The Lobster: dimensioni contrapposte nella vita a due

the-lobster-recensione-film

Titolo originale: The Lobster
Regia: Yorgos Lanthimos
Sceneggiatura: Esthymis Filippou, Yorgos Lanthimos
Cast principale: Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Olivia Colman
Nazione: Grecia, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Francia
Anno: 2015

Una società che non lascia spazio ai single

Yorgos Lanthimos disegna un futuro distopico nel quale non è prevista la sopravvivenza senza un partner. I single vengono portati in un albergo – la prima dimensione del film – dove devono trovare un compagno per non essere trasformati in animali. David (Colin Farrel), destinato a diventare The Lobster – il cui significato è  aragosta-, porta con sé Bob, il fratello trasformato in cane. I colori dell’albergo-prigione sono tenui, pastello, come i sorrisi delle donne che tengono repressa la rabbia sotto uno strato di rossetto. L’albergo rappresenta un luogo di transizione e determina il rientro in società o l’uscita definitiva non solo dalla stessa, ma dalla condizione umana. La passione è esclusa.

La pulsione sessuale è strumentalizzata

L’eros viene canalizzato verso la ricerca di un compagno, indipendentemente da chi esso sia. In un’esistenza avvolta nel torpore alcun sentimento prevale tranne l’indifferenza per l’altro, quando non rappresenta il mezzo per riconfermarci come esseri umani. Tutto è sbiadito, controllato. Non c’è spazio per l’espressione delle sfumature dell’individualità: nessun colore deciso in netto contrasto con gli altri, non si calzano mezzi numeri, i vestiti sono gli stessi per tutti, la descrizione del proprio orientamento sessuale è definibile entro confini precisi (omosessuali o etero, ma non bisessuali). L’omologazione è la maschera per la sopravvivenza. L’albergo potrebbe rappresentare, in un certo senso, un totalitarismo che nella propaganda raccoglie consenso e si autoalimenta.

La foresta è lo spazio incontrollato in cui rifugiarsi

La foresta è anche la seconda dimensione del film in cui David decide di scappare e dove viene accolto dalla tribù dei “solitari”. Da sempre in contrapposizione con l’urbe, la foresta non è controllata, né controllabile. Rappresenta un territorio escluso dalle leggi dello Stato, dove vige un codice di regole non scritto, ma è geograficamente incluso nello Stato stesso. Ex capere dunque, da intendere nel significato di ciò che è “preso fuori”, compreso in qualcosa, ma sua eccezione.  In The Lobster è il luogo della fuga dalla repressione dell’individuo, ma è anche il negativo della stessa fotografia. Obbligati a non stare insieme per continuare ad “essere” umani, si viene disumanizzati e sottomessi ad un altro tipo di regime, diverso per fini, uguale per violenza. La leader (Léa Seydoux), oppressa da se stessa, è carica di invidia e di rancore. Scoprirà dell’amore di David con una dei solitari (Rachel Weisz), miope, che per questo verrà resa completamente cieca.

Ma allora, cos’è l’Amore? [Allerta spoiler!]

Il protagonista riesce a ricucire la sua lacerazione interiore rientrando in società, con un’altra maschera in viso e la donna che ama al suo fianco. In questo percorso a spirale l’amore sembra trovare un proprio cammino, rimanendo però patologico nel doversi riflettere in un elemento che accomuna i due amanti: la miopia prima, la provocata cecità poi. Infatti, il film si conclude con David intenzionato ad accecarsi a sua volta per poter vivere la stessa condizione della sua compagna. La vista è il senso che ci permette il primo contatto con ciò che esiste al di fuori di noi stessi. Pensiamo coppie celebri come Madame Bovary e i suoi amanti, Tristano e Isotta, o anche, banalmente, Lilli e il Vagabondo, tutti innamorati a prima vista. In The Lobster la sua perdita può rappresentare un’energia centripeta nella quale la coppia si unisce, isolandosi da un contesto esterno che, forse, non riesce ad includerla.

Tre motivi per vedere The Lobster

Quando vedere il film

Di mattina, pomeriggio o sera, quando percepite che la vostra relazione scricchiola e sentite che non sono più i motivi giusti quelli che vi tengono insieme. Il film non è adatto ai bambini.

Federica Belfiori

Ecco il nostro ultimo cineforum:

Le immagini contenute in questa recensione sono riprodotte in osservanza dell’articolo 70, comma 1, Legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio. Si tratta, infatti, di «riassunto, […] citazione o […] riproduzione di brani o di parti di opera […]» utilizzati «per uso di critica o di discussione», nonché per mere finalità illustrative e per fini non commerciali. La presenza in CulturaMente non costituisce «concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera».

Consumatrice seriale di libri, film, spettacoli e tè.

COMMENTA QUESTA DOSE DI CULTURA

Lascia un commento!
Inserisci il tuo nome qui