Inizia come una black comedy in costume dall’ironia oltraggiosa, cinica e liberatoria Cattiverie a domicilio di Thea Sharrock, e a tra una serie di sberleffi rivolti a quella fetta di patriarcato avversa alle suffragette dell’epoca sfocia magicamente nel legal drama. 1922, una cittadina inglese sul mare vede incrociarsi i destini di tre donne. Edith, Olivia Colman, donna bigotta sottomessa alle angherie del padre, Timothy Spall, la sua ex-amica, Jessie Buckley, accusata di spedirle lettere anonime zeppe d’insulti, e la poliziotta Anjana Vasan che nella sua resilienza immersa in un comando profondamente maschilista dovrà dimostrare il suo valore professionale.

Il triangolo d’attrici è di quelli preziosi, i caratteri scritti da Johnny Sweet in una sceneggiatura scoppiettante dall’inizio alla fine sono perfettamente assortiti e bilanciati, anche in relazione a tutti gli altri ruoli non protagonisti. La Colman si riconferma genio della sua arte, incorpora i tic di un’epoca restituendoli a singoli sguardi o micro-gestualità. Lo stesso vale per Spall, uno che a sfumature sul suo personaggio ce ne fa vivere tutte le insicurezze destinate al crollo finale. Siamo tra giganti della recitazione moderna.

Wicked little letters gioca allegramente a far carne di porco degli schemi maschilisti utilizzando una messa in scena ricca e dinamica che non stanca mai. È stata la commedia inglese di maggior incasso dal periodo pandemico con oltre un milione di spettatori in sole tre settimane, mentre da noi è rimasto saldo al sesto posto al box office per i suoi primi 6 giorni in sala, preceduto solo dai blockbuster americani del momento e da un’altra squisita commedia italiana: Un mondo a parte.

Restiamo intorno a Timothy Spall, perché è anche tra i protagonisti della commedia quasi tutta islandese Non volere volare di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson. Un corso per superare la paura di volare mette insieme una quarantenne ansiosa che deve conquistare ex-moglie e prole del suo nuovo compagno, un introverso programmatore di app accompagnato dalla fidanzata influencer, e infine un anziano scrittore dispotico (Spall appunto).

Durante il loro volo di fine corso si verificherà una serie di sfortunati eventi, a partire dalla destinazione, la freddissima Islanda, che li sbatterà di fronte a tutte le loro fragilità regalando loro un’ultima chance per superarle. Isterismo, ansia, mania del controllo, tutte modernissime forme più e meno striscianti di paura, sono i punti si quali batte questa commedia cinica e irresistibile, con un cast azzeccato e un modo eccellente di spiazzare con trovate iperboliche ma sempre intelligenti.

Si basa invece su una carambola di piccole mancanze e sfortunate leggerezze Niente da perdere, l’opera prima di Delphine Deloget e tempesta perfetta su questa madre interpretata da Virginie Efira. Dramma sociale di un’attualità sconcertante, ci pone davanti a una madre che ha cresciuto da sola un figlio adolescente e un bambino, dove quest’ultimo si ritroverà sottratto alla famiglia per decisione dei servizi sociali dopo uno sfortunato incidente in casa. La protagonista scivola in una tenaglia di burocrazia e nervi tesi mettendo a disagio lo spettatore per la ruvidità del tema trattato quanto per le dinamiche sviluppate. Forse un finale un po’ discutibile su una storia decisamente migliore di esso.

Da una donna che affonda nei suoi errori in Niente da perdere a un uomo che galleggia sui suoi segreti, dal 24 è in sala anche Confidenza di Daniele Luchetti. Con la vicenda del professore e del suo segreto condiviso con la sua ex-studentessa, il regista riprende nuovamente un romanzo di Domenico Starnone. Il dramma familiare incalza come fosse un thriller, prendendo così pieghe hitchcockiane anche dalla trattazione del segreto che minaccia il protagonista. Elio Germano plasma il suo Pietro attorcigliandolo alle sue verità, alle sue varie età, fino alla vecchiaia, dove duetterà con la figlia Pilar Fogliati, suo dolce contrappunto, e soprattutto coi nipotini.

Ma in mezzo Luchetti mette in campo la resilienza di una moglie, la poderosa Vittoria Puccini, che sopporta le sconfitte nel tempo, e di una vecchia ex dallo spirito libero e vincente, Federica Rosellini. Il nuovo lavoro di Luchetti è un piccolo ritratto tra il perbenismo e la vibrazione insopportabile, il rischio che tutto possa improvvisamente crollare. Un pamphlet raggelante sulla paura e la menzogna nella loro forma più pura e invisibile agli occhi. E solo il finale potrà farvene capire il perché.

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