Altro che Robert Downey Jr., la star è la moglie Susan: "Ho deciso di diventare produttrice cinematografica a 12 anni" - la Repubblica

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Altro che Robert Downey Jr., la star è la moglie Susan: "Ho deciso di diventare produttrice cinematografica a 12 anni"

Con il Team Downey, la casa di produzione creata quando si sono sposati, hanno realizzato la serie 'Sweet Tooth' dal 4 giugno su Netflix. Un racconto apocalittico ma molto poetico che punta sui ragazzi e sulla natura

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Susan Levin, oggi Susan Downey, è la donna che ha salvato la vita a Robert Downey jr. L'attore, star mondiale grazie a Tony Stark e alla saga Marvel, ha raccontato che il più bel ricordo della lavorazione di Gothika, il film che li ha fatti conoscere, è stato "sedurre la produttrice". All'epoca, parliamo del 2003, l'attore veniva da anni turbolenti di droghe, alcol e arresti, per stare con lei ha fatto il voto di rimanere sobrio. Quasi vent'anni dopo hanno costruito una famiglia, sposati da quindici anni con due figli, Avril Roel e Exton Elias e una casa di produzione, la Team Downey, che in questi anni ha prodotto tra le altre cose la saga di Sherlock Holmes, la serie tv su Perry Mason, il film d'avventura sul dottor Dolittle. I due condividono anche un serio impegno ecologista e a favore degli animali, hanno trasformato la loro proprietà da 13 milioni di dollari nei pressi di Malibu in un rifugio per animali.

'Sweet Tooth', metà bimbi e metà animali come sono belli gli ibridi di Susan e Robert Downey

L'ultimo progetto comune è una serie tv, in arrivo su Netflix il 4 giugno, realizzata da Jim Mickle e Beth Schwartz e tratta dalla serie di fumetti DC Comics. Sweet Tooth è una serie apocalittica piena di poesia che racconta un mondo devastato da un morbo dove contemporaneamente hanno cominciato a nascere delle creature fantastiche, per metà bambini e per metà animali, chiamati ibridi. Tra loro c'è Gus, un ragazzino cervo, che vivrà una grande avventura attraverso gli Stati Uniti. Susan Downey si collega da Los Angeles su Zoom.

Quale è stata la sfida maggiore della serie dal punto di vista produttivo?
"Se penso alle sfide mi vengono sempre in mente le opportunità, finisco sempre per vedere i progetti in quest'ottica. Volevamo portare in vita il mondo dei fumetti e per farlo volevamo realizzare qualcosa che non fosse mai stato visto prima. Eravamo consapevoli di partire da un racconto apocalittico ma volevamo trasformarlo in una favola distopica, creare un mondo in cui la natura fosse tornata a reclamare la terra all’uomo. Ci siamo interrogati sul come potevamo realizzare una scenografia per una tale avventura e la risposta è stata la Nuova Zelanda, un luogo che è una favola in sé più grande e più selvaggia di ogni altro luogo. Volevamo costruire un posto dove tutti sentissero il desiderio di tornare".

Christian Convery è Gus
  

Ci sono stati grandi cambiamenti dal fumetto alla serie, qual era il cuore della storia di Jeff Lemire che volevate conservare?
"È la domanda che ci siamo posti fin dall’inizio e la risposta è stata: il cuore della storia è Gus. Di lui ci siamo innamorati subito e lui è stato la nostra stella polare, sempre. Il suo senso di speranza e il suo ottimismo adolescenziale ci hanno guidato sempre e ci hanno permesso di vedere il mondo attraverso i suoi occhi. E poi la relazione tra lui e Jepperd (l'uomo con cui Gus compie il suo viaggio, ndr), ecco quella era l’anima della storia. Volevamo però renderla accessibile a un pubblico più grande rispetto a quello dei fumetti, per farlo abbiamo aggiunto altre storie, altri personaggi facendo in modo che tutti i pezzi del puzzle si incastrassero bene. Soprattutto abbiamo spinto la storia in una direzione che fosse più adatta alle famiglie, agli spettatori più giovani".

Ha coinvolto i suoi figli, Avril e Exton?
"Certamente. Robert e io siamo sempre alla ricerca di film e serie su cui possiamo lavorare come famiglia, insieme. E che ci vedremmo molto volentieri la sera seduti tutti sul divano di casa, adoro sentire cosa ne pensano i ragazzi, vedere le loro reazioni. Magari penso che qualcosa spaventerà mia figlia che ha sei anni e invece spesso è quella più eccitata… Poi c’è mio figlio di nove anni che ha altri interessi e curiosità. Volevamo però anche coinvolgere il pubblico adulto, doveva essere qualcosa che anche mia madre avrebbe potuto vedere e trovare interessante… insomma volevamo fosse proprio qualcosa 'per tutti'. I nostri bambini hanno visto i giornalieri e ci hanno dato suggerimenti, stavano dietro le mie spalle mentre facevamo il montaggio del suono. Per me era molto interessante vedere le loro reazioni, quando appariva un ibrido sullo schermo e loro esclamavano ‘oh è così carino’. Devo dire che alla fine ne è uscito proprio un lavoro di famiglia".

Susan Downey e Robert Downey Jr. all'anteprima di 'Dottor Dolittle'  

Aspetti negativi e positivi del lavorare con suo marito?
(Ride) "Ci sono sicuramente più aspetti positivi che negativi, è divertente parlare dei progetti e fare delle conversazioni creative anche perché vediamo le cose in modo piuttosto diverso. Ci lanciamo delle sfide e poiché molto del nostro tempo è dedicato al lavoro e spesso dobbiamo viaggiare è un'ottima cosa il fatto di poterlo condividere. Un lato negativo che noi abbiamo girato in positivo è il fatto che quando vivi e lavori insieme devi essere estremamente efficiente nel trovare soluzioni per ogni problema, devi far sì che non ci siano scossoni lungo la strada. Ma se devo fare un bilancio c’è sicuramente più pro che contro".

Si è innamorata del cinema a dodici anni, ma già a quell’età voleva fare la produttrice?
"Le cose sono andate così: da ragazzina vivevo a Chicago e crescendo ho fatto un po’ di pubblicità. Ho capito subito che non ero fatta a stare davanti alla macchina da presa ma dietro, ero curiosa di tutto quello che accadeva sul set e mi piaceva moltissimo quell’ambiente. Per questo che poi, crescendo, ho capito che a me interessava il processo di fare le cose, certo mi piaceva andare nel buio della sala cinematografica e partire per una grande avventura ma soprattutto capire il viaggio che c'era dietro. Da grande poi, mentre cercavo di capire che mestiere volevo fare, ho capito che ero adatta al lavoro creativo della produttrice. Mettere insieme una squadra, come quella eccezionale che c’è dietro a Sweet Tooth, è il massimo per me".

Sono più di vent’anni ora che lavora nel settore. Com’è cambiato il mestiere soprattutto per le donne produttrici?
"È sicuro che negli ultimi anni si sono create sempre più opportunità per le donne nell’ambito produttivo, ma occorre continuare a spingere in quella direzione. Io sono stata fortunata perché la mia casa di produzione è cresciuta in fretta appena sono entrata nel business e da allora non ho mai smesso di lavorare. Quello che ho cercato di fare è stato promuovere le donne a capo dei diversi dipartimenti anche perché sono convinta che sia necessario promuovere la diversità in un settore come il nostro".

Quanto tempo dovremo ancora aspettare Sherlock Holmes 3?
"Sarei felicissima di avere questa risposta. Posso solo dire che ci stiamo lavorando con molta, molta volontà".