Occupied City, la recensione: l'ombra del passato sulle ferite del presente - Movieplayer.it

Occupied City, la recensione: l'ombra del passato sulle ferite del presente

La recensione di Occupied City, il documentario di Steve McQueen presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2023 che ci porta in una Amsterdam in lockdown per raccontarci il passato della città.

Occupied City, la recensione: l'ombra del passato sulle ferite del presente

"A volte le storie si nascondono sotto il nostro letto, sulla soglia della nostra porta." Così Steve McQueen ha presentato il suo documentario al Festival di Cannes 2023, lasciandoci capire quanto legato sia a questo progetto, vivendo nella città che Occupied City ci mostra con piglio originale e profondo. Un progetto ispirato ad Atlas of an Occupied City, Amsterdam 1940-1945 di Bianca Stigter, narrato per lo schermo dalla voce di Melanie Hyams e inserito tra le proiezioni speciali della kermesse francese in anteprima mondiale.

Storie di una città occupata

Occupied City
Occupied City: una foto del documentario

Storie, plurale. Perché sono tanti i racconti che ci vengono proposti dalla voce fuori campo di Melanie Hyams, che ci narra incessante una serie di fatti dal passato, di fantasmi che emergono tra le pieghe del presente. Steve McQueen ci accompagna in questo viaggio nel passato guardando il presente, guidandoci nella Amsterdam di oggi per soffermarsi su ogni luogo e lasciarci scorgere l'eco del suo passato, il fantasma della storia che lo abita e ne ha impregnato l'esistenza. Storie drammatiche, di una città occupata, che risalgono agli anni '40 e al nazismo, ma echeggiano, sottili ma palpabili, nel presente che il regista ci mostra.

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Lo spettro del passato

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Perché il periodo in cui McQueen riprende la città è ugualmente unico, anomalo, sofferto. Siamo infatti in pandemia e in lockdown e quella desolazione alimenta il confronto con l'occupazione del passato, con le proteste e i sospetti e le proteste dei no vax che appaiono qua e là. Non abbiamo però visto, o voluto vedere, nella costruzione documentaristica di Steve McQueen una sovrapposizione tra occupazioni, non un racconto delle chiusure pandemiche in una chiave assimilabile ai soprusi nazisti. Quello che McQueen intende fare è confrontare due momenti fuori dal comune, per motivi diversi.

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Suggestioni che si sovrappongono

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Occupied City è un intreccio di sensazioni e spunti differenti che si sovrappongono, di storie e immagini, di passato e presente, di racconti dolorosi e sofferti che vanno a comporre un tessuto emotivo e compiuto, realizzato con la solita mano sicura da Steve McQueen. Un duplice documento prezioso, che sa raccontare il passato e le ferite della città mentre ne scruta in parallelo il presente, segnato da altrettante nuove ombre a macchiare ogni luogo che la sua camera accarezza.

Conclusioni

È un documento prezioso Occupied City, il nuovo lavoro di Steve McQueen analizzato in questa nostra recensione. Un film che ci mostra la Amsterdam di oggi dando spazio all'eco del suo passato, delle storie che hanno animato le sue strade e i suoi edifici, ferite ancora dolorose che il recente lockdown ha in qualche modo amplificato e riaperto.

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3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'idea alla base del documentario, di indagare il passato guardando al presente.
  • Il modo in cui i due piani temporali si sovrappongono e intrecciano.
  • La mano solida di McQueen alla guida del progetto.

Cosa non va

  • Il regista indugia a lungo su luoghi e storie, rendendo la visione impegnativa e non adatta a tutti.