è più grave.

In un’intervista all’Associated Press il mese scorso, Andrés ha attribuito alla sua missione via mare, l’operazione «Safeena» (nave in arabo) condotta con la ong spagnola Open Arms, il merito di aver spinto gli Stati Uniti a dichiarare che avrebbero costruito un molo galleggiante per gli aiuti consegnati a Gaza via mare. Un successo salutato come una goccia nel mare. Ma una goccia importante.

Fino a ieri quando World Central Kitchen, dopo la notizia che sette dei suoi — «sorelle e fratelli» li ha definiti Andrés — ha comunicato di aver interrotto il suo lavoro nella Striscia. Un’assenza che anche se temporanea rischia di aggravare la miseria dei gazawi ridotti a nutrirsi anche di rifiuti. Mentre le Nazioni Unite continuano a ribadirlo: la carestia nella Striscia è imminente.

2 aprile 2024 ( modifica il 3 aprile 2024 | 08:22)