Silent Hill: Revelation 3D

Silent Hill: Revelation 3D

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Il britannico Michael J. Bassett conferma la sua propensione verso le ambientazioni dark e al tempo stesso i propri limiti: come in Solomon Kane, il lavoro sul mood cupo, oppressivo e angosciante di Silent Hill non si sposa purtroppo con una adeguata tensione narrativa, indebolita dalla poca scioltezza nel delineare le parabole di quei personaggi minori che entrano ed escono dalla storia senza la dovuta incisività.

In fuga dalla maledizione

Ispirato al terzo capitolo della celebre serie di videogiochi, Silent Hill: Revelation 3D è un survival horror con protagonista Heather Mason, una ragazza tormentata da spaventosi incubi legati alla città di Silent Hill. Decisa a investigare sulla scomparsa del padre e sul motivo dei suoi strani sogni, Heather arriva nella città fantasma dove scoprirà di non essere chi pensava e capirà che uscire da Silent Hill non è poi così facile. [sinossi]

Premesso che i risultati ottenuti dal più talentuoso Christophe Gans (Crying Freeman, Il patto dei lupi) nel precedente Silent Hill non potevano essere facilmente eguagliati, questo nuovo capitolo della saga ispirata al popolare videogioco è comunque pieno di spunti, alcuni dei quali producono qualche torbida fascinazione mentre altri annaspano in uno script che richiedeva, a conti fatti, un’impronta più definita. Semplificando ulteriormente la questione, ai buchi piccoli o grandi della sceneggiatura corrisponde invece un discreto appeal visivo; e i legami coi differenti immaginari orrorifici che ne derivano hanno allo stesso modo un ruolo propulsivo, per quel racconto le cui potenzialità, a partire dai personaggi, sono state sfruttate solo in parte. L’idea portante del film diretto da Michael J. Bassett è che alla maledizione di Silent Hill non si possa sfuggire. In Silent Hill: Revelation 3D, ispirato alla terza versione del fortunato videogame targato Konami, protagonista è la giovanissima Heather Mason (a interpretarla Adelaide Clemens, deliziosa biondina capace di disimpegnarsi bene nel ruolo): diventata adolescente, è lei la metà pura della bimba demone Alessa che da piccola avevamo visto sottrarsi, grazie all’eroico intervento della madre, agli orrori della città fantasma Silent Hill. Con la madre segregata da anni in quell’universo di perdizione, la rivediamo ora in compagnia del padre e in perenne fuga dagli emissari del mondo perverso, sempre rappresentato da una setta di fanatici religiosi, che a tutti i costi la rivorrebbe indietro. Un continuo cambio di identità e di residenza accompagna la fuga dei due. Proprio qui sta, a nostro avviso, una delle intuizioni estetiche più feconde della pellicola: mentre l’orrore, pur facendo capolino in sogno, era circoscritto nel primo Silent Hill a quel luogo maledetto, in questo sequel è destinato a seguire ovunque i protagonisti, trascinandoli in un raccapricciante cortocircuito tra sogno e realtà che lontano dal suo epicentro può dare (vedi il detective) persino la morte. Peccato per alcuni dialoghi tra la ragazza e il suo nuovo amichetto che sottolineano in modo fin troppo banale tale circostanza. Ma da un’ottica puramente visuale gli sconfinamenti nell’onirico, per meglio dire nell’incubo, e le ambigue, morbose atmosfere sanno creare qualche brivido autentico in una prima parte che a volte ricorda, si prenda la sequenza nella scuola, una saga cult come Nightmare.

Più si va avanti e più si rafforza l’impressione che Michael J. Bassett abbia voluto contaminare, con uno stile da videoclip, qualche archetipo horror di provenienza diversa: se la primissima parte ricorda Nightmare, il fatidico ingresso nella dimensione altra e maledetta di Silent Hill pone Heather a contatto con vecchi/nuovi orrori metafisici, che possono ricordare gli infernali scenari di Hellraiser. Simili ai Cenobiti o Supplizianti di antica memoria sono le mostruose creature comandate da Alessa, rimodellate per l’occasione dallo specialista Patrick Tatopoulos, il navigato artefice di effetti speciali che abbiamo già visto all’opera nel precedente Silent Hill nonché in Underworld, Io sono leggenda, Pitch Black e nel remake Total Recall – Atto di forza. Dal canto suo il regista britannico Michael J. Bassett conferma la sua propensione verso le ambientazioni dark e al tempo stesso i propri limiti: come in Solomon Kane il lavoro su un mood cupo, oppressivo, angosciante, non si sposa purtroppo con una adeguata tensione narrativa, indebolita dalla poca scioltezza nel delineare le parabole di quei personaggi minori che entrano ed escono dalla storia senza la dovuta incisività. Un’eccezione possiamo farla per il cameo dell’intramontabile Malcolm McDowell, che in poche battute dà vita a un personaggio, il decaduto maestro della setta di Silent Hill, foriero di un certo carisma. Se quindi il registro narrativo rimane incerto, l’impianto visivo dell’opera continua a regalare suggestioni, complice un uso sufficientemente maturo e funzionale del 3D. In tal senso, oltre alle apparizioni e agli inseguimenti dei mostri che abitano la città maledetta, ci ha colpito l’essere immersi in profondità nella pioggia di cenere che notoriamente la caratterizza: un qualcosa che ci ha persino ricordato la densità di determinate atmosfere, con gli strati di pulviscolo nel chiuso delle case coloniche o la pioggia di scintille durante il combattimento sul treno, in un film come La leggenda del cacciatore di vampiri di Timur Bekmambetov, non privo a sua volte di qualche bella trovata visiva ma ancora più zoppicante sul piano del racconto.

Info
Il trailer di Silent Hill: Revelation 3D.

  • Silent-Hill-Revelation-3D-2012-Michael-J-Bassett-01.jpg
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