The Adam Project: recensione del film Netflix - Cinematographe.it

The Adam Project: recensione del film con Ryan Reynolds

La recensione di The Adam Project, film Netflix disponibile dall'11 marzo 2022 con protagonisti Ryan Reynolds, Zoe Saldaña e Mark Ruffalo.

Cosa diresti al te stesso dodicenne? Probabilmente niente: ti detesteresti. Ma ce lo si chiede spesso guardando The Adam Project, ultimo ritrovato del cinema per famiglie atteso su Netflix per venerdì 11 marzo 2022. Ribaltiamo il quesito: cosa ti faresti insegnare dal te stesso dodicenne? Ecco il cambio di prospettiva utile a tenere The Adam Project nel cassetto delle piccole sorprese. Tanto semplice e prevedibile quanto dolce e inaspettato. L’avventura sci-fi con protagonista Ryan Reynolds è un racconto di efficace trasversalità, che giocando sulle opportunità metaforiche dei viaggi nel tempo riesce a intrattenere nella sua interezza gli abitanti più vari del divano di casa.

Se il cast aiuta, con Mark Ruffalo, Zoe Saldaña e Jennifer Gardner al fianco dell’antieroe comico più famoso della piattaforma, è la trama votata a generosi sentimentalismi a vincere lo spettatore. C’è in The Adam Project la volontà di porre l’azione a solo condimento di un viaggio molto più semplice e umano, che sceglie – anche a sorpresa – di rendere il bambino protagonista specchio della sua controparte adulta. Non tutto è perfetto e il cedimento ci coglie a metà avventura, un po’ per l’inconsistenza dei passaggi action un po’ per la ridondanza di alcuni temi, ma Shawn Levy (Free Guy) chiude in tempo il sipario e ne salva le sorti.

Ecco perché non viaggeremmo nel tempo per rivedere The Adam Project, ma siamo contenti appartenga alla nostra linea temporale.

The Adam Project – Piacere, te stesso

The Adam Project film - Cinematographe.it

In un futuro in cui il tempo è divenuto la più preziosa delle risorse, Adam (Ryan Reynolds) scappa dal 2050 dalla temibile Sorian (Catherine Keener) alla ricerca della moglie scomparsa (Zoe Saldaña) nel 2018. Un errore nel salto temporale lo farà atterrare nel 2022, dove incontra il sé dodicenne alle prese con il recente lutto del padre. L’incontro è fortuito e riaccende le speranze per un nuovo futuro.

Ryan Reynolds e Walker Scobell formano un anfiteatro, due volti di uno stesso spettacolo. Nel recitare un unico personaggio da due linee temporali differenti, Shawn Levy li unisce nei gesti e nei riflessi che negli anni sembrano essersi conservati: l’ordine con cui assaltano una frittata, l’urlo deciso per richiamare il cane e la risposta sempre indisponente e sopra le righe. Il mix comico risiede però nel fastidio che il piccolo Adam sembra recare al sé del futuro, spaventato dal passato a tal punto da non potersi sopportare: “sei così adorabile che ti immergerei la testa in una bacinella fino a vedere le bolle scomparire”.

Ryan Reynolds è inarrestabile nel ruolo eroico-comico che da tempo ha trasformato in un un brand: interagisce con ritmo e sagacia, salvando la situazione e al contempo abbattendo ogni possibilità di essere preso sul serio. Un contraltare dovuto e necessario alle pose di colleghi cuciti in calzamaglie da eroi. Walker Scobell è invece una gradita presenza, conferma della capacità statunitense nella scelta degli attori bambini: il volto impertinente del bambino dodicenne ne crea un piccolo-Ryan Reynolds con cui l’attore non fatica a interagire.

The Adam Project Ryan Reynolds - Cinematographe.it

Ryan Reynolds ha detto bene: The Adam Project è una lettera d’amore ai genitori. Più che le roboanti acrobazie su navicelle molto simili all’estetica da Guardiani della Galassia o il confuso tentativo di salvare un 2050 di cui poco ci è riferito, sarà l’intreccio famigliare del gruppetto protagonista a restarvi nel cuore. L’abbraccio più dolce è però ai genitori, che accanto alla prole in estasi per un Ryan Reynolds in ottima forma comico-eroistica, si vedranno congedati da ogni senso di colpa.

Jennifer Gardner e Mark Ruffalo – di nuovo assieme dopo 30 anni in un secondo, di cui il film è un po’ un omaggio – rappresentano la madre e il padre a cui negli anni abbiamo addossato imperfezioni ed errori. Sono lo specchio di un’insicurezza che il tempo fatica a lenire e aiuta a storpiare. Così l’Adam del 2050 dovrà imparare ad ascoltare il piccolo sé dodicenne per distinguere il ricordo che ha scelto da quello che realmente è stato.

The Adam Project imbastisce un tavolo terapeutico attorno cui, più che il destino di una linea temporale, siede il mondo e il futuro di un singolo uomo. Adam salva se stesso e nessun altro, e anche per questo Ryan Reynolds – non certo l’eroe American tout court – è il protagonista perfetto. The Adam Project è una bella storia di avventura che segue l’arco evolutivo di un uomo le cui radici non possono essere che famigliari. Non fortuito il fatto che Adam incontri il piccolo sé quando ha ormai raggiungo l’acerrima mezza età: la fine del countdown per perdonare i propri genitori e dire grazie un’ultima volta.

The Adam Project Jennifer Gardner - Cinematographe.it

Più che Mark Ruffalo, la cui prova è sufficiente ma afflitta da un eccesso di sceneggiatura e dal coinvolgimento nel plasticoso finale action, è il breve confronto Jennifer Gardners – Ryan Reynolds a lasciarci un tepore imprevisto. Madre e figlio si incontrano, ma lei non può riconoscerlo. Adam del futuro ha l’opportunità di consolarla e prendersene cura come da bambino non era stato capace di fare.

The Adam Project: quel tocco di Spielberg e la pillola va giù

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C’è un po’ di tutto in The Adam Project, senza l’eccessiva ridondanza tipica di alcuni prodotti. Molto Spielberg, soprattutto nel misterioso prologo che vede il piccolo Adam addentrarsi nella foresta armato di torcia e cane fedele, ma anche un po’ di Star WarsAvengers e ovviamente tutta la lunga lista di film dedicati al viaggio nel tempo. Come accaduto in Endgame, pellicole come Ritorno al futuro vengono citate dai personaggi stessi per evitare uno scomodo confronto, anche solo sui principi di funzionamento delle linee temporali. Certo cinema ha imparato ad anticipare lo spettatore e si prende carico di svelare autonomamente i propri riferimenti. In questi casi, il viaggio nel tempo è una questione cinematografica prima che fisica e i suoi riferimenti nobili sono equazioni su cui regge una drammaturgia collaudata.

I più piccoli ameranno immaginarsi viaggiatori nel tempo, mentre al loro fianco, fratelli, genitori o semplici spettatori di passaggio, apprezzeranno un racconto clemente per ciò che sono (e siamo) diventati. D’altronde l’action sci-fi per famiglie è, da Spielberg in poi, un focolare attorno cui ritrovarsi. The Adam Project promette questo e sull’incontro emotivo gioca tutto. Shawn Levy porta al grado zero la “lotta contro il male”, con una trasposizione fumettistica e stereotipata del proprio villain e di quasi tutto ciò che dovrebbe movimentare gli eventi. Sembra di poterla vedere questa malvagia Sorian mentre ride drammaticamente nella penombra del proprio palazzo a forma di S. Forme ridicole ed esplicite, di cui Shawn Levy si libera in grande fretta per tornare su protagonisti i cui incontri ci portano oltre ogni inutile scena d’azione. Non mancano ovviamente i gadget futuristici – spade laser 2.0 e droni pilotati in realtà virtuale – per far sognare i più piccoli. Oltre questo però resta un viaggio nel tempo sfruttato come occasione per salvare il proprio destino.

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Regia - 2
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.1

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