Antropologia alimentare: storia del cibo presso gli antichi Greci

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Antropologia alimentare: storia del cibo presso gli antichi Greci


Testo di Ivana Tanga
Giornalista e consulente tematiche lettarie di questa rivista.


Mare e terra, terra e mare: un’accoppiata presente sulle tavole degli antichi greci in un trionfo di colori, in un tripudio di sapori, di odori mediterranei. Odori e sapori quasi ancestrali, dalla memoria antica, antichissima. Sensazioni che si perdono nella notte dei tempi, seguendo il filo del cammino umano. Sapori e odori che sanno di mare e di mirto, di sabbia e di sudore, di miele e di poesia. Una cucina essenziale, quasi archetipica, quella dei greci antichi. Una cucina sicuramente “autoctona”, nella quale pulsa l’anima, l’essenza mediterranea, con tutto il suo corollario di suggestioni, di fragranze, di umori, di sentori, frutto di una terra generosa, di una terra impastata di sole e di mare. Una terra antica e ricca insieme, che gli antichi chiamavano “madre”. Quella “Grande Madre” potente, potentissima divinità mediterranea, dal grembo fecondo, generosa dispensatrice di doni. Doni che, spesso, proprio perché spuntati dal corpo della divinità primigenia, si relazionano con il mito. Pensiamo all’ulivo, alla vite e al grano, “sacra triade” mediterranea dall’origine mitica, ma anche alla struggente storia della ninfa Myntha o alle cipolle di Latona o alle mele di Afrodite, soltanto per citare alcuni esempi. Senza dubbio, sulle tavole dell’antica Grecia l’elemento sacro era il convitato d’onore, presenza dominante di un consesso in bilico tra cielo e terra.
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