True Story | la recensione della miniserie | AV Magazine

True Story | la recensione della miniserie

Fabrizio Guerrieri 06 Dicembre 2021 Cinema, Movie e Serie TV

Nella serie Netflix, il protagonista Kevin Hart interpreta il comico di successo Kid, un s� stesso alternativo che differisce dall�originale solo per il nome e un evento drammatico, creando una mimesi praticamente totale. Peccato per qualche ingenuit� della sceneggiatura facilmente evitabile.


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La carriera del comico di fama mondiale Kid è al suo apice. Sia gli show dal vivo che i film a cui partecipa riscuotono un successo enorme. Quando col ritorno nella sua città natale, Philadelphia, nella sua vita torna il fratello Carlton, che a causa del carattere difficile e dei fallimenti personali tende ogni volta a destabilizzarlo, le cose iniziano a prendere una brutta piega. Soprattutto quando dopo una notte brava, nel letto di Kid c’è il cadavere di una ragazza. Così le sorti dei due fratelli si ribaltano e per una volta toccherà a Carlton il difficile compito di sistemare le cose, a costo di violare qualsiasi legge pur di salvare vita e carriera di Kid.


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Creata da Eric Newman, già showrunner delle serie Narcos e Narcos: Messico, True Story è ambientata a Philadelphia, dove il protagonista fa tappa durante il suo tour mondiale. Inizialmente la città viene vista nel segno dello sfarzo, del clamore, tutto all’insegna della vita perfetta di Kid. Ma quando arriva Carlton il tono cambia. Incontriamo la Philadelphia difficile, quella di Rocky che prima di salire la scalinata del Museo dell’Arte nella convinzione di poter battere il campione del mondo, vive nei sobborghi e lavora come macellaio. Le radici dell’attore vengono in superficie e la presenza del fratello problematico acuisce il senso di un passato probabilmente da dimenticare. Un passato che però non ci viene colpevolmente raccontato, né con tanti riferimenti verbali né con flashback.


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Quella che avrebbe potuto essere una storia da raccontare in un film assume, grazie allo sviluppo in forma seriale, toni più dilatati ma non per questo meno densi. A parte la mancanza appena menzionata, c’è così tutto il tempo per approfondire una vicenda scomoda, per usare un eufemismo. Mentre Kid è abituato a tirar fuori dai guai Carlton, il contrario sembra essere molto più complicato, sia perché il primo credeva di aver imparato a rifuggire da vizi e dipendenze e quindi si sentiva forte e immune da possibili disastri, sia perché il secondo non ha particolare familiarità con il dono di saper risolvere problemi altrui perché già incapace di dirimere i propri.


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L’intreccio è abbastanza furbo, utilizza diversi cliché di genere, sebbene lo faccia in maniera efficace e intrigante. Vedere una very important person finire nei guai è un piatto molto succulento, poterlo gustare nel corso di ben sette episodi lo rende ancor più piacevole. La fama che rischia di essere perduta e può essere riscattata grazie a criminali pericolosi e bugie difficili da tenere nascoste, è un tema conosciuto ma che qui viene raccontato bene e con i giusti colpi di scena per mantenere vivo un certo senso di inatteso misto a eccitazione. Ovviamente la serie non mira alla gloria artistica, ma come intrattenimento funziona a dovere e gioca le carte che ha a disposizione in maniera congrua e attraente.


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La storia si colloca in una realtà non particolarmente alternativa. La cosa che differisce dalla realtà non è neanche il protagonista, ma piuttosto il suo nome e la disavventura in cui si ritrova invischiato. Philadelphia è la città in cui è nato Kid ma anche Kevin (Hart), vengono fatti nomi noti di personaggi veri (Chris Hemsworth ed Ellen DeGeneres vengono addirittura mostrati nei panni di sé stessi), quando sarebbe stato più facile inventarne di finti. E questo è uno dei pregi principali della serie, perché la mimesi dell’attore reale rispetto al personaggio di finzione è praticamente perfetta. Un altro grande pregio sta nell’aver scelto come coprotagonista Wesley Snipes che siamo abituati a vedere nei panni di personaggi ipertrofici in film ad alto contenuto di adrenalina. Qui invece l’attore ha la possibilità di mostrare tutto il suo talento drammatico. E lo fa egregiamente.


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Sono calmo perché alla gente non importa se hai dei problemi. Vogliono vedere uno show. 
Un tema importante trattato nella serie è il rapporto tra il personaggio di successo e i suoi fan. Al tempo dei social network. Kid è perennemente in bilico tra realtà e finzione, tra l’essere sė stesso e il recitare una parte per accattivarsi il favore del maggior numero di persone. Il suo fan numero uno, che lo segue ovunque, pare ossessionato da lui (si scopre solo in seguito il perché) e quando quel rapporto infrange la giusta distanza tra i due, in un momento drammatico per Kid, scatta un primo campanello d’allarme cui non verrà dato particolare peso ma che avrà sviluppi importanti. Sviluppi che coinvolgeranno anche Carlton che in qualche modo prova una certa distorta gelosia verso l’uomo e sfrutterà cinicamente la situazione a proprio vantaggio.


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L’altro tema fondante è quello degli affetti di famiglia. Kid è il fratello minore che ce l’ha fatta, Carlton il maggiore che invece di dare un esempio positivo risulta perennemente scapestrato e inconcludente. Il rapporto tra i due è non solo evidentemente disequilibrato ma anche dannoso, non solo a sfavore di quello più fortunato ma anche di Carlton che sapendo di poter contare in ogni momento sul sostegno di Kid non si preoccupa di schivare errori e fallimenti. Una volta che si trova dall’altra parte però, da un lato sembra non giudicare il fratello, dall’altra si percepisce quanto si senta quasi gratificato dall’accaduto. Ma quello che accadrà nel seguito degli episodi sarà ben più accecante ed esasperato di questo.


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Peccato per alcuni difetti che la sceneggiatura porta con sé e che avrebbe potuto evitare con alcuni semplici espedienti narrativi. Parte dell’esito finale è purtroppo abbastanza telefonata, non sufficientemente nascosta tra le pieghe della storia che non è in grado di ingannare neanche lo spettatore medio. Allo stesso modo, viene mostrata un’indulgenza fuori misura verso una grossa bugia rimasta ben celata fino in fondo. Da un lato la cosa appare come più realistica, ma dall’altro non esprime una morale corretta e proporzionata. Quel che accade nell’ultimo episodio è deflagrante e potente, sconvolgente quanto inaspettato. In totale, è una serie piacevole da vedere per i dietro le quinte, gli intrighi e le conseguenti risoluzioni tutt’altro che agevoli e che avrebbe potuto essere maggiormente riuscita se non fosse incappata in ingenuità non impossibili da aggirare.


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VALUTAZIONI

dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7,5 Potenziale 8,5

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO

visione
Intrattenimento 8,5 Senso 7 Qualità 8
Giudizio Complessivo 7,8

True Story | miniserie
drammatico, thriller | USA | 24 nov 2021 | 7 ep / 36 min | Netflix

ideatore Eric Newman

personaggi interpreti

Kid Kevin Hart
Carlton Wesley Snipes
Billie Tawny Newsome
Todd Paul Adelstein
Herschel Will Catlett
Savvas Chris Diamantopoulos
Ari Billy Zane
Monyca Lauren London
Daphne Ash Santos
Nikos John Ales
Gene Theo Rossi

critica IMDB 7,7 /10 | Rotten Tomatoes critica 5,5 /10 utenti 4 /5 | Metacritic critica 54 /100 utenti nd

aspect ratio 16 : 9

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