Benvenuto o bentornati sul nostro blog. Nello scorso articolo siamo tornati a parlare di cinema, facendo un salto nel passato e per la precisione negli anni ’40, con un film horror davvero affascinante ossia La Iena di Robert Wise. Siamo a Edimburgo nel 1831 e una madre prega un noto chirurgo di operare sua figlia, paraplegica dopo un grave incidente. Lui si rifiuta di operarla per i suoi impegni da docente e per la difficoltà nell’operarla senza un cadavere su cui sperimentare. Il suo assistente allora, che si è affezionato alle due ragazze, decide di rivolgersi a John Gray, un uomo che rifornisce il dottore di cadaveri. Così facendo però conoscerà il lato oscuro di Gray e del dottore e del loro terribile legame. Nonostante fosse uno dei suoi primi film, Wise si dimostra un regista incredibile nella messa in scena. Riesce a concentrarsi sui personaggi, senza perderli di vista e soprattutto riesce a creare momenti horror grazie alla costruzione della tensione. La profondità di campo è ottima ma soprattutto è la fotografia a essere eccellente, ispirandosi molto a quella espressionista. Inoltre tutti i personaggi che appaiono sono ricchi di personalità e non sono mai superflui, ma rimaniamo affascinati in special modo dai loro rapporti, soprattutto quello tra il dottore e Gray, una relazione malata basata sul ricatto e sulla voglia di distruggere che renderanno Gray un personaggio molto inquietante ma anche molto caratterizzato. Un film tuttora moderno che consiglio caldamente!
Con l’articolo di oggi torniamo nel mondo dell’animazione ma questa volta non andremo avanti con i classici Disney, seppur parleremo di qualcosa legato a quella casa di produzione. Visto dove siamo arrivati con i classici Disney, ossia con Fantasia 2000, avevo pensato di introdurre anche altre case animate che proprio in quel periodo stavano emergendo e catturando l’attenzione del pubblico. Una di queste è la DreamWorks mentre l’altra è la Pixar e parleremo proprio di quest’ultima, discutendo del loro primo lungometraggio animato, nonché un film fondamentale a livello cinematografico.
Ecco a voi Toy Story, pellicola animata del 1995 scritta da Andrew Stanton, Joss Whedon, Joel Cohen e Alec Sokolow e diretta da John Lasseter.
Trama:
Il film inizia con un bambino chiamato Andy Davis (John Charles Morris) che gioca con i suoi giocattoli e in special modo con il suo preferito, lo sceriffo Woody (Tom Hanks). Ciò che il bambino non sa è che, quando li lascia da soli, i giocattoli prendono vita. In questo caso tutti loro sono molto preoccupati perché è il compleanno di Andy e temono di essere rimpiazzati da un giocattolo nuovo e di ultima fabbricazione. Woody dice ai suoi di non preoccuparsi, che nessuno verrà lasciato indietro, ma effettivamente durante il compleanno di Andy riceve un regalo speciale: un giocattolo di ultima generazione, il ranger spaziale Buzz Lightyear (Tim Allen). Quest’ultimo riesce in poco tempo non solo a conquistare il rispetto e l’ammirazione degli altri giocattoli ma a diventare perfino il giocattolo preferito di Andy, scavalcando Woody. Con il passare del tempo Woody inizia a diventare sempre più geloso di Buzz e a provare un profondo rancore. Un giorno il bambino decide di andare a cena in una pizzeria e deve decidere il giocattolo da portare con sé. Woody, sapendo che Andy avrebbe scelto Buzz, decide di nascondere il rivale, ma il piano prende una brutta piega e finirà per buttarlo giù dalla finestra. Da qui in poi Woody dovrà cercare di recuperarlo e tornare da Andy prima che lui si trasferisca.
Con l’articolo di oggi introduciamo la Pixar, anche se in passato abbiamo già parlato di alcune sue pellicole (che probabilmente riscriverò). Uno studio animato che in questi anni ci ha regalato opere meravigliose e soprattutto ha rivoluzionato il mondo dell’animazione con l’utilizzo di una nuova tecnica mai adoperata per questo tipo di cinema: la CGI. Direi che una piccola introduzione allo studio sia d’obbligo.
Infatti le origini della Pixar sono particolari, dato che inizialmente era una divisione della Lucasfilm a partire dal 1979 ed era conosciuta come Graphics Group. All’inizio non era uno studio animato, si occupava principalmente di hardware, ma tutto cambiò quando assunsero l’ex animatore della Disney John Lasseter che nel 1984 lavorò come interface designer per il corto animato in CGI Le Avventure di André e Willy B. non solo il primo lungometraggio animato in CGI ad aver una trama, ma anche un’opera che nel suo piccolo avviò una vera e propria rivoluzione. La Graphics Group non era ancora uno studio animato ma si fece subito notare da diverse persone tra cui Steve Jobs, il fondatore di Apple, che comprò quella divisone nel 1986 e la rinominò Pixar Animation Studios, rimuovendo gli hardware e concentrandosi solo sull’animazione. Da lì in poi crearono diversi corti animati che vinsero diversi premi e tra questi nel 1988 c’era anche Tin Toy, un corto fondamentale perché da esso avrebbero preso spunto per creare Toy Story. Inoltre anche la Disney era interessata a fare degli accordi con Lasseter, accordi che ha sempre rifiutato, aggiungendo di fare invece degli accordi con la Pixar stessa. In quel periodo cominciò la collaborazione tra i due, con la Pixar che aiutava la Disney con la propria tecnologia e la CGI. Alla fine i due studios arrivarono a un accordo affinché la Pixar realizzasse il suo primo lungometraggio, il primo lungometraggio animato in CGI.
Inizialmente, come capita in queste opere, la storia era molto differente e infatti il protagonista doveva essere Tinny, il protagonista di Tin Toy, che insieme a un manichino da ventriloquo veniva abbandonato in una stazione di servizio ed entrambi cercavano un modo per poter giocare ancora con i bambini, finendo infine in un asilo. Jeffrey Katzenberg, l’allora presidente della Disney, non era contento della storia, specialmente dei due protagonisti che considerava antiquati. Quindi Tinny venne cambiato con Buzz e il suo design venne ispirato dalle tute spaziali degli astronauti di Apollo e a certi personaggi di G.I. Joe. Il manichino venne chiamato Woody e inizialmente rimase con l’aspetto appunto di un manichino, almeno fino a quando il character designer Bud Lukey suggerì che Woody fosse un cowboy, in modo che il contrasto tra i due fosse ancora più accentuato. Katzenberg inoltre voleva che la storia fosse più matura e cinica ma è qui che si arrivò a un enorme problema. Quando venne trasmessa, la prova non piacque a nessuno. Il motivo principale era Woody che in questa prima versione era una sorta di tiranno dispotico, violento e spietato che governava tutti con il terrore. Un personaggio negativo e particolarmente odioso. Quel giorno, quello della proiezione di prova, venne chiamato Black Friday Incident, tutto andò malissimo e il progetto venne fermato, con il rischio di venire completamente cancellata. Fu un brutto momento per la Pixar ma Lasseter e gli altri riuscirono a tenere duro e dopo tre mesi lo script era pronto e Woody era passato dall’essere un tiranno a un leader saggi. Ed è qui che inizia la recensione.
Fin dai primi minuti il film riesce a stupire non solo per la novità della CGI e per il modo in cui è stata adoperata (che a mio avviso rimane moderno tuttora), ma anche per ciò che vediamo messo in scena. L’inizio è un momento iconico dove vediamo Andy giocare con i suoi giocattoli creando non solo una storia fantasiosa ma anche costruendo edifici fatti di cartone e disegnati a mano da lui. Un inizio stupendo dove vediamo un bambino dare sfogo alla sua irrefrenabile fantasia e trasportarci in quell’atmosfera. Quando poi i giocattoli si risvegliano, vediamo non solo delle ottime animazioni con personaggi che si muovono in maniera diversa a seconda del loro aspetto, ma anche dei design veramente ben fatti e ormai iconici e delle personalità che spiccano, perfino tra coloro che appaiono poco. Fin da subito la storia riesce a incuriosire anche per come sono organizzati tutti i giocattoli e per Woody, che si dimostra un tipo intelligente e molto simpatico. Quando arriva Buzz però il film decolla e da lì in avanti si trasformerà letteralmente in un buddy movie, con due personaggi che sono diventati memorabili proprio per come sono stati caratterizzati e per i loro difetti.
Woody appare come qualcuno di responsabile, maturo e capace di prendere le decisioni ma, con l’arrivo di Buzz, il suo mondo crollerà, diventerà geloso e commetterà degli sbagli che porteranno gli altri a voltargli le spalle. Buzz invece non è consapevole di essere un giocattolo, crede veramente nella parte che gli è stata data ossia di essere uno space ranger e di essere finito su un mondo alieno. A nulla serviranno le parole e le prove di Woody per convincerlo del contrario. Si dimostra molto sicuro di sé, anche troppo, pronto ad aiutare e all’azione. Entrambi avranno una bellissima evoluzione con Woody che ammetterà i suoi sbagli e cercherà di rimediare a tutti i suoi sbagli e Buzz che invece dovrà fare i conti con la realtà che gli viene mostrata. Alla fine ci si affeziona a loro, per la loro personalità, per i loro pregi ma soprattutto per i loro difetti perché, nonostante siano dei giocattoli, mostrano di essere umani nelle loro scelte che siano giuste o sbagliate.
Ci sono tante scelte che reputo coraggiose e che sono mostrate in maniera molto intelligente. Prendiamo per esempio i giocattoli modificati di Sid (Erik van Detten), che appaiono mostruosi, in una scena quasi horror che però ribalta completamente la situazione, mostrando che in realtà sono buoni ma sono stati maltrattati da un bambino che non ha rispetto di loro. Ci sono tante idee geniali di cui parlare, solamente l’idea di base dei giocattoli che prendono vita è vincente di per sé, specialmente nel modo in cui viene messa in scena e lo stesso vale per certe battute divenute ormai iconiche e ancor oggi divertenti.
La CGI usata è ottima e riesce a creare qualcosa di incredibile però, e mi dispiace dirlo, in certe cose quella CGI è invecchiata. Non nei giocattoli e neanche nelle ombre (che sono fatte benissimo), ma negli umani. I modelli degli umani non è ottimo come quello dei giocattoli e a volte anche i loro movimenti sembrano molto rigidi. Questo però non accade quando si muovono velocemente, dove le animazioni sono molto belle, ma quando vanno piano, dove i movimenti sono più incerti e non proprio naturali. Un altro elemento che è invecchiato male è anche Scud, il cane di Sid, specialmente con quegli occhi giganteschi. Per il resto però bisogna ammettere che il lato tecnico è impressionante ancora oggi, con dei dettagli veramente ottimi negli sfondi o negli stessi oggetti che mostrano ammaccature, sporcizia, graffi e altro. Nonostante tutto l’uso che è stata fatta di questa tecnologia è meraviglioso, usato in maniera intelligente e curata.
C’è però una cosa in cui Toy Story non è invecchiato e non invecchierà mai e poi mai: i suoi messaggi. I suoi messaggi sono universali, messaggi importanti soprattutto legati alla fantasia e alla crescita. Attraverso questo film e attraverso i giocattoli si mostra quanto la fantasia sia importante per la crescita di un bambini, quanto sia un elemento positivo e come la crescita venga visto come un importante cambiato anche per i giocattoli stessi. Crescendo il bambino cambierà giocattoli, crescendo alcuni potrebbero essere anche rimpiazzati ma ciò che conta è che lui non si dimentichi della loro importanza, di cosa hanno rappresentato per lui. Dei messaggi fondamentali che vengono trasmessi con forza e senza alcuna sciocca retorica.
Per concludere, Toy Story è un capolavoro e su ciò non scherzo. Un capolavoro che non solo ha il primato di essere il primo lungometraggio animato in CGI ma che usa questa tecnologia in maniera straordinaria e creativa. Ha dei personaggi scritti benissimo e indimenticabili e soprattutto ha qualcosa da raccontare, vuole parlare non solo ai bambini ma anche agli adulti, riuscendo nella sua incredibile impresa. Toy Story è un signor film e tutti dovrebbero vederlo.
Spero che la recensione vi sia piaciuta.
Alla prossima!
[The Butcher]
Recensione bellissima e molto accurata. Quando uscì Toy Story fui entusiasta per la CGI, anche se per me non era una novità. Infatti conoscevo già la Pixar per alcuni corti d’animazione che avevo visto in una VHS. Ero rimasto affascinato da quella nuova tecnica, da arrivare a preferirla a quella tradizionale (so che molti puristi dell’animazione storceranno il naso, ma per me è così). Toy Story risulta un film sia maturo che acerbo, ma per l’epoca in cui è uscito era davvero tanta roba. Forse uno dei difetti della casa, ancora oggi, è quello di farsi poche domande. Avrei apprezzato molto scoprire perché i giocattoli prendessero vita, il motivo per il quale non potevano farsi vedere dagli umani e perché non potessero lottare per le proprie vite. Tutto ciò riporta un po’ all’atmosfera delle vecchie fiabe popolari, dove si accettava tutto così com’era. Alla fine Toy Story oggi è anch’esso una vecchia fiaba, stupendoci di quanto apprezzammo quell’innovazione mai vista prima. Grazie per la recensione. Inizierai una serie cronologica anche sulla Pixar, così come fai coi Classici Disney?