The Premise, una breve (ma intensa) antologia del presente
The Premise

The Premise, l’antologia del presente di B. J. Novak

La nuova serie su Disney+ fa riflettere senza essere troppo pesante

6 minuti di lettura

Negli Stati Uniti ha debuttato il 16 settembre 2021 su FX on Hulu con un episodio a settimana. In Italia, invece, è approdata su Disney+ lo scorso 3 novembre. Stiamo parlando di The Premise, nuova serie antologica ideata da B. J. Novak, conosciuto principalmente per il ruolo dello stagista Ryan in The Office e di Smithson Utivich in Bastardi Senza Gloria.

The Premise si compone di cinque episodi autoconclusivi, incentrati su questioni contemporanee dibattute e controverse. Nel cast molti nomi di spicco: ricordiamo Lucas Hedges, Jon Bernthal, Ben Platt, Daniel Dae Kim e Boyd Holbrook.

Una satira del mondo contemporaneo

The Premise

The Premise si caratterizza come una descrizione e al contempo una satira della società americana (ma non solo) contemporanea e viene per questo definita antologia del presente. La sua peculiarità è quella di sviluppare dinamiche apparentemente banali conducendole alle loro estreme conseguenze, in un crescendo narrativo che punta all’esagerazione. I momenti di distensione sono solo apparenti e precedono una punchline più o meno amara e spietata a seconda degli episodi, ma di certo sempre d’impatto.

La natura antologica e il minutaggio risicato (appena trenta minuti per puntata) non sembrano essere un problema per The Premise: la grande varietà e quantità di temi – dal razzismo e il Black Lives Matter all’odio online, dal rapporto della società col sesso alla sete di vendetta – viene gestita in maniera competente e ciò che vuole comunicare arriva dritto allo spettatore, stimolando ben più di qualche riflessione.

L’episodio più riuscito è il secondo, Moment of Silence, in cui un uomo che lavora nelle pubbliche relazioni porta ogni giorno con sé una pistola in ufficio. La tensione è alle stelle, i minuti sembrano interminabili e la tragedia incombente. Rappresenta un caso unico nella stagione per il taglio fortemente drammatico più che eccentrico (a differenza di The Commenter o Butt Plug, per esempio, che fanno dell’assurdo il loro punto di forza).

Antieroi in una società alla deriva

The Premise

The Premise non ha paura di mostrare le sfumature che stanno tra il bianco e il nero. Non esistono eroi ma esseri umani dalla dubbia moralità che compiono azioni discutibili, perché è così che funziona nel mondo reale: spesso siamo guidati dalle emozioni, anche negative, e le decisioni che prendiamo dipendono da quelle. Oppure, sebbene per una giusta causa, finiamo per fare del male a qualcuno (o a noi stessi).

Nel primo episodio, Social Justice Sex Tape, un uomo bianco mostra in tribunale un proprio filmato pornografico poiché ritrae, per pura casualità, anche un atto di violenza razzista della polizia nei confronti di un uomo nero. Il dibattito, in aula e fuori, finisce però per incentrarsi sul rapporto sessuale del testimone, che diventa di fatto l’imputato e non viene aiutato da una difesa che decide a sua volta di sfruttarlo per provare a vincere il caso.

Siamo anche esseri sociali, quindi collocati in un contesto tale da influenzare i nostri pensieri, i nostri comportamenti e i nostri interessi. Quella discutibilità dei personaggi di cui si parlava non è intrinseca, ma il prodotto della società problematica in cui vivono. La terza puntata, The Ballad of Jesse Wheeler, ne è la dimostrazione: una famosa pop star in visita a un liceo mette in palio una notte di sesso con lui per lo studente con la media più alta alla fine dell’anno. Lo scandalo è immediato, eppure il rendimento scolastico generale lievita e la competizione si fa feroce.

È il riflesso di un ambiente in cui regnano al contempo l’ipersessualizzazione e il bigottismo, in cui il sesso è ovunque ma è vissuto come un tabù, e dove il sistema scolastico non riesce a motivare i ragazzi e le ragazze ad arricchirsi culturalmente e a migliorarsi in modo genuino. Il problema, allora, sta nell’apparente superficialità degli studenti o a monte?

The Premise non è la serie dell’anno, ma merita una possibilità

L’identità di The Premise sta nel suo modo di raccontare le cose, e ciò potrebbe bastare per passare sopra una regia e una fotografia piuttosto anonime. Sarebbe però interessante se si facesse attenzione anche a quest’ultime: il potenziale per raggiungere un livello qualitativo molto alto in un’ipotetica seconda stagione c’è, sarebbe un peccato sprecarlo.

Non parliamo, insomma, della serie dell’anno, ma certamente di una a cui vale la pena dare una chance per passare una serata stimolante ma non troppo pesante.


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Classe 1999, pugliese fuorisede a Bologna per studiare al DAMS. Cose che amo: l’estetica neon di Refn, la discografia di Britney Spears e i dipinti di Munch. Cose che odio: il fatto che ci siano ancora persone nel mondo che non hanno visto Mean Girls.

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