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Per me è molto “complicato” scrivere questa recensione, le idee si accavallano e si sovrappongono ai ricordi e alle sensazioni bellissime e terribili che ho vissuto in rapporto a quest’album. Questa uscita (doppio cd) l’ho comprata il 6 luglio 2017, erano passati due mesi dalla morte di Chris Cornell (R.I.P.) e alla fine mi sono convinto a prendere anche questo lavoro (posseggo già uno splendido vinile viola e naturalmente il cd, ma erano acquisti molto vecchi). Mettetevi comodi, devo dire alcune cose e anche se il discorso sembrerà egoistico (parlo di me) è il mio personale omaggio a questa musica e a Chris. Salto indietro a oltre 25 anni fa, andavo all’università, e insieme agli amici di allora si andava nei locali “underground” di Torino. Si passavano le serate ascoltando (e ballando) la “nostra” musica (Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden, Green Day, e via dicendo). C’era anche un telo bianco dove venivano proiettati i videoclip. Una sera eravamo seduti con dei boccali di birra sulla panca sudicia, parte il video di “Hunger Strike”, mi si avvicina un amico e mi fa, <vedi, se Dio avesse un volto sarebbe quello di Chris, e se avesse una voce sarebbe quella di Eddie>. Mi giro, lo guardo, alzo il boccale e dico <Hai perfettamente ragione>. È una affermazione che la mia mente ha custodito tutti questi anni, per quanto possa risultare blasfema rappresenta perfettamente i nostri stati d’animo di allora. Era la nostra musica, punto. Naturalmente avevo la cassetta, adoravo “Pushin Forward Back”, e tutt’ora è una delle mie canzoni preferite. Facile, direte voi, era un album stratosferico (è un album stratosferico). Peccato fosse stato un progetto isolato, inciso in memoriam di Andrew Wood, amico di Chris e cantante dei Mother Love Bone (consiglio di recuperare il cofanetto, che ho anche recensito). Già allora imparai una cosa: a volte si fanno delle cose bellissime, non è detto però che durino per sempre.
Salto a maggio 2016, vengo a sapere che i Temple of the Dog si riuniscono e vanno in tour, con la mia compagna cerchiamo di capire quali date sono previste in Europa, ma niente, saranno una decina di date solo in America. Ok, la data con la città “più vicina” sarà a novembre al Madison State Garden di New York City. Compriamo i biglietti del concerto e quelli dell’aereo subito, nel giro di un paio d’ore. Ho ripassato a memoria la lezione di 25 anni prima “a volte si fanno cose bellissime, non è detto che durino per sempre”, dunque si va, costi quel che costi, ci sarà da rinnovare subito il passaporto della mia dolce metà.
Salto indietro con i ricordi, ascolto “Say Hello 2 Heaven” oggi, sento Chris che nomina il suo amico “Stargazer”, e poi chiude con “Seek out Another road 'cause this one has ended abrupt, oh …. Say hello… E mi commuovo pesantemente, anche la tua strada, Chris, si è interrotta bruscamente, e ancora non capisco il perché. Siamo sopravvissuti, venticinque anni fa, ora era tutto più facile, giusto? E allora perché? Non starò a dire la serata passata al Madison il 7 novembre 2016, sarà qualcosa che spero di ricordare per sempre, e comunque mi sarebbe piaciuto si fosse ripetuta in Europa, ma il 18 maggio dell’anno dopo, (ero in vacanza in una città spagnola) leggo l’annuncio che Chris ci ha lasciati. Un velo di tristezza mi si abbatte addosso, sono abituato ai lutti, ci mancherebbe, sono legati in maniera indissolubile con la vita, ma ogni volta fanno male, e devi percorrere “la strada del dolore”. Ammetto che non ho ascoltato nulla che avesse cantato Chris nei mesi successivi (né lui, né gli album dei Soundgarden, né gli Audioslave, né band che mi potessero portare con i pensieri a quei giorni, a quei momenti, per cui ho bandito dallo stereo anche Rage Against The Machine, Mad Season, Alice in Chains e Pearl Jam. Scusatemi ho scritto questo mentre ascolto la lunghissima “Reach Down” e mi sono lasciato trasportare dai ricordi, e in un attimo mi sento avvolto dall’armonica di “Times of Trouble”. Il booklet dell versione che ho io non è pienissimo di informazioni, però ci sono tutti i testi delle canzoni (finalmente!), ai tempi è stato davvero difficile riuscire a tradurre i testi (si andava avanti e indietro con il nastro della cassetta per carpire vocaboli…), ma posso affermare che il packaging di questo doppio cd lascia molto a desiderare (mi si scolla qualcosa ogni volta che lo apro), avrei avuto voglia di qualcosa di meglio per festeggiare i 25 anni. Comunque, è la musica che conta, o no? Quanto è bello ascoltare il canto disperato di Chris in “Wooden Jesus”? Il primo cd si chiude con tre bonus tracks. Nel cd due sono invece raccolte le alternative tracks, o canzoni live, e omaggi vari. Nel complesso buon prodotto, ma è la parte affettiva che vale ben oltre le 5 stelle.
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